ALL’IMPEGNO DELL’ASSOCIAZIONE

FAMILIARI E VITTIME DELLA STRADA

NON FA SEMPRE RISCONTRO UN

PARI INTERESSE ISTITUZIONALE



Le cronache di questi giorni ci dicono che, dopo l’entrata in vigore nuovo Codice della Strada (della patente a punti), gli incidenti stradali mortali sono in diminuzione. Tuttavia, sempre non s tratti di un effetto momentaneo, «a resistere rimangono i giovani che continuano a pagare un alto prezzo in termini di vittime della strada. “Il gusto dell’esibizione e del rischio ancora prevale - ha detto il direttore della Polizia Stradale Claudio Gatti al CorSera -. Serviranno dunque più informazione e controlli mirati alle fasce giovanili, così come è necessario insistere nel consigliare prudenza ai motociclisti: il loro è un mezzo di trasporto particolarmente vulnerabile, che comporta forti rischi e per il quale è importante una guida attenta e cauta”».

Difficile fare l’abitudine al vero e proprio bollettino di guerra che ci somministrano giornalmente i mass-media. Ogni anno circa8.000/ 9.000 persone perdono la vita sulle strade italiane, 300.000 i disabili gravi prodotti da questa guerra non dichiarata secondo le stime dell’Istituto Superiore della Sanità, più del doppio rispetto all’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 (nel mondo 250.000 morti e 10 milioni di feriti), 170.000 ricoverati e 500.000 prestazioni di Pronto Soccorso senza ricovero. Dati che si dice siano fortemente sottostimati in parte a causa delle differenze che si riscontrano nelle definizioni statistiche di “morti per incidente stradale”, in parte, ancora, per l’incompletezza dei sistemi di rilevazione. Ad esempio in Italia, nel 1998, “a fronte dei 6.342 morti riportati dalle statistiche degli incidenti stradali (dove, fino alla fine di quell’anno, si registravano soltanto i morti entro il settimo giorno dalla data dell’incidente, risultanti dalle verbalizzazioni delle forze dell’ordine), troviamo ben 7.742 morti nelle statistiche sanitarie, dove sono presi in esame tutti i soggetti deceduti nell’anno a causa di incidente stradale”, con una differenza, quindi, in quell’anno, di circa il 22%.

Spesso, purtroppo, le vittime degli incidenti diventano numeri nelle statistiche, materia per specialisti e per addetti ai lavori e non, ovviamente, per i familiari, il più delle volte lasciati soli nel loro dolore. Come qualcuno ha scritto “l’agonia di perdere un figlio è incomparabile. La morte di un giovane figlio è la morte dell’innocenza. Una parte del genitore muore quando il figlio muore, forse perché il futuro, con tutti i sogni e le speranze, va in frantumi”. Ma non solo.

 In Svezia, ad esempio, è stata da tempo istituita una giornata in cui i familiari accendono dei ceri nei punti in cui sono accaduti incidenti mortali e tutti gli automobilisti sono invitati a fermarsi per riaccendere le candele che si spengono, mentre l’assemblea del ‘96 della Federazione Europea Vittime della Strada, oltre a chiedere al Parlamento Europeo di fissare un giorno da dedicare tutti gli anni alle vittime della strada, ha deciso che la terza domenica di novembre sia “Giornata del ricordo e della preghiera per le vittime della strada”.

La drammatica distruzione di vite e di risorse viene spesso interpretata come un tributo, doloroso ma inevitabile, alla libertà di spostarsi nel territorio e allo sviluppo economico e sociale. In realtà non v’è nulla di ineluttabile.

All’inizio degli anni ‘50 il numero dei morti per incidenti stradali era inferiore a 5.500. Vent’anni dopo (“Relazione al Parlamento sullo stato della sicurezza stradale”), nel 1972, ha superato le 12.000 unità (massimo storico per il nostro Paese). Nei trent’anni successivi il numero di morti si è ridotto - con andamenti alterni e sempre più lentamente -.

Negli ultimi trent’anni - lo dicono i dati ufficiali - una famiglia su due ha registrato un ferito o un morto. Nel 1996 il tasso di mortalità in Italia è stato di 10,8 morti per 100.000 abitanti, in Svezia e nel Regno Unito meno di 6,0, in Grecia e Portogallo oltre 20. La variabilità dipende molto anche dal modello di mobilità, dai volumi di traffico, dalle caratteristiche della rete infrastrutturale e dal tipo di urbanistica, dalla sistematicità delle azioni di prevenzione, controllo e repressione e, soprattutto, dal livello di maturità della “cultura della sicurezza” espressa dal legislatore, dalle Amministrazioni locali e dagli organismi preposti al governo della mobilità, oltre che dal sistema delle imprese e degli utenti della strada. L’ex-ministro Willer Bordon riconosceva che “la combinazione di questi fattori è all’origine dei divari nazionali e locali di sicurezza stradale e della crescita delle vittime degli incidenti.

I risultati emersi da 22.500 rilevamenti effettuati in Emilia-Romagna e Lombardia dalla PolStrada nel 1999, su incidenti stradali ed autostradali, e da oltre 1800 questionari distribuiti in tutta Italia, sono a dir poco sconcertanti. Circa il 3% degli incidenti avrebbe quale “causa accertata il classico colpo di sonno, mentre il concorso della sonnolenza, intesa come calo della vigilanza”, alzerebbe questa percentuale “al 20%, con tassi di mortalità tre volte superiori rispetto agli altri incidenti”.

Sonno, sonnolenza, caldo, calo dei riflessi, alcool, farmaci, distrazione, mancata distanza di sicurezza, andamento di guida indeciso, eccessiva velocità, fondo ghiacciato, inizio di pioggia su fondo asciutto, strada coperta di foglie, presenza di pietrisco sulla carreggiata, macchie di olio sull’asfalto, allagamento da forte pioggia, presenza di fanghiglia... sono segnali di allarme, ma prevenire si può.

In auto l’alcool è il nemico numero uno. In Europa un decesso su quattro tra i ragazzi tra i 15 e i 29 anni è dovuto all’alcool. Nell’anno 2000 la PolStrada ha accertato 17.754 violazioni per guida in stato di ebbrezza, mentre da gennaio a settembre 2001 le violazioni erano già 13.685.

Nel 2001 le autorità di polizia hanno rilevato 235.142 incidenti stradali che hanno causato il decesso di 6.682 persone; altre 334.679 hanno subìto lesioni di diversa gravità. L’Istat ci dice che nel nostro Paese ogni giorno si verifica una media di 644 incidenti, con una media di 18 morti e 917 feriti. Le città si confermano i luoghi dove si verifica il maggior numero di incidenti, di morti e di feriti, soprattutto nel mese di luglio con una media giornaliera di decessi di 21,9. Il giorno della settimana in cui si concentra il maggior numero di morti e feriti è il sabato, con punte alle 8, alle 12 e alle 18. Le ore in cui gli incidenti presentano il più elevato tasso di mortalità sono proprio quelle in cui il numero dei sinistri è più basso, durante la notte, tra le ore 24 e le 6 del mattino, 2quando i semafori funzionano a luci lampeggianti o sono spenti. Gli incidenti del venerdì e sabato notte sono pari al 45,4% del totale degli incidenti notturni. analogamente i morti e i feriti del venerdì e sabato notte rappresentano, rispettivamente, il 47,1 ed il 48,7% del totale. La fascia di età più colpita dalle conseguenze degli incidenti stradali è quella tra i 30 e i 44 anni.

I nostri Comuni - quello di Santarcangelo non fa eccezione - credono di risolvere il problema mandando a turno un paio di vigili urbani nelle scuole per insegnare ai ragazzini il Codice della strada, quasi che la conoscenza del Codice eliminasse di per sé ogni rischio. Ma l’educazione stradale - pure utile - poco può fare contro la trasgressione, ovvero contro comportamenti pericolosi, potenzialmente a rischio della vita per sé e per gli altri.

La strada, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è al nono posto tra le cause di morte nel mondo.

La Provincia di Rimini nel 1998 aveva iniziato un ottimo lavoro di indagine sull’Incidentalità stradale nella Provincia di Rimini, anno 1998 e precedenti, ma non se n’è più saputo nulla in seguito. Aveva esaminato, dal 1991 al 1998, 15.751 incidenti (per sua stessa ammissione quantificati per difetto) che avevano causato 21.855 feriti e 362 morti. “Comunque, seppur con qualche approssimazione”, l’indagine aveva messo in evidenza come “ogni anno si verifichi una media di 1.969 incidenti che provocano la morte di 45 persone e il ferimento di altre 2.732 con costi economici e sociali elevati che non si limitano solo ad un esborso di denaro a carico delle Assicurazioni o del Sistema Sanitario Nazionale. I danni subiti dalle famiglie delle vittime sono enormi e solo in parte conosciuti e considerati: il 90% dei nuclei familiari di deceduti o di vittime rimaste handicappate subisce una sostanziale diminuzione della qualità della vita. Solo un terzo dei disabili torna a svolgere a tempo pieno il lavoro prevcedente; il 23% lo fa a tempo parziale; il 16% cambia lavoro e il 30% rinuncia completamente all’attività lavorativa, mentre il 40% non è più autosufficiente”.

L’impatto socio-sanitario degli incidenti stradali nel territorio delle province del litorale emiliano-romagnolo è notevole, sia in termini di ricoveri ospedalieri, sia di mortalità: il 32% dei ricoveri per incidenti stradali in Regione si concentra in questo territorio, a fronte di una popolazione corrispondente ad un terzo di quella regionale. Lo stesso tasso di ospedalizzazione risulta più elevato che in regione 4.2/1000 abitanti, contro 3/1000. Le patologie più frequenti sono, in ordine decrescente, i traumi cranici, le fratture degli arti, i traumi toracici e dell’addome; particolarmente importanti, sotto i 14 anni, i traumi cranici responsabili di oltre il 50% dei ricoveri, più frequenti nel fine settimana (46%), particolarmente nella fascia d’età 18/29 anni.

L’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (Onlus) afferma giustamente che “morte e sofferenza non possono essere ridotte a numeri di statistica, per quanto impressionanti siano. La strage è un insieme di casi in ognuno dei quali il dramma si consuma in termini diversi, ma sempre con un impatto devastante”. Il sinistro mortale - come l’invalidità gravissima - “spezza di colpo affetti profondi sui quali si fondano non solo le famiglie ma la società intera; annulla brutalmente attese, promesse, speranze di vita; sconvolge l’equilibrio psichico e spesso quello economico dei superstiti; apre la via ad una sofferenza senza fine”.

Noi - dicono gli esponenti dell’Associazione - “le abbiamo sentite, quelle parole terribili dopo lo squillo nella notte: ‘è la stradale, ci dispiace, suo figlio...’. Vogliamo non le sentano altri”.

Questo il principale motivo - insieme alla profonda e sacrosanta rabbia contro questa società che ha loro tolto una persona viva per poi negare loro anche il rispetto e la dignità del dolore -  che li ha indotti a fondare un’Associazione molto impegnata a presentare proposte di legge, esposti alle Procure, questionari per la vita e la giustizia sulle strade, assistenza legale, presente in 62 province italiane in continuo aumento.

“Tornare dal dolore, e senza dimenticarlo, ad una dimensione di solidarietà e di vita” è stato ed è “il cemento che unisce in un unico progetto persone di fede, scelte politiche, esperienze e culture diverse, da Selva Gardena a Mussomeli, da Cuneo a Gravina d Puglia”, da Rimini a San Mauro Pascoli, ove ha sede il responsabile per la provincia di Rimini, dott. Giuseppe Raduano.

L’Associazione si occupa di prevenzione, ma “solo in ordine alle cause immediate della strage stradale (traffico, strade, veicoli, utenti) perché la causa remota, la mancanza di volontà politica, è il motivo stesso della esistenza e dell’impegno dell’Associazione; e riguardano la prevenzione solo nei suoi aspetti generali in quanto non sarebbe possibile approfondire i risvolti tecnici di ogni situazione di rischio”.

Quanto alla giustizia, molto spesso deludente, l’Associazione “concorda con quanti affermano che le pene devono essere, più che pesanti, effettive e, più che afflittive, utili alla rieducazione del colpevole”, cosa che raramente avviene: “...accetteremmo senza discutere che chi ha tolto vita o salute ai nostri cari fosse per mesi o per anni addetto ad esempio a un pronto soccorso ospedaliero o a un servizio di controllo del traffico...”.

All’attivismo e all’impegno dell’Associazione, purtroppo non fa riscontro un pari interesse istituzionale, come dimostrano le lettere che pubblichiamo, che spesso restano senza risposta.

Venendo al nostro territorio comunale, i vigili urbani del Comune di Santarcangelo si sono lodevolmente impegnati nelle scuole, ma perché non farli affiancare dall’Associazione che potrebbe andare anche oltre, nell’utile opera di educazione, il Codice della Strada? Perché non organizzare anche un incontro con la nostra Consulta della Sicurezza, organismo più di facciata che di sostanza?



Mirella Venturini