FACCIAMO VIVERE LE ULTIME FORESTE!

Ho presentato da tempo la mozione, che do per letta, avendo seguito per anni il prezioso lavoro condotto da Greenpeace per far vivere le ultime foreste primarie che ancora resistono: Amazzonia, Nord America, Cile, Indonesia, Nord Europa, Russia, Africa. Negli ultimi anni ho sottoscritto moltissimi appelli lanciati al proposito, ma non solo, da Greenpeace.

Qualche opportunista potrebbe ribadire che le foreste alle quali ci riferiamo sono molto distanti da noi. Nulla di più inesatto poiché è noto che le importazioni italiane di legno, carta e cellulosa stanno contribuendo notevolmente a portare alla distruzione delle ultime grandi foreste millenarie.

L’Italia - è noto - è il primo importatore europeo di legname africano, di cui si calcola che per la metà si tratti di legno illegale.

Nonostante lo scorso aprile sia stato raggiunto un accordo tra Greenpeace e la Federcomlegno - che si era impegnata a combattere le importazioni di legno illegale e da paesi in cui il settore forestale è coinvolto in guerre -, continua ad essere scaricato nei porti italiani legname proveniente da imprese che hanno fatto del taglio illegale la propria norma di condotta, mentre non sono neppure cessati gli arrivi delle famigerate compagnie liberiane accusate dagli esperti delle Nazioni Unite di alimentare il conflitto in Africa Occidentale e svolgere un ruolo diretto nel traffico di armi. Fatto, questo, che rende il nostro Paese fortemente vulnerabile proprio alla vigilia della presidenza italiana dell’Unione Europea, che dovrà lanciare il Piano di Azione contro il legno illegale, già avviato da mesi. Non più tardi di quindici giorni fa un gruppo di Greenpeace, nel corso di una investigazione nel porto di Ravenna, ha rinvenuto una partita di tronchi della compagnia liberiana Mariland Wood Processing Industries (MWPI), indicata fin dal ‘91 dai rapporti degli esperti del Consiglio di Sicurezza dfell’ONU come coinvolta nel finanziamento del traffico clandestino di armi.

Ritengo anch’io necessario che, non solo le associazioni ambientaliste, ma l’intera società civile e, a maggior ragione le istituzioni a tutti i livelli, contribuiscano alla salvaguardia delle foreste.

Le grandi compagnie di legname europee, nord americane ed asiatiche stanno consapevolmente distruggendo le ultime foreste per fabbricare anche prodotti di basso valore, quali riviste pubblicitarie, compensato, fazzoletti monouso, carta igienica, cartoni per il latte, guide telefoniche. Prodotti non indispensabili. Se riciclassimo di più e usassimo carta e legno in maniera più appropriata, la domanda per questi prodotti potrebbe venire soddisfatta dalla gestione mirata di altri tipi di fonti, quali la silvicoltura.

Come ha correttamente sottolineato qualche consiglio comunale, ogni due secondi viene disboscata un’area di foresta pari a due campi di calcio. I maggiori responsabili dello scempio sono le grandi compagnie multinazionali del legname. Gran parte delle tecniche di deforestazione utilizzate sono illegali e, in alcuni casi (soprattutto in Africa) il mercato del legno si intreccia con traffici illegali di armi. Tra il 30 e il 50% del legname importato nel nostro continente è estratto illegalmente.

Già in passato Greenpeace aveva presentato al Ministero dell’Ambiente una mozione supportata da 30.000 firme con la quale chiedeva quanto compreso nella nostra mozione, oltre a misure concrete per la protezione delle foreste e fondi sufficienti a sostenerle, considerando che l’80% delle foreste che ricoprivano il pianeta dell’era glaciale è andato perduto per sempre.

E’ appena il caso di ricordare che le foreste giocano un ruolo fondamentale per le dinamiche del clima a livello planetario. L’attuale ritmo di distruzione delle foreste incrementa di circa il 20% le emissioni di carbonio in atmosfera. Non da ultimo, a  tutto questo va aggiunto il disprezzo verso i popoli indigeni ai quali sono state e vengono distrutte le risorse naturali insieme a tradizioni culturali caratterizzate da un rapporto di armonia con la foresta. Vivono ancora 150 milioni di persone nelle foreste. Il rischio è che queste popolazioni - per le quali la foresta risulta essere dimora, cibo, medicina, oltre che cultura e vita spirituale - scompaiano insieme alle foreste stesse.

Secondo le statistiche l’Italia è il secondo importatore mondiale di legno tropicale africano e il primo per quanto concerne il legname proveniente dal Camerun. L’industria italiana del mobile, tra i leaders mondiali del settore, ha moltiplicato del 18% le proprie importazioni di tronchi dalla Liberia, nel momento in cui il traffico del legname iniziava a costituire uno dei principali mezzi per foraggiare la guerra civile in Sierra Leone, il finanziamento di milizie sanguinarie e l’arruolamento di bambini-soldato, tanto da indurre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a chiedere l’embargo sull’importazione e sulla vendita del legname liberiano.

Gli stessi dati forniti dalla Banca Mondiale offrono uno spunto importante di riflessione che non possiamo affrontare questa sera per motivi di tempo: 76 paesi hanno già praticamente perso tutte le loro foreste e nei prossimi decenni potremmo perdere aree forestali equivalenti all’intera Europa.

L’FSL - Forest Stewardship Council o Consiglio per la Gestione Forestale Sostenibile - è un’organizzazione internazionale non governativa, indipendente e senza scopo di lucro, costituita nel 1993 per iniziativa di alcune associazioni ambientaliste tra le quali Greenpeace, organizzazioni di popoli indigeni, produttori forestali, industrie del legno e tecnici forestali che volevano passare dalla semplice preoccupazione per la crescente distruzione delle foreste ad azioni concrete per la loro conservazione.

Oggi sono operativi sei enti di certificazione accreditati e molti altri stanno per completare le procedure di accreditamento, alcuni anche in Italia. I certificatori svolgono ispezioni accurate sul campo e interpellano tutte le forze locali interessate alla gestione e conservazione delle foreste. L’FSC certifica già oggi 18 milioni di ettari di foreste in 30 Paesi.

Possiamo acquistare passivamente tutto quanto il mercato ci propone, senza preoccuparci della certificazione, ma in questo caso ci renderemmo complici della distruzione. Encomiabile, ad esempio, l’impegno assunto e rispettato da Coop Italia con il lancio di “un fazzoletto di carta che rispetta le foreste”, prima, rotoli e tovaglioli “Tutto Casa”, poi. Contemporaneamente, però, è stato documentato come le Ferrovie dello Stato abbiano acquistato legname per traversine, armamenti e altro materiale in Azobè,  materiale proveniente dalla distruzione delle foreste dell’Africa centrale e occidentale, dalla Tecnoalp srl, che a sua volta si è rifornita dalla Compagnia asiatica OTC, un’impresa di legname legata al traffico d’armi. Questo nonostante l’approvazione, da parte del nostro Senato, il 27 giugno 2002, di una mozione sullo sviluppo sostenibile alla vigilia della Conferenza di Johannesburg nella quale tra l’altro si affermava l’impegno a promuovere un’iniziativa globale per la ricostituzione e salvaguardia delle foreste ed il lancio di una Convenzione contro lo sfruttamento ed il commercio illegale di legname e prodotti derivati e l’adozione, da parte dei Governi, di misure legislative tese a garantire la provenienza del legno e dei prodotti connessi da foreste gestite legalmente ed in modo ambientalmente compatibile, promuovendo anche l’accesso al mercato di questi prodotti.

Per economia di spazio e di tempo cito solo alcuni Comuni che hanno già adottato una mozione analoga alla nostra: da Los Angeles a Crema, da Ravenna a Fano, da Roma a Rimini, da Urbania a Genzano...

Potrebbe sembrare una povera testimonianza. Non è così sol che si ricordi che quando la mafia del mobile ha minacciato il responsabile della campagna Amazzonia in seguito alla pubblicazione del rapporto di Greenpeace che ne denunciava i crimini, le tante lettere inviate alle autorità brasiliane hanno portato alla sconfitta di tale mafia, essendo state chiuse le segherie illegali e il commercio del prezioso legname bloccato. Le nostre petizioni hanno anche aiutato il popolo indio dei Deni, tant’è che ora la demarcazione del loro territorio è riconosciuta dal governo brasiliano. Così il governo della British Columbia recentemente ha accettato una proposta delle associazioni ambientaliste, dei popoli indigeni e delle compagnie del legno che chiedevano di proteggere alcune aree di importanza chiave nella foresta amazzonica.

Anche la nostra mozione, per approvare la quale auspico l’unanimità, potrebbe, se aggiunta a quelle di altre, già numerose, “Città amiche delle foreste”, rappresentare un’importante testimonianza.

Mirella Canini Venturini

Verdi Alternativi

[Cons. Com. 15.04.2003]

 

 

[LA MOZIONE E’ STATA APPROVATA ALL’UNANIMITA’]