"SOSTENIBILITA' DEL DEBITO ESTERO

DEI PAESI POVERI"

Intervento al Consiglio Comunale di

Santarcangelo di Rom. del 5 maggio 2000

In questi giorni imperversa un'ondata di 'buonismo' spinto, persino sospetto, tant'è che viene da chiedersi cosa si nasconda dietro il fiorire delle iniziative a favore della cancellazio-ne, o conversione del debito estero dei paesi più poveri, da parte delle potenti nazioni creditrici. L'interesse della Chiesa, invece, è altra cosa.

Se lo chiede anche il "Gruppo di Coordinamento Sdebitarsi". I paesi poveri, infatti, in virtù del perverso meccanismo degli interessi sugli interessi, pur Avendo assolto al pagamento del loro debito, restano schiavizzati “da questa autentica forma di usura imposta arbitraria-mente dai creditori”. Così, ad esempio, il Costa Rica, che si era fatto prestare dalla Gran Bretagna 12 miliardi nel 1973, ne ha restituiti 21 e ne deve ancora restituire 3.1 paesi ricchi avevano prestato oltre 15.000 miliardi di lire a Mobutu, dittatore dello Zaire, incoraggiandolo a riempirsi le tasche. L’Africa in generale, a fronte di 1 dollaro di aiuti ricevuti, ne sborsa 3 per pagare gli interessi del debito.

É lo stesso Comitato Ecclesiale per la riduzione del debito estero, promosso dai vescovi italiani in risposta all'appello lanciato dal Papa in occasione del "Grande Giubileo" del 2000, a confermarlo: “Le scritture del debito vanno stornate perché il debitore ha già pagato, restituendo nella maggior parte dei casi assai più di quanto non avesse ottenuto in prestito all'origine”. Con quale faccia si può chiedere la restituzione?

Le iniziative proposte da Francia, Inghilterra, Amministrazione americana, Canada e Italia secondo la valutazione di Eurodad, la rete europea di organizzazioni non governative che al tema del debito ha orientato da sempre il proprio lavoro, sono solo apparentemente innovative, "acqua fresca di Colonia".

In barba alle 'buone notizie' che giungono dai centri di potere di Washington, Londra, Berli-no, Parigi e Roma, che promettono speranza senza tuttavia disturbare le coscienze dei ric-chi, resta intatta la struttura dell'oppressione economica. Intanto la spesa sanitaria dei paesi dell'Africa subsahariana è appena un quarto dell'ammontare dovuto per il servizio del debi-to, cioè il pagamento degli interessi su un prestito e il rimborso delle quote capitale matura-te secondo il piano di ammortamento. E sulla base delle stime elaborate dalle Nazioni Unite, circa 19.000 bambini muoiono ogni giorno per via delle riduzioni della spesa sanitaria imputabile alla morsa del debito.

Meritevole di rispetto l'ipotesi canadese di un codice di condotta che garantisca maggiore trasparenza e meno arbitrio nelle operazioni di concessione dei prestiti, spesso frutto di spregiudicate transazioni commerciali condotte nel solo interesse degli esportatori e degli investitori nazionali.

L'anno giubilare - anno di gioia - ha rappresentato per il Papa - come già nel 1991 la Centesimus annus, l'occasione per sostenere con fermezza che se è giusto che i debiti vengano pagati, non è tuttavia lecito chiedere o pretendere un pagamento, quando questo verrebbe ad im-porre di fatto scelte politiche tali da spingere alla fame e alla disperazione intere popolazio-ni. Non si può pretendere - dice il Papa - che i debiti contratti siano pagati con insopportabili sacrifici. In un momento forte come quello del Giubileo - sostiene ancora Giovanni Paolo II “i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare, tra l'altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale che pesa sul destino di molte nazioni”.

Il Comitato Ecclesiale italiano, ripercorrendo il percorso del debito, punta il dito sulle politi-che neoliberiste di Usa e Gran Bretagna che provocarono l'innalzamento violento dei tassi di interessi, cosicché i paesi indebitati si trovarono a dover far fronte, da un anno all'altro, a tassi che dal 10% e meno potevano superare il 30%. Quadro economico che si aggravò ulte-riormente tra il 1979 e il 1980 quando il dollaro acquistò un notevole valore rispetto alla ster-lina, al marco e alla lira, facendo subire svalutazioni fortissime alle monete dei paesi poveri. A questo si deve aggiungere lo sperpero di denaro per spese militari volute da dittatori che, oltre tutto, esportavano denaro all'estero sottraendolo al proprio Paese. I "programmi di ag-giustamento strutturale" impostati dai paesi ricchi dopo il 1982 hanno contribuito ad impove-rirli maggiormente.

L’appello del Papa poteva apparire un'utopia o, al massimo, una "pia esortazione". Si sta invece configurando come una pesante necessità per la qualità della vita di tutti i popoli, per alcuni per la stessa sopravvivenza.

Il provvedimento italiano riguarderà un massimo di 10-12 paesi a condizione che si impegni-no a riconoscere e garantire i diritti umani e le libertà fondamentali, a rinunciare alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e a perseguire il benessere e il pieno sviluppo della persona umana, favorendo in particolare la riduzione della povertà. Pa-role che suonano come un'atroce presa in giro per Paesi che i creditori hanno spinto alla guerra fornendo loro, appunto, i crediti perché acquistassero le armi da loro stessi prodotte, oppure impoveriti mediante il prelievo sistematico di materie prime e di risorse finanziarie. E l'Italia - non va sottovalutato - sta vendendo armi a non finire. lì nostro Paese si colloca all'80 posto tra le prime 30 nazioni nel mondo per la vendita delle principali armi convenzionali dopo USA, Russia, Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Olanda. Sorvolo sulla stretta connes-sione tra armi e droga. La Turchia, ad esempio, dal 1984 al 1996 ha speso ben 86 miliardi di dollari in armamenti, contro un indebitamento di 92 miliardi di dollari.

Parlando di "diritti dei poveri nel tempo della globalizzazione", definiti una "presa in giro", padre Alex Zanotelli - missionario in Kenia - ha tracciato un lungo e terrificante elenco delle conseguenze degli aggiustamenti strutturali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che abbracciano sanità, scuola, alimentazione, sopravvivenza di centinaia di milioni di esseri umani che stanno morendo di fame.

Sono più di un miliardo e meno - e diventeranno rapidamente oltre due miliardi - le persone che nel Sud tentano di sopravvivere al di sotto della soglia di povertà, spesso con molto meno dì quel dollaro al giorno che già tanto impressiona noi abitanti del ricco occidente, esseri umani esclusi da qualunque speranza di integrazione nell'economia cosiddetta globa-le. Nei paesi poveri indebitati - è il caso dì ricordano -' ad es. in Africa Centrale, l'indice medio di vita, fermo a 46 anni, va ancora diminuendo per la spirale del debito, sottosviluppo, guerre, Aids. Lì ogni essere umano vive almeno trent'anni in meno dì un nostro connazionale o di un europeo, in presenza di una "globalizzazione" che avvantaggia solo chi è più forte: i gruppi sociali e i Paesi più ricchi, le imprese multinazionali, le grandi banche, le maggiori società finanziarie. Per tutti gli altri aumenta la povertà, si diffonde l'insicurezza, crescono i conflitti. La pazienza dei poveri probabilmente non durerà in eterno.

L'ordine del giorno che ci accingiamo a votare mi sembra decisamente moscio, debole. lo, ad esempio, avrei scritto che la Città di Santarcangelo, "consapevole che l'impegno verso i Pa-esi poveri è una doverosa restituzione di risorse, essendo stati costretti ad accettare di corri-spondere interessi da usura...", come a mio modo dì vedere la solidarietà agli immigrati rap-presenta un'altra forma di restituzione.

Non una parola, in questo vostro ordine del giorno, su quella che io chiamo "l'ingiustizia globale" che può solo generare violenza, fanatismo, dispotismo.

Non una parola, ancora, sull'esigenza dì cancellare i crediti per i progetti sbagliati, non finiti, che hanno provocato danni incredibili alle popolazioni locali e all'ambiente, quali dighe senza canali che non portano acqua a nessuno, ospedali irraggiungibili nel deserto sui quali, oltre tutto, molte imprese del ricco Nord, anche italiane, hanno guadagnato soldi a palate.

Manca, ancora, un richiamo al governo perché imponga rigorosamente all'ANCE, l'Agenzia Nazionale dei Crediti delle Esportazioni, di non assicurare con denaro pubblico la vendita di armi o di tecnologie pericolose, di prodotti a prezzi troppo alti o di lusso, le operazioni "olia-te" da tangenti o i cui profitti vanno a beneficio delle "famiglie" al potere. Il riferimento po-trebbe essere anche alla costruzione della diga turca che comporterà danni ambientali irrepa-rabili e, soprattutto, la deportazione di centinaia di migliaia di kurdi. lì progetto "Ilisu" vede la partecipazione della nostrana Impregilo, naturalmente assicurata dalla SACE - Sezione Spe-ciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione -' che nel solo 1998 ha venduto sui mercati finanziari 1.100 miliardi di crediti. Come mai oggi la SACE dichiara candidamente di non poter recuperare ben 2.100 miliardi di crediti, crediti che ha già pagato alle imprese? A quali operazioni di esportazione corrispondono gli indennizzi? Quale certezza abbiamo del comportamento corretto delle nostre imprese con i paesi verso i quali esportavano? Non solo non c'è certezza, ma, al contrario, varie sentenze della magistratura italiana ed interna-zionale legittimano i sospetti che molte operazioni siano consistite in vere e proprie truffe a vantaggio delle imprese ed a danno dei paesi debitori e delle tasche degli italiani. Si è parla-to a più riprese di alberghi mai costruiti, forniture mai consegnate, impianti non funzionanti, tangenti, ecc…

Non ho trovato una parola di critica al Fondo Monetario Internazionale che, oltre tutto, è lo stesso Ente che impone scelte di politica economica che si sono rivelate disastrose per i paesi poveri, come il taglio drastico delle spese sanitarie e di istruzione, o la privatizzazione delle aziende pubbliche, che hanno provocato una nuova “colonizzazione”

Il Fondo Monetario internazionale è tutt'altro che neutro. Ai Paesi che chiedono finanziamenti impone misure capestro: svalutare la moneta locale, liberalizzare i mercati aprendoli ad ondate di merci straniere vendute sotto costo con le quali i cartelli monopolistici fanno fallire i cartelli locali, ridurre la spesa pubblica, privatizzare le imprese statali, blocco dei salari, eliminare i sussidi sui prodotti essenziali di consumo, aumentare le esportazioni a discapito della produzione per la sussistenza... E in quei Paesi tra il 1998 e il 2000 sono morti difame2l milioni di bambini sotto i 5 anni.

Parimenti silenzio assoluto - nel vostro ordine del giorno filo-governativo - sulla manipola-zione degli Stati Uniti di WTO, FMI oltre che dell'ONU. In una parola sulle ricchezze rubate ai paesi poveri.

Infine non avrebbe stonato una puntualizzazione - se preferite una sottolineatura - sul fatto che l'Italia non ha mai avuto e non ha una "politica del debito", ma continua ad assumere iniziative non solo scoordinate e spesso inefficaci - come ha denunciato più volte, a ragio-ne, Manitese -ma anche spregiudicate.

Che ora persino Ciampi, regista, in passato, di operazioni discutibili, si dichiari a favore di "posizioni più avanzate" sul debito, mi suona alquanto grottesco, come tutta la finta gara di buonismo suscitata anche dall'ineccepibile azione della Chiesa, tenuto conto che il nostro Governo, per quanto attiene i crediti di aiuto, non farebbe altro che ottemperare a impegni assunti in ambito Unctad nel lontano 1978.

Cancellazione del debito, senz'altro, purché si riconduca l'intera politica del debito all'inter-no della cooperazione, in modo da creare un circuito virtuoso tra cancellazione e progetti di sviluppo e, contestualmente, affrontare la riforma della SACE, le cui scelte - come chiedono le varie associazioni umanitarie - devono essere coordinate con quelle della cooperazione allo sviluppo ed ispirate a criteri della sostenibilità sociale ed ambientale.

Il debito non si cancella con una canzone, ancor meno con un ordine del giorno filo-governativo. Intendo quindi esprimere solidarietà concreta ai paesi poveri votando contro. Mi spiace che l'assessore Nicolini rimanga male di questo mio atteggiamento. Quando si pren-derà l'abitudine di discuterne prima nella Conferenza dei Capigruppo, potremo giungere a votazioni unanimi, accettando ovviamente qualche emendamento. Al momento non posso che votare contro - ripeto - intendendo così esprimere concreta solidarietà. Fosse presente padre Alex Zanotelli che condivide in Africa la povertà di quei popoli, penso mi capirebbe, al contrario di voi. lo non mi preoccupo più di tanto dei giudizi altrui, mentre tengo al rigoro-so giudizio della mia coscienza.

Mirella Canini Venturini

Capogruppo consiliare della Lista Verde Alternativa "Salviamo l'Adriatico"

[in Paginecontro, n. 09,15 maggio 2000]