LA COMPETENZA PENALE DEL GIUDICE DI PACE

(rielaborazione dell’intervento tenuto in occasione dell’incontro di studio sulla competenza penale del giudice di pace 
svoltosi a Sanremo lo scorso 19 dicembre e organizzato dal consiglio dell’ordine degli avvocati di Sanremo).

Introduzione.

L'introduzione della competenza penale del giudice di pace è prevista dal D.Lgs. 274/00, il cui regolamento di esecuzione è contenuto nel D.M. 204/01.
Le disposizioni ivi previste, di cui è ormai prossima l'entrata in vigore (2 gennaio 2002), contemplano una profonda riforma del procedimento penale, che viene ora a caratterizzarsi, nella sua variante davanti al giudice di pace, per i seguenti aspetti.
1. la novità del sistema: la nuova disciplina introduce un sistema sostanziale e processuale molto diverso rispetto a quello tradizionale e di cui la relazione governativa al D.Lgs. 274/00 evidenzia la suscettibilità ad assumere in futuro una più ampia diffusione;
2. l’ampiezza dei reati: la nuova disciplina devolve alla competenza del giudice di pace un catalogo di reati che per quantità e qualità è idoneo ad alleggerire significativamente il carico di lavoro del tribunale;
3. la mitezza delle sanzioni: la nuova disciplina, che valorizza la conciliazione tra le parti, introduce un sistema sanzionatorio che esclude il ricorso alla pena detentiva (carceraria) privilegiando la pena pecuniaria, prevede la non menzione delle iscrizioni nei certificati rilasciati a richiesta del privato e l’eliminazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale dopo un periodo di tempo non lunghissimo, con ciò evitando il perpetuarsi del c.d. “stigma della condanna”;
4. l’effettività delle sanzioni: il decreto legislativo esclude l’applicabilità dell’istituto della sospensione condizionale alla pena irrogata dal giudice di pace e dell’istituto della sostituzione della pena detentiva ai reati di competenza del giudice medesimo e ciò ai fini della valorizzazione del giudice in questione quale conciliatore delle parti;
5. la tutela delle persone offese: la nuova disciplina prevede che per i reati perseguibile a querela il processo possa essere avviato dalla persona offesa con la presentazione del ricorso immediato, che per i casi di particolare tenuità del fatto il processo possa essere concluso con sentenza di non doversi procedere se la persona offesa non vi si opponga, che per i reati cagionanti danni il processo possa essere concluso con sentenza di non doversi procedere se la persona offesa sia risarcita mediante riparazione del danno o mediante eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato prima dell’udienza di comparizione;
6. la valorizzazione della polizia giudiziaria: la nuova disciplina prevede che la polizia giudiziaria svolga le indagini preliminari di propria iniziativa, riferendo al pubblico ministero entro il termine di quattro mesi, e citi a giudizio l’imputato direttamente, sulla base di un’imputazione formulata dal pubblico ministero, e prevede altresì la possibilità del pubblico ministero di delegare un ufficiale di polizia giudiziaria per la partecipazione alle udienze dibattimentali.

Principi generali.

Nel procedimento penale davanti al giudice di pace si osservano le disposizioni contenute nel codice di procedura penale e nelle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie dello stesso codice, in quanto applicabili.
Peraltro non si applicano alcuni istituti propri del c.p.p. (art. 2 comma 1) cioè:
1) le misure cautelari personali, l’arresto e il fermo, perché il procedimento penale davanti al giudice di pace esclude sanzioni detentive e quindi sarebbe incoerente col sistema la previsione di misure cautelari o di provvedimenti provvisori privativi della libertà personale: pertanto deve ritenersi abrogata l’ipotesi di arresto del conducente datosi alla fuga dopo un incidente con danno alle persone, prevista dall’art. 189 c.d.s., devoluto alla competenza del giudice di pace;
2) l’incidente probatorio e la proroga delle indagini preliminari, perché il procedimento penale davanti al giudice di pace è caratterizzato da istituti propri (l’assunzione di prove non rinviabili di cui all’art. 18 e la prosecuzione delle indagini preliminari di cui all’art. 16);
3) l’udienza preliminare, perché il procedimento penale davanti al giudice di pace è improntato a semplificazione (incompatibile con la previsione di un'udienza preliminare);
4) i riti alternativi, perché il procedimento penale davanti al giudice di pace è caratterizzato dalla conciliazione delle parti (incompatibile con taluni riti alternativi, come il procedimento per decreto), dalla tutela della persona offesa (incompatibile con altri riti alternativi, come il patteggiamento) e soprattutto dalla peculiarità dei meccanismi di definizione del procedimento penale (per tenuità del fatto o per condotte riparatorie, ferma restando l’applicabilità dell’oblazione).
D’altro canto è enfatizzato l’istituto della conciliazione, che il giudice di pace “deve favorire per quanto possibile” (art. 2 comma 2): la relazione governativa evidenzia che questo istituto costituisce l’”esito fisiologico” del procedimento penale davanti al giudice di pace, facendo presente che ciò rende necessaria la presenza di giudici capaci di accollarsi il compito di una “continua ricerca di equilibrate soluzioni compensative” e di abbandonare atteggiamenti di “burocratico distacco” e di “formalistico attaccamento alle scansioni della procedura”.

Organi giudiziari.

Nel procedimento penale davanti al giudice di pace organi giudiziari, in ossequio alla delega di cui alla L. 468/99, sono (art. 1): 
a) il procuratore della repubblica presso il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace (ovvero, su delega di costui: - un vice procuratore onorario, per la partecipazione ad udienze camerali ovvero la formulazione dell’imputazione o la richiesta di archiviazione o il parere contrario alla citazione; - un vice procuratore onorario, un uditore giudiziario, un laureato in giurisprudenza frequentante il secondo anno della scuola di specializzazione per le professioni legali o un ufficiale di polizia giudiziaria, per la partecipazione all’udienza dibattimentale: art. 50), quale organo requirente;
b) il giudice di pace (cioè il giudice di pace “circondariale” fino al deposito della citazione e quello “mandamentale” successivamente cioè, in sostanza, per la celebrazione dell’udienza dibattimentale), quale organo giudicante.

Competenza.

a) La competenza per materia del giudice di pace comprende anzitutto quei reati che il legislatore ritiene espressione di “microconflittualità individuale” e suscettibili di “accertamento agevole” (art. 4 comma 1 lettera a): tra essi sono annoverati l’ingiuria, la diffamazione, la minaccia semplice, l’omissione di soccorso, il furto ex art. 626 c.p. perseguibile a querela di parte, la sottrazione di cose comuni, l’appropriazione indebita di cose smarrite, l’usurpazione e l’invasione perseguibili a querela di parte, l’ingresso abusivo, il danneggiamento semplice, le percosse, le lesioni personali perseguibili a querela di parte, le lesioni colpose perseguibili a querela di parte, le lesioni colpose con violazione di norme antinfortunistiche se la malattia non è superiore ai 20 giorni. In realtà per reati come quello da ultimo menzionato l’accertamento del reato non è detto che sia agevole, anche se, proprio in relazione a tale norma incriminatrice, la relazione governativa precisa che la competenza spetterà al tribunale per ragioni di connessione con i reati previsti dalla normativa antinfortunistica.
Rientrano altresì nella competenza per materia del giudice di pace alcuni reati previsti dallo stesso codice penale o da leggi speciali, che, diversamente dai reati precedenti, sono previsti a tutela di interessi diffusi e/o sovraindividuali e che, per quanto riguarda almeno le fattispecie previste dalle leggi speciali, stando alla relazione governativa, sono state devolute nell’intento di “valorizzare la professionalità del giudice di pace” (art. 4 comma 1 lettera b e comma 2).
Giova evidenziare che potrebbe non essere inopportuno verificare l’effettiva rispondenza alla legge delega della scelta del legislatore delegato di devolvere alla competenza del giudice di pace alcune norme incriminatrici (così come è discutibile la scelta del legislatore delegato di non ampliare il novero dei reati perseguibili a querela, come l’omissione di soccorso o la c.d. fuga del conducente dopo incidente con danno alle persone di cui all’art. 189 c.d.s., sebbene la legge delega prevedesse l’estensione della perseguibilità a querela).
Giova poi evidenziare che l’inserimento di taluni reati tra quelli di competenza del giudice penale, in uno con la riforma delle sanzioni (cioè con il loro ammorbidimento), è produttiva di conseguenze assai importanti, come l’oblazionabilità di contravvenzioni come la guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 c.d.s.
Infine è utile ricordare che il legislatore ha inteso tenere ferma la competenza del tribunale nel caso in cui ricorrano le circostanze aggravanti in materia di terrorismo, mafia e discriminazione razziale ancorchè il reato commesso rientri tra quelli previsti dall’art. 4 (art. 4 comma 3); nonché tenere ferma la competenza del tribunale per i minorenni nel caso in cui il colpevole sia un minore, ancorchè il reato commesso rientri tra quelli previsti dall’art. 4 (art. comma 4).

b) La competenza per territorio del giudice di pace è stabilita in base al locus commissi delicti (art. 5); saranno comunque applicabili le disposizioni previste dall’art. 8 c.p.p. in tema di reato permanente e di reato tentato, in virtù del richiamo alle norme del c.p.p. previsto dall’art. 2.
In caso di atti da compiersi nella fase delle indagini preliminari e comunque di atti da compiersi fino a che non abbia luogo il deposito della citazione (per esempio in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali – le quali sono ammesse in concreto in caso di sufficienti indizi di colpevolezza in ordine al reato di minaccia col mezzo del telefono ex art. 13 L. 203/1991 -, o in materia di sequestro probatorio, preventivo e conservativo – il quale ultimo sequestro, quindi, sarebbe ammesso anche prima dell’esercizio dell’azione penale: v. Bricchetti, Indagini preliminari: la polizia torna protagonista, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 99 -, ovvero in materia di richiesta di archiviazione e di opposizione all’archiviazione – v. art. 19 -, ovvero ancora in materia di assunzione di prove non rinviabili – v. art. 18 -), il giudice di pace competente per tale fase è individuato nel giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui si trova il giudice di pace competente per la fase del dibattimento (art. 19): occorrerà approfondire se tale scelta, volta ad evitare il sorgere di incompatibilità, sia conforme alla legge delega.

c) La c.d. connessione eterogenea, che si ha solo in caso di concorso formale di reati alcuni di competenza del tribunale o della corte d’assise e altri di competenza del giudice di pace, determina lo spostamento della competenza per materia a favore del tribunale o della corte d’assise, che quindi conoscono anche dei reati di competenza del giudice di pace, salvo che non sia possibile la riunione dei processi cioè il simultaneus processus: infatti lo scopo del legislatore è quello di evitare la duplicazione dei processi (art. 6). La connessione eterogenea non opera a favore del giudice speciale. 
Il giudice superiore competente per ragioni di connessione deve condannare per i reati di competenza del giudice di pace alle sanzioni previste dal D.Lgs. 274/00 e deve prosciogliere per i reati medesimi per la particolare tenuità del fatto ovvero per le condotte riparatorie previste dal D.Lgs. 274/00.

d) La c.d. connessione omogenea, che si ha solo in caso di concorso di persone nel reato e di concorso formale di reati (e quindi non anche in caso di continuazione ex art. 81 cpv. c.p.), determina lo spostamento della competenza per territorio a favore del giudice di pace del luogo ove è stato commesso il primo reato - criterio cronologico sostanziale - o, ove non sia possibile accertare tale luogo, a favore del giudice di pace del luogo ove è cominciato il primo procedimento - criterio cronologico processuale – (art. 8): pertanto non si applicano i criteri previsti dall’art. 16 c.p.p. a motivo della loro inapplicabilità nel procedimento penale davanti al giudice di pace (ove non ha più senso la distinzione tra delitti e contravvenzioni, essendo tutti i reati puniti con pene dello stesso tipo, ovvero la distinzione tra reati più o meno gravi, essendo la maggior parte dei reati puniti con pene della stessa entità).
Si ritiene che la disciplina sulla connessione dettata dal decreto legislativo sia limitata alla competenza e quindi non rilevi sulle modalità di assunzione e sulla valutazione dell’esame dell’imputato in procedimento connesso, per il che continuano a valere le norme del c.p.p. (così Laura Tricomi, Connessione dei procedimenti a regime ridotto, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 95).

Il giudice di pace competente per ragioni di connessione, prima di procedere all’udienza di comparizione, può disporre la riunione dei processi, quando ciò non pregiudica la rapida definizione degli stessi: può disporre altresì la riunione dei processi in caso di continuazione ex art. 81 cpv. c.p., in caso di danni reciproci (cioè in caso di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre), in caso di condotte indipendenti (cioè in caso di reati commessi da più persone con evento determinato dalle loro condotte indipendenti) o in caso di utilità alla celerità e alla completezza dell’accertamento (criterio, quest’ultimo, che lascia al giudice di pace un ampio margine di discrezionalità). D’altro canto il giudice di pace, sempre prima di procedere all’udienza di comparizione e comunque prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, può disporre la separazione dei processi, quando la riunione pregiudica la rapida definizione di taluni processi riuniti ovvero il tentativo di conciliazione.

Incompatibilità, astensione e ricusazione.

a) Giova rimarcare che il legislatore ha inteso evitare i rischi delle incompatibilità escludendo la figura del giudice per le indagini preliminari. In sede di regolamento di esecuzione ha individuato una incompatibilità nella posizione del giudice di pace che disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero per manifesta infondatezza del ricorso immediato della persona offesa, laddove lo stesso giudice sia successivamente investito del giudizio su citazione a giudizio della polizia giudiziaria: in tal caso, quando riceve la richiesta di indicazione dell’udienza di comparizione dal pubblico ministero, il coordinatore dell’ufficio del giudice di pace ha cura di indicargli un’udienza tenuta da un giudice di pace diverso da quello che ha disposto la trasmissione degli atti (art. 14 comma 2).

b) In caso di astensione del giudice di pace provvede il presidente del tribunale (art. 10 comma 1) cui, del resto, spetta anche l’esercizio della sorveglianza sul giudice di pace del circondario in virtù della delega deliberata dal C.S.M. in data 25/5/1995 in forza dell’art. 16 L. 374/91.

c) In caso di ricusazione del giudice di pace provvede la corte di appello (art. 10 comma 2).

d) In caso di accoglimento della dichiarazione di astensione o di ricusazione si ha la sostituzione del giudice di pace astenuto o ricusato  con altro giudice di pace dello stesso ufficio (art. 10 comma 3) ovvero, in mancanza, con il giudice di pace dell’ufficio viciniore (art. 10 comma 4): per individuare tale ufficio viciniore l’art. 2 del regolamento di esecuzione fa riferimento alla distanza chilometrica stradale e, se del caso, marittima e comunque prevede che l’ufficio viciniore sia individuato con decreto ministeriale.

Indagini preliminari.

a) Generalità. In conformità alla legge delega, di regola - e probabilmente ciò per lo più si affermerà per i reati perseguibili d’ufficio - le indagini preliminari sono affidate esclusivamente alla polizia giudiziaria che può altresì emettere citazione dell’imputato davanti al giudice di pace, fatti salvi i poteri di direzione e controllo del pubblico ministero cui compete altresì la decisione sull’esercizio dell’azione penale ovvero sulla presentazione di richiesta di archiviazione. Tale decisione resta affidata al pubblico ministero anche nel caso dei reati perseguibili a querela laddove la persona offesa proponga ricorso immediato al giudice di pace, saltando la fase delle indagini preliminari.
Il mantenimento dei predetti poteri da parte del pubblico ministero è dovuto all’esigenza di rispettare i principi costituzionali di cui agli art. 109 e 112 Cost. in ordine alla diretta disponibilità della polizia giudiziaria e all’obbligatorietà dell’azione penale da parte del pubblico ministero.

b) Iscrizione della notizia di reato. Diversamente a quanto accade nel procedimento penale disciplinato dal c.p.p., l’iscrizione della notizia di reato da parte del pubblico ministero avviene di regola alla fine delle indagini preliminari cioè allorchè la polizia giudiziaria gli trasmette la relazione scritta prevista dall’art. 11 (art. 14 prima parte): in tal caso infatti la notizia di reato è acquisita dalla stessa polizia giudiziaria che di regola ne informa il pubblico ministero solo all’esito dell’attività investigativa con la predetta relazione scritta, anche se l’art. 5 del regolamento di esecuzione prevede che il pubblico ministero possa chiedere la trasmissione degli atti anche prima che la polizia giudiziaria gli trasmetta la relazione scritta.
Può accadere inoltre che la notizia di reato sia acquisita dal pubblico ministero (per esempio in caso di presentazione di querela, istanza, denuncia) ovvero che il pubblico ministero intenda procedere personalmente ad un atto delle indagini preliminari: in tal caso della notizia di reato è fatta immediata iscrizione (art. 12 – a mio avviso - e art. 14 seconda parte); non è chiaro invece se l’iscrizione debba avere luogo anche in caso di mera trasmissione del verbale di sequestro o di perquisizione al pubblico ministero (così Renato Bricchetti, Indagini preliminari: la polizia torna protagonista, in Guida al diritto n. 38/2001, p. 99).

c) Attività della polizia giudiziaria. Diversamente a quanto accade nel procedimento penale disciplinato dal c.p.p., la polizia giudiziaria svolge di propria iniziativa tutte le indagini preliminari necessarie per ricostruire il fatto e per individuare il colpevole, non limitandosi, perciò, al compimento di propria iniziativa dei soli atti iniziali e urgenti (art. 11 comma 1 prima parte). Peraltro la polizia giudiziaria deve chiedere l’autorizzazione del pubblico ministero per compiere gli atti c.d. garantiti, ovvero gli accertamenti tecnici irripetibili, gli interrogatori e i confronti relativi all’indagato, le perquisizioni e i sequestri che la polizia giudiziaria non può effettuare di propria iniziativa (art. 13).
La durata delle indagini preliminari svolte dalla polizia giudiziaria è di quattro mesi dall’acquisizione della notizia di reato, decorsi i quali deve essere presentata al pubblico ministero una relazione scritta con cui è riportata la data di acquisizione della notizia di reato e, nel caso in cui la stessa notizia di reato sia ritenuta fondata, è enunciato il fatto in forma chiara e precisa ed è richiesta l’autorizzazione a disporre la comparizione dell’indagato davanti al giudice di pace (art. 11 comma 1 seconda parte, comma 2 e comma 3). Con la relazione scritta la polizia giudiziaria trasmette al pubblico ministero la documentazione relativa agli atti compiuti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato che non debbano essere custodite altrove (art. 6 del regolamento di esecuzione).

d) Attività del pubblico ministero. Come si è visto, il pubblico ministero conserva poteri di direzione e controllo delle indagini preliminari, anche se è la polizia giudiziaria a svolgere le indagini preliminari: a tal fine, il pubblico ministero può chiedere la trasmissione degli atti anche prima che la polizia giudiziaria gli trasmetta la relazione scritta (art. 5 reg. esec.), e, quando riceve personalmente la notizia di reato, provvede alla trasmissione della stessa alla polizia giudiziaria impartendole le direttive, se necessario (art. 12).
Posto che, come si è visto, le indagini preliminari sono svolte di regola dalla polizia giudiziaria, il pubblico ministero si occuperà di assumere personalmente atti di indagine solo occasionalmente: ciò potrà avvenire per i c.d. atti garantiti, cioè accertamenti tecnici irripetibili, interrogatori e confronti con l’indagato, sequestri e perquisizioni che la polizia giudiziaria non può compiere di propria iniziativa, nel qual caso il pubblico ministero potrà assumere personalmente l’atto ovvero autorizzarne il compimento alla polizia giudiziaria (art. 13).

e) Chiusura delle indagini preliminari. Le indagini preliminari devono essere chiuse nel termine di quattro mesi dall’iscrizione della notizia di reato (art. 16 comma 1) in pendenza del quale il pubblico ministero può integrare le indagini medesime, salvo che in casi di particolare complessità – requisito più rigoroso rispetto alla “giusta causa“ prevista dall’art. 406 c.p.p. – lo stesso pubblico ministero ne disponga, con provvedimento motivato, la prosecuzione per un periodo non superiore a due mesi e sempre che il giudice di pace, cui il detto provvedimento è comunicato, non condivida le ragioni del provvedimento dichiarando la chiusura delle indagini preliminari ovvero riducendo il termine (art. 16 comma 2). Come già avviene nel procedimento penale disciplinato dal c.p.p. gli atti delle indagini preliminari compiuti dopo la scadenza del termine sono colpiti dalla grave sanzione dell’inutilizzabilità (art. 16 comma 3).
La chiusura delle indagini preliminari avviene con la decisione del pubblico ministero sulla notizia di reato: se la notizia di reato è ritenuta fondata, si ha la formulazione dell’imputazione e l’autorizzazione della polizia giudiziaria alla citazione dell’imputato; se invece la notizia di reato è ritenuta infondata o in caso di improcedibilità dell’azione, di estinzione del reato, di non previsione del fatto come reato, di inidoneità delle indagini a sostenere l’accusa in giudizio, di particolare tenuità del fatto (salvo il caso in cui la persona offesa sia interessata alla prosecuzione del procedimento) o di commissione del fatto da parte di ignoti, si ha la richiesta di archiviazione al giudice.
Della chiusura delle indagini preliminari non deve essere dato l’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p.: tale esclusione è ritenuta in quanto soluzione “in armonia con l’esigenza di semplificazione affermata dalla delega” (così Bricchetti, Indagini preliminari: la polizia torna protagonista, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 100, che comunque fa presente che anche ove l’avviso fosse prescritto la sua eventuale omissione non sarebbe sanzionata da nullità della citazione a giudizio “non essendo state riproposte disposizioni analoghe a quelle contenute negli articoli 416, comma 1, e 552, comma 2, del Cpp”).

f) Archiviazione. In caso di ritenuta infondatezza della notizia di reato ovvero negli altri casi testè elencati, il pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di archiviazione, trasmettendo il fascicolo (art. 17 comma 1), e la notifica alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta, avvisandola che può esaminare il fascicolo e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini entro 10 giorni dalla notificazione (art. 17 comma 2 prima parte).
In caso di non condivisione della richiesta di archiviazione, la persona offesa propone nel termine suddetto opposizione alla richiesta di archiviazione, indicando, a pena di inammissibilità, gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori indagini necessarie (art. 17 comma 2 seconda parte).
In caso di non condivisione della richiesta di archiviazione e, al contrario, di condivisione dell’opposizione, il giudice di pace (“circondariale”, come si è visto) rigetta la richiesta di archiviazione, indicando le ulteriori indagini necessarie ovvero disponendo la formulazione dell’imputazione entro 10 giorni da parte del pubblico ministero. Altrimenti dispone l'archiviazione.

g) Esercizio dell’azione penale. In caso di ritenuta fondatezza della notizia di reato, il pubblico ministero formula l’imputazione e autorizza la polizia giudiziaria alla citazione dell’imputato. L’imputazione quindi confluisce in quest’ultimo atto, atto che assume una “struttura a formazione complessa” (secondo la definizione contenuta nella relazione governativa) perchè, sebbene sottoscritto da un ufficiale di polizia giudiziaria, deve rispettare la formulazione dell’imputazione fatta dal pubblico ministero, facendola propria. A questo punto, è compito del pubblico ministero anche l’informazione dell’esercizio dell’azione penale a favore dell’ente pubblico presso cui l’imputato sia impiegato e, se vi è danno erariale, del procuratore generale presso la corte dei conti (art. 129 att. c.p.p.).

Dibattimento.

a) Generalità. Il dibattimento può essere promosso mediante due distinti atti introduttivi: la citazione a giudizio della polizia giudiziaria, che costituisce l’atto introduttivo normale del dibattimento davanti al giudice di pace e che è sempre preceduto dalle indagini preliminari, e il ricorso immediato della persona offesa, che costituisce l’atto introduttivo del dibattimento davanti al giudice di pace utilizzabile in caso di reati perseguibili a querela di parte e che di regola non è preceduto da indagini preliminari.
L’accusato assume la veste di imputato con la citazione a giudizio della polizia giudiziaria ma non anche con il ricorso immediato della persona offesa: tale iniziativa abbisogna della verifica sia del pubblico ministero, che può formulare l’imputazione ovvero esprimere parere contrario alla citazione, sia del giudice di pace, che può emettere il decreto di convocazione delle parti ovvero disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero; così, determina l’assunzione della qualifica di imputato in capo all’accusato solo quando è seguita dall’emissione del decreto di convocazione delle parti (art. 3). Pertanto la veste di imputato viene assunta dall’accusato per un’iniziativa che non promana mai dal pubblico ministero, come avviene tradizionalmente, bensì di norma dalla polizia giudiziaria e talvolta dal giudice di pace. Inoltre l’assunzione della veste di imputato viene assunta dall’accusato per un’iniziativa che comporta altresì l’interruzione della prescrizione del reato (art. 61).
Giova evidenziare infine che quando il dibattimento è promosso a seguito di ricorso immediato della persona offesa sono inapplicabili le disposizioni diverse dell’ordinario procedimento penale davanti al giudice di pace (art. 22 comma 4): peraltro l’art. 9 del regolamento di esecuzione prevede che, non appena riceva comunicazione del ricorso immediato, il pubblico ministero ne dia immediato avviso al giudice cui abbia già presentato richiesta di archiviazione per gli stessi fatti e che, a seguito di tale avviso, e sempre che non abbia già avuto luogo l’archiviazione, il giudice medesimo disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero richiedente (giova tenere presente infatti che il ricorso immediato può essere preceduto da una querela recante la medesima notizia di reato che il pubblico ministero, dopo indagini preliminari o senz’altro incombente, può ritenere infondata); è stato osservato che non sarebbe chiaro “se e in che limiti possano essere utilizzate le risultanze investigative conseguenti alla querela, sia nella fase subprocedimentale nella quale il Pm è chiamato a formulare le sue richieste (articolo 25 del Dlgs n. 274), sia nella fase del giudizio” (così Laura Tricomi, La parte offesa «conquista» il potere di citazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 108): peraltro l'art. 12 del regolamento ora prevede che la documentazione relativa alle attività investigativa in questione sia depositata presso la segreteria del p.m., ove resta a disposizione dei difensori, che possono così prenderne visione ed estrarne copia.

b) Citazione a giudizio della polizia giudiziaria. Si tratta dell’atto con cui la polizia giudiziaria convoca l’imputato davanti al giudice di pace: ciò ovviamente non attribuisce alla polizia giudiziaria il potere di ordinare la comparizione, eventualmente coattivamente, dell’imputato davanti al giudice di pace, sebbene la legge delega faccia riferimento al potere della polizia giudiziaria di “disporre direttamente la comparizione dell’imputato davanti al giudice”, e ciò in quanto una partecipazione coattiva dell’imputato al giudizio non sarebbe conforme ai principi costituzionali.
La citazione deve contenere (art. 20 comma 2):
- le generalità dell’imputato, perché se lo stesso non è identificato in modo certo la citazione è nulla;
- le generalità della persona offesa, semprechè la stessa sia identificata;
- l’imputazione formulata dal pubblico ministero, perché se l’imputazione manca o è insufficiente la citazione è nulla;
- l’indicazione delle fonti di prova di cui è chiesta l’ammissione, perché se l’indicazione manca o è insufficiente la citazione è nulla;
- l’indicazione delle circostanze su cui verte l’esame di testi e consulenti, perché se l’indicazione manca la richiesta di prova è inammissibile (soluzione preferibile a quella, più drastica, per la quale sarebbe la stessa citazione ad essere inammissibile);
- l’indicazione del giudice competente per il giudizio e di luogo, data e ora della comparizione (la c.d. vocatio in ius) sulla base delle indicazioni sull’udienza ricevute a seguito di richiesta del pubblico ministero al coordinatore dell’ufficio del giudice di pace (art. 49), perché se l’indicazione manca o è insufficiente la citazione è nulla;
- l’avvertimento che in caso di mancata comparizione l’imputato sarà giudicato in contumacia, perché se l’avvertimento manca o è insufficiente la citazione è nulla;
- l’avviso che l’imputato ha la facoltà di nominare un difensore di fiducia e che in caso di mancata nomina sarà assistito da un difensore d’ufficio, perché se l’avviso manca o è insufficiente la citazione è nulla;
- l’avviso che l’imputato e il suo difensore ha la facoltà di prendere visione e estrarre copia del fascicolo delle indagini preliminari e che tale fascicolo si trova depositato presso la segreteria del pubblico ministero;
- la sottoscrizione da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria, perché se la sottoscrizione manca o proviene da un agente la citazione è nulla (o forse, in caso di mancata sottoscrizione, addirittura inesistente).

Gli adempimenti successivi alla redazione della citazione sono i seguenti (art. 20 commi 3 e 5):
- la notificazione della citazione, che avviene a cura della polizia giudiziaria a favore dell’imputato, del difensore e della persona offesa 30 giorni prima del dibattimento (che, quale termine di comparizione, deve essere osservato a pena di nullità);
- il deposito della citazione, che avviene a cura della polizia giudiziaria presso la segreteria del pubblico ministero unitamente al fascicolo delle indagini preliminari, al corpo del reato e alle cose pertinenti al reato.

c) Ricorso immediato della persona offesa. Si tratta dell’atto con cui la persona offesa chiede la convocazione dell’accusato davanti al giudice di pace in relazione a tutti i reati perseguibili a querela devoluti alla competenza del giudice di pace (e non già solo per “taluni reati perseguibili a querela”, come pure prevedeva la legge delega che peraltro non prevedeva alcun criterio di selezione dei reati) nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto reato (a pena di inammissibilità: art. 24 lettera a): a tale iniziativa, peraltro, deve seguire la presa di posizione del pubblico ministero e quella del giudice di pace, ciò che esclude che la persona offesa disponga di un potere di imputazione diretta dell’accusato, soluzione che, in assenza di un qualche filtro, sarebbe apparsa rischiosa per il pericolo di iniziative totalmente infondate o puramente strumentali (così la relazione governativa); peraltro è stato osservato che l’attribuzione di un siffatto potere alla persona offesa, sebbene inopportuna, non sarebbe stata in contrasto con la costituzione in quanto l’art. 112 Cost. assegnerebbe al pubblico ministero l’esercizio dell’azione penale in modo non esclusivo (v. la relazione governativa che richiama la sentenza 26/7/1979 n. 84 della Corte costituzionale).
Il ricorso immediato deve contenere (art. 21):
- le generalità dell’accusato, perché se lo stesso non è indicato il ricorso è inammissibile;
- le generalità della persona offesa ricorrente e delle altre eventuali persona offese, perché se la stessa non è indicata il ricorso è inammissibile;
- l’indicazione del difensore della persona offesa ricorrente e la nomina, perché se lo stesso non è indicato o manca la nomina il ricorso è inammissibile;
- la descrizione in forma chiara e precisa del fatto addebitato all’accusato con l’indicazione degli articoli di legge violati, perché se la descrizione manca o è insufficiente il ricorso è inammissibile;
- l’indicazione delle fonti di prova di cui è chiesta l’ammissione, perché se l’indicazione manca o è insufficiente il ricorso è inammissibile; - l’indicazione delle circostanze su cui verte l’esame di testi e consulenti, perché se l’indicazione manca il ricorso è inammissibile;
- l’indicazione dei documenti di cui si chiede l’acquisizione, perché se l’indicazione manca il ricorso è inammissibile;
- la richiesta di fissazione dell’udienza per procedere nei confronti dell’accusato (che costituisce manifestazione della volontà punitiva della persona offesa, che giustifica la parificazione del ricorso immediato alla querela da parte del comma 5 dell’art. 21), perché se la richiesta manca il ricorso è inammissibile;
- la sottoscrizione da parte della persona offesa autenticata dal difensore e la sottoscrizione del difensore, perché se la sottoscrizione manca o non è autenticata il ricorso è inammissibile.
Il ricorso immediato può inoltre contenere (art. 22 e 23):
- la menzione della presentazione di querela per il medesimo fatto, con allegazione della copia della querela al ricorso e con deposito di altra copia della querela presso la segreteria del pubblico ministero (per il che il giudice di pace dispone l’acquisizione della querela in originale);
- la richiesta motivata di restituzione o di risarcimento del danno (che equivale a costituzione di parte civile), salvo che la persona offesa non preferisca un’autonoma dichiarazione di costituzione di parte civile che, peraltro, deve avvenire contestualmente alla presentazione del ricorso immediato a pena di decadenza.

Gli adempimenti successivi alla redazione del ricorso immediato sono i seguenti (art. 22 comma 1):
- la comunicazione del ricorso, che avviene a cura della persona offesa a favore del pubblico ministero mediante consegna di copia presso la segreteria del pubblico ministero medesimo;
- il deposito del ricorso, che avviene a cura della persona offesa presso la cancelleria del giudice di pace unitamente alla prova dell’avvenuta comunicazione del ricorso al pubblico ministero (a pena di inammissibilità dello stesso ricorso: art. 24 lettera e).

Gli sviluppi successivi al deposito del ricorso immediato sono i seguenti (art. 25, 26, 27 e 28):
- la richiesta del pubblico ministero, che è l’atto con cui il pubblico ministero: 1. esprime un parere contrario alla citazione dell’accusato per manifesta infondatezza della notizia di reato o per inammissibilità del ricorso immediato o per incompetenza del giudice di pace – nel qual caso si ha richiesta di trasmissione degli atti allo stesso pubblico ministero salvo il caso di mera incompetenza per territorio del giudice di pace, allorchè la restituzione degli atti ha luogo a favore del ricorrente –; ovvero: 2. esercita l’azione penale contro l’accusato stante l’insussistenza dei vizi suindicati – nel qual caso si ha la formulazione dell’imputazione con la conferma o la modifica dell’addebito contenuto nel ricorso immediato –; ciò entro 10 giorni dalla comunicazione del ricorso immediato (termine ordinatorio: v. relazione governativa);
- il provvedimento del giudice di pace, che è l’atto con cui il giudice di pace: 1. ritiene manifestamente infondato o inammissibile il ricorso immediato ovvero incompetente per materia se medesimo – nel qual caso di ha trasmissione degli atti al pubblico ministero per le ulteriori iniziative del caso – ovvero ritiene incompetente per territorio se medesimo – nel qual caso si ha restituzione degli atti al ricorrente per la reiterazione del ricorso davanti al giudice di pace competente per territorio nel termine di 20 giorni dalla notificazione del provvedimento del giudice a cura della cancelleria, a pena di inammissibilità del ricorso –; ovvero: 2. non ritiene sussistenti i vizi predetti – nel qual caso si ha convocazione delle parti in udienza davanti a sé –; ciò entro 20 giorni dal deposito del ricorso immediato (termine ordinatorio), tenendo presente comunque che il giudice di pace emette il provvedimento di cui sopra dopo la presentazione delle richieste del pubblico ministero o, se tali richieste non pervengono, solo dopo lo spirare del termine di 10 giorni di cui al punto precedente (art. 26 comma 1)
Il decreto di convocazione delle parti deve contenere (art. 27):
- le generalità dell’imputato, perché se lo stesso non è identificato in modo certo la convocazione è nulla;
- la trascrizione dell’imputazione formulata dal pubblico ministero, perché se l’imputazione manca o è insufficiente la convocazione è nulla. Quid iuris in caso di omessa formulazione dell’imputazione da parte del p.m. nei 10 giorni dalla comunicazione del ricorso immediato? A mio sommesso avviso, all’adempimento potrebbe provvedere lo stesso giudice di pace, anche tenuto conto dell’insegnamento poc’anzi richiamato in ordine all’art. 112 Cost. che assegnerebbe al pubblico ministero l’esercizio dell’azione penale in modo non esclusivo (contra Laura Tricomi, La parte offesa «conquista» il potere di citazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 110): a conferma di ciò si evidenzia che, come si è visto, in base all'art. 3 l'assunzione della qualità di imputato nel procedimento attivato con ricorso immediato avviene non già a seguito della formulazione dell'imputazione da parte del pubblico ministero bensì a seguito dell'emissione del decreto di convocazione delle parti da parte del giudice di pace;
- l’indicazione del giudice competente per il giudizio e di luogo, data e ora della comparizione (la c.d. vocatio in ius), perché se l’indicazione manca o è insufficiente la convocazione è nulla;
- l’avvertimento che in caso di mancata comparizione l’imputato sarà giudicato in contumacia, perché se l’avvertimento manca o è insufficiente la convocazione è nulla;
- l’avviso che l’imputato ha la facoltà di nominare un difensore di fiducia e che in caso di mancata nomina sarà assistito da un difensore d’ufficio, perché se l’avviso manca o è insufficiente la convocazione è nulla;
- la sottoscrizione da parte del giudice di pace e dell’ausiliario che l’assiste.
Il decreto di convocazione delle parti può determinare situazioni di incompatibilità del giudice di pace con la funzione di giudice del dibattimento alla luce della formulazione dell’art. 34 c.p.p., norma senz’altro applicabile ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo (così Laura Tricomi, La parte offesa «conquista» il potere di citazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 111): una situazione di incompatibilità particolarmente evidente si verificherebbe nel caso in cui si condividesse la tesi testè sostenuta secondo cui nell’inerzia del pubblico ministero potrebbe essere lo stesso giudice di pace a formulare l'imputazione.

Gli adempimenti successivi alla redazione del decreto di convocazione sono i seguenti (art. 20 comma 5):
- la notificazione del ricorso e del decreto, che avviene a cura del ricorrente a favore dell’imputato e del difensore 20 giorni prima del dibattimento (che, quale termine di comparizione, deve essere osservato a pena di nullità e che risulta più breve rispetto a quello previsto in caso di citazione a giudizio - 30 giorni - in quanto nel procedimento attivato con ricorso immediato manca di regola la fase delle indagini preliminari);
- il deposito del solo decreto, che avviene a cura del ricorrente a favore delle altre persone offese 20 giorni prima del dibattimento;
- l'informazione sull’azione penale, che avviene a cura del giudice di pace (e non già del pubblico ministero) a favore dell’ente pubblico presso cui l’imputato sia impiegato e, se vi è danno erariale, del procuratore generale presso la corte dei conti (art. 11 reg. esec.).

Gli sviluppi successivi alla notificazione del decreto di convocazione delle parti sono i seguenti (art. 28):
- l'intervento nel processo della persona offesa non ricorrente, che avviene con l’assistenza di un difensore entro l’udienza di comparizione a pena di rinuncia implicita al diritto di querela ovvero di remissione implicita della querela eventualmente già presentata (per cui l’inerzia produce l’improcedibilità dell’azione penale in relazione al fatto reato subito dalla persona offesa non ricorrente);
- la costituzione di parte civile della persona offesa non ricorrente, che avviene con l’assistenza di un difensore prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (per cui l’inerzia produce la decadenza dalla facoltà di esercitare l’azione civile in sede penale in relazione al fatto reato subito dalla persona offesa non ricorrente).

d) Attività predibattimentale. Prima dell’udienza di comparizione ha luogo la seguente attività:
- il deposito dell’atto di citazione con le notifiche, che avviene presso la cancelleria del giudice di pace sette giorni prima dell’udienza da parte del pubblico ministero in caso di citazione a giudizio della polizia giudiziaria e da parte del ricorrente in caso di ricorso immediato della persona offesa (art. 29 comma 1) e che, fra l’altro, consente al coordinatore dell’ufficio del giudice di pace di designare il giudice per la eventuale riunione (art. 1 reg. esec.);
- il deposito della lista dei testi e dei consulenti, che avviene presso la cancelleria del giudice di pace sette giorni prima dell’udienza da parte dell’imputato e delle altre parti convocate (art. 29 comma 2) e che consente alla loro controparte di attivarsi per esercitare il diritto alla prova contraria.

e) Attività preliminare. Prima dell’apertura del dibattimento ha luogo la seguente attività:
- la rinnovazione dell’atto di citazione, che avviene da parte del giudice di pace anche d’ufficio in ogni caso in cui occorra (art. 29 comma 3, norma che, evitando regressioni processuali, prevede una disciplina analoga a quella contenuta nell’art. 143 att. c.p.p.);
- la domanda di oblazione, che avviene da parte dell’imputato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 29 comma 6) e che consiste nella c.d. oblazione comune, prevista per reati puniti con la sola pena pecuniaria e sempre ottenibile dall’imputato che ne faccia richiesta, o nella c.d. oblazione speciale, prevista per reati puniti con pena alternativa e ottenibile dall’imputato solo se il giudice di pace ritenga di ammetterlo e sempre che non “permangano conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore” (art. 162 bis c.p.): pertanto, si ritiene che nelle contravvenzioni punite con pene alternative e dalle quali residuino conseguenze dannose o pericolose del reato l’imputato preferirà limitarsi a riparare il danno e così accedere alla sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie, senza sobbarcarsi l’ulteriore fardello dell’oblazione che comporta il pagamento di una somma pari alla metà del massimo edittale (così Amato, Sui delitti a querela la prima via è la conciliazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 116);
- il tentativo di conciliazione delle parti, che avviene da parte del giudice di pace in ogni caso di reato perseguibile a querela (obbligatoriamente e non facoltativamente: così Amato, cit., p. 115), con la garanzia dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in tale sede (art. 29 comma 4), e che in caso di conciliazione comporta la redazione di processo verbale attestante la remissione della querela o la rinuncia al ricorso immediato e l’accettazione relativa (art. 29 comma 5) con l’ulteriore conseguenza che le spese del procedimento sono a carico o del chiamato in giudizio, salvo che sia diversamente convenuto (art. 340 c.p.p.: cfr. Amato, cit., p. 116); 
- il rinvio dell’udienza di comparizione, che avviene da parte del giudice di pace per non più di due mesi con eventuale interessamento di centri e strutture di mediazione ove esistenti, quando ciò sia utile per favorire la conciliazione delle parti (art. 29 comma 4);
- il rinvio dell’udienza di comparizione, che avviene da parte del giudice di pace per non più di tre mesi con eventuale interessamento di ufficiali di polizia giudiziaria o operatori dei servizi sociali, quando l’imputato chieda di riparare il danno e di eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato ciò facendo alla medesima udienza di comparizione a condizione di dimostrare di non averlo potuto fare precedentemente (art. 35 comma 3);
- la trasmissione degli atti al pubblico ministero, che avviene da parte del giudice di pace in caso di ricorso immediato promosso per reato diverso da quelli consentiti (art. 30 comma 3);
- la declaratoria di improcedibilità del ricorso immediato (con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali e al risarcimento del danno all’imputato che ne faccia richiesta), che avviene da parte del giudice di pace in caso di mancata comparizione della persona offesa - salvo che l’imputato o la persona offesa non ricorrente ma querelante ed intervenuta chiedano che si proceda al giudizio - (art. 30 commi 1 e 2) e che non è chiaro se determini l’estinzione del reato (come in caso di remissione di querela) ovvero “la reviviscenza ovvero il prosieguo di un procedimento attivato con querela” o comunque, in caso di ricorso immediato non preceduto da querela, la “possibilità di un giudizio ordinario, magari innescato con una separata e autonoma querela, giustificata, ad esempio, dalla necessità di un’integrazione dei profili probatori, e presentata nei termini ma successivamente al ricorso” (così Laura Tricomi, La parte offesa «conquista» il potere di citazione, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 108 che pure propende per la prima soluzione tenuto conto dell’art. 28 nella parte relativa alle conseguenze del mancato intervento della persona offesa non ricorrente);
- la fissazione di nuova udienza di comparizione dopo la declaratoria di improcedibilità del ricorso immediato, che avviene da parte del giudice di pace in caso di istanza del ricorrente che dia prova che la mancata comparizione sia stata dovuta a caso fortuito o forza maggiore sempre che l’istanza sia proposta entro 10 giorni dalla cessazione del fatto costituente caso fortuito o forza maggiore a pena di decadenza (art. 31).

f) Attività dibattimentale. Il dibattimento, cui si procede secondo l’ordine del ruolo per le udienze affisso all’ingresso dell’aula delle udienze almeno un giorno prima dell’udienza, salve le modificazioni dovute a ragioni d’urgenza o ad altro giustificato motivo (art. 15 reg. esec.), ha luogo con lo svolgimento della seguente attività:
- la dichiarazione di apertura del dibattimento, che segna la preclusione all’esercizio di alcune facoltà di grande importanza come la domanda di oblazione dell’imputato e come l’intervento e la dichiarazione di costituzione di parte civile della persona offesa querelante e non ricorrente;
- l'invito alle parti ad indicare atti da inserire nel fascicolo del dibattimento e ad accordarsi sull’inserimento di ulteriori atti nel fascicolo del dibattimento (ivi compresi i documenti allegati al ricorso immediato, che quindi per ciò solo non entrano nel fascicolo del dibattimento: cfr. Amato, Dibattimento snello ma senza riti alternativi, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 117): l’invito avviene da parte del giudice di pace nel pieno contraddittorio delle parti (art. 29 comma 7);
- l'ammissione delle prove richieste ed esclusione di quelle vietate, superflue e irrilevanti, che avviene da parte del giudice di pace in forza di poteri più penetranti rispetto al tribunale che ai sensi dell’art. 190 c.p.p. può non ammettere le prove richieste solo se le stesse sono manifestamente superflue o irrilevanti (art. 29 comma 7);
- l'autorizzazione alla citazione dei testi e consulenti tecnici indicati e l'esclusione di quelli manifestamente sovrabbondanti, che avviene da parte del giudice di pace all’udienza di comparizione e non già predibattimentalmente perché occorre attendere l’esito del tentativo di conciliazione che, se riesce, rende superflua l’audizione di costoro: peraltro, laddove a seguito dell’autorizzazione alla citazione per l’udienza successiva i testi e i consulenti tecnici non siano citati, la parte che dapprima li ha indicati e che poi ne ha omesso la citazione decade dalla prova (art. 29 comma 8);
- l'assunzione delle prove orali, che avviene da parte delle parti direttamente salvo che le stesse si accordino a che l’esame di testi, consulenti, periti e parti private sia condotto dal giudice direttamente sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori (art. 32 comma 1): si è sostenuto che il presupposto costituito dall’accordo delle parti può essere anche tacito, a differenza di quello previsto davanti al giudice monocratico e costituito dalla concorde richiesta delle parti, che deve essere sempre espresso;
- l'assunzioni di nuovi mezzi di prova, che avviene da parte del giudice di pace se ciò risulta assolutamente necessario una volta che sia terminata l’acquisizione delle prove (art. 32 comma 2: v. art. 507 c.p.p.): si tratta di un potere di mera integrazione probatoria e non già di totale supplenza del giudice all’inerzia istruttoria delle parti, perché, a differenza del procedimento ordinario, la citazione a giudizio o il ricorso immediato che siano privi dell’indicazione delle fonti di prova di cui è chiesta l’ammissione sono rispettivamente nulla e inammissibile (cfr. Amato, Dibattimento snello ma senza riti alternativi, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 119).
L’attività dibattimentale è documentata dal verbale di udienza che è redatto, di regola, solo in forma riassuntiva (art. 32 comma 3): le parti non dispongono di alcun potere di imporre la verbalizzazione integrale, essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice di pace la scelta di tale forma di documentazione (così la relazione governativa).

Decisione.

a) Generalità. La decisione del giudice di pace assume la forma della sentenza che, diversamente da quanto accade nel procedimento penale davanti al tribunale, ha una motivazione che può essere redatta in forma abbreviata cioè ispirandosi a criteri di brevità e di chiarezza e quindi evitando di dilungarsi nell’esposizione dello svolgimento del processo o di punti di diritto non necessari (così la relazione governativa): si tratta di una tecnica già prevista nel contenzioso davanti al giudice amministrativo per talune materie (affidamento di incarichi di progettazione o opere pubbliche o di pubblica utilità ex L. 135/97 e sospensione dei provvedimenti dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni ex L. 247/97) e ritenuta conforme al dettato costituzionale (Corte costituzionale, sent. 10/11/1999 n. 427).
Salvo che vi sia dettatura a verbale direttamente, la sentenza motivata in forma abbreviata è depositata nella cancelleria del giudice di pace nel termine di 15 giorni dalla lettura del dispositivo: si ritiene esclusa la possibilità di indicare un termine più lungo per il deposito, stante l’inapplicabilità del comma 3 dell’art. 544 c.p.p. a motivo della “inequivoca formula della norma” (così Giuseppe Amato, Dibattimento snello ma senza riti alternativi, in Guida al diritto n. 38/2000, p.120).

b) Proscioglimento. In casi particolari, il giudice di pace può prosciogliere con formule terminative diverse da quelle tradizionali e cioè:
- se il giudice di pace ritiene che il fatto sia di particolare tenuità, emette sentenza di non doversi procedere “per la particolare tenuità del fatto” a condizione che non si oppongano l’imputato e la persona offesa – ma si può ragionevolmente sperare che la persona offesa non vi si opponga dopo il fallimento del tentativo di conciliazione? - (art. 34): il fatto è di particolare tenuità quando l’esiguità del danno o del pericolo (cioè un criterio di valutazione relativo all’elemento oggettivo del reato e rintracciabile, per es., nei furti bagatellari o nelle microlesioni), il grado della colpevolezza (cioè un criterio di valutazione relativo all’elemento soggettivo del reato e rintracciabile, per es., nel dolo di impeto, nel dolo eventuale o nella colpa lieve) e l’occasionalità della violazione (cioè un criterio di valutazione relativo alla capacità a delinquere del reo e rintracciabile, per es., nell’assenza di recidiva specifica) non giustificano l’esercizio dell’azione penale - il cui mancato esercizio pertanto ha luogo in base a criteri di valutazione caratterizzati da generalità e astrattezza e quindi senza pregiudizio per l’art. 112 Cost. che sancisce l’obbligatorietà dell’azione penale -; peraltro la valutazione di ingiustificatezza dell’esercizio dell’azione penale deve tener conto altresì del pregiudizio arrecato dall’eventuale prosecuzione del processo alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’accusato (cioè un criterio di valutazione relativo alle condizioni personali e sociali dell’accusato che, come tale, solleva un problema di conformità col principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e che comunque è liquidato dalla relazione governativa come criterio “ulteriore ma non decisivo”);
- se il giudice di pace accerta la riparazione del danno e l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato intervenute prima dell’udienza di comparizione, emette sentenza di non doversi procedere “per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie” (art. 35): la condotta riparatoria è sufficiente ai fini del proscioglimento, e quindi lo consente, solo se è idonea a soddisfare le esigenze di riprovazione e di prevenzione (ciò che, quindi, non dovrebbe avvenire, per esempio, in caso di reato commesso con comportamenti particolarmente gravi o insidiosi ovvero da criminale incallito: cfr. la relazione governativa).

c) Condanna. In caso di condanna per reati puniti con pene alternative, il giudice di pace può condannare alla pena pecuniaria, nel qual caso il dispositivo della sentenza ha luogo senza particolarità di sorta; se invece il giudice di pace condanna alla pena non pecuniaria, il dispositivo della sentenza ha luogo con alcune particolarità e precisamente:
- se il giudice di pace condanna alla pena della permanenza domiciliare senza ammettere l’alternativa del lavoro sostitutivo, l’imputato o il difensore munito di procura speciale può chiedere l’esecuzione continuativa della pena cioè l’esecuzione per giorni consecutivi e non solo di sabato e domenica (ovvero l’esecuzione in giorni diversi dal sabato e dalla domenica: così Amato, Dibattimento snello ma senza riti alternativi, in Guida al diritto n. 38/2000, p. 122) e il giudice di pace, immediatamente o in un’udienza ad hoc da tenersi entro 10 giorni, può accogliere o rigettare la richiesta e nel primo caso integra il dispositivo originario; invece in caso di inerzia dell’imputato resta fermo il dispositivo originario (art. 33 comma 1);
- se invece il giudice di pace condanna alla pena della permanenza domiciliare ammettendo l’alternativa del lavoro sostitutivo, l’imputato o il difensore munito di procura speciale può chiedere l’ammissione al lavoro sostitutivo e il giudice di pace, immediatamente o in un’udienza ad hoc da tenersi entro 10 giorni, deve accogliere la richiesta integrando il dispositivo originario; invece in caso di inerzia dell’imputato resta fermo il dispositivo originario (art. 33 comma 2).
E’ chiaro perciò che l’imputato contumace, inevitabilmente inerte (salvo che sia assistito da difensore munito di procura speciale), non potrà ottenere né l’esecuzione continuativa della permanenza domiciliare né l’ammissione al lavoro sostitutivo.
E’ altrettanto chiaro che l’integrazione del dispositivo prevista dall’art. 33 si giustifichi in base all’opportunità di evitare che prima ancora della pronuncia della condanna l’accusato sia chiamato a formalizzare le sue scelte sulle modalità di un eventuale trattamento sanzionatorio.

d) Sanzioni. Il trattamento sanzionatorio che il giudice applica in caso di condanna per i reati devoluti alla sua competenza è modificato nel seguente modo (art. 52):
- pena pecuniaria soltanto (multa o ammenda), che si ha per i reati punibili con la sola pena pecuniaria o per quelli punibili con pena alternativa se la pena detentiva  non è superiore nel massimo a 6 mesi;
- pena pecuniaria da 500.000 a 5.000.000 o permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi, che si ha per i reati punibili con pena alternativa se la pena detentiva è superiore nel massimo a 6 mesi;
- pena pecuniaria da 1.000.000 a 5.000.000 o permanenza domiciliare da 15 a 45 giorni o lavoro di pubblica utilità da 20 giorni a 6 mesi, che si ha per i reati punibili con la sola pena detentiva;
- pena pecuniaria da 1.500.000 a 5.000.000 o permanenza domiciliare da 20 a 45 giorni o lavoro di pubblica utilità da 1 a 6 mesi, che si ha per i reati punibili con pena congiunta.
In caso di recidiva reiterata infraquinquennale, salvo il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva stessa, il giudice di pace deve sempre applicare la pena della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità, ovviamente a condizione che si tratti di reati punibili con pena alternativa (cioè con pena pecuniaria ovvero con permanenza domiciliare o lavoro di pubblica utilità).

Quanto alle singole sanzioni occorre evidenziare che, mentre la pena pecuniaria è sanzione tradizionale, le altre due sono peculiari del procedimento penale davanti al giudice di pace e si distinguono in:
- permanenza domiciliare (art. 53) che consiste nell’obbligo di rimanere nell’abitazione, in altro luogo di privata dimora, in luogo di cura o di accoglienza per i giorni di sabato e domenica o, se vi sono esigenze familiari, lavorative, scolastiche o sanitarie, per giorni diversi della settimana o, se vi è richiesta del condannato, per l’intera durata della pena continuativamente (durata della pena: non meno di 6 e non più di 45 giorni); e eventualmente è accompagnata dal divieto di accedere a luoghi specifici per i giorni della settimana in cui il condannato non è in permanenza domiciliare (durata del divieto: non più del doppio della durata massima della permanenza domiciliare, ferma restando la cessazione del divieto con la cessazione della pena);
- lavoro di pubblica utilità (art. 54) che consiste nella prestazione di attività non retribuita a favore della collettività da svolgersi presso lo stato, la regione, la provincia, il comune o organizzazioni di assistenza o di volontariato per non meno di 6 ore settimanali corrispondenti a 3 giorni (tenuto conto che 2 ore di lavoro corrispondono a 1 giorno di lavoro) o, se vi è richiesta del condannato, anche per più di 6 ore settimanali ancorchè per non più di 8 ore giornaliere (durata della pena: non meno di 10 giorni e non più di 6 mesi), e può essere disposto dal giudice di pace a condizione che vi sia richiesta del condannato, stante il divieto dei lavori forzati contenuto nella convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (ratificata dalla L. 848/55).

Quando poi alle vicende patologiche dell’esecuzione delle sanzioni irrogate dal giudice di pace, occorre evidenziare le seguenti situazioni:
- la non esecuzione della pena pecuniaria per insolvibilità (art. 55), per cui si ha la conversione della pena pecuniaria medesima in permanenza domiciliare semplice – senza che cioè sia accompagnata dal divieto di accedere a luoghi specifici – per un periodo non superiore a 45 giorni (secondo il seguente criterio di ragguaglio: lire 50.000 di pena pecuniaria corrispondono a 1 giorno di permanenza domiciliare) ovvero, se vi sia richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo per un periodo non inferiore a 1 mese e non superiore a 6 mesi (secondo il seguente criterio di ragguaglio: lire 25.000 di pena pecuniaria corrispondono a 1 giorno di lavoro sostitutivo) salva conversione del lavoro sostitutivo in permanenza domiciliare in caso di violazione dell’obbligo: si osserva che è prevista la conversione nella permanenza domiciliare e non già nella mera libertà controllata, come invece nel sistema tradizionale (L. 689/81), e questa soluzione dovrà essere approfondita sotto il profilo della sua legittimità costituzionale, tenuto conto delle indicazioni ricavabili dalle sentenze n. 149/71 e 131/79 della Corte costituzionale.
- la violazione degli obblighi della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità senza giusto motivo (art. 56), per cui si ha il delitto di violazione degli obblighi punito con la reclusione fino a 1 anno non sostituibile con le sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 L. 689/81, a condizione che abbia luogo l’allontanamento dal luogo della permanenza domiciliare o il non raggiungimento o l’abbandono del luogo del lavoro di pubblica utilità (comma 1) ovvero almeno la violazione reiterata degli obblighi e dei divieti propri delle sanzioni predette (comma 2) e sempre che non ricorra un giusto motivo cioè una scriminante di più ampia portata rispetto alle scriminanti del codice penale come la legittima difesa o lo stato di necessità.

Infine è necessario evidenziare alcune particolarità ulteriori del trattamento sanzionatorio che il giudice di pace applica in caso di condanna per i reati devoluti alla sua competenza, e cioè:
- la non menzione sul certificato del casellario giudiziale, che è applicata automaticamente alle condanne irrogate dal giudice di pace (art. 45) cosicchè nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a richiesta dell’interessato non sono mai riportate le iscrizioni relative alle sentenze emesse dal giudice di pace;
- la sospensione condizionale della pena, che è inapplicabile alle sanzioni irrogate dal giudice di pace (art. 60) e ciò sebbene la legge delega nulla avesse disposto al riguardo: anzi la stessa relazione governativa parla del “più assoluto silenzio” del legislatore delegante anche se evidenzia che tale soluzione sarebbe imposta dalla necessità di valorizzare il ruolo di conciliatore del giudice di pace, che per assumere questo ruolo non può essere una “tigre di carta”;
- le sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 L. 689/81, che sono inapplicabili ai reati di competenza del giudice di pace (art. 62);
- il ragguaglio tra sanzioni tradizionali e sanzioni irrogabili dal giudice di pace, che prevede che 1 giorno di pena detentiva equivalga lire 75.000 di pena pecuniaria, a 2 giorni di permanenza domiciliare e a 3 giorni di lavoro di pubblica utilità (art. 58 commi 2 e 3);
- la natura delle sanzioni non pecuniarie, che è quella di pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originariamente prevista dal legislatore (art. 58 comma 1);
- i limiti massimi delle sanzioni pecuniarie raggiungibili ex art. 133 bis c.p., che non possono superare comunque - a seconda della natura della pena pecuniaria medesima (multa o ammenda) - lire 60.000.000 e lire 15.000.000 (art. 58 comma 4).

Impugnazioni.

a) Generalità. Il ricorso alle impugnazioni è stato previsto in misura più ampia rispetto a quanto previsto dall’art. 593 c.p.p. e ciò per due ordini di ragioni: perché la legge delega, all’art. 17 comma 1 lettera n), prevedeva espressamente l’inappellabilità delle sentenze emesse dal giudice di pace ad eccezione delle sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria e di proscioglimento per reati puniti con la sola pena pecuniaria (e quindi non anche delle sentenze di proscioglimento puniti con pena alternativa); e perché le sentenze del giudice di pace sono emesse da un giudice non professionale all’esito di un procedimento particolarmente semplificato, il che ha indotto il legislatore delegato a ritenere opportuno l’ampliamento delle possibilità di appello dinanzi ad un giudice professionale (il tribunale circondariale in composizione monocratica).

b) Impugnazione del pubblico ministero. Il pubblico ministero può appellarsi contro le sentenze di condanna a pena diversa da quella pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa: tra queste ultime sono anche le sentenze di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ovvero per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie. Inoltre il pubblico ministero può ricorrere per cassazione contro tutte le sentenze del giudice di pace (art. 36).

c) Impugnazione del ricorrente immediato. Il ricorrente immediato può appellarsi, anche agli effetti penali, contro le sentenze di proscioglimento appellabili dal pubblico ministero: si tratta di un’impugnazione che ricalca quella già prevista nel nostro ordinamento in capo al querelante per delitti di ingiuria e diffamazione (art. 577 c.p.p.). Peraltro il legislatore ha intesa sanzionare ogni abuso del mezzo di impugnazione prevedendo che in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione il ricorrente immediato sia condannato al pagamento delle spese di procedimento, alla rifusione delle spese processuali sostenute da imputato e responsabile civile e, in caso di colpa grave, anche al risarcimento dei danni causati a questi ultimi (art. 38).

d) Impugnazione dell’imputato. L’imputato può appellarsi contro le sentenze di condanna a pena diversa da quella pecuniaria nonché contro le sentenze di condanna a pena pecuniaria in caso di impugnazione del capo relativo alla condanna al risarcimento del danno a favore della parte civile: giova evidenziare che la legge delega non prevedeva alcuna eccezione all’inappellabilità delle condanne a pena pecuniaria ma la scelta del legislatore delegato pare motivata dalla natura delle condanne a pena pecuniaria e al risarcimento del danno, stante la loro diversità dalle mere condanne a pena pecuniaria. Diversamente dal pubblico ministero e nonostante le differenti indicazioni contenute nella legge delega, l’imputato non può appellarsi contro le sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa, nemmeno al fine di ottenere una sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto: il legislatore delegato ha giustificato tale scelta con il paradosso della scelta opposta che contemplerebbe da un lato l’inappellabilità delle sentenze di condanna alla pena pecuniaria e dall’altro lato, irragionevolmente, l’appellabilità delle più favorevoli sentenze di proscioglimento, seppure non a formula piena; inoltre il legislatore delegato non ha mancato di rimarcare la facoltà dell’imputato di presentare ricorso per cassazione al fine di ottenere una sentenza di proscioglimento maggiormente favorevole rispetto a quella emessa dal giudice di pace (art. 37).

e) Procedimento di appello. Il giudizio di appello si svolge davanti al tribunale circondariale in composizione monocratica: tale scelta del legislatore delegato avviene conformemente a quanto già accade in sede civile e ciò nonostante la “reticenza” della legge delega che si è limitata a parlare di “tribunale nel cui circondario ha sede l’ufficio del giudice di pace” che ha emesso la sentenza appellata, senza specificare la composizione (monocratica o collegiale) di tale organo giudiziario (art. 39 comma 1). Il giudizio di appello segue la disciplina dell’appello previsto dal c.p.p. con un’importante eccezione: nel caso in cui l’imputato provi di non essere comparso davanti al giudice di pace per caso fortuito o forza maggiore o per non aver avuto conoscenza della citazione a giudizio, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando la citazione a giudizio sia stata notificata mediante consegna al difensore, lo stesso imputato non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento, si ha non già la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, come previsto dall’art. 603 c.p.p., bensì l’annullamento della sentenza appellata con trasmissione degli atti al giudice di pace (art. 39 comma 2).

Esecuzione.

a) Generalità. L’esecuzione dei provvedimenti emessi dal giudice di pace avviene sulla falsariga di quanto previsto dal c.p.p. con alcune rilevanti eccezioni ritenute necessarie al fine di adeguare la disciplina dell’esecuzione alla nuova figura del giudice di pace e soprattutto alle nuove sanzioni, tra le quali merita un’immediata citazione l’eliminazione delle competenze ordinariamente devolute al magistrato di sorveglianza.

b) Esecuzione delle pene pecuniarie. Le condanne a pena pecuniaria sono eseguite a norma del c.p.p. ma gli accertamenti sulla solvibilità del condannato sono svolti dal giudice dell’esecuzione che dispone altresì la rateizzazione ovvero la conversione della pena pecuniaria (art. 42).

c) Esecuzione delle pene non pecuniarie. Le condanne a pena non pecuniaria sono trasmesse per estratto alla segreteria del pubblico ministero del circondario ove ha sede l’ufficio del giudice dell’esecuzione; il pubblico ministero emette l’ordine di esecuzione e lo trasmette immediatamente, unitamente all’estratto della condanna contenente le modalità di esecuzione della pena, all’ufficio di pubblica sicurezza in cui il condannato risiede o, in mancanza, al comando dell’arma dei carabinieri territorialmente competente; l’organo di polizia consegna copia dell’ordine di esecuzione e dell’estratto predetto al condannato ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni ivi contenute ovvero, se questi è detenuto o internato, al direttore dell’istituto o della sezione, nel quale ultimo caso la pena decorre solo dopo le dimissioni (art. 43). Per motivi di assoluta necessità le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di cui all’art. 53 comma 3 nonché del lavoro di pubblica utilità possono essere modificate dal giudice dell’esecuzione all’esito di un procedimento di esecuzione, salva l’adottabilità di una modificazione provvisoria delle modalità predette, provvedimento revocabile nelle fasi successive del procedimento medesimo (art. 44).

d) Iscrizioni del casellario giudiziale. Le iscrizioni del casellario giudiziale relative a sentenze emesse dal giudice di pace non sono riportate sui certificati richiesti dal privato (art. 45) e comunque sono eliminate trascorsi tre anni dall’irrevocabilità della sentenza in caso di sentenza di proscioglimento per difetto di imputabilità, ovvero, sempre che non siano compiuti ulteriori reati nel frattempo, trascorsi cinque anni dall’esecuzione in caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria, ovvero ancora trascorsi dieci anni dall’esecuzione in caso di sentenza di condanna a pena non pecuniaria (art. 46). Quanto ai carichi pendenti, la circolare della direzione generale della giustizia penale sugli adempimenti della cancelleria del giudice di pace (circolare 21/12/2001) ha chiarito che, "per ragioni di coerenza sistematica", i certificati richiesti dal privato non recheranno nemmeno le pendenze di procedimenti penali davanti al giudice di pace.

e) Procedimento di esecuzione. Il procedimento di esecuzione si svolge davanti al giudice dell’esecuzione che è lo stesso giudice di pace che ha emesso il provvedimento da eseguire, anche se quest’ultimo è stato riformato; peraltro se l’esecuzione riguarda provvedimenti emessi da diversi giudici di pace, giudice dell’esecuzione competente è il giudice di pace che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo; se invece l’esecuzione riguarda provvedimenti emessi dal giudice di pace e da altro giudice ordinario, giudice dell’esecuzione competente è quest’ultimo in ogni caso; se infine l’esecuzione riguarda provvedimenti emessi dal giudice di pace e da giudice speciale, giudice dell’esecuzione competente è il tribunale circondariale in composizione collegiale, visto che il giudice speciale (tribunale militare, corte costituzionale, tribunale dei ministri) ha composizione collegiale (art. 40).
Il procedimento di esecuzione segue la disciplina prevista dal c.p.p. con un’importante eccezione: contro il provvedimento del giudice dell’esecuzione, se questi è il giudice di pace, e nel termine di quindici giorni dalla notifica del provvedimento predetto, l’interessato può proporre ricorso per motivi di legittimità al tribunale circondariale in composizione monocratica che decide osservate le disposizioni dell’art. 127 c.p.p. con ordinanza non impugnabile (art. 41).

Disposizioni transitorie e finali.

a) Disposizioni transitorie. Le norme del decreto legislativo si applicano ai procedimenti penali relativi a reati di competenza del giudice di pace commessi dopo la sua entrata in vigore (che, come è noto, è stata prorogata al 2 gennaio 2002, dal D.L. 91/2001 convertito con modificazioni dalla L. 163/2001) ovvero a quelli relativi a reati commessi prima della sua entrata in vigore ma iscritti nel registro delle notizie di reato dopo la sua entrata in vigore; le norme del decreto legislativo sulle sanzioni applicabili dal giudice di pace e, in quanto applicabili, quelle sulla sentenza di condanna alla permanenza domiciliare, sulla sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, sulla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie, sull’esecuzione e sulla modificazione dell’esecuzione della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità nonché sul casellario giudiziale si applicano ai procedimenti penali relativi a reati commessi prima della sua entrata in vigore, ferma restando l’applicabilità dell’art. 2 comma 3 c.p. (e quindi l’applicabilità della disciplina sostanziale in concreto più favorevole per l’imputato: per es. la disciplina della sospensione condizionale della pena, che, come si è visto, non è applicabile alle sanzioni penali irrogabili dal giudice di pace).

b) Disposizioni finali. Si applicano ai procedimenti penali relativi a reati di competenza del giudice di pace ma pendenti davanti a giudici diversi dal giudice di pace le norme del decreto legislativo sulle sanzioni applicabili dal giudice di pace e, in quanto applicabili, quelle sulla sentenza di condanna alla permanenza domiciliare, sulla sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, sulla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie, sull’esecuzione e sulla modificazione dell’esecuzione della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità nonché sul casellario giudiziale.

Sanremo, dicembre 2001

Eugenio Aluffi