LA COMPETENZA PENALE DEL
GIUDICE DI PACE
(rielaborazione dell’intervento
tenuto in occasione dell’incontro di studio sulla competenza penale del
giudice di pace
svoltosi a Sanremo lo scorso 19
dicembre e organizzato dal consiglio dell’ordine degli avvocati di Sanremo).
Introduzione.
L'introduzione della competenza penale del giudice di
pace è prevista dal D.Lgs.
274/00, il cui regolamento di esecuzione è contenuto nel D.M.
204/01.
Le disposizioni ivi previste, di cui è ormai prossima
l'entrata in vigore (2 gennaio 2002), contemplano una profonda riforma
del procedimento penale, che viene ora a caratterizzarsi, nella sua variante
davanti al giudice di pace, per i seguenti aspetti.
1. la novità del sistema: la nuova disciplina
introduce un sistema sostanziale e processuale molto diverso rispetto a
quello tradizionale e di cui la relazione governativa al D.Lgs. 274/00
evidenzia la suscettibilità ad assumere in futuro una più
ampia diffusione;
2. l’ampiezza dei reati: la nuova disciplina devolve
alla competenza del giudice di pace un catalogo di reati che per quantità
e qualità è idoneo ad alleggerire significativamente il carico
di lavoro del tribunale;
3. la mitezza delle sanzioni: la nuova disciplina,
che valorizza la conciliazione tra le parti, introduce un sistema sanzionatorio
che esclude il ricorso alla pena detentiva (carceraria) privilegiando la
pena pecuniaria, prevede la non menzione delle iscrizioni nei certificati
rilasciati a richiesta del privato e l’eliminazione delle iscrizioni dal
casellario giudiziale dopo un periodo di tempo non lunghissimo, con ciò
evitando il perpetuarsi del c.d. “stigma della condanna”;
4. l’effettività delle sanzioni: il decreto
legislativo esclude l’applicabilità dell’istituto della sospensione
condizionale alla pena irrogata dal giudice di pace e dell’istituto della
sostituzione della pena detentiva ai reati di competenza del giudice medesimo
e ciò ai fini della valorizzazione del giudice in questione quale
conciliatore delle parti;
5. la tutela delle persone offese: la nuova disciplina
prevede che per i reati perseguibile a querela il processo possa essere
avviato dalla persona offesa con la presentazione del ricorso immediato,
che per i casi di particolare tenuità del fatto il processo possa
essere concluso con sentenza di non doversi procedere se la persona offesa
non vi si opponga, che per i reati cagionanti danni il processo possa essere
concluso con sentenza di non doversi procedere se la persona offesa sia
risarcita mediante riparazione del danno o mediante eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato prima dell’udienza di comparizione;
6. la valorizzazione della polizia giudiziaria:
la nuova disciplina prevede che la polizia giudiziaria svolga le indagini
preliminari di propria iniziativa, riferendo al pubblico ministero entro
il termine di quattro mesi, e citi a giudizio l’imputato direttamente,
sulla base di un’imputazione formulata dal pubblico ministero, e prevede
altresì la possibilità del pubblico ministero di delegare
un ufficiale di polizia giudiziaria per la partecipazione alle udienze
dibattimentali.
Principi
generali.
Nel procedimento penale davanti al giudice di pace si
osservano le disposizioni contenute nel codice di procedura penale e nelle
norme di attuazione, di coordinamento e transitorie dello stesso codice,
in quanto applicabili.
Peraltro non si applicano alcuni istituti propri del
c.p.p. (art. 2 comma 1) cioè:
1) le misure cautelari personali, l’arresto e il fermo,
perché il procedimento penale davanti al giudice di pace esclude
sanzioni detentive e quindi sarebbe incoerente col sistema la previsione
di misure cautelari o di provvedimenti provvisori privativi della libertà
personale: pertanto deve ritenersi abrogata l’ipotesi di arresto del conducente
datosi alla fuga dopo un incidente con danno alle persone, prevista dall’art.
189 c.d.s., devoluto alla competenza del giudice di pace;
2) l’incidente probatorio e la proroga delle indagini
preliminari, perché il procedimento penale davanti al giudice
di pace è caratterizzato da istituti propri (l’assunzione di prove
non rinviabili di cui all’art. 18 e la prosecuzione delle indagini preliminari
di cui all’art. 16);
3) l’udienza preliminare, perché il procedimento
penale davanti al giudice di pace è improntato a semplificazione
(incompatibile con la previsione di un'udienza preliminare);
4) i riti alternativi, perché il procedimento
penale davanti al giudice di pace è caratterizzato dalla conciliazione
delle parti (incompatibile con taluni riti alternativi, come il procedimento
per decreto), dalla tutela della persona offesa (incompatibile con altri
riti alternativi, come il patteggiamento) e soprattutto dalla peculiarità
dei meccanismi di definizione del procedimento penale (per tenuità
del fatto o per condotte riparatorie, ferma restando l’applicabilità
dell’oblazione).
D’altro canto è enfatizzato l’istituto della conciliazione,
che il giudice di pace “deve favorire per quanto possibile” (art. 2 comma
2): la relazione governativa evidenzia che questo istituto costituisce
l’”esito fisiologico” del procedimento penale davanti al giudice di pace,
facendo presente che ciò rende necessaria la presenza di giudici
capaci di accollarsi il compito di una “continua ricerca di equilibrate
soluzioni compensative” e di abbandonare atteggiamenti di “burocratico
distacco” e di “formalistico attaccamento alle scansioni della procedura”.
Organi
giudiziari.
Nel procedimento penale davanti al giudice di pace organi
giudiziari, in ossequio alla delega di cui alla L. 468/99, sono (art. 1):
a) il procuratore della repubblica presso il tribunale
nel cui circondario ha sede il giudice di pace (ovvero, su delega di costui:
- un vice procuratore onorario, per la partecipazione ad udienze camerali
ovvero la formulazione dell’imputazione o la richiesta di archiviazione
o il parere contrario alla citazione; - un vice procuratore onorario, un
uditore giudiziario, un laureato in giurisprudenza frequentante il secondo
anno della scuola di specializzazione per le professioni legali o un ufficiale
di polizia giudiziaria, per la partecipazione all’udienza dibattimentale:
art. 50), quale organo requirente;
b) il giudice di pace (cioè il giudice
di pace “circondariale” fino al deposito della citazione e quello “mandamentale”
successivamente cioè, in sostanza, per la celebrazione dell’udienza
dibattimentale), quale organo giudicante.
Competenza.
a) La competenza per materia del giudice di pace
comprende anzitutto quei reati che il legislatore ritiene espressione di
“microconflittualità
individuale” e suscettibili di “accertamento agevole” (art. 4 comma
1 lettera a): tra essi sono annoverati l’ingiuria, la diffamazione, la
minaccia semplice, l’omissione di soccorso, il furto ex art. 626 c.p. perseguibile
a querela di parte, la sottrazione di cose comuni, l’appropriazione indebita
di cose smarrite, l’usurpazione e l’invasione perseguibili a querela di
parte, l’ingresso abusivo, il danneggiamento semplice, le percosse, le
lesioni personali perseguibili a querela di parte, le lesioni colpose perseguibili
a querela di parte, le lesioni colpose con violazione di norme antinfortunistiche
se la malattia non è superiore ai 20 giorni. In realtà per
reati come quello da ultimo menzionato l’accertamento del reato non è
detto che sia agevole, anche se, proprio in relazione a tale norma incriminatrice,
la relazione governativa precisa che la competenza spetterà al tribunale
per ragioni di connessione con i reati previsti dalla normativa antinfortunistica.
Rientrano altresì nella competenza per materia
del giudice di pace alcuni reati previsti dallo stesso codice penale
o da leggi speciali, che, diversamente dai reati precedenti, sono previsti
a tutela di interessi diffusi e/o sovraindividuali e che, per quanto riguarda
almeno le fattispecie previste dalle leggi speciali, stando alla relazione
governativa, sono state devolute nell’intento di “valorizzare la professionalità
del giudice di pace” (art. 4 comma 1 lettera b e comma 2).
Giova evidenziare che potrebbe non essere inopportuno
verificare l’effettiva rispondenza alla legge delega della scelta del legislatore
delegato di devolvere alla competenza del giudice di pace alcune norme
incriminatrici (così come è discutibile la scelta del legislatore
delegato di non ampliare il novero dei reati perseguibili a querela, come
l’omissione di soccorso o la c.d. fuga del conducente dopo incidente con
danno alle persone di cui all’art. 189 c.d.s., sebbene la legge delega
prevedesse l’estensione della perseguibilità a querela).
Giova poi evidenziare che l’inserimento di taluni reati
tra quelli di competenza del giudice penale, in uno con la riforma delle
sanzioni (cioè con il loro ammorbidimento), è produttiva
di conseguenze assai importanti, come l’oblazionabilità di contravvenzioni
come la guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 c.d.s.
Infine è utile ricordare che il legislatore ha
inteso tenere ferma la competenza del tribunale nel caso in cui ricorrano
le circostanze aggravanti in materia di terrorismo, mafia e discriminazione
razziale ancorchè il reato commesso rientri tra quelli previsti
dall’art. 4 (art. 4 comma 3); nonché tenere ferma la competenza
del tribunale per i minorenni nel caso in cui il colpevole sia un minore,
ancorchè il reato commesso rientri tra quelli previsti dall’art.
4 (art. comma 4).
b) La competenza per territorio del giudice di
pace è stabilita in base al locus commissi delicti (art.
5); saranno comunque applicabili le disposizioni previste dall’art. 8 c.p.p.
in tema di reato permanente e di reato tentato, in virtù del richiamo
alle norme del c.p.p. previsto dall’art. 2.
In caso di atti da compiersi nella fase delle indagini
preliminari e comunque di atti da compiersi fino a che non abbia luogo
il deposito della citazione (per esempio in materia di intercettazioni
telefoniche e ambientali – le quali sono ammesse in concreto in caso di
sufficienti indizi di colpevolezza in ordine al reato di minaccia col mezzo
del telefono ex art. 13 L. 203/1991 -, o in materia di sequestro probatorio,
preventivo e conservativo – il quale ultimo sequestro, quindi, sarebbe
ammesso anche prima dell’esercizio dell’azione penale: v. Bricchetti, Indagini
preliminari: la polizia torna protagonista, in Guida al diritto n. 38/2000,
p. 99 -, ovvero in materia di richiesta di archiviazione e di opposizione
all’archiviazione – v. art. 19 -, ovvero ancora in materia di assunzione
di prove non rinviabili – v. art. 18 -), il giudice di pace competente
per tale fase è individuato nel giudice di pace del luogo ove ha
sede il tribunale del circondario in cui si trova il giudice di pace competente
per la fase del dibattimento (art. 19): occorrerà approfondire se
tale scelta, volta ad evitare il sorgere di incompatibilità, sia
conforme alla legge delega.
c) La c.d. connessione eterogenea, che si ha solo
in caso di concorso formale di reati alcuni di competenza
del tribunale o della corte d’assise e altri di competenza del giudice
di pace, determina lo spostamento della competenza per materia a favore
del tribunale o della corte d’assise, che quindi conoscono anche dei reati
di competenza del giudice di pace, salvo che non sia possibile la riunione
dei processi cioè il simultaneus processus: infatti lo scopo del
legislatore è quello di evitare la duplicazione dei processi (art.
6). La connessione eterogenea non opera a favore del giudice speciale.
Il giudice superiore competente per ragioni di connessione
deve condannare per i reati di competenza del giudice di pace alle sanzioni
previste dal D.Lgs. 274/00 e deve prosciogliere per i reati medesimi per
la particolare tenuità del fatto ovvero per le condotte riparatorie
previste dal D.Lgs. 274/00.
d) La c.d. connessione omogenea, che si ha solo
in caso di concorso di persone nel reato e di concorso formale
di reati (e quindi non anche in caso di continuazione ex art. 81 cpv.
c.p.), determina lo spostamento della competenza per territorio a favore
del giudice di pace del luogo ove è stato commesso il primo reato
- criterio cronologico sostanziale - o, ove non sia possibile accertare
tale luogo, a favore del giudice di pace del luogo ove è cominciato
il primo procedimento - criterio cronologico processuale – (art. 8): pertanto
non si applicano i criteri previsti dall’art. 16 c.p.p. a motivo della
loro inapplicabilità nel procedimento penale davanti al giudice
di pace (ove non ha più senso la distinzione tra delitti e contravvenzioni,
essendo tutti i reati puniti con pene dello stesso tipo, ovvero la distinzione
tra reati più o meno gravi, essendo la maggior parte dei reati puniti
con pene della stessa entità).
Si ritiene che la disciplina sulla connessione dettata
dal decreto legislativo sia limitata alla competenza e quindi non rilevi
sulle modalità di assunzione e sulla valutazione dell’esame dell’imputato
in procedimento connesso, per il che continuano a valere le norme del c.p.p.
(così Laura Tricomi, Connessione dei procedimenti a regime ridotto,
in Guida al diritto n. 38/2000, p. 95).
Il giudice di pace competente per ragioni di connessione,
prima di procedere all’udienza di comparizione, può disporre la
riunione
dei processi, quando ciò non pregiudica la rapida definizione
degli stessi: può disporre altresì la riunione dei processi
in caso di continuazione ex art. 81 cpv. c.p., in caso di danni
reciproci (cioè in caso di reati commessi da più persone
in danno reciproco le une delle altre), in caso di condotte indipendenti
(cioè
in caso di reati commessi da più persone con evento determinato
dalle loro condotte indipendenti) o in caso di utilità alla celerità
e alla completezza dell’accertamento (criterio, quest’ultimo, che lascia
al giudice di pace un ampio margine di discrezionalità). D’altro
canto il giudice di pace, sempre prima di procedere all’udienza di comparizione
e comunque prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, può
disporre la separazione dei processi, quando la riunione pregiudica
la rapida definizione di taluni processi riuniti ovvero il tentativo
di conciliazione.
Incompatibilità,
astensione e ricusazione.
a) Giova rimarcare che il legislatore ha inteso evitare
i rischi delle incompatibilità escludendo la figura del giudice
per le indagini preliminari. In sede di regolamento di esecuzione ha individuato
una incompatibilità nella posizione del giudice di pace che disponga
la trasmissione degli atti al pubblico ministero per manifesta infondatezza
del ricorso immediato della persona offesa, laddove lo stesso giudice sia
successivamente investito del giudizio su citazione a giudizio della polizia
giudiziaria: in tal caso, quando riceve la richiesta di indicazione dell’udienza
di comparizione dal pubblico ministero, il coordinatore dell’ufficio del
giudice di pace ha cura di indicargli un’udienza tenuta da un giudice di
pace diverso da quello che ha disposto la trasmissione degli atti (art.
14 comma 2).
b) In caso di astensione del giudice di pace provvede
il presidente del tribunale (art. 10 comma 1) cui, del resto, spetta anche
l’esercizio della sorveglianza sul giudice di pace del circondario in virtù
della delega deliberata dal C.S.M. in data 25/5/1995 in forza dell’art.
16 L. 374/91.
c) In caso di ricusazione del giudice di pace provvede
la corte di appello (art. 10 comma 2).
d) In caso di accoglimento della dichiarazione di astensione
o di ricusazione si ha la sostituzione del giudice di pace astenuto
o ricusato con altro giudice di pace dello stesso ufficio (art. 10
comma 3) ovvero, in mancanza, con il giudice di pace dell’ufficio viciniore
(art. 10 comma 4): per individuare tale ufficio viciniore l’art. 2 del
regolamento di esecuzione fa riferimento alla distanza chilometrica stradale
e, se del caso, marittima e comunque prevede che l’ufficio viciniore sia
individuato con decreto ministeriale.
Indagini
preliminari.
a) Generalità. In conformità alla
legge delega, di regola - e probabilmente ciò per lo più
si affermerà per i reati perseguibili d’ufficio - le indagini preliminari
sono affidate esclusivamente alla polizia giudiziaria che può
altresì emettere citazione dell’imputato davanti al giudice di pace,
fatti salvi i poteri di direzione e controllo del pubblico ministero
cui compete altresì la decisione sull’esercizio dell’azione penale
ovvero sulla presentazione di richiesta di archiviazione. Tale decisione
resta affidata al pubblico ministero anche nel caso dei reati perseguibili
a querela laddove la persona offesa proponga ricorso immediato al giudice
di pace, saltando la fase delle indagini preliminari.
Il mantenimento dei predetti poteri da parte del pubblico
ministero è dovuto all’esigenza di rispettare i principi costituzionali
di cui agli art. 109 e 112 Cost. in ordine alla diretta disponibilità
della polizia giudiziaria e all’obbligatorietà dell’azione penale
da parte del pubblico ministero.
b) Iscrizione della notizia di reato. Diversamente
a quanto accade nel procedimento penale disciplinato dal c.p.p., l’iscrizione
della notizia di reato da parte del pubblico ministero avviene di regola
alla fine delle indagini preliminari cioè allorchè la polizia
giudiziaria gli trasmette la relazione scritta prevista dall’art. 11 (art.
14 prima parte): in tal caso infatti la notizia di reato è acquisita
dalla stessa polizia giudiziaria che di regola ne informa il pubblico
ministero solo all’esito dell’attività investigativa con la predetta
relazione scritta, anche se l’art. 5 del regolamento di esecuzione prevede
che il pubblico ministero possa chiedere la trasmissione degli atti anche
prima che la polizia giudiziaria gli trasmetta la relazione scritta.
Può accadere inoltre che la notizia di reato
sia acquisita dal pubblico ministero (per esempio in caso di presentazione
di querela, istanza, denuncia) ovvero che il pubblico ministero intenda
procedere personalmente ad un atto delle indagini preliminari: in tal
caso della notizia di reato è fatta immediata iscrizione (art. 12
– a mio avviso - e art. 14 seconda parte); non è chiaro invece se
l’iscrizione debba avere luogo anche in caso di mera trasmissione del verbale
di sequestro o di perquisizione al pubblico ministero (così Renato
Bricchetti, Indagini preliminari: la polizia torna protagonista, in Guida
al diritto n. 38/2001, p. 99).
c) Attività della polizia giudiziaria. Diversamente
a quanto accade nel procedimento penale disciplinato dal c.p.p., la polizia
giudiziaria svolge di propria iniziativa tutte le indagini preliminari
necessarie per ricostruire il fatto e per individuare il colpevole, non
limitandosi, perciò, al compimento di propria iniziativa dei soli
atti iniziali e urgenti (art. 11 comma 1 prima parte). Peraltro la polizia
giudiziaria deve chiedere l’autorizzazione del pubblico ministero per compiere
gli atti c.d. garantiti, ovvero gli accertamenti tecnici irripetibili,
gli interrogatori e i confronti relativi all’indagato, le perquisizioni
e i sequestri che la polizia giudiziaria non può effettuare di propria
iniziativa (art. 13).
La durata delle indagini preliminari svolte dalla
polizia giudiziaria è di quattro mesi dall’acquisizione della notizia
di reato, decorsi i quali deve essere presentata al pubblico ministero
una relazione scritta con cui è riportata la data di acquisizione
della notizia di reato e, nel caso in cui la stessa notizia di reato sia
ritenuta fondata, è enunciato il fatto in forma chiara e precisa
ed è richiesta l’autorizzazione a disporre la comparizione dell’indagato
davanti al giudice di pace (art. 11 comma 1 seconda parte, comma 2 e comma
3). Con la relazione scritta la polizia giudiziaria trasmette al pubblico
ministero la documentazione relativa agli atti compiuti, il corpo del reato
e le cose pertinenti al reato che non debbano essere custodite altrove
(art. 6 del regolamento di esecuzione).
d) Attività del pubblico ministero. Come
si è visto, il pubblico ministero conserva poteri di direzione e
controllo delle indagini preliminari, anche se è la polizia giudiziaria
a svolgere le indagini preliminari: a tal fine, il pubblico ministero può
chiedere la trasmissione degli atti anche prima che la polizia giudiziaria
gli trasmetta la relazione scritta (art. 5 reg. esec.), e, quando riceve
personalmente la notizia di reato, provvede alla trasmissione della stessa
alla polizia giudiziaria impartendole le direttive, se necessario (art.
12).
Posto che, come si è visto, le indagini preliminari
sono svolte di regola dalla polizia giudiziaria, il pubblico ministero
si occuperà di assumere personalmente atti di indagine solo occasionalmente:
ciò potrà avvenire per i c.d. atti garantiti, cioè
accertamenti tecnici irripetibili, interrogatori e confronti con l’indagato,
sequestri e perquisizioni che la polizia giudiziaria non può compiere
di propria iniziativa, nel qual caso il pubblico ministero potrà
assumere personalmente l’atto ovvero autorizzarne il compimento alla polizia
giudiziaria (art. 13).
e) Chiusura delle indagini preliminari. Le indagini
preliminari devono essere chiuse nel termine di quattro mesi dall’iscrizione
della notizia di reato (art. 16 comma 1) in pendenza del quale il pubblico
ministero può integrare le indagini medesime, salvo che in casi
di particolare complessità – requisito più rigoroso rispetto
alla “giusta causa“ prevista dall’art. 406 c.p.p. – lo stesso pubblico
ministero ne disponga, con provvedimento motivato, la prosecuzione per
un periodo non superiore a due mesi e sempre che il giudice di pace, cui
il detto provvedimento è comunicato, non condivida le ragioni del
provvedimento dichiarando la chiusura delle indagini preliminari ovvero
riducendo il termine (art. 16 comma 2). Come già avviene nel procedimento
penale disciplinato dal c.p.p. gli atti delle indagini preliminari compiuti
dopo la scadenza del termine sono colpiti dalla grave sanzione dell’inutilizzabilità
(art. 16 comma 3).
La chiusura delle indagini preliminari avviene con la
decisione del pubblico ministero sulla notizia di reato: se la notizia
di reato è ritenuta fondata, si ha la formulazione dell’imputazione
e l’autorizzazione della polizia giudiziaria alla citazione dell’imputato;
se invece la notizia di reato è ritenuta infondata o in caso di
improcedibilità dell’azione, di estinzione del reato, di non previsione
del fatto come reato, di inidoneità delle indagini a sostenere l’accusa
in giudizio, di particolare tenuità del fatto (salvo il caso in
cui la persona offesa sia interessata alla prosecuzione del procedimento)
o di commissione del fatto da parte di ignoti, si ha la richiesta di archiviazione
al giudice.
Della chiusura delle indagini preliminari non deve essere
dato l’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p.: tale esclusione è
ritenuta in quanto soluzione “in armonia con l’esigenza di semplificazione
affermata dalla delega” (così Bricchetti, Indagini preliminari:
la polizia torna protagonista, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 100,
che comunque fa presente che anche ove l’avviso fosse prescritto la sua
eventuale omissione non sarebbe sanzionata da nullità della citazione
a giudizio “non essendo state riproposte disposizioni analoghe a quelle
contenute negli articoli 416, comma 1, e 552, comma 2, del Cpp”).
f) Archiviazione. In caso di ritenuta infondatezza
della notizia di reato ovvero negli altri casi testè elencati, il
pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di archiviazione,
trasmettendo il fascicolo (art. 17 comma 1), e la notifica alla persona
offesa che ne abbia fatto richiesta, avvisandola che può esaminare
il fascicolo e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini
entro 10 giorni dalla notificazione (art. 17 comma 2 prima parte).
In caso di non condivisione della richiesta di archiviazione,
la persona offesa propone nel termine suddetto opposizione alla richiesta
di archiviazione, indicando, a pena di inammissibilità, gli
elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori
indagini necessarie (art. 17 comma 2 seconda parte).
In caso di non condivisione della richiesta di archiviazione
e, al contrario, di condivisione dell’opposizione, il giudice di pace (“circondariale”,
come si è visto) rigetta la richiesta di archiviazione, indicando
le ulteriori indagini necessarie ovvero disponendo la formulazione dell’imputazione
entro 10 giorni da parte del pubblico ministero. Altrimenti dispone
l'archiviazione.
g) Esercizio dell’azione penale. In caso di ritenuta
fondatezza della notizia di reato, il pubblico ministero formula l’imputazione
e autorizza la polizia giudiziaria alla citazione dell’imputato.
L’imputazione quindi confluisce in quest’ultimo atto, atto che assume una
“struttura a formazione complessa” (secondo la definizione contenuta nella
relazione governativa) perchè, sebbene sottoscritto da un ufficiale
di polizia giudiziaria, deve rispettare la formulazione dell’imputazione
fatta dal pubblico ministero, facendola propria. A questo punto, è
compito del pubblico ministero anche l’informazione dell’esercizio dell’azione
penale a favore dell’ente pubblico presso cui l’imputato sia impiegato
e, se vi è danno erariale, del procuratore generale presso la corte
dei conti (art. 129 att. c.p.p.).
Dibattimento.
a) Generalità. Il dibattimento può
essere promosso mediante due distinti atti introduttivi: la citazione
a giudizio della polizia giudiziaria, che costituisce l’atto introduttivo
normale del dibattimento davanti al giudice di pace e che è sempre
preceduto dalle indagini preliminari, e il ricorso immediato della persona
offesa, che costituisce l’atto introduttivo del dibattimento davanti al
giudice di pace utilizzabile in caso di reati perseguibili a querela di
parte e che di regola non è preceduto da indagini preliminari.
L’accusato assume la veste di imputato con la
citazione a giudizio della polizia giudiziaria ma non anche con il ricorso
immediato della persona offesa: tale iniziativa abbisogna della verifica
sia del pubblico ministero, che può formulare l’imputazione ovvero
esprimere parere contrario alla citazione, sia del giudice di pace, che
può emettere il decreto di convocazione delle parti ovvero disporre
la trasmissione degli atti al pubblico ministero; così, determina
l’assunzione della qualifica di imputato in capo all’accusato solo quando
è seguita dall’emissione del decreto di convocazione delle parti
(art. 3). Pertanto la veste di imputato viene assunta dall’accusato per
un’iniziativa che non promana mai dal pubblico ministero, come avviene
tradizionalmente, bensì di norma dalla polizia giudiziaria e talvolta
dal giudice di pace. Inoltre l’assunzione della veste di imputato viene
assunta dall’accusato per un’iniziativa che comporta altresì l’interruzione
della prescrizione del reato (art. 61).
Giova evidenziare infine che quando il dibattimento è
promosso a seguito di ricorso immediato della persona offesa sono inapplicabili
le disposizioni diverse dell’ordinario procedimento penale davanti al giudice
di pace (art. 22 comma 4): peraltro l’art. 9 del regolamento di esecuzione
prevede che, non appena riceva comunicazione del ricorso immediato, il
pubblico ministero ne dia immediato avviso al giudice cui abbia già
presentato richiesta di archiviazione per gli stessi fatti e che, a seguito
di tale avviso, e sempre che non abbia già avuto luogo l’archiviazione,
il giudice medesimo disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero
richiedente (giova tenere presente infatti che il ricorso immediato può
essere preceduto da una querela recante la medesima notizia di reato che
il pubblico ministero, dopo indagini preliminari o senz’altro incombente,
può ritenere infondata); è stato osservato che non sarebbe
chiaro “se e in che limiti possano essere utilizzate le risultanze investigative
conseguenti alla querela, sia nella fase subprocedimentale nella quale
il Pm è chiamato a formulare le sue richieste (articolo 25 del Dlgs
n. 274), sia nella fase del giudizio” (così Laura Tricomi, La parte
offesa «conquista» il potere di citazione, in Guida al diritto
n. 38/2000, p. 108): peraltro l'art. 12 del regolamento ora prevede che
la documentazione relativa alle attività investigativa in questione
sia depositata presso la segreteria del p.m., ove resta a disposizione
dei difensori, che possono così prenderne visione ed estrarne copia.
b) Citazione a giudizio della polizia giudiziaria.
Si tratta dell’atto con cui la polizia giudiziaria convoca l’imputato davanti
al giudice di pace: ciò ovviamente non attribuisce alla polizia
giudiziaria il potere di ordinare la comparizione, eventualmente coattivamente,
dell’imputato davanti al giudice di pace, sebbene la legge delega faccia
riferimento al potere della polizia giudiziaria di “disporre direttamente
la comparizione dell’imputato davanti al giudice”, e ciò in quanto
una partecipazione coattiva dell’imputato al giudizio non sarebbe conforme
ai principi costituzionali.
La citazione deve contenere (art. 20 comma 2):
- le generalità dell’imputato, perché se
lo stesso non è identificato in modo certo la citazione è
nulla;
- le generalità della persona offesa, semprechè
la stessa sia identificata;
- l’imputazione formulata dal pubblico ministero, perché
se l’imputazione manca o è insufficiente la citazione è nulla;
- l’indicazione delle fonti di prova di cui è
chiesta l’ammissione, perché se l’indicazione manca o è insufficiente
la citazione è nulla;
- l’indicazione delle circostanze su cui verte l’esame
di testi e consulenti, perché se l’indicazione manca la richiesta
di prova è inammissibile (soluzione preferibile a quella, più
drastica, per la quale sarebbe la stessa citazione ad essere inammissibile);
- l’indicazione del giudice competente per il giudizio
e di luogo, data e ora della comparizione (la c.d. vocatio in ius) sulla
base delle indicazioni sull’udienza ricevute a seguito di richiesta del
pubblico ministero al coordinatore dell’ufficio del giudice di pace (art.
49), perché se l’indicazione manca o è insufficiente la citazione
è nulla;
- l’avvertimento che in caso di mancata comparizione
l’imputato sarà giudicato in contumacia, perché se l’avvertimento
manca o è insufficiente la citazione è nulla;
- l’avviso che l’imputato ha la facoltà di nominare
un difensore di fiducia e che in caso di mancata nomina sarà assistito
da un difensore d’ufficio, perché se l’avviso manca o è insufficiente
la citazione è nulla;
- l’avviso che l’imputato e il suo difensore ha la facoltà
di prendere visione e estrarre copia del fascicolo delle indagini preliminari
e che tale fascicolo si trova depositato presso la segreteria del pubblico
ministero;
- la sottoscrizione da parte di un ufficiale di polizia
giudiziaria, perché se la sottoscrizione manca o proviene da un
agente la citazione è nulla (o forse, in caso di mancata sottoscrizione,
addirittura inesistente).
Gli adempimenti successivi alla redazione della citazione
sono i seguenti (art. 20 commi 3 e 5):
- la notificazione della citazione, che avviene
a cura della polizia giudiziaria a favore dell’imputato, del difensore
e della persona offesa 30 giorni prima del dibattimento (che, quale termine
di comparizione, deve essere osservato a pena di nullità);
- il deposito della citazione, che avviene a cura
della polizia giudiziaria presso la segreteria del pubblico ministero unitamente
al fascicolo delle indagini preliminari, al corpo del reato e alle cose
pertinenti al reato.
c) Ricorso immediato della persona offesa. Si tratta
dell’atto con cui la persona offesa chiede la convocazione dell’accusato
davanti al giudice di pace in relazione a tutti i reati perseguibili a
querela devoluti alla competenza del giudice di pace (e non già
solo per “taluni reati perseguibili a querela”, come pure prevedeva la
legge delega che peraltro non prevedeva alcun criterio di selezione dei
reati) nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto reato (a pena di
inammissibilità: art. 24 lettera a): a tale iniziativa, peraltro,
deve seguire la presa di posizione del pubblico ministero e quella del
giudice di pace, ciò che esclude che la persona offesa disponga
di un potere di imputazione diretta dell’accusato, soluzione che, in assenza
di un qualche filtro, sarebbe apparsa rischiosa per il pericolo di iniziative
totalmente infondate o puramente strumentali (così la relazione
governativa); peraltro è stato osservato che l’attribuzione di un
siffatto potere alla persona offesa, sebbene inopportuna, non sarebbe stata
in contrasto con la costituzione in quanto l’art. 112 Cost. assegnerebbe
al pubblico ministero l’esercizio dell’azione penale in modo non esclusivo
(v. la relazione governativa che richiama la sentenza 26/7/1979 n. 84 della
Corte costituzionale).
Il ricorso immediato deve contenere (art. 21):
- le generalità dell’accusato, perché se
lo stesso non è indicato il ricorso è inammissibile;
- le generalità della persona offesa ricorrente
e delle altre eventuali persona offese, perché se la stessa non
è indicata il ricorso è inammissibile;
- l’indicazione del difensore della persona offesa ricorrente
e la nomina, perché se lo stesso non è indicato o manca la
nomina il ricorso è inammissibile;
- la descrizione in forma chiara e precisa del fatto
addebitato all’accusato con l’indicazione degli articoli di legge violati,
perché se la descrizione manca o è insufficiente il ricorso
è inammissibile;
- l’indicazione delle fonti di prova di cui è
chiesta l’ammissione, perché se l’indicazione manca o è insufficiente
il ricorso è inammissibile; - l’indicazione delle circostanze su
cui verte l’esame di testi e consulenti, perché se l’indicazione
manca il ricorso è inammissibile;
- l’indicazione dei documenti di cui si chiede l’acquisizione,
perché se l’indicazione manca il ricorso è inammissibile;
- la richiesta di fissazione dell’udienza per procedere
nei confronti dell’accusato (che costituisce manifestazione della volontà
punitiva della persona offesa, che giustifica la parificazione del ricorso
immediato alla querela da parte del comma 5 dell’art. 21), perché
se la richiesta manca il ricorso è inammissibile;
- la sottoscrizione da parte della persona offesa autenticata
dal difensore e la sottoscrizione del difensore, perché se la sottoscrizione
manca o non è autenticata il ricorso è inammissibile.
Il ricorso immediato può inoltre contenere
(art. 22 e 23):
- la menzione della presentazione di querela per il medesimo
fatto, con allegazione della copia della querela al ricorso e con deposito
di altra copia della querela presso la segreteria del pubblico ministero
(per il che il giudice di pace dispone l’acquisizione della querela in
originale);
- la richiesta motivata di restituzione o di risarcimento
del danno (che equivale a costituzione di parte civile), salvo che la persona
offesa non preferisca un’autonoma dichiarazione di costituzione di parte
civile che, peraltro, deve avvenire contestualmente alla presentazione
del ricorso immediato a pena di decadenza.
Gli adempimenti successivi alla redazione del ricorso
immediato sono i seguenti (art. 22 comma 1):
- la comunicazione del ricorso, che avviene a
cura della persona offesa a favore del pubblico ministero mediante consegna
di copia presso la segreteria del pubblico ministero medesimo;
- il deposito del ricorso, che avviene a cura
della persona offesa presso la cancelleria del giudice di pace unitamente
alla prova dell’avvenuta comunicazione del ricorso al pubblico ministero
(a pena di inammissibilità dello stesso ricorso: art. 24 lettera
e).
Gli sviluppi successivi al deposito del ricorso immediato
sono i seguenti (art. 25, 26, 27 e 28):
- la richiesta del pubblico ministero, che è
l’atto con cui il pubblico ministero: 1. esprime un parere contrario alla
citazione dell’accusato per manifesta infondatezza della notizia di reato
o per inammissibilità del ricorso immediato o per incompetenza del
giudice di pace – nel qual caso si ha richiesta di trasmissione degli atti
allo stesso pubblico ministero salvo il caso di mera incompetenza per territorio
del giudice di pace, allorchè la restituzione degli atti ha luogo
a favore del ricorrente –; ovvero: 2. esercita l’azione penale contro l’accusato
stante l’insussistenza dei vizi suindicati – nel qual caso si ha la formulazione
dell’imputazione con la conferma o la modifica dell’addebito contenuto
nel ricorso immediato –; ciò entro 10 giorni dalla comunicazione
del ricorso immediato (termine ordinatorio: v. relazione governativa);
- il provvedimento del giudice di pace, che è
l’atto con cui il giudice di pace: 1. ritiene manifestamente infondato
o inammissibile il ricorso immediato ovvero incompetente per materia se
medesimo – nel qual caso di ha trasmissione degli atti al pubblico ministero
per le ulteriori iniziative del caso – ovvero ritiene incompetente per
territorio se medesimo – nel qual caso si ha restituzione degli atti al
ricorrente per la reiterazione del ricorso davanti al giudice di pace competente
per territorio nel termine di 20 giorni dalla notificazione del provvedimento
del giudice a cura della cancelleria, a pena di inammissibilità
del ricorso –; ovvero: 2. non ritiene sussistenti i vizi predetti – nel
qual caso si ha convocazione delle parti in udienza davanti a sé
–; ciò entro 20 giorni dal deposito del ricorso immediato (termine
ordinatorio), tenendo presente comunque che il giudice di pace emette il
provvedimento di cui sopra dopo la presentazione delle richieste del pubblico
ministero o, se tali richieste non pervengono, solo dopo lo spirare del
termine di 10 giorni di cui al punto precedente (art. 26 comma 1)
Il decreto di convocazione delle parti deve contenere
(art. 27):
- le generalità dell’imputato, perché se
lo stesso non è identificato in modo certo la convocazione è
nulla;
- la trascrizione dell’imputazione formulata dal pubblico
ministero, perché se l’imputazione manca o è insufficiente
la convocazione è nulla. Quid iuris in caso di omessa formulazione
dell’imputazione da parte del p.m. nei 10 giorni dalla comunicazione del
ricorso immediato? A mio sommesso avviso, all’adempimento potrebbe provvedere
lo stesso giudice di pace, anche tenuto conto dell’insegnamento poc’anzi
richiamato in ordine all’art. 112 Cost. che assegnerebbe al pubblico ministero
l’esercizio dell’azione penale in modo non esclusivo (contra Laura Tricomi,
La parte offesa «conquista» il potere di citazione, in Guida
al diritto n. 38/2000, p. 110): a conferma di ciò si evidenzia che,
come si è visto, in base all'art. 3 l'assunzione della qualità
di imputato nel procedimento attivato con ricorso immediato avviene non
già a seguito della formulazione dell'imputazione da parte del pubblico
ministero bensì a seguito dell'emissione del decreto di convocazione
delle parti da parte del giudice di pace;
- l’indicazione del giudice competente per il giudizio
e di luogo, data e ora della comparizione (la c.d. vocatio in ius), perché
se l’indicazione manca o è insufficiente la convocazione è
nulla;
- l’avvertimento che in caso di mancata comparizione
l’imputato sarà giudicato in contumacia, perché se l’avvertimento
manca o è insufficiente la convocazione è nulla;
- l’avviso che l’imputato ha la facoltà di nominare
un difensore di fiducia e che in caso di mancata nomina sarà assistito
da un difensore d’ufficio, perché se l’avviso manca o è insufficiente
la convocazione è nulla;
- la sottoscrizione da parte del giudice di pace e dell’ausiliario
che l’assiste.
Il decreto di convocazione delle parti può determinare
situazioni di incompatibilità del giudice di pace con la funzione
di giudice del dibattimento alla luce della formulazione dell’art. 34 c.p.p.,
norma senz’altro applicabile ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo
(così Laura Tricomi, La parte offesa «conquista» il
potere di citazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 111): una situazione
di incompatibilità particolarmente evidente si verificherebbe nel
caso in cui si condividesse la tesi testè sostenuta secondo cui
nell’inerzia del pubblico ministero potrebbe essere lo stesso giudice di
pace a formulare l'imputazione.
Gli adempimenti successivi alla redazione del decreto
di convocazione sono i seguenti (art. 20 comma 5):
- la notificazione del ricorso e del decreto,
che avviene a cura del ricorrente a favore dell’imputato e del difensore
20 giorni prima del dibattimento (che, quale termine di comparizione, deve
essere osservato a pena di nullità e che risulta più breve
rispetto a quello previsto in caso di citazione a giudizio - 30 giorni
- in quanto nel procedimento attivato con ricorso immediato manca di regola
la fase delle indagini preliminari);
- il deposito del solo decreto, che avviene a
cura del ricorrente a favore delle altre persone offese 20 giorni prima
del dibattimento;
- l'informazione sull’azione penale, che avviene
a cura del giudice di pace (e non già del pubblico ministero) a
favore dell’ente pubblico presso cui l’imputato sia impiegato e, se vi
è danno erariale, del procuratore generale presso la corte dei conti
(art. 11 reg. esec.).
Gli sviluppi successivi alla notificazione del decreto
di convocazione delle parti sono i seguenti (art. 28):
- l'intervento nel processo della persona offesa non
ricorrente, che avviene con l’assistenza di un difensore entro l’udienza
di comparizione a pena di rinuncia implicita al diritto di querela ovvero
di remissione implicita della querela eventualmente già presentata
(per cui l’inerzia produce l’improcedibilità dell’azione penale
in relazione al fatto reato subito dalla persona offesa non ricorrente);
- la costituzione di parte civile della persona offesa
non ricorrente, che avviene con l’assistenza di un difensore prima
della dichiarazione di apertura del dibattimento (per cui l’inerzia produce
la decadenza dalla facoltà di esercitare l’azione civile in sede
penale in relazione al fatto reato subito dalla persona offesa non ricorrente).
d) Attività predibattimentale. Prima dell’udienza
di comparizione ha luogo la seguente attività:
- il deposito dell’atto di citazione con le notifiche,
che avviene presso la cancelleria del giudice di pace sette giorni prima
dell’udienza da parte del pubblico ministero in caso di citazione a giudizio
della polizia giudiziaria e da parte del ricorrente in caso di ricorso
immediato della persona offesa (art. 29 comma 1) e che, fra l’altro, consente
al coordinatore dell’ufficio del giudice di pace di designare il giudice
per la eventuale riunione (art. 1 reg. esec.);
- il deposito della lista dei testi e dei consulenti,
che avviene presso la cancelleria del giudice di pace sette giorni prima
dell’udienza da parte dell’imputato e delle altre parti convocate (art.
29 comma 2) e che consente alla loro controparte di attivarsi per esercitare
il diritto alla prova contraria.
e) Attività preliminare. Prima dell’apertura
del dibattimento ha luogo la seguente attività:
- la rinnovazione dell’atto di citazione, che
avviene da parte del giudice di pace anche d’ufficio in ogni caso in cui
occorra (art. 29 comma 3, norma che, evitando regressioni processuali,
prevede una disciplina analoga a quella contenuta nell’art. 143 att. c.p.p.);
- la domanda di oblazione, che avviene da parte
dell’imputato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (art.
29 comma 6) e che consiste nella c.d. oblazione comune, prevista per reati
puniti con la sola pena pecuniaria e sempre ottenibile dall’imputato che
ne faccia richiesta, o nella c.d. oblazione speciale, prevista per reati
puniti con pena alternativa e ottenibile dall’imputato solo se il giudice
di pace ritenga di ammetterlo e sempre che non “permangano conseguenze
dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore”
(art. 162 bis c.p.): pertanto, si ritiene che nelle contravvenzioni punite
con pene alternative e dalle quali residuino conseguenze dannose o pericolose
del reato l’imputato preferirà limitarsi a riparare il danno e così
accedere alla sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato
conseguente a condotte riparatorie, senza sobbarcarsi l’ulteriore fardello
dell’oblazione che comporta il pagamento di una somma pari alla metà
del massimo edittale (così Amato, Sui delitti a querela la prima
via è la conciliazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 116);
- il tentativo di conciliazione delle parti, che
avviene da parte del giudice di pace in ogni caso di reato perseguibile
a querela (obbligatoriamente e non facoltativamente: così Amato,
cit., p. 115), con la garanzia dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni
rese in tale sede (art. 29 comma 4), e che in caso di conciliazione comporta
la redazione di processo verbale attestante la remissione della querela
o la rinuncia al ricorso immediato e l’accettazione relativa (art. 29 comma
5) con l’ulteriore conseguenza che le spese del procedimento sono a carico
o del chiamato in giudizio, salvo che sia diversamente convenuto (art.
340 c.p.p.: cfr. Amato, cit., p. 116);
- il rinvio dell’udienza di comparizione, che
avviene da parte del giudice di pace per non più di due mesi con
eventuale interessamento di centri e strutture di mediazione ove esistenti,
quando ciò sia utile per favorire la conciliazione delle parti (art.
29 comma 4);
- il rinvio dell’udienza di comparizione, che
avviene da parte del giudice di pace per non più di tre mesi con
eventuale interessamento di ufficiali di polizia giudiziaria o operatori
dei servizi sociali, quando l’imputato chieda di riparare il danno e di
eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato ciò facendo
alla medesima udienza di comparizione a condizione di dimostrare di non
averlo potuto fare precedentemente (art. 35 comma 3);
- la trasmissione degli atti al pubblico ministero,
che avviene da parte del giudice di pace in caso di ricorso immediato promosso
per reato diverso da quelli consentiti (art. 30 comma 3);
- la declaratoria di improcedibilità del ricorso
immediato (con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali
e al risarcimento del danno all’imputato che ne faccia richiesta), che
avviene da parte del giudice di pace in caso di mancata comparizione della
persona offesa - salvo che l’imputato o la persona offesa non ricorrente
ma querelante ed intervenuta chiedano che si proceda al giudizio - (art.
30 commi 1 e 2) e che non è chiaro se determini l’estinzione del
reato (come in caso di remissione di querela) ovvero “la reviviscenza ovvero
il prosieguo di un procedimento attivato con querela” o comunque, in caso
di ricorso immediato non preceduto da querela, la “possibilità di
un giudizio ordinario, magari innescato con una separata e autonoma querela,
giustificata, ad esempio, dalla necessità di un’integrazione dei
profili probatori, e presentata nei termini ma successivamente al ricorso”
(così Laura Tricomi, La parte offesa «conquista» il
potere di citazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 108 che pure propende
per la prima soluzione tenuto conto dell’art. 28 nella parte relativa alle
conseguenze del mancato intervento della persona offesa non ricorrente);
- la fissazione di nuova udienza di comparizione dopo
la declaratoria di improcedibilità del ricorso immediato, che
avviene da parte del giudice di pace in caso di istanza del ricorrente
che dia prova che la mancata comparizione sia stata dovuta a caso fortuito
o forza maggiore sempre che l’istanza sia proposta entro 10 giorni dalla
cessazione del fatto costituente caso fortuito o forza maggiore a pena
di decadenza (art. 31).
f) Attività dibattimentale. Il dibattimento,
cui si procede secondo l’ordine del ruolo per le udienze affisso all’ingresso
dell’aula delle udienze almeno un giorno prima dell’udienza, salve le modificazioni
dovute a ragioni d’urgenza o ad altro giustificato motivo (art. 15 reg.
esec.), ha luogo con lo svolgimento della seguente attività:
- la dichiarazione di apertura del dibattimento,
che segna la preclusione all’esercizio di alcune facoltà di grande
importanza come la domanda di oblazione dell’imputato e come l’intervento
e la dichiarazione di costituzione di parte civile della persona offesa
querelante e non ricorrente;
- l'invito alle parti ad indicare atti da inserire
nel fascicolo del dibattimento e ad accordarsi sull’inserimento
di ulteriori atti nel fascicolo del dibattimento (ivi compresi i documenti
allegati al ricorso immediato, che quindi per ciò solo non entrano
nel fascicolo del dibattimento: cfr. Amato, Dibattimento snello ma senza
riti alternativi, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 117): l’invito avviene
da parte del giudice di pace nel pieno contraddittorio delle parti (art.
29 comma 7);
- l'ammissione delle prove richieste ed esclusione
di quelle vietate, superflue e irrilevanti, che avviene da parte del
giudice di pace in forza di poteri più penetranti rispetto al tribunale
che ai sensi dell’art. 190 c.p.p. può non ammettere le prove richieste
solo se le stesse sono manifestamente superflue o irrilevanti (art. 29
comma 7);
- l'autorizzazione alla citazione dei testi e consulenti
tecnici indicati e l'esclusione di quelli manifestamente sovrabbondanti,
che avviene da parte del giudice di pace all’udienza di comparizione e
non già predibattimentalmente perché occorre attendere l’esito
del tentativo di conciliazione che, se riesce, rende superflua l’audizione
di costoro: peraltro, laddove a seguito dell’autorizzazione alla citazione
per l’udienza successiva i testi e i consulenti tecnici non siano citati,
la parte che dapprima li ha indicati e che poi ne ha omesso la citazione
decade dalla prova (art. 29 comma 8);
- l'assunzione delle prove orali, che avviene
da parte delle parti direttamente salvo che le stesse si accordino a che
l’esame di testi, consulenti, periti e parti private sia condotto dal giudice
direttamente sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal
pubblico ministero e dai difensori (art. 32 comma 1): si è sostenuto
che il presupposto costituito dall’accordo delle parti può essere
anche tacito, a differenza di quello previsto davanti al giudice monocratico
e costituito dalla concorde richiesta delle parti, che deve essere sempre
espresso;
- l'assunzioni di nuovi mezzi di prova, che avviene
da parte del giudice di pace se ciò risulta assolutamente necessario
una volta che sia terminata l’acquisizione delle prove (art. 32 comma 2:
v. art. 507 c.p.p.): si tratta di un potere di mera integrazione probatoria
e non già di totale supplenza del giudice all’inerzia istruttoria
delle parti, perché, a differenza del procedimento ordinario, la
citazione a giudizio o il ricorso immediato che siano privi dell’indicazione
delle fonti di prova di cui è chiesta l’ammissione sono rispettivamente
nulla e inammissibile (cfr. Amato, Dibattimento snello ma senza riti alternativi,
in Guida al diritto n. 38/2000, p. 119).
L’attività dibattimentale è documentata
dal verbale di udienza che è redatto, di regola, solo in
forma riassuntiva (art. 32 comma 3): le parti non dispongono di alcun potere
di imporre la verbalizzazione integrale, essendo rimessa al prudente apprezzamento
del giudice di pace la scelta di tale forma di documentazione (così
la relazione governativa).
Decisione.
a) Generalità. La decisione del giudice
di pace assume la forma della sentenza che, diversamente da quanto accade
nel procedimento penale davanti al tribunale, ha una motivazione
che può essere redatta in forma abbreviata cioè ispirandosi
a criteri di brevità e di chiarezza e quindi evitando di dilungarsi
nell’esposizione dello svolgimento del processo o di punti di diritto non
necessari (così la relazione governativa): si tratta di una tecnica
già prevista nel contenzioso davanti al giudice amministrativo per
talune materie (affidamento di incarichi di progettazione o opere pubbliche
o di pubblica utilità ex L. 135/97 e sospensione dei provvedimenti
dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni ex L. 247/97)
e ritenuta conforme al dettato costituzionale (Corte costituzionale, sent.
10/11/1999 n. 427).
Salvo che vi sia dettatura a verbale direttamente, la
sentenza motivata in forma abbreviata è depositata nella cancelleria
del giudice di pace nel termine di 15 giorni dalla lettura del dispositivo:
si ritiene esclusa la possibilità di indicare un termine più
lungo per il deposito, stante l’inapplicabilità del comma 3 dell’art.
544 c.p.p. a motivo della “inequivoca formula della norma” (così
Giuseppe Amato, Dibattimento snello ma senza riti alternativi, in Guida
al diritto n. 38/2000, p.120).
b) Proscioglimento. In casi particolari, il giudice
di pace può prosciogliere con formule terminative diverse da quelle
tradizionali e cioè:
- se il giudice di pace ritiene che il fatto sia di
particolare tenuità, emette sentenza di non doversi procedere
“per la particolare tenuità del fatto” a condizione che non si oppongano
l’imputato e la persona offesa – ma si può ragionevolmente sperare
che la persona offesa non vi si opponga dopo il fallimento del tentativo
di conciliazione? - (art. 34): il fatto è di particolare tenuità
quando l’esiguità del danno o del pericolo (cioè un criterio
di valutazione relativo all’elemento oggettivo del reato e rintracciabile,
per es., nei furti bagatellari o nelle microlesioni), il grado della colpevolezza
(cioè un criterio di valutazione relativo all’elemento soggettivo
del reato e rintracciabile, per es., nel dolo di impeto, nel dolo eventuale
o nella colpa lieve) e l’occasionalità della violazione (cioè
un criterio di valutazione relativo alla capacità a delinquere del
reo e rintracciabile, per es., nell’assenza di recidiva specifica) non
giustificano l’esercizio dell’azione penale - il cui mancato esercizio
pertanto ha luogo in base a criteri di valutazione caratterizzati da generalità
e astrattezza e quindi senza pregiudizio per l’art. 112 Cost. che sancisce
l’obbligatorietà dell’azione penale -; peraltro la valutazione di
ingiustificatezza dell’esercizio dell’azione penale deve tener conto altresì
del pregiudizio arrecato dall’eventuale prosecuzione del processo alle
esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’accusato (cioè
un criterio di valutazione relativo alle condizioni personali e sociali
dell’accusato che, come tale, solleva un problema di conformità
col principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e che comunque è
liquidato dalla relazione governativa come criterio “ulteriore ma non decisivo”);
- se il giudice di pace accerta la riparazione del
danno e l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato
intervenute prima dell’udienza di comparizione, emette sentenza di
non doversi procedere “per estinzione del reato conseguente a condotte
riparatorie” (art. 35): la condotta riparatoria è sufficiente ai
fini del proscioglimento, e quindi lo consente, solo se è idonea
a soddisfare le esigenze di riprovazione e di prevenzione (ciò che,
quindi, non dovrebbe avvenire, per esempio, in caso di reato commesso con
comportamenti particolarmente gravi o insidiosi ovvero da criminale incallito:
cfr. la relazione governativa).
c) Condanna. In caso di condanna per reati puniti
con pene alternative, il giudice di pace può condannare alla pena
pecuniaria, nel qual caso il dispositivo della sentenza ha luogo senza
particolarità di sorta; se invece il giudice di pace condanna alla
pena non pecuniaria, il dispositivo della sentenza ha luogo con alcune
particolarità e precisamente:
- se il giudice di pace condanna alla pena della permanenza
domiciliare senza ammettere l’alternativa del lavoro sostitutivo, l’imputato
o il difensore munito di procura speciale può chiedere l’esecuzione
continuativa della pena cioè l’esecuzione per giorni consecutivi
e non solo di sabato e domenica (ovvero l’esecuzione in giorni diversi
dal sabato e dalla domenica: così Amato, Dibattimento snello ma
senza riti alternativi, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 122) e il giudice
di pace, immediatamente o in un’udienza ad hoc da tenersi entro 10 giorni,
può accogliere o rigettare la richiesta e nel primo caso integra
il dispositivo originario; invece in caso di inerzia dell’imputato resta
fermo il dispositivo originario (art. 33 comma 1);
- se invece il giudice di pace condanna alla pena
della permanenza domiciliare ammettendo l’alternativa del lavoro sostitutivo,
l’imputato o il difensore munito di procura speciale può chiedere
l’ammissione al lavoro sostitutivo e il giudice di pace, immediatamente
o in un’udienza ad hoc da tenersi entro 10 giorni, deve accogliere la richiesta
integrando il dispositivo originario; invece in caso di inerzia dell’imputato
resta fermo il dispositivo originario (art. 33 comma 2).
E’ chiaro perciò che l’imputato contumace, inevitabilmente
inerte (salvo che sia assistito da difensore munito di procura speciale),
non potrà ottenere né l’esecuzione continuativa della permanenza
domiciliare né l’ammissione al lavoro sostitutivo.
E’ altrettanto chiaro che l’integrazione del dispositivo
prevista dall’art. 33 si giustifichi in base all’opportunità di
evitare che prima ancora della pronuncia della condanna l’accusato sia
chiamato a formalizzare le sue scelte sulle modalità di un eventuale
trattamento sanzionatorio.
d) Sanzioni. Il trattamento sanzionatorio
che il giudice applica in caso di condanna per i reati devoluti alla sua
competenza è modificato nel seguente modo (art. 52):
- pena pecuniaria soltanto (multa o ammenda), che si
ha per i reati punibili con la sola pena pecuniaria o per quelli punibili
con pena alternativa se la pena detentiva non è superiore
nel massimo a 6 mesi;
- pena pecuniaria da 500.000 a 5.000.000 o permanenza
domiciliare da 6 a 30 giorni o lavoro di pubblica utilità da 10
giorni a 3 mesi, che si ha per i reati punibili con pena alternativa se
la pena detentiva è superiore nel massimo a 6 mesi;
- pena pecuniaria da 1.000.000 a 5.000.000 o permanenza
domiciliare da 15 a 45 giorni o lavoro di pubblica utilità da 20
giorni a 6 mesi, che si ha per i reati punibili con la sola pena detentiva;
- pena pecuniaria da 1.500.000 a 5.000.000 o permanenza
domiciliare da 20 a 45 giorni o lavoro di pubblica utilità da 1
a 6 mesi, che si ha per i reati punibili con pena congiunta.
In caso di recidiva reiterata infraquinquennale, salvo
il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva stessa,
il giudice di pace deve sempre applicare la pena della permanenza domiciliare
o del lavoro di pubblica utilità, ovviamente a condizione che si
tratti di reati punibili con pena alternativa (cioè con pena pecuniaria
ovvero con permanenza domiciliare o lavoro di pubblica utilità).
Quanto alle singole sanzioni occorre evidenziare
che, mentre la pena pecuniaria è sanzione tradizionale, le altre
due sono peculiari del procedimento penale davanti al giudice di pace e
si distinguono in:
- permanenza domiciliare (art. 53) che consiste
nell’obbligo di rimanere nell’abitazione, in altro luogo di privata dimora,
in luogo di cura o di accoglienza per i giorni di sabato e domenica o,
se vi sono esigenze familiari, lavorative, scolastiche o sanitarie, per
giorni diversi della settimana o, se vi è richiesta del condannato,
per l’intera durata della pena continuativamente (durata della pena: non
meno di 6 e non più di 45 giorni); e eventualmente è accompagnata
dal divieto di accedere a luoghi specifici per i giorni della settimana
in cui il condannato non è in permanenza domiciliare (durata del
divieto: non più del doppio della durata massima della permanenza
domiciliare, ferma restando la cessazione del divieto con la cessazione
della pena);
- lavoro di pubblica utilità (art. 54)
che consiste nella prestazione di attività non retribuita a favore
della collettività da svolgersi presso lo stato, la regione, la
provincia, il comune o organizzazioni di assistenza o di volontariato per
non meno di 6 ore settimanali corrispondenti a 3 giorni (tenuto conto che
2 ore di lavoro corrispondono a 1 giorno di lavoro) o, se vi è richiesta
del condannato, anche per più di 6 ore settimanali ancorchè
per non più di 8 ore giornaliere (durata della pena: non meno di
10 giorni e non più di 6 mesi), e può essere disposto dal
giudice di pace a condizione che vi sia richiesta del condannato, stante
il divieto dei lavori forzati contenuto nella convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo (ratificata dalla L. 848/55).
Quando poi alle vicende patologiche dell’esecuzione
delle sanzioni irrogate dal giudice di pace, occorre evidenziare le
seguenti situazioni:
- la non esecuzione della pena pecuniaria per insolvibilità
(art. 55), per cui si ha la conversione della pena pecuniaria medesima
in permanenza domiciliare semplice – senza che cioè sia accompagnata
dal divieto di accedere a luoghi specifici – per un periodo non superiore
a 45 giorni (secondo il seguente criterio di ragguaglio: lire 50.000 di
pena pecuniaria corrispondono a 1 giorno di permanenza domiciliare) ovvero,
se vi sia richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo per un periodo
non inferiore a 1 mese e non superiore a 6 mesi (secondo il seguente criterio
di ragguaglio: lire 25.000 di pena pecuniaria corrispondono a 1 giorno
di lavoro sostitutivo) salva conversione del lavoro sostitutivo in permanenza
domiciliare in caso di violazione dell’obbligo: si osserva che è
prevista la conversione nella permanenza domiciliare e non già nella
mera libertà controllata, come invece nel sistema tradizionale (L.
689/81), e questa soluzione dovrà essere approfondita sotto il profilo
della sua legittimità costituzionale, tenuto conto delle indicazioni
ricavabili dalle sentenze n. 149/71 e 131/79 della Corte costituzionale.
- la violazione degli obblighi della permanenza domiciliare
o del lavoro di pubblica utilità senza giusto motivo (art. 56),
per cui si ha il delitto di violazione degli obblighi punito con la reclusione
fino a 1 anno non sostituibile con le sanzioni sostitutive di cui all’art.
53 L. 689/81, a condizione che abbia luogo l’allontanamento dal luogo della
permanenza domiciliare o il non raggiungimento o l’abbandono del luogo
del lavoro di pubblica utilità (comma 1) ovvero almeno la violazione
reiterata degli obblighi e dei divieti propri delle sanzioni predette (comma
2) e sempre che non ricorra un giusto motivo cioè una scriminante
di più ampia portata rispetto alle scriminanti del codice penale
come la legittima difesa o lo stato di necessità.
Infine è necessario evidenziare alcune particolarità
ulteriori del trattamento sanzionatorio che il giudice di pace applica
in caso di condanna per i reati devoluti alla sua competenza, e cioè:
- la non menzione sul certificato del casellario giudiziale,
che è applicata automaticamente alle condanne irrogate dal giudice
di pace (art. 45) cosicchè nei certificati del casellario giudiziale
rilasciati a richiesta dell’interessato non sono mai riportate le iscrizioni
relative alle sentenze emesse dal giudice di pace;
- la sospensione condizionale della pena, che
è inapplicabile alle sanzioni irrogate dal giudice di pace (art.
60) e ciò sebbene la legge delega nulla avesse disposto al riguardo:
anzi la stessa relazione governativa parla del “più assoluto silenzio”
del legislatore delegante anche se evidenzia che tale soluzione sarebbe
imposta dalla necessità di valorizzare il ruolo di conciliatore
del giudice di pace, che per assumere questo ruolo non può essere
una “tigre di carta”;
- le sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 L. 689/81,
che sono inapplicabili ai reati di competenza del giudice di pace (art.
62);
- il ragguaglio tra sanzioni tradizionali e sanzioni
irrogabili dal giudice di pace, che prevede che 1 giorno di pena detentiva
equivalga lire 75.000 di pena pecuniaria, a 2 giorni di permanenza domiciliare
e a 3 giorni di lavoro di pubblica utilità (art. 58 commi 2 e 3);
- la natura delle sanzioni non pecuniarie, che
è quella di pena detentiva della specie corrispondente a quella
della pena originariamente prevista dal legislatore (art. 58 comma 1);
- i limiti massimi delle sanzioni pecuniarie raggiungibili
ex art. 133 bis c.p., che non possono superare comunque - a seconda della
natura della pena pecuniaria medesima (multa o ammenda) - lire 60.000.000
e lire 15.000.000 (art. 58 comma 4).
Impugnazioni.
a) Generalità. Il ricorso alle impugnazioni
è stato previsto in misura più ampia rispetto a quanto previsto
dall’art. 593 c.p.p. e ciò per due ordini di ragioni: perché
la legge delega, all’art. 17 comma 1 lettera n), prevedeva espressamente
l’inappellabilità delle sentenze emesse dal giudice di pace ad eccezione
delle sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria e di proscioglimento
per reati puniti con la sola pena pecuniaria (e quindi non anche delle
sentenze di proscioglimento puniti con pena alternativa); e perché
le sentenze del giudice di pace sono emesse da un giudice non professionale
all’esito di un procedimento particolarmente semplificato, il che ha indotto
il legislatore delegato a ritenere opportuno l’ampliamento delle possibilità
di appello dinanzi ad un giudice professionale (il tribunale circondariale
in composizione monocratica).
b) Impugnazione del pubblico ministero. Il pubblico
ministero può appellarsi contro le sentenze di condanna a pena
diversa da quella pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento
per reati puniti con pena alternativa: tra queste ultime sono anche
le sentenze di proscioglimento per particolare tenuità del fatto
ovvero per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie. Inoltre
il pubblico ministero può ricorrere per cassazione contro tutte
le sentenze del giudice di pace (art. 36).
c) Impugnazione del ricorrente immediato. Il ricorrente
immediato può appellarsi, anche agli effetti penali, contro le sentenze
di proscioglimento appellabili dal pubblico ministero: si tratta di
un’impugnazione che ricalca quella già prevista nel nostro ordinamento
in capo al querelante per delitti di ingiuria e diffamazione (art. 577
c.p.p.). Peraltro il legislatore ha intesa sanzionare ogni abuso del mezzo
di impugnazione prevedendo che in caso di rigetto o inammissibilità
dell’impugnazione il ricorrente immediato sia condannato al pagamento delle
spese di procedimento, alla rifusione delle spese processuali sostenute
da imputato e responsabile civile e, in caso di colpa grave, anche al risarcimento
dei danni causati a questi ultimi (art. 38).
d) Impugnazione dell’imputato. L’imputato può
appellarsi contro le sentenze di condanna a pena diversa da quella pecuniaria
nonché contro le sentenze di condanna a pena pecuniaria in caso
di impugnazione del capo relativo alla condanna al risarcimento del danno
a favore della parte civile: giova evidenziare che la legge delega
non prevedeva alcuna eccezione all’inappellabilità delle condanne
a pena pecuniaria ma la scelta del legislatore delegato pare motivata dalla
natura delle condanne a pena pecuniaria e al risarcimento del danno, stante
la loro diversità dalle mere condanne a pena pecuniaria. Diversamente
dal pubblico ministero e nonostante le differenti indicazioni contenute
nella legge delega, l’imputato non può appellarsi contro le sentenze
di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa, nemmeno al fine
di ottenere una sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste
o per non aver commesso il fatto: il legislatore delegato ha giustificato
tale scelta con il paradosso della scelta opposta che contemplerebbe da
un lato l’inappellabilità delle sentenze di condanna alla pena pecuniaria
e dall’altro lato, irragionevolmente, l’appellabilità delle più
favorevoli sentenze di proscioglimento, seppure non a formula piena; inoltre
il legislatore delegato non ha mancato di rimarcare la facoltà dell’imputato
di presentare ricorso per cassazione al fine di ottenere una sentenza di
proscioglimento maggiormente favorevole rispetto a quella emessa dal giudice
di pace (art. 37).
e) Procedimento di appello. Il giudizio di appello
si svolge davanti al tribunale circondariale in composizione monocratica:
tale scelta del legislatore delegato avviene conformemente a quanto già
accade in sede civile e ciò nonostante la “reticenza” della legge
delega che si è limitata a parlare di “tribunale nel cui circondario
ha sede l’ufficio del giudice di pace” che ha emesso la sentenza appellata,
senza specificare la composizione (monocratica o collegiale) di tale organo
giudiziario (art. 39 comma 1). Il giudizio di appello segue la disciplina
dell’appello previsto dal c.p.p. con un’importante eccezione: nel caso
in cui l’imputato provi di non essere comparso davanti al giudice di pace
per caso fortuito o forza maggiore o per non aver avuto conoscenza della
citazione a giudizio, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero,
quando la citazione a giudizio sia stata notificata mediante consegna al
difensore, lo stesso imputato non si sia sottratto volontariamente alla
conoscenza degli atti del procedimento, si ha non già la rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale, come previsto dall’art. 603 c.p.p., bensì
l’annullamento della sentenza appellata con trasmissione degli atti al
giudice di pace (art. 39 comma 2).
Esecuzione.
a) Generalità. L’esecuzione dei provvedimenti
emessi dal giudice di pace avviene sulla falsariga di quanto previsto dal
c.p.p. con alcune rilevanti eccezioni ritenute necessarie al fine di adeguare
la disciplina dell’esecuzione alla nuova figura del giudice di pace e soprattutto
alle nuove sanzioni, tra le quali merita un’immediata citazione l’eliminazione
delle competenze ordinariamente devolute al magistrato di sorveglianza.
b) Esecuzione delle pene pecuniarie. Le condanne
a pena pecuniaria sono eseguite a norma del c.p.p. ma gli accertamenti
sulla solvibilità del condannato sono svolti dal giudice dell’esecuzione
che dispone altresì la rateizzazione ovvero la conversione
della pena pecuniaria (art. 42).
c) Esecuzione delle pene non pecuniarie. Le condanne
a pena non pecuniaria sono trasmesse per estratto alla segreteria
del pubblico ministero del circondario ove ha sede l’ufficio del giudice
dell’esecuzione; il pubblico ministero emette l’ordine di esecuzione
e lo trasmette immediatamente, unitamente all’estratto della condanna contenente
le modalità di esecuzione della pena, all’ufficio di pubblica sicurezza
in cui il condannato risiede o, in mancanza, al comando dell’arma dei carabinieri
territorialmente competente; l’organo di polizia consegna copia dell’ordine
di esecuzione e dell’estratto predetto al condannato ingiungendogli
di attenersi alle prescrizioni ivi contenute ovvero, se questi è
detenuto o internato, al direttore dell’istituto o della sezione, nel quale
ultimo caso la pena decorre solo dopo le dimissioni (art. 43). Per motivi
di assoluta necessità le modalità di esecuzione della permanenza
domiciliare e del divieto di cui all’art. 53 comma 3 nonché del
lavoro di pubblica utilità possono essere modificate dal giudice
dell’esecuzione all’esito di un procedimento di esecuzione, salva l’adottabilità
di una modificazione provvisoria delle modalità predette, provvedimento
revocabile nelle fasi successive del procedimento medesimo (art. 44).
d) Iscrizioni del casellario giudiziale. Le iscrizioni
del casellario giudiziale relative a sentenze emesse dal giudice di pace
non sono riportate sui certificati richiesti dal privato (art. 45) e comunque
sono eliminate trascorsi tre anni dall’irrevocabilità della sentenza
in caso di sentenza di proscioglimento per difetto di imputabilità,
ovvero, sempre che non siano compiuti ulteriori reati nel frattempo, trascorsi
cinque anni dall’esecuzione in caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria,
ovvero ancora trascorsi dieci anni dall’esecuzione in caso di sentenza
di condanna a pena non pecuniaria (art. 46). Quanto ai carichi pendenti,
la circolare della direzione generale della giustizia penale sugli adempimenti
della cancelleria del giudice di pace (circolare
21/12/2001) ha chiarito che, "per ragioni di coerenza sistematica",
i certificati richiesti dal privato non recheranno nemmeno le pendenze
di procedimenti penali davanti al giudice di pace.
e) Procedimento di esecuzione. Il procedimento
di esecuzione si svolge davanti al giudice dell’esecuzione che è
lo stesso giudice di pace che ha emesso il provvedimento da eseguire, anche
se quest’ultimo è stato riformato; peraltro se l’esecuzione riguarda
provvedimenti emessi da diversi giudici di pace, giudice dell’esecuzione
competente è il giudice di pace che ha emesso il provvedimento divenuto
irrevocabile per ultimo; se invece l’esecuzione riguarda provvedimenti
emessi dal giudice di pace e da altro giudice ordinario, giudice dell’esecuzione
competente è quest’ultimo in ogni caso; se infine l’esecuzione riguarda
provvedimenti emessi dal giudice di pace e da giudice speciale, giudice
dell’esecuzione competente è il tribunale circondariale in composizione
collegiale, visto che il giudice speciale (tribunale militare, corte costituzionale,
tribunale dei ministri) ha composizione collegiale (art. 40).
Il procedimento di esecuzione segue la disciplina prevista
dal c.p.p. con un’importante eccezione: contro il provvedimento del giudice
dell’esecuzione, se questi è il giudice di pace, e nel termine di
quindici giorni dalla notifica del provvedimento predetto, l’interessato
può proporre ricorso per motivi di legittimità al tribunale
circondariale in composizione monocratica che decide osservate le disposizioni
dell’art. 127 c.p.p. con ordinanza non impugnabile (art. 41).
Disposizioni
transitorie e finali.
a) Disposizioni transitorie. Le norme del decreto
legislativo si applicano ai procedimenti penali relativi a reati di
competenza del giudice di pace commessi dopo la sua entrata in vigore
(che, come è noto, è stata prorogata al 2 gennaio 2002, dal
D.L. 91/2001 convertito con modificazioni dalla L.
163/2001) ovvero a quelli relativi a reati commessi prima della
sua entrata in vigore ma iscritti nel registro delle notizie di reato dopo
la sua entrata in vigore; le norme del decreto legislativo sulle sanzioni
applicabili dal giudice di pace e, in quanto applicabili, quelle sulla
sentenza di condanna alla permanenza domiciliare, sulla sentenza di proscioglimento
per particolare tenuità del fatto, sulla sentenza di proscioglimento
per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie, sull’esecuzione
e sulla modificazione dell’esecuzione della permanenza domiciliare e del
lavoro di pubblica utilità nonché sul casellario giudiziale
si applicano ai procedimenti penali relativi a reati commessi prima
della sua entrata in vigore, ferma restando l’applicabilità
dell’art. 2 comma 3 c.p. (e quindi l’applicabilità della disciplina
sostanziale in concreto più favorevole per l’imputato: per es. la
disciplina della sospensione condizionale della pena, che, come si è
visto, non è applicabile alle sanzioni penali irrogabili dal giudice
di pace).
b) Disposizioni finali. Si applicano ai procedimenti
penali relativi a reati di competenza del giudice di pace ma pendenti davanti
a giudici diversi dal giudice di pace le norme del decreto legislativo
sulle sanzioni applicabili dal giudice di pace e, in quanto applicabili,
quelle sulla sentenza di condanna alla permanenza domiciliare, sulla sentenza
di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, sulla sentenza
di proscioglimento per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie,
sull’esecuzione e sulla modificazione dell’esecuzione della permanenza
domiciliare e del lavoro di pubblica utilità nonché sul casellario
giudiziale.
Sanremo, dicembre 2001
Eugenio Aluffi
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