NUOVA VITA ALLE CAVE ESAURITE

 

Mi limiterò, al Consiglio comunale del 10 aprile prossimo, ad una dichiarazione di voto.

Come ho spiegato sinteticamente in Commissione, mi trovo d’accordo sull’obiettivo strategico  ma non sull’obiettivo operativo emendato dal nostro Comune. Non avrei avuto nulla da ridire sulla “realizzazione di un’oasi naturalistica nonché un ambito per la promozione e l’educazione ambientale” com’era scritto sul documento consegnatoci, chè, anzi, avrei votato con entusiasmo. La mia contrarietà è scattata quando l’ingegnere capo ci ha comunicato che, anziché un’oasi, il nostro Comune voleva l’ambito naturalistico per la promozione e l’educazione ambientale che potesse anche comprendere attività sportive e ricreative. Dicitura molto vaga che potrebbe comprendere tutto: dal campo per gli scouts al circolo di canotaggio, dal ristorante al villaggio turistico.

Costituire un’oasi significa contribuire a mantenere intatte le caratteristiche del luogo, proteggendolo dagli eventuali desideri di dominio della speculazione che potrebbe voler assoggettarlo alla filosofia del profitto, in nome di un simbolico ordine. L’ambito naturalistico proposto è ‘altro’ o potrebbe dimostrarsi ‘altro’ in futuro.

In un’oasi naturalistica, ad esempio, non potrebbe essere ammessa la caccia, non altrettanto può dirsi, probabilmente, dell’ambito naturalistico, ma non solo. Già pochi mesi fa erano stati decapitati alcuni dei pochi alberi esistenti probabilmente perché il fogliame creava impedimento ai cacciatori.

Un’oasi naturalistica rappresenta il rifugio ideale per la fauna e per la sosta di uccelli migratori. Non credo che l’ambito naturalistico che preveda anche attività sportive e ricreative possa altrettanto prestarsi.

L’educazione ambientale troverebbe infine nell’oasi un luogo ideale di applicazione e di dialogo diretto con la natura, come si potrebbe pensare all’istituzione di un orto o giardino botanico sfruttando la naturale umidità del sito, luogo ideale per imparare a conoscere la natura, di crescita, studio dei vari stadi di sviluppo delle piante e mostra di piante vive, non museo. Semmai museo vivo. Oltre alla conservazione, che assume particolare importanza nel quadro delle piante in via di scomparsa, scopo fondamentale di un Orto Botanico è la funzione didattico-educativa rivolta in primo luogo agli studenti per permettere loro di raggiungere la necessaria maturità per capire l’importanza della salvaguardia della flora.

Chi visita un orto botanico non lo fa, in genere, solo per trascorrere alcuni momenti di svago o per appagare la vista e l’olfatto con fiori dai colori vivaci o dal dolce profumo. Chi entra in un orto botanico cerca qualcosa in più rispetto a quello che può trovare in un giardino o in un parco pubblico: è spinto dalla curiosità, dalla voglia di imparare cose nuove e di conoscere tutto ciò che la natura, attraverso il regno vegetale, è in grado di offrire all’uomo: forme, colori, sapori, odori, ossigeno, essenze ornamentali, svago, fantasia, poesia e altro.

Ha rappresentato già un grave errore aver rimandato il recupero al termine delle escavazioni. Anche per questo, a suo tempo, avevo espresso voto contrario al Piano delle Attività Estrattive.

Avremmo potuto chiamare l’oasi, come hanno fatto in altre località, “Nuova vita alle cave esaurite”. La mia preoccupazione è che si impieghino i soldi dei contribuenti per dare eventuale nuova vita a chi ne ha avuta già troppa.

Non da ultimo, sarebbe stata buona norma collegare i nostri progetti a quelli dell’intero percorso del Marecchia: da quello montano a quello di conoide, per lo meno a quest’ultimo che va dallo stretto di Verucchio, dove tutte le acque provenienti da monte vengono in superficie, sino al mare, per 18 chilometri. Non v’è chi non capisca che risultati positivi potranno essere raggiunti con il coordinamento di tutti gli enti ed istituzioni interessati, coordinati dall’Autorità di Bacino alla quale sono state demandate dalla Regione le possibili misure di salvaguardia del territorio.

Un altro aspetto negativo rilevato nella convenzione e nel programma di lavoro è rappresentato dal fatto che mai si parla, in ordine agli incarichi professionali, di ingegneria naturalistica, senza tuttavia voler consolidare la situazione di monopolio esistente a livello provinciale.

La Comunità Montana, che non si capisce cosa ci stia a fare, naturalmente, è estranea su questo come su altri problemi.

Infine, se è vero che la delibera della Giunta regionale impone l’adeguamento ai PRG e ai PAE, questo è un motivo in più, per me che non avevo approvato il PAE, per votare contro.

Mirella Canini Venturini