ART. 416 C.P.
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - ELEMENTO OGGETTIVO - GENERALITA'.
Ai fini della sussistenza del reato associativo occorre un accordo
fra un numero minimo di persone che prevede la riunione durevole delle
stesse per realizzare insieme un programma di attività penalmente
illecite.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/6/1995 N. 101/95
Il
reato associativo si caratterizza per tre elementi fondamentali costituiti: a)
da un vincolo associativo tendenzialmente permanente o comunque stabile,
destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente
programmati; b) dall’indeterminatezza del programma criminoso, che distingue
tali reati dall’accordo che sorregge il concorso di persone nel reato,
indeterminatezza che non viene meno per il solo fatto che l’associazione sia
finalizzata esclusivamente alla realizzazione di reati di un determinato tipo
o natura, giacchè essa attiene al numero, alle modalità, ai tempi, agli
obiettivi dei delitti integranti eventualmente anche un’unica disposizione
di legge, e non necessariamente alla diversa qualificazione
giuridico-penalistica dei fatti programmatici; c) dall’esistenza di una
struttura organizzativa, sia pure minima, ma idonea e soprattutto adeguata per
realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira (cfr. Cassazione Sezione VI,
sent. 14/6/1995 n. 11413).
Tribunale
di Sanremo, sent. 13/12/2002 n. 541/02
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - ELEMENTO OGGETTIVO - ORGANIZZAZIONE.
Ai fini della sussistenza del reato associativo occorre che l'associazione
sia dotata di una struttura organizzativa anche rudimentale che va intesa
come quella essenziale al perseguimento dello scopo comune degli associati
e che perciò non richiede particolari modalità strutturali:
é sufficiente che siano evidenziati e riconoscibili un metodo da
adottare per perpetrare gli illeciti e una distribuzione di compiti fra
gli associati.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/6/1995 N. 101/95
Associazione
per delinquere – ELEMENTO SOGGETTIVO – affectio societatis scelerum.
Nel
reato associativo occorre che l’agente abbia la coscienza e la volontà di
compiere un’atto dell’associazione cioè la c.d. affectio societatis
scelerum, di tal che la commissione di uno o più delitti programmati dall’associazione
non dimostra automaticamente l’adesione alla stessa (cfr. Cassazione Sezione
VI, sent. 10/5/1994 in Cass. pen. 1996, 1124).
Tribunale
di Sanremo, sent. 13/12/2002 n. 541/02
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - ELEMENTO SOGGETTIVO - PROGRAMMA.
Il reato associativo necessita di un programma criminoso dell'associazione
caratterizzato da indeterminatezza che ben può limitarsi all'entità
numerica dei delitti e non estendersi anche alla loro tipologia.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 29/6/1995 N. 102/95
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - CONCORSO DI PERSONE.
Ai fini della partecipazione nel reato associativo occorre un inserimento
stabile nell'organizzazione criminale che può essere escluso nei
confronti di soggetto che abbia partecipato solo ad alcuni dei reati assumendo
un ruolo marginale.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/6/1995 N. 101/95
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - CONCORSO ESTERNO DI PERSONE.
È concorrente esterno colui che non vuol far parte dell’associazione
e che l’associazione non chiama a far parte ma al quale si rivolge sia
per colmare vuoti temporanei in un determinato ruolo sia, soprattutto,
nel momento in cui la fisiologia dell’associazione entra in fibrillazione,
attraversando una fase patologica che, per essere superata, richiede il
contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno,
di tal che si tratta di soggetto che occupa uno spazio proprio nei momenti
di emergenza della vita associativa, che esplica un solo contributo temporaneo,
che è riconducibile a sole situazioni sporadiche e di emergenza
e per il quale è richiesta la conoscenza di una tale situazione (cfr. Cass. Sez. Unite 28.2.1994, Cass. sez. VI 13.6.1997, Cass. sez. I
8.2.1999).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 7/6/1999 N. 182/99
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - DISTINZIONE DAL CONCORSO DI PERSONE.
Sia nel reato associativo sia nel concorso di persone nel reato si
ha un accordo partecipativo dei soggetti: sussiste il concorso se tale
accordo sia delimitato temporalmente, prevedendosi la comune esecuzione
di determinati fatti illeciti già individuati dai compartecipi al
momento del perfezionamento dell'accordo stesso, talché il comune
programma ideativo si esaurisce nel raggiungimento di esso e la fase esecutiva
in quello della perpetrazione dell'ultimo reato programmato. Se invece
é previsto il compimento di una serie indeterminata di fatti illeciti
sussiste l'elemento psicologico del reato associativo.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/6/1995 N. 101/95
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - DISTINZIONE DAL CONCORSO DI PERSONE
NEL REATO CONTINUATO.
Criterio distintivo del delitto di associazione per delinquere rispetto
al concorso di persone nel reato continuato consiste essenzialmente nel
modo di svolgersi dell’accordo criminoso, che, nel concorso di persone
nel reato continuato, avviene in via occasionale ed accidentale, essendo
diretto alla commissione di uno o più reati determinati ispirati
da un medesimo disegno criminoso che tutti li comprenda e preveda, con
la realizzazione del quale tale accordo si esaurisce, facendo così
venir meno ogni motivo di pericolo e di allarme sociale; nell’associazione
per delinquere invece l’accordo criminoso è diretto all’attuazione
di un più vasto programma criminoso, per la commissione di una serie
indeterminata di delitti, con la permanenza di un vincolo associativo tra
i partecipanti, ciascuno dei quali ha la costante consapevolezza di essere
associato all’attuazione del programma criminoso, anche indipendentemente
e al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati,
cosiccè è proprio la permanenza del vincolo associativo tra
più persone legate dal comune fine criminoso che determina pericolo
per l’ordine pubblico ed è la ragione stessa per la configurazione,
quale autonomo titolo di reato, del delitto di associazione per delinquere,
per la cui sussistenza, peraltro, è irrilevante l’eventuale mancata
partecipazione di tutti, o di alcuni degli associati, alla consumazione
dei delitti programmati (nella specie, era emerso che gli imprenditori
coinvolti in reiterati episodi di turbata libertà degli incanti
e truffa si contattavano in occasione di ogni gara per testare la rispettiva
disponibilità alle offerte d’appoggio e talvolta si verificavano
contrapposizioni e tentativi di “fronda”, per il che doveva ritenersi esclusa
l’esistenza di un programma e di vincoli associativi a carattere generalizzato
e permanente).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/3/2001 N. 119/01
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - PROVA.
La prova dell’esistenza dell’associazione per delinquere non può
desumersi dalla sola commissione di fatti criminosi, dovendo invece essere
dimostrata l’esistenza del vincolo associativo.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/3/2001 N. 119/01
ART. 416 BIS C.P.
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - ELEMENTO OGGETTIVO - LEGAME STABILE TRA GLI IMPUTATI.
Ai fini della sussistenza del reato associativo di tipo mafioso, o
anche semplice, occorre uno stabile contatto tra gli imputati per il compimento
di un comune programma delinquenziale che si articoli nella commissione
di un numero indeterminato di reati; non basta, invece, la comune origine
geografica degli imputati, l'esistenza fra di loro di contatti solo episodici
e sporadici, ed il semplice accordo di commettere uno o più affari
lucrosi.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 13/7/1996 N. 109/96
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - ELEMENTO OGGETTIVO - FORZA INTIMIDATRICE DEL VINCOLO ASSOCIATIVO.
La forza intimidatoria dell'associazione per delinquere di tipo mafioso
deve risiedere nella sua stessa capacità di essere percepita all'esterno
quale fattore idoneo a generare paura ed omertà nei consociati condizionandone
l'operato e costringendoli a subire le iniziative espansionistiche nei
più diversi settori economici aggrediti dai partecipi all'organizzazione
criminale. A tal fine é necessario che tale forza intimidatoria
si esplichi nell'ambito territoriale ove gli associati operano.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 17/12/1996 N. 379/96
ART. 444 C.P.
ALIMENTI NOCIVI - ELEMENTO OGGETTIVO - PERICOLO PER L'INCOLUMITÀ PUBBLICA.
La presenza in prodotti ittici di quantitativi di mercurio in misura
lievemente superiore a quanto ammesso dalla normativa ministeriale non
costituisce di per sé pericolo per la salute pubblica, ove sia accertata
la non letalità dei prodotti medesimi.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 18/12/1996
N. 531/96
ART. 449 C.P.
INCENDIO - ELEMENTO OGGETTIVO.
Pur essendo l’incendio di beni di proprietà altrui un reato
di pericolo astratto o presunto é necessario, affinché operi
la presunzione di pericolo per l’incolumità pubblica, che nel fatto
ricorrano elementi specifici che giustifichino tale presunzione, come vaste
proporzioni dell’incendio, violenza e capacità distruttiva, diffusività,
difficoltà di spegnimento.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 14/1/1992 N. 8/92
Si verte in tema di incendio di beni propri ai sensi dell’art. 449
c.p. allorché il fuoco divampi irrefrenabilmente, in vaste proporzioni,
con fiamme che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre
in pericolo l'incolumità di un numero indeterminato di persone (nella
specie, il g.u.p. ha escluso nella fattispecie la sussistenza di un pericolo
del genere non risultando né che il terreno incolto di proprietà
dell'imputato, in cui si erano sviluppate le fiamme, confinasse con abitati
né che il fuoco avesse causato danni a terzi).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/3/1997 N. 46/97
CFR. G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 27/10/1995 N. 254/95
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 5/12/2001 N. 490/01
(nella specie, il Tribunale ha accertato che il fuoco aveva interessato
una superficie di soli 400 mq., non aveva avuto violenza irrefrenabile
ed era stato domato in un quarto d’ora circa)
Incendio
– ELEMENTO sOGGETTIVO.
Al
momento dell’accensione di sterpaglie deve tenersi in debito conto il
verificarsi di folate di vento, specie in periodi dell’anno caratterizzati
da variazioni atmosferiche repentine (cfr. Cassazione 5/4/1995 in Cass. pen.
1997, 59).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 16/4/2003 n.
245/03
INCENDIO - SOGGETTO ATTIVO.
Il direttore dei lavori del committente di opera nel corso dell’esecuzione
della quale, per inosservanza della normativa antincendio, si sviluppi
un incendio rilevante ai sensi dell’art. 449 c.p., non risponde di tale
reato, non avendo un obbligo giuridico ex art. 40 cpv. c.p. di intervenire
di fronte alle deficienze organizzative dell’appaltatore che incidano sulla
prevenzione degli incendi.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 4/5/1992 N. 68/92
INCENDIO - DISTINZIONE TRA INCENDIO DI COSA ALTRUI E INCENDIO DI COSA
PROPRIA.
Il reato di incendio sussiste in caso di vastità delle proporzioni
delle fiamme, di diffusività delle stesse – ossia della loro tendenza
a progredire ed espandersi – e di difficoltà di spegnimento; e si
distingue nell’incendio di cosa altrui ove il pericolo per l’incolumità
pubblica è presunto iuris et de iure e in quello di cosa propria
ove il pericolo deve essere concreto.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 5/4/2002 N. 202/02
NAUFRAGIO -
ELEMENTO OGGETTIVO.
Pur essendo il naufragio di nave di proprietà altrui un reato
di pericolo astratto o presunto é necessario, affinché operi
la presunzione di pericolo per l’incolumità pubblica, che nel fatto
ricorrano elementi specifici che giustifichino tale presunzione e quindi,
in primo luogo, che il fatto stesso riguardi un numero indeterminato di
persone (nella specie la presunzione é stata ritenuta inapplicabile
in quanto il naufragio riguardò una barca a vela nel corso di una
regata, avvenne in un tratto libero di mare in prossimità alle banchine
del
porto e in momento in cui il mare era in normali condizioni, e riguardò
solo le persone imbarcate che erano tutti velisti agonisti e che ebbero
il tempo di lasciare la barca senza difficoltà).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 14/1/1992 N. 8/92
Si verte in tema di naufragio di nave propria ai sensi dell’art. 449
c.p. solo allorché risulti sussistere un effettivo pericolo per
l’incolumità pubblica.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 16/1/1992 N. 10/92
crollo
– distinzione dalla
rovina di edifici.
Non
sussiste il reato di cui all’art. 676 c.p. (rovina di edifici o altre
costruzioni) ma quello di cui all’art. 449 c.p. (disastro) quando l’evento
verificatosi presenti, per dimensioni e conseguenze prodotte, tutte le
caratteristiche del crollo.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 16/10/2002 n.
425/02
ART. 455 C.P.
FALSIFICAZIONE DI MONETE - DETENZIONE - OFFENSIVITA'.
Deve essere esclusa la rilevanza penale del falso grossolano, da intendersi
quale azione inidonea unicamente nel caso in cui sia così evidente
da escludere la possibilità e non solo la probabilità dell’inganno,
essendo il falso riconoscibile prima facie da qualsiasi persona di comune
discernimento: cfr. Cassazione Sezione I 21/5/1983 n. 4687; Cassazione
Sezione V 18/1/1983 n. 342; Cassazione Sezione V 27/3/1992 n. 3672 (nella
specie le banconote sequestrate apparivano manifestamente contraffatte
alla vista per essere di carta trasparente quasi traslucida, prive di filigrana
e con disegni imprecisi).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 3/11/1998 N. 314/98
FALSIFICAZIONE DI MONETE - DETENZIONE - ELEMENTO SOGGETTIVO.
La mera detenzione di banconote contraffatte non vale ad integrare
gli estremi del reato di cui all'art. 455 c.p. non essendo dimostrato in
base alla mera detenzione il dolo specifico del delitto in questione cioé
il fine di mettere le banconote falsificate in circolazione.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 13/2/1996 N. 34/96
FALSIFICAZIONE DI MONETE - ESIBIZIONE - ELEMENTO SOGGETTIVO.
La mera esibizione di banconote contraffatte non vale a provare la
sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 455 c.p.
non essendo dimostrata in base alla mera esibizione il dolo generico del
delitto in questione cioé la consapevolezza da parte dell'agente
in ordine alla falsità delle banconote in questione.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 13/5/1997 N. 100/97
CFR. G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 6/6/1997 N. 131/97
CFR. G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 12/6/2001 N. 381/01
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 27/2/2002 N. 120/02
Falsificazione
di monete – concorso con la truffa.
Le
norme di cui agli artt. 455 e 640 c.p. tutelano beni giuridici diversi: la
prima attiene alla regolare circolazione monetaria e dunque all’autorità e
alla credibilità degli interessi patrimoniali e finanziari degli istituti di
emissione; la seconda invece afferisce al patrimonio del privato, punendo le
defraudazioni e gli inganni altrui, talchè per le predette ipotesi criminose
ben può esservi un concorso formale (cfr. Cassazione Sezione I, sent.
7/7/1981 n. 6713).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di ventimiglia, sent. 26/2/2003 n.
110/03
ART. 468 C.P.
CONTRAFFAZIONE DI SIGILLI – CASISTICA - PUNZONI PER IL TITOLO DELL’ORO O DELL’ARGENTO.
La contraffazione dei punzoni impiegati per imprimere il titolo dell’oro
o dell’argento su oggetti destinati alla vendita, in quanto preposti per
una certificazione di carattere pubblico, integra la figura criminosa di
cui all’art. 468 comma 2 c.p.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 24/9/1998 N. 272/98
CONTRAFFAZIONE DI SIGILLI - CASISTICA - TARGA E CARTA DI CIRCOLAZIONE.
Le contraffazioni della carta di circolazione, della targa automobilistica,
del certificato di assicurazione obbligatoria e del relativo contrassegno
costituiscono contraffazione di certificati amministrativi.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 8/2/1996 N. 32/96
CONTRAFFAZIONE DI SIGILLI - DIFFERENZA DALLA CONTRAFFAZIONE DI IMPRONTE.
L’uso di strumenti idonei a realizzare una riproduzione in serie di
impronte distingue la fattispecie di cui all’art. 468 c.p. da quella di
cui all’art. 469 c.p., che punisce la riproduzione artigianale di impronte
false mediante strumenti idonei alla formazione di un’impronta unica.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 11/10/2000 N. 148/00
Ai fini della sussistenza del delitto di falsità in sigilli
previsto dall’art. 468 c.p. occorre che l’impronta provenga da sigillo
contraffatto, in difetto di che sussiste solo il delitto previsto dall’art.
469 c.p.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 1/10/1991 N. 232/91
contraffazione
di sigilli – concorso con la contraffazione di certificati amministrativi.
Qualora
un soggetto abbia commissionato a terzi la contraffazione di una patente di
guida ed abbia all’uopo fornito la propria fotografia da applicare al posto
di quella dell’intestatario del documento risponde sia di concorso nella
falsificazione materiale della patente (art. 477-482 c.p.) sia di concorso
nella contraffazione del timbro della prefettura apposto sul documento al fine
di renderlo più verosimile (art. 468 c.p.): cfr. Cassazione Sezione VI, sent.
7/7/1987 n. 8101.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 22/1/2003 n.
31/03
USO DI SIGILLI CONTRAFFATTI - CONCORSO CON LA CONTRAFFAZIONE
DI CERTIFICATI AMMINISTRATIVI.
Nel caso di contraffazione di procura notarile formata mediante l'uso
di sigillo contraffatto riferito a notaio inesistente, il reato di uso
di sigilli contraffatti punito dall'art. 468 c.p. ben può concorrere
con quello di contraffazione di certificati amministrativi.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 7/11/1996 N. 334/96
ART. 469 C.P.
CONTRAFFAZIONE DI IMPRONTE - DIFFERENZA DALLA CONTRAFFAZIONE DI
SIGILLI.
L’uso di strumenti idonei a realizzare una riproduzione in serie di
impronte distingue la fattispecie di cui all’art. 468 c.p. da quella di
cui all’art. 469 c.p., che punisce la riproduzione artigianale di impronte
false mediante strumenti idonei alla formazione di un’impronta unica.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 11/10/2000 N. 148/00
Ai fini della sussistenza del delitto di falsità in sigilli
previsto dall’art. 468 c.p. occorre che l’impronta provenga da sigillo
contraffatto, in difetto di che sussiste solo il delitto previsto dall’art.
469 c.p.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 1/10/1991 N. 232/91
ART. 470 C.P.
VENDITA DI COSE CON IMPRONTE CONTRAFFATTE – CONCORSO CON LA RICETTAZIONE.
Tra i reati di cui all’art. 648 c.p. e quelli di cui all’art. 470 c.p.
non esiste un rapporto di specialità in quanto tra le due figure
criminose non è dato rinvenire alcun elemento in comune: né
l’obiettività giuridica, essendo il reato di cui all’art. 470 c.p.
diretto a tutelare la pubblica fede e non il patrimonio, come la ricettazione,
né l’elemento materiale, in quanto l’aver detenuto per vendere l’oggetto
contraffatto è comportamento successivo e comunque dotato di una
propria autonomia rispetto alla ricettazione – ancorchè necessaria
– della merce di origine delittuosa (cfr. Cassazione Sezione II, sent.
2/12/1996 n. 10297).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 24/9/1998 N. 272/98
ART. 473 C.P.
CONTRAFFAZIONE DI MARCHI - ELEMENTO OGGETTIVO.
In relazione alla contestata violazione dell’art. 473 c.p. il giudice
deve considerare che il marchio non svolge la sua funzione distintiva in
maniera illimitata quando esiste una notevole distanza merceologica tra
il prodotto fabbricato dal titolare del marchio e quello introdotto sul
mercato dall’imputato oppure quando il titolare del marchio usi lo stesso
per un prodotto solo, tenuto conto che il legislatore con il D.L. 4/12/1992
n. 480, che ha modificato l’art. 1 R.D. 21/6/1942 n. 999, ha limitato la
tutela dei marchi con segno identico o simile solo “se a causa dell’identità
o somiglianza e dell’identità od affinità dei prodotti o
servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico” (nella
specie il giudice ha ritenuto che non vi fosse confusione tra i prodotti
con marchio originale e quelli dell’imputato in considerazione della scarsa
qualità di questi ultimi nonché del difetto di prova sull’estensione
dell’impiego del marchio originale ai medesimi).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 22/10/2001 N. 377/01
CONTRAFFAZIONE DI MARCHI - PENA.
Rimangono dubbi sulla ragionevolezza del trattamento sanzionatorio
riservato al contraffattore-venditore o a colui che concorre con questi
concordando preventivamente la messa in commercio per parte sua degli oggetti
da fabbricarsi rispetto a chi, senza aver ciò preventivamente concertato,
si limiti a porre in vendita gli oggetti contraffatti, poiché i
primi sono puniti con le pene previste solo dall'art. 473 c.p. mentre i
secondi con quelle previste sia dall'art. 474 c.p. sia dall'art. 648 c.p.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 11/2/1997
N. 79/97
CONTRAFFAZIONE DI MARCHI -
RAPPORTO CON LA RICETTAZIONE.
L’apposizione di un
segno contraffatto su un bene, fattispecie delittuosa ai sensi dell’art. 473
c.p., funge da fonte rispetto alla cosa così realizzata, di tal che l’apprensione
di quest'ultima, in quanto entità con segni o marchi contraffatti, è, in
astratto, riconducibile alla ricettazione.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 31/5/2002 n. 300/02
Nel caso di inoffensività del fatto astrattamente sussumibile
nell’art. 474 c.p. per difetto di lesione della fede pubblica, non essendovi
lesione dell’affidamento dei cittadini sugli indicatori di provenienza
del prodotto, deve ritenersi inoffensiva anche l’attività di contraffazione
perché deve presumersi che tale attività sia proiettata verso
lo stesso mercato del falso cui si rivolge l’attività di messa in
vendita (nella specie, il giudice ha chiarito che laddove non sussista
il reato di cui all’art. 473 c.p. per le anzidette ragioni non sussiste
neppure la ricettazione, per difetto della sussistenza del reato presupposto).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 1/10/2001
N. 319/01
Contraffazione
di marchi – RAPPORTO CON il reato di cui alL’art. 474 c.p.
Colui
che fabbrica o concorre nella fabbricazione di segni distintivi che
successivamente ponga in vendita risponde del solo art. 473 c.p. (cfr.
Cassazione 18/5/1976 in Cass. pen. 1978, 35).
Pretore
di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 15/12/1992 n. 302/92
ART. 474 C.P.
DETENZIONE PER VENDERE MERCE CON MARCHIO CONTRAFFATTO - ELEMENTO
OGGETTIVO.
Le
previsioni di cui agli artt. 473 e 474 c.p. - al pari di quelle da cui
discendono, ossia gli artt. 296 e 297 del codice penale del 1889, a loro volta
derivati dall’art. 394 del codice penale sardo-italiano del 1859 e dalle
leggi speciali - dettano una tutela della pubblica fede in quanto richiamata
da quei mezzi simbolici o reali di pubblico riconoscimento, che servono a
contraddistinguere e a garantire la circolazione dei prodotti intellettuali o
industriali., talchè il bene giuridico protetto da tali norme incriminatrice
è esclusivamente la pubblica fede.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 30/5/2003 n.
334/03
La contraffazione del marchio non sussiste nel caso in cui il modello
di confezionamento del bene detenuto abbia uno stile simile a quello di
un prodotto con marchio protetto, non essendo preclusa l’imitazione ove
questa sia attuata senza plagio di marchi o segni distintivi protetti (nella
specie, la detenzione riguardava borse confezionate con uno stile simile
a quello di una nota casa di produzione ma recanti la dicitura “Altamoda”
e non già la denominazione di tale casa).
TRIBUNALE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 17/5/2000
N. 86/00
In
caso di mancato accertamento in ordine all’esistenza e alla registrazione di
un marchio viene meno il presupposto della tutela penale dettata dall’art.
474 c.p.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 23/10/2002 n.
453/02
L’art.
474 c.p. non richiede la dimostrazione che l’agente abbia posto in essere
concrete trattative per la vendita delle cose contraffatte o alterate, essendo
sufficiente che dalle circostanze del fatto il giudice abbia tratto la
convinzione logica che gli oggetti detenuti fossero destinati alla vendita (cfr.
Cassazione 15/3/1978).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 26/3/2003 n.
182/03
DETENZIONE PER VENDERE MERCE CON MARCHIO CONTRAFFATTO – ELEMENTO
SOGGETTIVO.
Il dolo specifico del reato di cui all’art. 474 c.p., consistente nella
volontà di destinare alla vendita la merce contraffatta, si può
desumere dalla natura e dal numero degli articoli detenuti nonché
dall’esposizione della merce, perché tali elementi consentono di
escludere la destinazione della merce all’uso personale.
TRIBUNALE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 22/12/2000
N. 290/00
DETENZIONE PER VENDERE MERCE CON MARCHIO CONTRAFFATTO - OFFENSIVITÀ.
In tema di commercio di prodotti aventi marchi o segni distintivi contraffatti
o alterati il reato di cui all'art. 474 c.p.è configurabile qualora
la falsificazione, anche imperfetta e parziale, sia idonea a trarre in
inganno i terzi, ingenerando errore circa l'origine e la provenienza del
prodotto e, quindi, confusione tra contrassegno e prodotto originali e
quelli non autentici. La contraffazione grossolana non punibile è
soltanto quella che è riconoscibile ictu oculi, senza necessità
di particolari indagini, e che si concreta in una imitazione così
ostentata e macroscopica per il grado di incompiutezza da non poter ingannare
nessuno (Cassazione Sezione V, sent. 16/3/2000 n. 3336).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 1/10/2001
N. 319/01
Un marchio contraffatto può trarre in inganno un compratore,
così da integrare, in caso di vendita della merce, il reato di cui
all'art. 474 c.p. solo se la provenienza prestigiosa del prodotto costituisce
l'unico elemento qualificatore o comunque quello prevalente per determinare
nell'acquirente di media esperienza la volontà di acquistare il
prodotto stesso. Qualora viceversa altri elementi del prodotto, quali l'evidente
scarsità qualitativa del medesimo o il suo prezzo eccessivamente
basso rispetto al prezzo comune di mercato, siano rivelatori agli occhi
di un acquirente di media esperienza del fatto che il prodotto non può
provenire dalla ditta di cui reca il marchio, la contraffazione di quest'ultimo
cessa di rappresentare un fattore sviante della libera determinazione del
compratore (cfr. Cassazione Sezione V, sent. 23/2/2000 n. 2119).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 1/10/2001
N. 319/01
In caso di detenzione per vendere o vendita di oggetti con marchio
contraffatto da parte di extracomunitari con le modalità del commercio
ambulante occorre distinguere l’ipotesi in cui siano venduti beni di semplice
realizzazione e di esiguo valore, come tali facilmente confondibili con
gli originali che, comunque, sono destinati ad un consumo di massa, dalle
imitazioni, vili e dozzinali, di beni di lusso cui è coessenziale
la destinazione ad una clientela selezionata che non si mescola con quella
interessata all’acquisto delle imitazioni, perché in tale ultima
ipotesi non vi è lesione della fede pubblica non essendovi lesione
dell’affidamento dei cittadini sugli indicatori di provenienza (nella specie,
il Tribunale ha evidenziato che il compratore è consapevole di acquistare
un falso, che anzi è proprio quello che cerca).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 1/10/2001
N. 319/01
In caso di detenzione per vendere o vendita di oggetti con marchio
contraffatto da parte di extracomunitari con le modalità del commercio
ambulante, non può affermarsi la inoffensività del fatto
sol perché l'acquirente di strada normalmente sia consapevole di
comprare un bene contraffatto ed anzi miri proprio a ciò, per ottenere
con poca spesa un oggetto apparentemente di prestigio, in quanto anzitutto
è ben possibile l’insorgere di equivoci per la particolare sprovvedutezza
dell'acquirente, per le modalità di vendita o per il non elevato
valore intrinseco del bene (ad esempio, cinture con marchio falso esposte
su di un bancone, nell'ambito di un mercato annonario controllato dalla
polizia), è comunque probabile l’inganno di coloro che vengano successivamente
in possesso del bene ed infine è certa l’offesa al diritto del titolare
del marchio ed alla correttezza del mercato.
G.I.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 4/10/2001
N. 493/01
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 21/1/2002 N. 43/02
In caso di detenzione per vendere o vendita di beni apparentemente
di lusso con marchio contraffatto da parte di cittadini extracomunitari
per strada, il produttore non può lamentare né un danno diretto
da sottrazione o sviamento di clientela, ipotizzabile solo ove il bene
sia venduto come autentico in un comune esercizio commerciale, al prezzo
di listino, o magari ad un prezzo leggermente inferiore per catturare qualche
cliente in più, nè una lesione dell'immagine commerciale
del prodotto, che anzi può esaltarsi proprio nel momento in cui
riesce a suscitare il falso; può solo ipotizzarsi che col tempo
la diffusione del falso volgarizzi il prodotto autentico e lo privi del
suo connotato di distinzione, ciò che tuttavia costituisce un mero
danno mediato.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 1/10/2001
N. 319/01
L'art. 474 c.p. è reato plurioffensivo, perché tutela
non solo la pubblica fede, sebbene ciò avvenga in via primaria,
ma anche il patrimonio, e precisamente il monopolio sull'opera o sul marchio.
G.I.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 4/10/2001
N. 493/01
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 21/1/2002 N. 43/02
DETENZIONE PER VENDERE MERCE CON MARCHIO CONTRAFFATTO - CONCORSO
CON IL REATO DI CUI ALL'ART. 648 C.P.
Il reato di ricettazione concorre con quello di cui all'art. 474 c.p.
non essendovi concorso apparente delle norme incriminatrici per ragioni
formali e sostanziali perché non sussiste un rapporto di genere
a specie tra le fattispecie astratte di cui agli artt. 648 e 474 c.p. (essendo
nettamente distinti i comportamenti contemplati da tali norme dal punto
di vista della cronologia, da quello dell'elemento materiale, da quello
dell'elemento soggettivo nonché da quello dei beni giuridici offesi).
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 15/3/1994
N. 80/94
CFR. PRETORE DI SANREMO, SENT. 4/11/1996 N. 444/96
In tema di concorso tra il reato di ricettazione e quello di introduzione
nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, qualora si detenga
una cosa senza averla ricevuta in malafede, si risponderà, se sussiste
il dolo specifico (di destinazione alla vendita), del solo reato di cui
all'art. 474 c.p.; qualora, invece, si riceva una cosa in malafede, con
la consapevolezza cioè della provenienza delittuosa, sempre in presenza
della volontà di destinare i beni alla vendita, troveranno applicazione
gli art. 474 e 648 c.p.
PRETURA DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 17/3/1997
IN RIV. PEN. 1997, 506 (NOTA DELL’AVV. FASCE)
Il reato di ricettazione concorre con quello di cui all'art. 474 c.p.
perché i due delitti non presentano elementi in comune, differenziandosi
sensibilmente: 1) quanto all'elemento soggettivo, consistente nella cosciente
volontà di ricevere, al fine di procurare a sé o ad altri
un ingiusto profitto, danaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto
(ricettazione), ovvero di detenere, porre in vendita e immettere in circolazione
prodotti con marchi e segni contraffatti (art. 474 c.p.); 2) quanto all’oggettività
giuridica, che nella ricettazione è la tutela del patrimonio e nel
reato ex art. 474 c.p. della fede pubblica (quantomeno in via primaria);
3) quanto agli scopi, posto che il legislatore mira ad impedire con l'art.
648 c.p. la circolazione di cose provenienti da reato e con l'art. 474
c.p. gli abusi della pubblica fede.
G.I.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 4/10/2001
N. 493/01
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 21/1/2002 N. 43/02
Il
reato di ricettazione concorre con quello di cui all'art. 474 c.p. in caso di
ricevimento e di detenzione per vendere prodotti con marchio contraffatto,
essendo ininfluente che il prodotto sia venduto a prezzi bassi rispetto a
quelli degli originali perché il pubblico può ritenere che la merce sia
originale in quanto di buona fattura e i prezzi bassi siano dovuti all’illecita
provenienza, in ipotesi furtiva (nella specie la merce risultava messa in
vendita a prezzi inferiori di 10-20 volte rispetto agli originali).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 24/2/2003 n. 57/03
Il concorso materiale dei reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. in
tema di contraffazione di marchi industriali non dà luogo ad un'irragionevole
maggior tutela di beni di minor rilevanza rispetto all'ipotesi di contraffazione
di monete o valori bollati, in cui il concorso materiale con il delitto
di ricettazione é escluso, perché la contraffazione di questi
ultimi non fa scemare in misura rilevante il valore degli originali mentre
la contraffazione dei marchi conduce alla volgarizzazione degli stessi
ed al rischio di perdita di clientela per il titolare (nella motivazione il
giudice ha peraltro evidenziato che rimangono dubbi sulla ragionevolezza del trattamento sanzionatorio
riservato al contraffattore-venditore o a colui che concorre con questi
concordando preventivamente la messa in commercio per parte sua degli oggetti
da fabbricarsi rispetto a chi, senza aver ciò preventivamente concertato,
si limiti a porre in vendita gli oggetti contraffatti, poiché i
primi sono puniti con le pene previste solo dall'art. 473 c.p. mentre i
secondi con quelle previste sia dall'art. 474 c.p. sia dall'art. 648 c.p.).
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 11/2/1997
N. 79/97
L’art.
474 c.p., incriminando colui che "detiene ... per la vendita marchi o
segni ... contraffatti", e quindi provenienti da delitto (quello di cui
all’art. 473 c.p.), deve essere considerata norma speciale ai sensi dell’art.
15 c.p., rispetto all’ipotesi prevista dall’art. 648 c.p. che punisce
"colui che acquista o riceve ... cose provenienti da delitto".
Pretore
di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 15/12/1992 n. 302/92
ART. 476 C.P.
FALSITÀ MATERIALE - ELEMENTO OGGETTIVO.
Il
concetto di atto pubblico agli effetti della legge penale è più ampio di
quello desumibile dall’art. 2699 c.c. dovendo rientrare in detta nozione
anche l’atto formato dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato nell’esercizio
delle sue funzioni per uno scopo diverso da quello di conferire pubblica fede,
purchè avente l’attitudine di assumere rilevanza giuridica e/o valore
probatorio interno alla pubblica amministrazione, talchè hanno rilievo anche
gli atti interni e quelli preparatori di una fattispecie documentale complessa
(cfr. Cassazione Sezione V, sent. 13/8/1998 n. 9358).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 17/2/2003 n. 50/03
Il "foglio di presenza mensile" di una scuola comunale, cioé
il modulo attraverso cui sono rilevate le presenze e l’orario di servizio
del personale dell’istituto a fini retributivi e di controllo delle prestazioni
lavorative, compilati dai dipendenti stessi e trasmessi in comune a fine
mese previa sottoscrizione "per conferma" da parte della direzione didattica,
hanno funzione non dissimile dai cartellini-orario installati in molti
uffici pubblici, la cui caratteristica di atto pubblico non può
essere contestata solo perché fino alla fine del mese rimangono
presso la sede di servizio effettivo del dipendente (il tribunale ha infatti
ritenuto che ogni attestazione di servizio ivi registrata assuma il valore
di certificazione dell’effettuazione della prestazione lavorativa, mediante
indicazione dell’orario di inizio e fine del turno di servizio).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 22/10/1998 N. 302
Il
bollettino di versamento in conto corrente postale costituisce un unitario
atto pubblico, talchè è atto pubblico anche il tagliando che viene
rilasciato al privato per ricevuta (cfr. Cassazione Sezione V, sent. 10/3/1983
n. 1987).
Tribunale
MONOCRATICO di Sanremo SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, sent. 3/10/2003 n.
499/03
FALSITÀ MATERIALE - ELEMENTO SOGGETTIVO.
Per la prevalente giurisprudenza nel reato di falsità materiale il dolo
richiesto dalla norma incriminatrice é generico consistendo nella mera
coscienza e volontà della immutatio veri. Tuttavia tale principio può
condurre a risultati inaccettabili sul piano delle conseguenze applicative,
sicché deve escludersene l'applicazione nelle situazioni in cui é chiaro che
l'intento dell'agente non é lesivo o addirittura tende ad un fine di
giustizia. In ogni caso deve escludersi il dolo generico ove l'operato
dell'agente sia improntato più a leggerezza che ad una vera e propria
volontà di immutare il vero.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 31/3/1998 N. 92/98
Per integrare la fattispecie della falsità non basta la contraffazione dell’atto
ma va anche accertato il dolo in capo all’agente che, benché generico, non
può essere individuato o essere desunto dalla sola materialità del fatto
occorrendo verificare se il comportamento dell’agente sia dipeso da
leggerezza o negligenza o se invece le modalità della condotta indichino una
consapevolezza di immutare il vero creando un atto falso: a tale fine giova
valutare lo scopo che l’agente si propone di perseguire quale indice
sintomatico della sua volontà.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 22/10/1998 N. 302/98
L’elemento soggettivo del delitto di falso in atto pubblico non inest in
re ipsa, dovendo essere provato rigorosamente e dovendo essere escluso ove la
falsità risulti essere oltre o contro l’intenzione dell’agente, come
quando risulti dovuto semplicemente a negligenza o a leggerezza, non essendo
prevista nel vigente ordinamento la figura del falso documentale colposo
(Cassazione 16/3/1992 n. 2888).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 8/2/1995 N. 40/95
FALSITÀ MATERIALE -
OFFENSIVITA'.
Deve ritenersi il carattere grossolano del falso solo nel caso in cui
questo sia immediatamente riconoscibile da chiunque e non anche quando
sia riscontrabile soltanto da soggetti particolarmente qualificati.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 8/2/1996 N. 31/96
Deve ritenersi il carattere grossolano del falso solo in caso di assoluta
inidoneità dell’azione tale da rendere assolutamente impossibile
l’inganno in una persona di normale intelligenza e diligenza (nella specie
non è stata ravvisata la grossolanità del falso nella falsificazione
di una patente di guida che risultava priva della data di rilascio e di
scadenza).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 10/2/1999 N. 24/99
Può
sussistere il delitto di falsità anche in relazione ad un atto mancante della
sottoscrizione in quanto sia comunque possibile l’identificazione del
soggetto da cui l’atto medesimo proviene (cfr. Cassazione Sezione V, sent.
7/11/1997 in Riv. Pen. 1998, 159).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 21/10/2002 n. 440/02
FALSITÀ MATERIALE – DIFFERENZE DALLA FALSITÀ
IDEOLOGICA.
Si ha falsità materiale e non ideologica quando, pur non essendovi
divergenza tra autore apparente e autore reale, la falsità investa
l’intero atto nella sua realtà fenomenica, nel senso che si faccia
apparire come venuto ad esistenza un atto che, in realtà, non sia
mai stato formato (cfr. Cassazione 20/7/1984 n. 6754).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 30/11/2000 N. 355/00
ART. 477 C.P.
FALSITÀ MATERIALE – ELEMENTO OGGETTIVO - CASISTICA - CERTIFICATO AMMINISTRATIVO.
Costituiscono certificati amministrativi gli atti contenenti una mera
attestazione di verità o di scienza, privi di contenuto negoziale
e svincolati dal compimento di attività direttamente effettuate
o percepite dal pubblico ufficiale (nella specie, il giudice ha considerato
certificato amministrativo un permesso di soggiorno).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 11/10/2000 N. 148/00
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 23/10/2000 N. 180/00
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 18/5/2001 N. 186/01
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 3/12/2001 N. 403/01
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 27/3/2001 N. 90/01
(in relazione alla natura di certificato amministrativo di una
carta di identità)
CFR. TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 3/12/2001 N. 400/01
(in relazione alla natura di certificato amministrativo di una
patente di guida)
FALSITÀ MATERIALE – ELEMENTO OGGETTIVO - CASISTICA - RIPRODUZIONE FOTOSTATICA
DI CERTIFICATO AMMINISTRATIVO.
Non sussiste alcun divieto di riproduzione fotostatica di certificazioni
amministrative e, nel caso in cui la riproduzione abbia luogo senza l’attestazione
del pubblico ufficiale in ordine alla corrispondenza della copia all’originale,
non sussistono gli estremi del reato di cui all’art. 477 c.p. (cfr. Cassazione
Sezione V, sent. 7/8/1996).
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 21/1/1997
N. 18/97
FALSITÀ MATERIALE – CONCORSO DI PERSONE.
La responsabilità penale per il reato di contraffazione di carte
di identità e di apposizione e uso di sigillo contraffatto del comune
emittente sussiste anche nell’ipotesi in cui la falsificazione sia stata
materialmente commessa da altri, in quanto l’agente ne è comunque
promotore attraverso la fornitura al falsificatore delle proprie generalità
e della propria fotografia, e attraverso la richiesta dell’apposizione
del sigillo falso su documento di identità da utilizzare per superare
i controlli di frontiera.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 25/10/1990 N. 327/90
ART. 479 C.P.
FALSITÀ IDEOLOGICA - ELEMENTO OGGETTIVO.
In tema di falsità ideologica in atto pubblico anche un giudizio
di valore, al pari di un enunciato di fatto, può essere falso, ciò
che avviene allorchè il giudizio sia operato nell’ambito di contesti
che implicano accettazione di parametri valutativi normativamente determinati
o tecnicamente indiscussi e provengano da soggetti cui la legge riconosce
una determinata perizia, talchè il giudizio, siccome fondato su
criteri predeterminati, rappresenta la realtà in modo analogo alla
descrizione o alla constatazione (cfr. Cassazione Sezione V, sent. 12/9/2000
n. 9618 in Guida al diritto n. 41/00).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 4/3/2002 N. 138/02
FALSITÀ IDEOLOGICA - ELEMENTO SOGGETTIVO.
Il dolo del delitto di falsità ideologica in autorizzazioni
sanitarie deve essere escluso ogni volta che la falsità risulti
oltre o contro l'intenzione dell'agente, come quando risulti dovuta a mera
leggerezza o negligenza di costui.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 3/6/1993 N. 36/93
Il dolo del delitto di falsità ideologica in autorizzazioni
sanitarie deve essere escluso ogni volta che la falsità risulti
oltre o contro l'intenzione dell'agente, come quando risulti dovuta a mera
leggerezza o negligenza di costui, posto che il sistema vigente ignora
del tutto la figura del falso documentale colposo. Del resto ritenere implicito
il dolo generico nella mera materialità del fatto porterebbe a conseguenze
aberranti e, spesso, a condanne manifestamente ingiuste.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 18/2/1997 N. 21/97
Per integrare il reato di falso ideologico non basta la materialità
della condotta ritenendosi il dolo, quale coscienza e volontà dell'immutatio
veri, desumibile da essa, al contrario occorrendo accertare la concreta
sussistenza dell'elemento soggettivo, ricostruendo la volontà dell’agente
dall'insieme dei comportamenti che ne hanno caratterizzato l'azione (nella
specie la mancata timbratura del cartellino orario é stata ritenuta
espressione di negligenza o leggerezza da parte dell'imputato, non uso
ad attribuire particolare importanza alla rilevazione dell'orario di permanenza
in ospedale, presumibilmente perché abituato a prestare servizio
secondo le effettive esigenze del reparto).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 23/2/1995 N. 41/95
L’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 479 c.p. consiste nel
dolo generico, cioè nella consapevolezza della falsa attestazione,
non essendo richiesto né un animus decipiendi né un animus
nocendi ed essendo quindi irrilevante che l’agente agisca senza intenzioni
fraudolente ovvero con l’intima persuasione di non produrre nocumento alcuno.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 5/10/2000 N. 294/00
FALSITÀ IDEOLOGICA - OFFENSIVITA'.
La falsa attestazione su libretti sanitari di dipendenti di bar e ristoranti
del regolare espletamento delle analisi prescritte per il loro rilascio
non è mai inoffensiva essendo sempre potenzialmente idonea ad arrecare
gravi danni per il pericolo di affezione da malattia contagiosa da parte
dei dipendenti medesimi (nella specie, il medico imputato aveva sostenuto
inutilmente a propria difesa di essere stato comunque a conoscenza del
buono stato di salute dei dipendenti).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 9/12/1996 N. 255/96
FALSITÀ IDEOLOGICA - CASISTICA.
In tema di falsità ideologica in atto pubblico anche un giudizio
di valore, al pari di un enunciato di fatto, può essere falso, ciò
che avviene allorchè il giudizio sia operato nell’ambito di contesti
che implicano accettazione di parametri valutativi normativamente determinati
o tecnicamente indiscussi e provengano da soggetti cui la legge riconosce
una determinata perizia, talchè il giudizio, siccome fondato su
criteri predeterminati, rappresenta la realtà in modo analogo alla
descrizione o alla constatazione (nella specie, all’imputato, funzionario
di un ente locale, era ascritto di non essersi attenuto, nel redigere una
graduatoria riguardante il personale dell’ente e nel valutare i titoli
dei candidati, ai criteri determinati da un accordo per la mobilità
interna del personale in attuazione all’art. 10 D.P.R. 347/83).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 4/3/2002 N. 138/02
In tema di falsità ideologica in atto pubblico anche un giudizio
di valore, al pari di un enunciato di fatto, può essere falso, laddove
contraddica criteri indiscussi o indiscutibili e sia fondato su premesse
contenenti false attestazioni, come nel caso di diagnosi o di valutazioni
compiute dal medico.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 4/3/2002 N. 138/02
Art.
481 c.p.
falsità
ideologica – esercente un servizio di pubblica necessità - progettista.
Il
progettista che assevera la conformità agli strumento urbanistici delle opere
realizzate assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica
utilità ex art. 359 c.p. e quindi la falsità della relazione tecnica
allegata alla denuncia di inizio lavori in ordine all’assenza di vincoli
integra il reato di cui all’art. 481 c.p.
Tribunale
di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 11/2/2002 n. 105/02
ART. 482 C.P.
FALSITÀ MATERIALE - OFFENSIVITA'.
Deve ritenersi il carattere grossolano del falso nel caso in cui questo
sia immediatamente riconoscibile da chiunque (nella specie il documento
contraffatto, costituito da un permesso di soggiorno, presentava grossolani
errori di ortografia ed un sigillo dell’Ufficio stranieri privo dello stemma
della repubblica italiana).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 7/5/1992 N. 72/92
FALSITÀ MATERIALE - CASISTICA.
In caso di imputato sedicente, non sottoposto ad alcun accertamento
fotosegnaletico o fotodattiloscopico, é impossibile avere certezza
dell'identità reale della persona trovata in possesso di documento
contraffatto, nella specie passaporto estero, e quindi sedicente, di tal
che si impone l'assoluzione dell'imputato per non avere commesso il fatto.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 21/1/1997
N. 18/97
ART. 483 C.P.
FALSITÀ IDEOLOGICA - ELEMENTO OGGETTIVO – USO DELL’ATTO FALSO.
L’uso dell’atto falso non è necessario ai fini del perfezionamento
del reato di falso, potendo integrare la condotta di un reato ulteriore,
quale ad esempio la truffa (Cassazione Sezione V, sent. 29/7/1997 n. 7531).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/4/2000 N. 104/00
FALSITÀ IDEOLOGICA - ELEMENTO OGGETTIVO – CASISTICA.
La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art.
4 L. 15/68 è pacificamente atto pubblico.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/4/2000 N. 104/00
In caso di false attestazioni a funzionario comunale l’omissione dell’ammonimento
di quest’ultimo al dichiarante, che costituisce una mera formalità
estrinseca e non già un requisito di validità dell’atto,
non fa venir meno il reato di cui all’art. 483 c.p.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/4/2000 N. 104/00
La
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi della L. 15/68, la
cui falsità rileva ai sensi dell’art. 483 c.p., può attenere, oltre che a
stati e qualità personali, ai quali si riferisce l’art. 2, anche a fatti,
cioè a ogni situazione concreta ed obiettiva attinente a persone o a beni, di
cui il dichiarante affermi di essere direttamente a conoscenza, poiché l’ambito
di operatività previsto dall’art. 4 è più ampio di quello previsto dall’art.
2 (cfr. Cassazione Sezione V, sent. 20/12/1996 n. 10877).
Tribunale
di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 5/3/2003 n. 131/03
Nella
falsa denuncia di smarrimento di un assegno è ravvisabile una falsità
ideologica commessa da privato in atto pubblico, punibile ai sensi dell’art.
483 c.p.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 28/6/2002 n. 336/02
Nella
falsa denuncia di smarrimento di una patente di guida è ravvisabile una
falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, punibile ai sensi
dell’art. 483 c.p., attesa la rilevanza normativa della denuncia ai fini del
rilascio sia di un permesso di guida provvisorio (cfr. Cassazione Sezione V,
sent. 24/11/2000 n. 4208) sia di un duplicato della patente (cfr. Cassazione
Sezione V, sent. 1/9/1999 n. 10388).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 17/2/2003 n. 50/03
ART. 485 C.P.
FALSITÀ MATERIALE - ELEMENTO SOGGETTIVO.
Il dolo del delitto di falsità materiale in atti privati é
specifico consistendo nel fine di procurare a sé o al altri un vantaggio
e quindi non sussiste nell'ipotesi in cui l'agente falsifichi la sottoscrizione
della persona offesa in uno dei moduli in cui si articola il rapporto negoziale
tra agente e persona offesa, da considerarsi costituito nella sua integralità
a seguito della sottoscrizione degli altri moduli da parte della stessa
persona offesa, laddove scopo della falsificazione della sottoscrizione
sia soltanto l'esigenza di sistemare la modulistica rimasta formalmente
incompleta.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 15/6/1998 N. 173/98
Art.
486 c.p.
Falsità
materiale - casistica.
Sussiste
il reato di falsità di foglio firmato in bianco, punibile ai sensi dell’art.
486 c.p., in caso di riempimento abusivo di un assegno bancario, utilizzato
dall’emittente come strumento di credito e messo all’incasso dal
prenditore prima della data convenuta.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 28/6/2002 n. 336/02
ART. 490 C.P.
OCCULTAMENTO DI ATTI VERI -
ELEMENTO OGGETTIVO.
Il reato di distruzione di atti di cui all’art. 490 c.p. si realizza
anche quando il contenuto degli atti possa essere ricostruito attraverso
altri originali ovvero duplicati: cfr. Cassazione Sezione V, sent. 8/4/1982
n. 3716 (nella specie, l’imputato aveva tagliato e distrutto i documenti
di identità della persona offesa, cioè la carta di identità
e il passaporto).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 27/2/2001 N. 183/01
OCCULTAMENTO DI ATTI VERI -
ELEMENTO SOGGETTIVO.
Il reato di occultamento di atti veri di cui all’art. 490 c.p. si realizza
anche con la sottrazione di atti giuridicamente rilevanti per un tempo
minimo e strettamente necessario alla esecuzione di un controllo o di un’ispezione
da parte dell’organo a ciò preposto, senza che abbiano giuridica
rilevanza il proposito di restituire gli atti occultati e l’effettiva restituzione
di essi dopo un certo periodo (cfr. Cassazione, sent. 27/10/1989 n. 14525).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 30/11/2000 N. 355/00
ART. 494 C.P.
SOSTITUZIONE DI PERSONA – CONCORSO COL REATO DI CUI ALL’ART. 495
C.P.P.
Il delitto di falsa attestazione a pubblico ufficiale sull’identità
propria concorre con quello di sostituzione di persona perché mentre
il primo prescinde dagli effetti giuridici della falsa dichiarazione, il
secondo costituisce reato (a condotta vincolata) di evento (l’induzione
di taluno in errore) e a dolo specifico (il fine di procurare a sé
o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno).
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 5/4/1994
N. 100/94
ART. 495 C.P.
FALSA ATTESTAZIONE SULL’IDENTITÀ – CONCORSO COL REATO DI
CUI ALL’ART. 494 C.P.P.
Il delitto di falsa attestazione a pubblico ufficiale sull’identità
propria concorre con quello di sostituzione di persona perché mentre
il primo prescinde dagli effetti giuridici della falsa dichiarazione, il
secondo costituisce reato (a condotta vincolata) di evento (l’induzione
di taluno in errore) e a dolo specifico (il fine di procurare a sé
o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno).
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 5/4/1994
N. 100/94
ART. 496 C.P.
falsa
attestazione sull’identità – MODALITà.
Le
mendaci dichiarazioni di cui all’art. 496 c.p. comprendono non solo le
dichiarazioni rese mediante pronuncia di parole o frasi ma anche qualsiasi
atto che comporti e configuri in sé una risposta al pubblico ufficiale, quale
l’esibizione di un documento di identità (cfr. Cassazione Sezione V, sent.
10/4/1976 n. 4576).
Tribunale
monocratico di Sanremo SEZIONE DISTACCATA DI vENTIMIGLIA, sent4/6/2003 n.
347/03
FALSA ATTESTAZIONE SULL’IDENTITÀ – PROVA.
Vi è prova della sussistenza del delitto di cui all’art. 496
c.p. allorchè sia accertata la difformità tra le generalità
declinate alla polizia giudiziaria e quelle risultanti dal casellario centrale
di identità.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 8/3/2002 N. 151/02
Art.
514 c.p.
Frodi
contro le industrie nazionali – distinzione dai reati di cui agli art. 473 e
474 c.p.
Ove
siano lesi gli interessi generali dell’industria nazionale, e sia ritenuta
prevalente la lesione di tali interessi, alle fattispecie di cui agli artt 473
o 474 c.p. si sostituisce quella contemplata dall’art 514 c.p., aggravata
ove si attenti anche alla pubblica fede.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 30/5/2003 n.
334/03
ART. 515 C.P.
FRODE NELL'ESERCIZIO DEL COMMERCIO – ELEMENTO OGGETTIVO.
La semplice consegna di cosa diversa da quella pattuita è sufficiente
ad integrare la fattispecie di cui all'art. 515 c.p., essendo irrilevante
la consapevolezza da parte dell'acquirente del fatto che gli sia consegnato
un prodotto diverso da quello concordato, a meno che le modalità
del fatto non siano tali da palesare un'accettazione anticipata di un prodotto
alternativo a fronte della conclamata indisponibilità presso il
venditore del prodotto richiesto (nella specie l'unico prodotto esposto
dal venditore era un prosciutto denominato "nostrano" e recante un prezzo
inferiore a quello del prodotto col marchio garantito e tutelato).
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 26/1/1999
N. 31/99
Non sussiste il reato di cui all’art. 515 c.p. nel caso di cessione
di un autoveicolo con l’indicazione di un anno di immatricolazione di un
anno diverso rispetto a quello effettivo (nella specie, la cessione riguardava
un’autovettura immatricolata nel 1996 e non già come dichiarato
dal venditore nel 1997 e prevedeva un corrispettivo di importo superiore
di circa lire 1.500.000 rispetto al valore reale del mezzo).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 16/2/2001 N. 59/01
Nell’ambito
dell’attività di ristorazione, per la quale siano impiegati prodotti
surgelati, è configurabile il tentativo di frode in commercio, non solo
quando venga omessa l’indicazione di tale tipo di alimenti nella lista delle
pietanze ma anche quando la loro indicazione sia fatta con caratteri molto
piccoli, posti all’estremo margine inferiore della lista, in senso
verticale, in modo da sfuggire all’attenzione della clientela (cfr.
Cassazione Sezione III, sent. 22/10/1999 n. 12107),
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 17/1/2003 n.
19/03
Frode
nell'esercizio del commercio – elemento soggettivo.
Il
reato di cui all’art. 515 c.p. richiede la sussistenza del dolo, non essendo
sufficiente la mera colpa.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 9/5/2003 n. 177/03
Frode
nell'esercizio del commercio – inoffensività.
Nel
caso in cui sul bene venduto sia apposto un marchio grossolanamente
contraffatto non sussiste né il reato di cui all’art. 474 né quello di cui
all’art. 515 c.p. (nella specie, gli oggetti in vendita, palesemente non in
oro, erano esposti sulla pubblica via da un cittadino extracomunitario,
circostanza ritenuta di per sè rivelatrice dello scarso pregio della
mercanzia).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 23/10/2002 n.
453/02
Frode
nell'esercizio del commercio – casistica.
La
semplice consegna di cosa diversa da quella pattuita è sufficiente ad
integrare la fattispecie di cui all'art. 515 c.p., come nel caso in cui sia
consegnato un prosciutto denominato "nostrano" e recante un prezzo
inferiore a quello del prodotto col marchio garantito e tutelato.
Pretore
di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 26/1/1999 n. 31/99
Non
sussiste il reato di cui all’art. 515 c.p. nel caso di cessione di un
autoveicolo con l’indicazione di un anno di immatricolazione di un anno
diverso rispetto a quello effettivo (nella specie, la cessione riguardava un’autovettura
immatricolata nel 1996 e non già come dichiarato dal venditore nel 1997 e
prevedeva un corrispettivo di importo superiore di circa lire 1.500.000
rispetto al valore reale del mezzo).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 16/2/2001 n. 59/01
Nell’ambito
dell’attività di ristorazione, per la quale siano impiegati prodotti
surgelati, è configurabile il tentativo di frode in commercio, non solo
quando venga omessa l’indicazione di tale tipo di alimenti nella lista delle
pietanze ma anche quando la loro indicazione sia fatta con caratteri molto
piccoli, posti all’estremo margine inferiore della lista, in senso
verticale, in modo da sfuggire all’attenzione della clientela (cfr.
Cassazione Sezione III, sent. 22/10/1999 n. 12107),
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 17/1/2003 n.
19/03
La
detenzione per vendere un giubbotto sintetico con la scritta "Shearling"
(cioè "pecora tosata una sola volta") può integrare un caso di aliud
pro alio rilevante ai fini della sussistenza del delitto tentato di frode
in commercio (nella specie, il giudice ha però escluso la sussistenza del
reato in questione poichè il termine "Shearling" era stato
preceduto da una "T" puntata, a significare presumibilmente
"Tipo Shearling").
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 27/10/2003 n.
541/03
ART. 517 C.P.
VENDITA DI PRODOTTI INDUSTRIALI CON SEGNI MENDACI - ELEMENTO OGGETTIVO.
Per la sussistenza del reato di cui all'art. 517 c.p. occorre la messa
in vendita o, quanto meno, la messa in circolazione di merce recante segni
distintivi idonei ad ingannare il compratore in ordine alla provenienza
della stessa, talché non risultano punibili le condotte di mera
detenzione ovvero di introduzione nel territorio dello Stato di merce di
tale genere perché la messa in circolazione prescritta dalla norma
incriminatrice postula che la merce sia fatta uscire dalla sfera di custodia
del detentore. Del resto ove il legislatore ha inteso punire la condotta
di mera detenzione personale o di introduzione nello Stato l'ha affermato
espressamente, come nell'ipotesi di cui all'art. 474 c.p.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 4/2/1997
N. 50/97
ART. 527 C.P.
ATTI OSCENI - ELEMENTO OGGETTIVO.
Ai fini della sussistenza del delitto di atti osceni di cui all'art.
527 c.p. costituisce luogo esposto al pubblico un'autovettura ferma in
una strada a diffusa percorrenza non solo veicolare ma anche pedonale qualora
non siano adottate cautele e accorgimenti per evitare di essere visti,
posto che il reato in questione é reato di pericolo per cui non
occorre la realizzazione dell'evento.
PRETORE DI SANREMO, SENT. 27/11/1996 N. 471/96
CFR. CASSAZIONE 28/4/1992 IN CASS. PEN. 1993, 2260
ATTI OSCENI - DIFFERENZA DAGLI ATTI CONTRARI ALLA PUBBLICA DECENZA.
Costituiscono atti contrari alla pubblica decenza e non atti osceni
l'esibizione del deretano facendo il gesto di infilarvi il dito pollice
e lo sbottonamento dei pantaloni con esibizione dei genitali, scrollati
ripetutamente, ove ciò avvenga per offendere l'onore e il decoro
della persona offesa, perché tale condotta non costituisce manifestazione
della sessualità.
PRETORE DI SANREMO, SENT. 24/10/1996 N. 428/96
ART. 528 C.P.
PUBBLICAZIONI OSCENE - ELEMENTO OGGETTIVO.
Sussiste il reato di pubblicazioni oscene nel caso in cui pubblicazioni
di contenuto osceno, ritraenti giovani nudi intenti a compiere atti sessuali,
siano cedute a titolo oneroso tramite fermo posta e direttamente a persone
non sempre rimaste anonime, perché in tal caso il commercio non
si svolge con appropriati accorgimenti tali da assicurare la riservatezza
e da escludere l'idoneità della condotta alla realizzazione di una
indiscriminata diffusione del materiale osceno (cfr. Cassazione Sezioni
Unite, sent. 16/5/1995 n. 5).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 31/7/1995 N. 176/95
ART. 570 C.P.
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE – ELEMENTO OGGETTIVO
- PRIVAZIONE DEI
MEZZI DI SUSSISTENZA.
In
tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare occorre distinguere
tra assegno di mantenimento stabilito dal giudice e mezzi di sussistenza,
essendo questi ultimi del tutto indipendenti dalla valutazione del giudice
civile e comprendendo solo ciò che è necessario per la sopravvivenza dei
familiari dell’obbligato nel momento storico in cui il fatto avviene.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 14/2/2003 n.
87/03
Non sussiste il reato di cui all'art. 570 c.p. nell’ipotesi in cui
il genitore non affidatario ometta il versamento del contributo per il
mantenimento della prole minore soltanto nel mese in cui la stessa sia
da questi accudita, allorchè l’agente provveda al suo mantenimento
in via esclusiva.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 18/2/2002 N. 98/02
Sussiste il reato di cui all'art. 570 c.p. solo nell’ipotesi in cui
i beneficiari siano privati dei mezzi di sussistenza e ciò non discende
automaticamente dall’omissione del versamento della somma stabilita dal
tribunale (nella specie, il genitore non affidatario aveva omesso il versamento
del contributo per il mantenimento dei figli solo temporaneamente, provvedendo
tardivamente al saldo di quanto dovuto).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 22/12/2000 N. 289/00
Sussiste il reato di cui all'art. 570 c.p. solo nell’ipotesi in cui
i beneficiari siano privati dei mezzi di sussistenza e ciò non si
verifica in caso di corresponsione di somme di denaro in favore della prole
pur in misura inferiore a quanto concordato in sede di separazione consensuale
nonché in caso di ospitalità accordata dall’imputato alla
prole medesima seppur solo occasionalmente (nella specie, il genitore non
affidatario era stato licenziato ed aveva così potuto adempiere
alle sue obbligazioni alimentari in misura solo parziale ma non tale da
far mancare i mezzi di sussistenza alla prole).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 30/5/2001 N. 217/01
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE – ELEMENTO OGGETTIVO
- STATO DI BISOGNO
DEL BENEFICIARIO.
Il provvedimento con cui il giudice civile fissa un assegno alimentare
ben può essere assunto come prova dell’elemento obiettivo del reato
di violazione degli obblighi di assistenza familiare ove non risulti aliunde
che le condizioni economiche del soggetto passivo siano mutate in melius,
in quanto detto provvedimento presuppone l’accertamento dello stato di
bisogno che l’art. 570 cpv. n. 2 c.p. eleva a condizione per la punibilità
dell’omessa prestazione dei mezzi di sussistenza (cfr. Cassazione Sezione
II, sent. 30/10/1968 n. 1231).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 8/3/2002 N. 152/02
Il fatto che il figlio minore abbia ricevuto da terzi, coobligati o
non coobbligati, i mezzi di sussistenza per le più urgenti necessità
non esclude la responsabilità del genitore obbligato, in quanto
tale sostituzione costituisce prova dello stato di bisogno in cui versa
il minore (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 24/4/1985 n. 3917).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 8/3/2002 N. 152/02
cfr.
Tribunale monocratico di Sanremo, sent. 3/5/2002 n. 250/02
Sussiste il reato di cui all'art. 570 c.p. nell'ipotesi di omesso adempimento
degli obblighi nei confronti della prole minore imposti in sede giudiziaria,
non escludendo la responsabilità dell'agente la circostanza che
i minori predetti non siano comunque rimasti privi di mezzi di sussistenza
grazie all'intervento del genitore affidatario che abbia provveduto in
via sussidiaria al loro mantenimento (cfr. Cassazione Sezione VI, sent.
4/6/1996 n. 5525).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 18/2/2002 N. 101/02
Sussiste il reato di cui all'art. 570 c.p. nell'ipotesi di omesso adempimento
degli obblighi imposti in sede di separazione personale, non escludendo
la responsabilità dell'agente la circostanza che i familiari beneficiari
dei predetti obblighi non siano comunque rimasti privi di mezzi di sussistenza
grazie all'intervento di terzi (cfr. Cassazione Sezione VI 18/2/1992 n.
1748).
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 8/11/1995
N. 281/95
CFR. PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 11/2/1997
N. 80/97
CFR. PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 25/2/1997
N. 113/97
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE – ELEMENTO SOGGETTIVO
- IMPOSSIBILITÀ
DI ADEMPIERE DELL’OBBLIGATO.
L’accertamento
della concreta capacità economica dell’obbligato di fornire i mezzi di
sussistenza all’avente diritto alla somministrazione non può essere meno
rigoroso rispetto all’accertamento dello stato di bisogno poiché solo la
prova certa di tale capacità – o del fatto che essa sia venuta meno per una
volontaria determinazione del colpevole – può giustificare un’affermazione
di responsabilità penale (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 4/6/1996 n. 5523;
Cassazione Sezione VI, sent. 8/9/1997 n. 8419).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 14/2/2003 n.
87/03
La
semplice indicazione dello stato di disoccupazione dell’obbligato non è
sufficiente a far venir meno l’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza
alla famiglia, quando non risulti provato che le difficoltà economiche si
siano tradotte in stati di vera e propria indigenza economica e nella
impossibilità di aempiere, sia pure in parte, alla prestazione, dovendo l’imputato,
ai fini dell’esclusione della propria responsabilità per il reato di cui
all’art. 570 c.p., allegare idonei e convincenti elementi indicativi della
concreta e totale impossibilità di far fronte ai propri obblighi (cfr.
Cassazione Sezione VI, sent. 2/2/2000 n. 1283).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 3/5/2002 n. 250/02
L’omesso
versamento dell’assegno stabilito in sede di separazione integra ex se la
violazione degli obblighi di assistenza familiare mentre lo stato di bisogno o
l’impossibilità di adempiere dell’obbligato impediscono che si realizzi
la fattispecie ma l’onere di provare tali fatti impeditivi grava sull’imputato.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 8/3/2002 n. 152/02
L’incapacità
economica dell’agente scrimina solo quando si estende a tutto il tempo delle
inadempienze (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 11/12/1969 in Cass. pen. 1971,
313; Cassazione Sezione VI, sent. 7/5/1998 in Mass. Cass. pen. 211258).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 8/3/2002 n. 152/02
cfr.
Tribunale monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent.
14/2/2003 n. 87/03
L’impossibilità
di adempiere dell’obbligato non deve derivare dalla sua volontaria
determinazione (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 8/7/1997 in Mass. Cass. pen.
209103) o da sua negligenza (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 1/6/1989 in
Mass. Cass. pen. 182275) o ancora dal suo non essersi attivato, benchè abile,
nella ricerca di un’occupazione (cfr. Cassazione Sezione VI, sent.
25/10/1990 in Mass. Cass. pen. 187313).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 14/2/2003 n.
87/03
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE - CONTINUAZIONE.
Quando la sottrazione agli obblighi di assistenza familiare consista
esclusivamente nell'omesso versamento dell'assegno mensile al coniuge le
singole violazioni punite dal comma 1 dell'art. 570 c.p. si perfezionano
allo scadere del termine (essenziale) previsto per l'adempimento, talchè
ad ogni omissione corrisponde una singola autonoma violazione. La prestazione
della querela dà luogo al c.d. esaurimento del reato, di tal che
per le violazioni commesse successivamente occorre la presentazione di
un nuovo atto di querela.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 9/2/1999
N. 52/99
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE - PROCEDIBILITÀ.
Per procedere per la violazione degli obblighi di assistenza familiare
punita dal comma 2 dell'art. 570 c.p. non è necessaria la proposizione
di nuova querela in relazione a condotte successive alla prima proposizione,
in quanto tali ulteriori violazioni sono coperte dalla condizione di procedibilità
già presente e valida per il reato precedente.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 9/2/1999
N. 52/99
ART. 571 C.P.
ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONE O DI DISCIPLINA – ELEMENTO OGGETTIVO.
L’uso in funzione rieducativa del mezzo di correzione o di disciplina
astrattamente lecito, sia esso di natura fisica, psicologica o morale,
trasmoda nell’abuso in ragione dell’arbitrarietà o dell’intempestività
della sua applicazione ovvero dell’eccesso nella misura, senza tuttavia
attingere a forme di violenza (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 26/3/1998
n. 3789).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 22/5/2002 N. 286/02
Non possono ritenersi preclusi quegli atti di correzione o di disciplina,
di minima valenza fisica o morale, che risultino necessari per rafforzare
le proibizioni, non arbitrarie né ingiuste, di comportamenti oggettivamente
pericolosi o dannosi, rispecchianti l’inconsapevolezza o la sottovalutazione
del pericolo, la disobbedienza gratuita, oppositiva e insolente.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 22/5/2002 N. 286/02
L’impiego di mezzi di correzione violenti è per ciò stesso
fuori della previsione dell’art. 571 c.p. (cfr. Cassazione Sezione VI,
sent. 16/5/1996 in MCP n. 205034).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 22/5/2002 N. 286/02
ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONE O DI DISCIPLINA – CONDIZIONE DI PUNIBILITÀ.
La condizione di punibilità del reato di cui all’art. 571 c.p.
sussiste se dal fatto derivi un pericolo di malattia nel corpo e nella
mente cioè la probabilità di tale evento dannoso, accertata
sul piano medico o desumibile dalla natura stessa dell’abuso (cfr. Cassazione
Sezione VI, sent. 21/5/1998 n. 6001).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 22/5/2002 N. 286/02
ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONE O DI DISCIPLINA – DISTINZIONE DA ALTRI
REATI.
Il delitto di cui all’art. 571 c.p. presuppone un uso consentito e
legittimo del potere corruttivo e non è configurabile ove si eserciti
con mezzi ex se illeciti perché in tal caso i fatti configurano
altri reati, quali percosse, ingiurie, lesioni o violenza privata, eventualmente
attenuati ex art. 62 n. 1 c.p. se esercitati a fini educativi.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 22/5/2002 N. 286/02
ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONE O DI DISCIPLINA – CASISTICA.
Non costituisce il delitto di cui all’art. 571 c.p. l’inflizione, a
fini educativi, di un colpo tipo schiaffo sulla mano del minore affidato
all’agente per ragioni di istruzione, non derivandone alcun concreto pericolo
di grave danno nel corpo o nella mente del minore.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 22/5/2002 N. 286/02
ART. 572 C.P.
MALTRATTAMENTI –
NATURA DEL REATO.
Il
delitto di maltrattamenti, quantunque non permanente, è a condotta abituale.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 24/10/2003 n.
539/03
MALTRATTAMENTI – ELEMENTO OGGETTIVO.
I maltrattamenti di cui all’art. 572 c.p. consistono in atti di vessazione
continui e tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni, che costituiscono
causa di uno stato di disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni
di esistenza (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 1/2/1999 n. 3570).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 14/11/2001 N. 429/01
Cfr. Tribunale monocratico di
Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 24/10/2003 n. 539/03
I maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p. consistono in
una serie di atti lesivi dell’integrità fisica o della libertà
o del decoro del soggetto passivo nei confronti del quale viene così
posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica tale da rendere
particolarmente dolorosa la stessa convivenza (cfr. Cassazione Sezione
VI, sent. 18/9/1996 n. 8510).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 3/5/2002 N. 250/02
Sussiste il delitto di maltrattamenti in famiglia in presenza di una
serie di atti lesivi dell’integrità fisica, della libertà
e del decoro dei propri familiari, nei confronti dei quali è posta
in essere una condotta di sopraffazione sistematica tale da rendere la
stessa convivenza particolarmente dolorosa.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/10/1999 N. 248/99
La commissione di ripetuti atti di violenza sessuale nei confronti
di figli conviventi integra il reato di cui all’art. 572 c.p. ove si tratti
di condotte delittuose di carattere unitario poste in essere in maniera
continua e abituale così da incidere profondamente sulla personalità
in formazione dei minori, compromettendone lo sviluppo e la crescita attraverso
un regolare percorso educativo.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 21/6/2001 N. 389/01
La
sporadicità degli episodi di percosse e di ingiurie, inseriti in quadro di
conflittualità reciproca, esclude l’elemento oggettivo del delitto di
maltrattamenti di cui all’art. 572 c.p.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 24/10/2003 n.
539/03
MALTRATTAMENTI – ELEMENTO SOGGETTIVO.
Sussiste l’elemento soggettivo del delitto di maltrattamenti in famiglia
in caso di sottoposizione cosciente e volontaria dei propri familiari in
modo continuo e abituale ad una serie di violenze fisiche e morali (cfr.
Cass. 4080/98, 11476/97).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/10/1999 N. 248/99
Comportamenti abituali caratterizzati da una serie indeterminata di
atti di molestia, di ingiuria, di minaccia e di danneggiamento manifestano
l’esistenza di un programma criminoso di cui i singoli episodi, da valutare
unitariamente, costituiscono l’espressione ed in cui il dolo si configura
come volontà comprendente il complesso dei fatti e coincidente con
il fine di rendere disagevole in sommo grado e, per quanto possibile, penosa
l’esistenza dei familiari (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 18/3/1999
n. 3570).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 3/5/2002 N. 250/02
Cfr.
Tribunale monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent.
24/10/2003 n. 539/03
MALTRATTAMENTI – PRESUPPOSTO.
Il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche
nei confronti di persona non convivente solo in presenza del presupposto
che la persona offesa sia unita al reo da vincoli di coniugio o di filiazione:
cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 5/11/1980 n. 11463; 10/2/1990 n. 1857;
24/2/1998 n. 282; 18/3/1999 n. 3570 (nella specie, il reato non è
stato ravvisato in quanto la condotta dell’agente venne posta in essere
in danno dell’ex convivente).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 27/2/2001 N. 183/01
Sussiste il delitto di maltrattamenti in famiglia anche nel caso in
cui maltrattamenti siano posti in essere in danno del coniuge legalmente
separato ovvero di persone non conviventi legate all’agente da vincoli
nascenti dal rapporto di coniugio o filiazione (in particolare il giudice
ha evidenziato come la separazione legale, pur dispensando i coniugi dagli
obblighi di convivenza e di fedeltà, lascia integri i doveri di
rispetto reciproco, di assistenza e di collaborazione, rendendo configurabile
il reato in esame: cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 22/11/1996 n. 10023).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, ORD. 24/4/1999 PROC. N. 223/99/21
R.G.N.R.
CFR. TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/10/1999 N. 248/99
MALTRATTAMENTI - CASISTICA.
Sussiste il delitto di maltrattamenti in famiglia nel caso in cui maltrattamenti
siano posti in essere in danno del convivente more uxorio.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 29/1/1998 N. 22/98
MALTRATTAMENTI - PERSONE OFFESE.
Il delitto di maltrattamenti in famiglia si ha non solo nei confronti
dei familiari conviventi oggetto dei comportamenti violenti dell'agente
ma anche nei confronti degli altri familiari conviventi non direttamente
attinti da tale comportamenti violenti, ai quali però sia imposta
la sofferenza morale di vivere in un nucleo familiare reso degradato dalla
violenza dell'agente e dalla continua soggezione degli altri familiari
a mortificazioni e umiliazioni.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 30/11/1995 N. 291/95
MALTRATTAMENTI - ESIMENTI.
Il reato di maltrattamenti in famiglia non può essere scriminato
dal consenso dell’avente diritto, sia pure affermato sulla base di opzioni
sub-culturali relative ad ordinamenti diversi da quello italiano, posto
che dette sub-culture, ove vigenti, si porrebbero in contrasto assoluto
con i principi che stanno alla base dell’ordinamento giuridico, in particolare
con la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo sanciti dall’art. 2 Cost.
i quali trovano specifica considerazione in materia di diritto di famiglia
negli art. 29-31 Cost. (cfr. Cassazione Sezione VI, ord. 24/11/1999 n.
3398).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 3/5/2002 N. 250/02
MALTRATTAMENTI – CONCORSO CON
L'OMICIDIO.
In
caso di omicidio in un quadro di maltrattamenti in famiglia si ha concorso dei
reati ma non anche la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p.
perché non si può ritenere che l’omicidio costituisca il mezzo di un reato
permanente come quello di maltrattamenti, in quanto la volontà di uccidere
costituisce un fine e non un mezzo.
G.u.p.
del Tribunale di Sanremo, sent. 10/4/2002 n. 77/02
MALTRATTAMENTI – CONCORSO CON LA VIOLENZA SESSUALE.
Il reato di maltrattamenti non è assorbito nel reato di violenza
sessuale (cfr. Cassazione 27/3/1996 n. 3111; Cassazione 19/5/1975 n. 5329).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 21/6/2001 N. 389/01 |