ART. 314 C.P.
PECULATO - TELEFONATE.
L'uso del telefono di un ufficio pubblico per scopi meramente privati
da parte del pubblico ufficiale imputato non integra la fattispecie criminosa
di cui all'art. 314 c.p. dovendosi escludere che l'uso del telefono concreti
l'appropriazione di una cosa mobile, neppure nell'accezione lata di energia.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 19/10/1995 N. 160/95
PECULATO - DENARO - RESTITUZIONE.
Il prelievo di somme della pubblica amministrazione pubblica
per uso personale, non preventivamente assentito dall'Amministrazione medesima,
integra la fattispecie criminosa di cui all'art. 314 c.p. senza che vi
osti la circostanza del rilascio di ricevute da parte dell'imputato e delle
restituzione del denaro, non essendo prevista la ipotesi attenuata del
peculato d'uso per il caso in cui sia appreso denaro.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/5/1994 N. 87/94
PECULATO - DENARO - DISPONIBILITÀ CONSEGUITA CON MEZZI FRAUDOLENTI.
Nel caso in cui l'imputato ponga in essere condotte fraudolente finalizzate
al conseguimento della disponibilità di somme di denaro, non sussiste
il delitto di peculato perché il possesso del denaro non viene conseguito
per ragioni d'ufficio bensì per fini privati mediante la frode (nella
specie l'imputato, funzionario tributario, aveva indotto in errore la persona
offesa facendole credere di poter versare l'ammontare di un'imposta a sue
mani e non già presso l'ufficio finanziario competente e quindi
predisponendo false ricevute di pagamento).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 8/2/1996 N. 31/96
ART. 316 TER C.P.
INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI PUBBLICHE – AMBITO DI APPLICAZIONE
DELLA NORMA.
La norma incriminatrice di cui all’art. 316 ter c.p. e quella di cui
all’art. 640 bis c.p. si pongono tra loro in un rapporto non già
di sussidiarietà bensì di specialità, individuandosi
l’art. 640 bis c.p. come norma di carattere generale (avente un'estensione
più ampia) e l’art. 316 ter c.p. come norma speciale, in quanto
il legislatore ha inteso ricondurre nell’ambito di tale ultima disposizione
le condotte che si esauriscano nella mera presentazione di documenti falsi,
o nella mera omissione di informazioni dovute, e che quindi non si accompagnino
alla realizzazione di ulteriori artifici o raggiri, prevedendo per tali
condotte meno elaborate una sanzione penale più lieve o, addirittura,
la non punibilità, qualora il profitto conseguito non superi le
lire 7.745.000 (pari a 4.000 euro).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 20/11/2001
N. 532/01
INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI PUBBLICHE – SOGLIA DI PUNIBILITÀ
– CONSEGUENZE.
La norma incriminatrice di cui all’art. 316 ter c.p., che si applica
per le condotte che si esauriscano nella mera presentazione di documenti
falsi, o nella mera omissione di informazioni dovute, e che quindi non
si accompagnino alla realizzazione di ulteriori artifici o raggiri, prevede
una sanzione penale più lieve o, addirittura, la non punibilità,
qualora il profitto conseguito non superi le lire 7.745.000 (pari a 4.000
euro), nel quale ultimo caso deve comunque disporsi la trasmissione della
sentenza al prefetto competente per l’applicazione di sanzioni amministrative.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 20/11/2001
N. 532/01
ART. 317 C.P.
CONCUSSIONE – ELEMENTO OGGETTIVO - CONDOTTA.
Nel delitto di concussione la violenza o la minaccia costituiscono
nello stesso tempo abuso di qualità o di potere e mezzo di costrizione.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
L’abuso di potere di cui all’art. 317 c.p. si configura tutte le volte
in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio eserciti
i poteri attribuitigli al di fuori dei casi previsti dalle norme che ne
regolano l’esercizio o in modo diverso dal dovuto.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
CONCUSSIONE – ELEMENTO OGGETTIVO - EVENTO.
Nel delitto di concussione la costrizione di cui all’art. 317 c.p.
determina una coercizione psichica non assoluta ma solo relativa in quanto
alla persona offesa resta pur sempre la possibilità di scegliere
tra male minacciato e dazione o promessa richiesta.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
Nell’art. 317 c.p. il termine “utilità” indica tutto ciò
che rappresenta un vantaggio per la persona, dal punto di vista materiale
o morale, patrimoniale o non patrimoniale, purchè oggettivamente
apprezzabile, e può consistere tanto in un dare quanto in un facere
(nella specie, l’”utilità” è stata ravvisata nei vantaggi
non patrimoniale conseguenti alle mancate dimissioni della persona offesa
da un incarico ospedaliero).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
CONCUSSIONE – ELEMENTO SOGGETTIVO.
L’art. 317 c.p. non richiede il dolo specifico ma solo la coscienza
e la volontà di tutti gli elementi tipici del delitto di concussione.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
CONCUSSIONE – ELEMENTO OGGETTIVO - SOGGETTO PASSIVO.
Il delitto di concussione può verificarsi non solo nei confronti
di un privato ma anche nei confronti di un inferiore gerarchico o addirittura
di un superiore gerarchico.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
CONCUSSIONE – TENTATIVO.
E’ ammissibile il delitto di concussione nella forma del tentativo
essendo sufficiente che siano posti in essere da parte del pubblico ufficiale
atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere o a indurre taluno
a dare o promettere denaro o altra utilità, indipendentemente dal
verificarsi dello stato di soggezione della vittima per effetto del metus
publicae potestatis (cfr. Cassazione 2/12/1987 in Riv. pen. 1988, 1091).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
CONCUSSIONE – CASISTICA - RAPPORTI NEGOZIALI.
Non sussiste il delitto di concussione nell'ipotesi in cui un concessionario
per la costruzione e la vendita di alloggi in edilizia convenzionata in
zona destinata ad edilizia economica popolare imponga all'acquirente un
prezzo di cessione superiore a quello stabilito dalla convenzione stipulata
dal concessionario medesimo col Comune ponendo l'acquirente di fronte all'alternativa
"prendere o lasciare" rifiutando qualsiasi trattativa sul prezzo dell'alloggio.
Infatti, anche a prescindere dal difetto di consapevolezza nella persona
offesa della qualifica di incaricato di pubblico servizio rivestita dal
concessionario e del conseguente difetto di metus publicae potestatis,
il rapporto tra concessionario e privato é pur sempre un rapporto
meramente negoziale nell'ambito del quale, perciò, la richiesta
di un determinato prezzo di cessione, di per sé, non affiora giuridicamente
sotto il profilo penale né si presenta causalmente idonea a determinare
una costrizione o un'induzione.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 3/7/1997 N. 121/97
CONCUSSIONE – CASISTICA - RAPPORTI CONFIDENZIALI.
Non sussiste il delitto di concussione nell'ipotesi in cui il pubblico
ufficiale avanzi esplicite richieste di beni nella disponibilità
del soggetto passivo che sia in posizione di subordinazione rispetto al
primo ma che con questi abbia un rapporto confidenziale che la induca a
prodigarsi per accontentare l’agente, posto che in tal caso deve escludersi
la sussistenza del c.d. metus publicae potestatis.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 19/12/1996 N. 268/96
CONCUSSIONE – CASISTICA - RAPPORTI COL PUBBLICO.
Non sussiste il delitto di concussione nell'ipotesi in cui l'agente,
amministratore di un comune di dimensioni medio piccole, si limiti ad intrattenere
rapporti col pubblico e ad attivarsi anche a seguito di legittime segnalazioni:
se così non fosse, attraverso le forme del sindacato penale sulla
pubblica amministrazione, si otterrebbe il risultato di frapporre tra l’amministrazione
e gli amministrati un diaframma insormontabile, pregiudizievole per lo
stesso buon andamento della p.a. e per gli interessi legittimi dei privati.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 22/4/1999 N. 123/99
ART. 319 C.P.
CORRUZIONE – ATTO D’UFFICIO - CONTRARIETÀ AI DOVERI D’UFFICIO.
La rivelazione della notizia di decessi intervenuti in ospedale da
parte di addetti alla camera mortuaria a favore di impresari di pompe funebri
costituisce atto del loro ufficio, in quanto non estraneo all’esercizio
del servizio loro affidato, visto che proprio da esso traggono la notizia
in questione, e tale atto è contrario ai doveri d’ufficio, in quanto
esistono norme interne che vietano agli addetti alla camera mortuaria di
intrattenere rapporti del genere con impresari di pompe funebri e comunque
grava su tutti gli impiegati pubblici un generico dovere di correttezza
e imparzialità.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 2/4/2001 N. 134/01
ART. 323 C.P.
ABUSO D'UFFICIO – NATURA.
La norma che sanziona l'abuso d'ufficio prevede una ipotesi sussidiaria
("salvo che il fatto non costituisca più grave reato") talché
l'abuso dei poteri inerenti alla funzione svolta dall'agente per ottenere
il soddisfacimento del suo proposito delittuoso é ben ricompreso
in altra fattispecie delittuosa (violenza carnale) in quanto contestata
con la circostanza aggravante dell'abuso dei poteri e della violazione
dei doveri derivanti dalla funzione esercitata.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 14/7/1994 N. 138/94
ABUSO D'UFFICIO - ELEMENTO OGGETTIVO - STRUMENTALIZZAZIONE DELL'UFFICIO PUBBLICO.
Sotto il profilo dell'elemento materiale del reato di abuso d'ufficio
si richiede, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico
servizio, una condotta di abuso d'ufficio che può estrinsecarsi
tanto in un atto amministrativo quanto in un fatto materiale ma che deve
comunque denotare un'effettiva strumentalizzazione dell'ufficio a fini
di utilità privata, talché la semplice coincidenza tra l'interesse
privato e la funzione pubblica di per sé non assume rilevanza penale
non risultando leso per ciò solo l'interesse pubblico dell'imparzialità
e del buon andamento della P.A. tutelato dalla norma incriminatrice.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 5/12/1996 N. 374/96
Il delitto di abuso d'ufficio sussiste solo laddove il soggetto qualificato
commetta il fatto ascrittogli avvalendosi delle prerogative proprie dell'incarico
pubblicistico e quindi deve essere escluso laddove la condotta ascritta
all'agente, un incaricato di pubblico servizio, sia posta in essere in
modo del tutto svincolato dalla posizione di soggetto qualificato.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 3/7/1997 N. 121/97
ABUSO D'UFFICIO - CIRCOSTANZE - VANTAGGIO PATRIMONIALE.
Il secondo comma dell'art. 323 c.p. disciplina una circostanza aggravante
ad effetto speciale del reato base di abuso d'ufficio, perché connota
di maggiore gravità la medesima condotta vietata.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 20/2/1995 N. 40/95
ABUSO D'UFFICIO - CASISTICA - PARTECIPAZIONE AD ORGANO COLLEGIALE.
Il reato di abuso d'ufficio si commette anche ove la condotta consista
nell'apporto alla decisione di un organo collegiale.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 28/4/1994 N. 58/94
ABUSO D'UFFICIO – CASISTICA - GESTIONE ILLEGALE DI COLLABORATORE DI GIUSTIZIA
Laddove la gestione scorretta e illegale di un collaboratore di giustizia
da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria non sia diretta intenzionalmente
a favorire se stesso o il collaboratore ma sia caratterizzata dalla volontà
di fare giustizia non ricorre il dolo specifico richiesto dall’art. 323
c.p.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 9/10/1995 N. 227/95
ABUSO D'UFFICIO – CASISTICA - RILASCIO INDEBITO DI LIBRETTO SANITARIO.
Il secondo comma dell'art. 323 c.p. non è ravvisabile nell’ipotesi
di rilascio di libretto sanitario senza le prescritte analisi mediche ed
il pagamento del relativo ticket, con falsa attestazione sul libretto del
regolare espletamento delle analisi, perché deve ritenersi che l’agente,
nell’abusare del proprio ufficio, abbia di mira non già vantaggi
patrimoniali per sé o per altri (non essendo ipotizzabile un simile
fine in relazione al risparmio di poche migliaia di lire del ticket sanitario,
procurato agli intestatari dei libretti) bensì solo interessi non
patrimoniali, rappresentati dall’esigenza di favorire conoscenti per evitare
loro fastidiose incombenze e lungaggini di natura amministrativa.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 9/12/1996 N. 255/96
CFR. G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 9/12/1996 N. 256/96
ABUSO D'UFFICIO - CASISTICA - USO DI ESPRESSIONI SCONVENIENTI.
L'abuso d'ufficio non sussiste nel caso in cui il pubblico ufficiale,
nella specie un vigile urbano, si lasci andare nell'esercizio delle sue
funzioni ad espressioni discutibili ed inopportune nei confronti del privato
cittadino posto che la radice e la ragion d'essere del delitto di abuso
d'ufficio deve essere ricercata in tutt'altri comportamenti dei pubblici
ufficiali.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 5/6/1997 N. 97/97
ABUSO D'UFFICIO - CASISTICA - USO DEL TELEFONO D'UFFICIO PER FINI PRIVATI.
Sussiste il delitto di abuso d'ufficio nel caso in cui il pubblico
ufficiale faccia uso del telefono dell'ufficio pubblico per fini propri
perché ciò comporta un vantaggio patrimoniale corrispondente
alla mancata erogazione della somma necessaria per effettuare le chiamate
con altro telefono a proprie spese.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 19/10/1995 N. 160/95
ART. 326 C.P.
SEGRETO D'UFFICIO - VIOLAZIONE – NATURA.
Il reato di cui all’art. 326 c. 2 c.p. è un reato di pericolo
effettivo e non presunto, perciò punibile solo in quanto sia idoneo
a produrre un danno all’interesse tutelato dalla notizia segreta, e quindi
non è configurabile quando la notizia destinata a rimanere segreta
sia stata riferita a persona utorizzata a riceverla (cfr. Cassazione Sezione
VI, sent. 6/6/1994 in Giust. Pen. 1995, II, 517).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 7/1/2002 N. 2/02
Non sussiste il delitto di violazione del segreto d'ufficio in caso
di vizio di forma nel rilascio di copia dell'atto amministrativo cui il
destinatario abbia diritto di accedere perché l'irrilevanza penale
della divulgazione di tale atto comunque accessibile, e quindi non coperto
da segreto d'ufficio, non può essere scalfita da questioni meramente
formali.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 13/2/1997 N. 19/97
SEGRETO D'UFFICIO - VIOLAZIONE – PRESUPPOSTO - SEGRETEZZA DELLA NOTIZIA.
Il delitto di violazione del segreto d'ufficio si configura non in
tutte le ipotesi in cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico
servizio rivela notizie inerenti il proprio ufficio ma soltanto se si tratta
di notizie che debbano rimanere segrete. Il carattere di segretezza della
notizia integra un elemento costitutivo del reato e la sua sussistenza
deve essere accertata in concreto: infatti, il dovere del segreto può
discendere da una norma di legge, da un regolamento, da un ordine dell'autorità,
da una consuetudine oppure discendere dalla natura stessa della notizia
allorquando la sua rivelazione determini un effettivo pericolo di danno
per la pubblica amministrazione o per i soggetti privati nell'interesse
dei quali si impone la segretezza. Di certo il nuovo testo dell'art. 15
del T.U. degli impiegati civili dello Stato, come modificato dall'art.
28 della L. 241/90, non può interpretarsi nel senso di attribuire
rilevanza penale a qualsiasi rivelazione effettuata al di fuori delle norme
disciplinanti l'accesso ai documenti amministrativi, atteso che la divulgazione
assolutamente innocua, come tale non lesiva di un bene giuridico, non può
essere considerata reato (nella specie il G.u.p. ha ritenuto penalmente
irrilevante la rivelazione di una notizia relativa a pratica di concessione
edilizia effettuata da parte di un impiegato comunale al soggetto destinatario
della stessa, ciò non determinando alcun pericolo di danno né
per la pubblica amministrazione né per il soggetto privato interessato
che anzi poteva accedere alla notizia divulgatagli in base alla L. 241/90).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 2/6/1997 N. 122/97
SEGRETO D'UFFICIO - VIOLAZIONE – ELEMENTO OGGETTIVO - CONDOTTA.
L’elemento materiale del delitto di cui all’art. 326 c. 2 c.p. consiste
nel fatto del pubblico ufficiale che, a causa di negligenza, agevoli la
conoscenza, da parte di una persona non autorizzata a riceverla, di una
notizia d’ufficio destinata a rimanere segreta, come nel caso classico
del pubblico ufficiale che lasci incustodito un importante documento riservato.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 7/1/2002 N. 2/02
SEGRETO D'UFFICIO - VIOLAZIONE – SOGGETTO ATTIVO.
Può commettere il delitto di rivelazione di segreto d’ufficio
anche un addetto alla camera mortuaria in quanto deve riconoscersi in capo
allo stesso l’obbligo di mantenere il segreto la cui fonte è da
individuare nell’art. 15 D.P.R. 3/57 come modificato dall’art. 28 L. 241/90
perché proprio le funzioni e le mansioni esplicate da tale soggetto
gli consentono di venire a conoscenza di notizie coperte dal segreto d’ufficio
(nella specie, la notizia dell’intervenuto decesso in ospedale).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 2/4/2001 N. 134/01
SEGRETO D'UFFICIO - VIOLAZIONE –
CASISTICA.
Non sussiste il delitto di violazione del segreto d'ufficio in caso
di vizio di forma nel rilascio di copia dell'atto amministrativo cui il
destinatario abbia diritto di accedere perché l'irrilevanza penale
della divulgazione di tale atto comunque accessibile, e quindi non coperto
da segreto d'ufficio, non può essere scalfita da questioni meramente
formali.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 13/2/1997 N. 19/97
Non sussiste il delitto di violazione del segreto d'ufficio in relazione
agli atti contenuti nel fascicolo personale di appartenente alla Polizia
di Stato e divulgati a quest'ultimo dall'agente perché tali atti
sono da considerarsi inaccessibili solo in relazione all'esigenza di salvaguardare
la riservatezza di terzi fatta quindi salva la facoltà di questi
ultimi di prendere visione di quegli tra gli atti in questione la cui conoscenza
sia necessaria per curare o difendere i loro interessi giuridici, come
é espressamente previsto dal D.M. 10/5/1994 n. 415 e dalla circolare
8/11/1995 del Questore di Imperia.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 13/2/1997 N. 19/97
La notizia dei decessi avvenuti in ospedale deve ritenersi segreta
perché deve riconoscersi la sussistenza di un diritto alla privacy
per la famiglia del defunto, che sarebbe leso in caso di sua diffusione
da parte degli addetti alla camera mortuaria in favore di soggetti non
autorizzati.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 2/4/2001 N. 134/01
ART. 328 C.P.
OMISSIONE DI ATTI D’UFFICIO - ELEMENTO OGGETTIVO.
Il
comma 1 dell’art. 328 c.p. incrimina la condotta attiva che consiste nel
rifiuto, da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico
servizio, di un atto qualificato che deve essere compiuto senza ritardo e tale
rifiuto – sia esso esplicito o implicito – ha come presupposto logico
necessario una richiesta o un ordine, di tal che la mera inerzia, priva di
alcunchè esprima la volontà negativa del soggetto agente, non può essere
qualificato come rifiuto implicito (cfr. Cassazione Sezione VI, sent.
9/12/1996 n. 1120).
Tribunale
di Sanremo, sent. 8/7/2002 n. 340/02
La restituzione agli uffici richiedenti di atti non notificati non
costituisce rifiuto di atti d’ufficio bensì, al più, un’omissione
penalmente irrilevante a seguito della riforma dell’art. 328 c.p., in quanto
gli imputati, ufficiali giudiziari, non hanno manifestato neppure implicitamente
la volontà di non eseguire le notificazioni cui erano tenuti ma
hanno solo omesso di adempiere ad un loro dovere d’ufficio, condotta rilevante
sul piano disciplinare ma non penale.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 11/3/1999 N. 55/99
OMISSIONE DI ATTI D’UFFICIO - ELEMENTO SOGGETTIVO.
Il dolo richiesto dall’art. 328 c.p. consiste nella coscienza e volontà
di omettere un atto d’ufficio in violazione dei doveri imposti: in particolare
occorre la consapevolezza di agire in contrasto con gli obblighi inerenti
all’ufficio (nella specie il dolo é stato escluso ritenendo il tribunale
che le condotte poste in essere dall’imputato costituissero manifestazione
di una mentalità burocratica, eccessivamente formalistica e poco
attenta alla sostanza dei problemi e alle esigenze degli utenti).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/5/1992 N. 79/92
ART. 334 C.P.
DANNEGGIAMENTO DI COSA SOTTOPOSTA A SEQUESTRO – CONCORSO COL REATO
DI VIOLAZIONE DI SIGILLI.
In caso di prosecuzione di lavori edilizi in un cantiere sequestrato
il delitto di cui all’art. 334 c.p. (danneggiamento di cosa sottoposta
a sequestro) concorre con la violazione di cui all’art. 349 c.p. (violazione
di sigilli) in quanto la continuazione dei lavori edilizi in un edificio
sottoposto al vincolo del sequestro costituisce una condotta assimilabile
alle forme del danneggiamento o della soppressione (pertanto il tribunale
non aveva aderito alla giurisprudenza anche di legittimità secondo
cui l’azione compiuta da chi prosegue i lavori edilizi in un cantiere sequestrato
non sottrae, non sopprime, non distrugge, non disperde né deteriora
ma anzi migliora, completandola, la cosa sequestrata: cfr. Cassazione Sezione
III, sent. 25/6=1/10/1999 n. 11306).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 19/01/2001 N. 20/01
ART. 336 C.P.
VIOLENZA O MINACCIA A PUBBLICO UFFICIALE - ELEMENTO OGGETTIVO.
Nella violenza a pubblico ufficiale ha rilievo anche la minaccia di
ferirsi, atteso che il male prospettato nella forma dell’autolesionismo
è ingiusto (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 18/5/2001 n. 20287).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 23/01/2001 N. 382/01
violenza
o minaccia a pubblico ufficiale – differenza dal delitto di resistenza a
pubblico ufficiale.
Mentre
per la configurabilità del delitto di cui all’art. 336 c.p. la violenza o
la minaccia deve precedere il compimento dell’atto del pubblico ufficiale,
quando la violenza o la minaccia sia usata durante il compimento dell’atto d’ufficio
per impedirlo si ha il delitto di resistenza a pubblico ufficiale previsto
dall’art. 337 c.p.; quando invece la violenza o la minaccia sia usata a
causa di un atto già compiuto e sia offensiva dell’onore o del prestigio
del pubblico ufficiale, ricorre l’ipotesi dell’oltraggio aggravato,
oggetto di abolitio criminis ex art. 18 L. 205/99.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 23/4/2003 n.
260/03
Art.
337 c.p.
resistenza
a pubblico ufficiale – ELEMENTO OGGETTIVO.
Mentre
la semplice disobbedienza o la mera resistenza passiva agli agenti che
procedono ad un arresto in flagranza non dà luogo al reato di cui all’art.
337 c.p., integrano tale reato i comportamenti positivi, come divincolarsi o
sbracciarsi o dare strattoni diretti a vincere la contraria energia
legittimamente usata dal pubblico ufficiale (cfr. Cassazione 119/84, 2721/96).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 4/7/2003 n.
394/03
La
minaccia, quale elemento costitutivo del reato di resistenza a pubblico
ufficiale, può essere esercitata con qualsiasi mezzo, purchè idoneo, quanto
meno a turbare l’attività del pubblico ufficiale, anche se non è
necessario che la minaccia impedisca effettivamente al pubblico ufficiale
stesso di portare a termine l’atto d’ufficio (cfr. Cassazione 16/3/1978 in
Cass. pen. Mass. 1980, 1088).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 8/10/2003 n.
509/03
cfr.
Tribunale monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent.
8/10/2003 n. 514/03
Nel
reato di resistenza a pubblico ufficiale non occorre che la minaccia consista
in parole intimidatorie, essendo sufficiente un comportamento palesemente
aggressivo, idoneo a ostacolare l’esplicazione della funzione pubblica con l’incutere
un ragionevole timore nell’animo del pubblico ufficiale (cfr. Cassazione
30/4/1979 in Cass. pen. Mass. 1981, 223).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 8/10/2003 n.
509/03
cfr.
Tribunale monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent.
8/10/2003 n. 514/03
resistenza
a pubblico ufficiale – differenza dal delitto di violenza o minaccia a
pubblico ufficiale.
Mentre
per la configurabilità del delitto di cui all’art. 336 c.p. la violenza o
la minaccia deve precedere il compimento dell’atto del pubblico ufficiale,
quando la violenza o la minaccia sia usata durante il compimento dell’atto d’ufficio
per impedirlo si ha il delitto di resistenza a pubblico ufficiale previsto
dall’art. 337 c.p.; quando invece la violenza o la minaccia sia usata a
causa di un atto già compiuto e sia offensiva dell’onore o del prestigio
del pubblico ufficiale, ricorre l’ipotesi dell’oltraggio aggravato,
oggetto di abolitio criminis ex art. 18 L. 205/99.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 23/4/2003 n.
260/03
ART. 340 C.P.
INTERRUZIONE DI SERVIZIO PUBBLICO - CASISTICA - REITERATE CHIAMATE A NUMERO
VERDE.
Sussiste il reato di cui all'art. 340 c.p. nell'ipotesi in cui si turbi
la regolarità del servizio pubblico di chiamata telefonica con addebito
a carico del destinatario mediante l'effettuazione di decine di telefonate
giornaliere per più giorni consecutivi al numero verde di collegamento
gratuito attivato per l'espletamento di tale servizio pubblico.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 21/10/1997
N. 398/97
ART. 346 C.P.
MILLANTATO CREDITO - ELEMENTO OGGETTIVO - UTILITÀ.
Ai fini della consumazione del reato di millantato credito non é
necessario che il denaro o altra utilità vengano richieste dal reo
come "prezzo" della mediazione ma basta che l’utilità sia comunque
richiesta per agevolare l’opera di mediazione (nella specie per affrontare
le spese necessarie per gli adempimenti burocratici atti a soddisfare le
esigenze della persona offesa).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 9/5/1991 N. 118/91
ART. 347 C.P.
USURPAZIONE DI FUNZIONI PUBBLICHE - ELEMENTO SOGGETTIVO.
Non costituisce il reato di usurpazione di funzioni pubbliche, per
difetto del dolo, l'assunzione della funzione di responsabile di un ufficio
rientrante nel servizio di una U.S.L. da parte di un medico ospedaliero
collocato in pensione il quale riceva verbalmente l'incarico in questione
da personale amministrativo della stessa U.S.L. stante la necessità
urgente di coprire quell'incarico effettivamente vacante all'epoca del
conferimento dell'incarico, e ciò ove l’agente non ritragga da tale
attività utilità di sorta, non causi alcun danno all'amministrazione
e riceva autorevoli avalli di legittimità da parte del personale
amministrativo della stessa U.S.L.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 27/6/1995 N. 156/95
ART. 348 C.P.
ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE – ELEMENTO OGGETTIVO.
Ai fini della sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione
il presidio penale riguarda solo gli atti propri, riservati a ciascuna
professione, e non anche gli atti che, mancando di tale tipicità,
possono essere compiuti da chiunque, anche se abbiano qualche connessione
con quello professionale (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 20/12/2000
n. 13273).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 17/5/2002 N. 274/02
Ai fini della sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione
deve ritenersi che atti tipici della professione forense, riservati all’avvocatura,
siano non solo gli atti giudiziali in cui culmina la prestazione professionale,
come una citazione civile o una discussione nel dibattimento penale, ma
anche quelli preparatori, come le sessioni col cliente destinate ad istruire
la causa.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 17/5/2002 N. 274/02
Ai fini della sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione
deve ritenersi che pareri, consulenze e attività di assistenza stragiudiziale
in genere sono incriminabili se compiuti in un contesto idoneo ad indurre
la convinzione, oltre che l’affidamento, che provengano da un legale abilitato,
mentre sono penalmente irrilevanti, non essendovi lesione dell’interesse
protetto, se chi le rende agisce chiaramente in veste non professionale.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 17/5/2002 N. 274/02
Ai fini della sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione
è irrilevante che chi rende la consulenza legale non si arroghi
il titolo di avvocato (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 13/2/1978 in Cass.
pen. 1980, 346).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 17/5/2002 N. 274/02
ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE – ELEMENTO SOGGETTIVO.
Ai fini scriminanti del reato di esercizio abusivo della professione
forense non ha rilievo l’assenza di scopo di lucro nè l’esistenza
di un movente di carattere meramente privato e neppure il consenso alla
prestazione manifestato dal destinatario, essendo sufficiente la consapevolezza
della mancanza del titolo abilitativo (cfr. Cassazione Sezione II, sent.
21/10/2000 n. 10816).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 17/5/2002 N. 274/02
ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE – SOGGETTO ATTIVO.
Il reato di esercizio abusivo della professione forense può
essere commesso anche da avvocati radiati dall’albo (cfr. Cassazione Sezione
VI, sent. 24/4/1969 n. 375).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 17/5/2002 N. 274/02
Ai fini della sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione
è irrilevante che chi rende la consulenza legale non si arroghi
il titolo di avvocato (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 13/2/1978 in Cass.
pen. 1980, 346).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 17/5/2002 N. 274/02
ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE - SOGGETTO DANNEGGIATO.
In caso di esercizio abusivo della professione forense la costituzione
di parte civile del consiglio dell’ordine degli avvocati presso il tribunale
presso cui ha avuto luogo l’attività asseritamente abusiva è
ammissibile essendo individuabile un danno di tale ente esponenziale non
solo riguardo all’immagine ma anche sul piano patrimoniale, ancorchè
tale danno sia certo solo nell’an e non esattamente determinabile nel quantum.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, ORD. 12/3/2002 IN PROC. N. 1331/00
R.G.N.R.
ART. 349 C.P.
SIGILLI - VIOLAZIONE - PROVA.
La responsabilità del custode per violazioni di sigilli non
é provata dalla sua qualifica laddove il bene sigillato sia accessibile
da terzi (nella specie i sigilli erano stati apposti ad una costruzione
affidata all’imputato situata in luoghi frequentati da familiari di questi).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 1/10/1991 N. 233/91
Non è configurabile il delitto di violazione dei sigilli apposti
dall’ente erogatore dell’energia elettrica, allorchè l’utente autonomamente
ritenga di poter provvedere all’allaccio in precedenza autoritativamente
interrotto dall’ente di cui sopra, ove ciò avvenga dopo il pagamento
di quanto dovuto all’ente medesimo, in quanto tale pagamento induce l’utente
a ritenersi autorizzato a ripristinare l’erogazione.
PRETORE DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA, SENT. 22/6/1999
N. 186/99
SIGILLI – VIOLAZIONE – CONCORSO CON IL REATO DI DANNEGGIAMENTO DI
COSA SOTTOPOSTA A SEQUESTRO.
In caso di prosecuzione di lavori edilizi in un cantiere sequestrato
il delitto di cui all’art. 334 c.p. (danneggiamento di cosa sottoposta
a sequestro) concorre con la violazione di cui all’art. 349 c.p. (violazione
di sigilli) in quanto la continuazione dei lavori edilizi in un edificio
sottoposto al vincolo del sequestro costituisce una condotta assimilabile
alle forme del danneggiamento o della soppressione (pertanto il tribunale
non aveva aderito alla giurisprudenza anche di legittimità secondo
cui l’azione compiuta da chi prosegue i lavori edilizi in un cantiere sequestrato
non sottrae, non sopprime, non distrugge, non disperde né deteriora
ma anzi migliora, completandola, la cosa sequestrata: cfr. Cassazione Sezione
III, sent. 25/6=1/10/1999 n. 11306).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 19/01/2001 N. 20/01
ART. 350 C.P.
SIGILLI - VIOLAZIONE - AGEVOLAZIONE COLPOSA.
La responsabilità del custode per agevolazione colposa di violazioni
di sigilli é la sola che può essere affermata nei confronti
del custode del bene sigillato che risulti accessibile da terzi (nella
specie i sigilli erano stati apposti ad una costruzione affidata all’imputato
situata in luoghi frequentati da familiari di questi).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 1/10/1991 N. 233/91
ART. 353 C.P.
INCANTI – TURBATA LIBERTÀ – NATURA.
La turbata libertà degli incanti è reato di pericolo
e si realizza indipendetemente dal risultato della gara, quando questa
sia fuorviata dal suo normale svolgimento attraverso le condotte tipiche
previste dalla norma, le quali alterino il gioco della concorrenza, che
deve liberamente svolgersi sia a tutela dell’interesse dei privati partecipanti,
nei quali si è creato l’affidamento nella regolarità del
procedimento, sia a garanzia dell’interesse della pubblica amministrazione
all’aggiudicazione al miglior offerente.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/3/2001 N. 119/01
INCANTI – TURBATA LIBERTÀ – ELEMENTO OGGETTIVO.
Al fine della commissione del reato di turbata libertà degli
incanti non occorrono atti concretanti violazioni di legge, essendo sufficiente
qualsiasi irregolarità che impedisca o alteri il confronto delle
offerte (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 22/12/1997 n. 11984).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/3/2001 N. 119/01
Nella nozione di "altri mezzi fraudolenti" di cui all’art. 353 c.p.
rientrano tutti i mezzi concretamente idonei a conseguire l’effetto, come
quando ad un’asta di vendite presso il tribunale l’agente – non preposto
all’incanto – faccia maliziosamente circolare la voce che la partecipazione
alla gara in corso non sia conveniente, svolgendosi con modalità
diverse da quelle sino ad allora praticate, ottenendo in tal modo l’astensione
dalla gara di taluni dei partecipanti e conseguendo il risultato di far
fare ai partecipanti rimasti offerte coincidenti con il presso base (cfr.
Cassazione 25/9/1998 n. 10130) o come quando un’offerta in ribasso assolutamente
anomala ed economicamente del tutto ingiustificata sia effettuata nella
consapevolezza che essa concorra in modo del tutto prevalente a determinare
a livello minimo la c.d. offerta media, idonea a identificare l’aggiudicatario
della gara (cfr. Cassazione 15/7/1999 n. 9062).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/3/2001 N. 119/01
INCANTI – TURBATA LIBERTÀ – OFFENSIVITA'.
Il bene giuridico tutelato nel reato di turbativa d’asta deve ravvisarsi
nel rispetto delle regole della libera concorrenza (cfr. Cassazione Sezione
VI, sent. 15/12/1997 n. 11483).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/3/2001 N. 119/01
ART. 355 C.P.
PUBBLICHE FORNITURE - INADEMPIMENTO - FRODE.
Per pubblica fornitura si intende non solo il contratto di somministrazione
ma anche quello che ha per oggetto un'unica prestazione, fornita in una
sola occasione o frazionata, da eseguirsi in favore della pubblica amministrazione.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/6/1995 N. 100/95
ART. 356 C.P.
PUBBLICHE FORNITURE - FRODE.
Nel delitto di frode nelle pubbliche forniture non é richiesto
un vero e proprio inganno e neanche un danno patrimoniale per la pubblica
amministrazione, essendo sufficiente la dolosa consegna dell'aliud pro
alio come nell'ipotesi di cui all'art. 515 c.p. Si ha perciò frode
in ogni caso di inadempimento effetto di mala fede contrattuale, indipendentemente
dalla presenza di mezzi ingannevoli ovvero tendenti a dissimulare l'inadempimento
stesso (fattispecie in tema di illuminazione aggiuntiva e straordinaria
in occasione delle festività natalizie e del festival della canzone
italiana).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/6/1995 N. 100/95
ART. 357 C.P.
PUBBLICO UFFICIALE – CASISTICA – PRIMARIO OSPEDALIERO.
Nel primario di un ospedale deve ravvisarsi la qualifica di pubblico
ufficiale non solo perché dipende da un ente che persegue fini pubblici
ma anche perché esercita un’attività amministrativa, oltre
a quella di natura tecnica.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
PUBBLICO UFFICIALE – CASISTICA – SANITARIO OSPEDALIERO.
I sanitari ospedalieri devono essere considerati meri incaricati di
pubblico servizio a condizione che non esercitino, insieme all’attività
sanitaria, attività concorrenti alla formazione delle volontà
della pubblica amministrazione (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 11/12/1979
in Cass. pen. 1981, 1239).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
pubblico
ufficiale – CASISTICA – dipendente dell’ente poste italiane.
Al
dipendente dell’Ente Poste Italiane – ente che svolge un servizio pubblico
consistente nell’assicurare la comunicazione epistolare e ogni altro tipo di
comunicazione – al quale sia affidata la mansione di addetto al servizio dei
conti correnti postali va riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale nell’attività
connessa alla riscossione delle somme versate in conto corrente, trattandosi
dell’esercizio di poteri certificativi che si esplicano attraverso il
rilascio di coumenti aventi efficacia probatoria (cfr. Cassazione Sezione VI,
sent. 26/8/1997 n. 7972).
Tribunale
monocratico di Sanremo Sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 3/10/2003 n.
499/03
ART. 358 C.P.
INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO – NOZIONE.
La nozione penalistica di persona incaricata di pubblico servizio deve
essere definita unicamente in base alla norma interna (art. 358 c.p.) in
quanto dalla normativa comunitaria non sono ricavabili direttive analitiche
e particolareggiate, come tali applicabili direttamente anche in campo
penalistico come ritenuto anche dalla Corte costituzionale, bensì
solo direttive generali, non recepite da norme interne.
TRIBUNALE DI SANREMO, ORD. 15/4/1997
INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO – CASISTICA - CONCESSIONARIO DI
LOTTI PER L’EDILIZIA ECONOMICA POPOLARE.
È incaricato di pubblico servizio ai sensi dell'art. 358 c.p.
il legale rappresentante di una società concessionaria di lotti
per la costruzione e la vendita di alloggi edilizia convenzionata in zona
destinata all'edilizia economica popolare, essendo pacifico che tale concessionaria
svolga un pubblico servizio agendo per il perseguimento di finalità
pubbliche, quelle proprie dell'edilizia economica popolare cioé
di un rilevante settore d'intervento della mano pubblica funzionalmente
connesso al soddisfacimento delle esigenze abitative dei cittadini meno
abbienti (nella fattispecie il Tribunale ha affermato che il provvedimento
di concessione del pubblico servizio in questione fosse costituito dal
provvedimento comunale di assegnazione in via definitiva dei lotti su cui
effettuare l'intervento edificatorio e dalla successiva convenzione tra
Comune e privato nell'ambito della quale era concesso a quest'ultimo di
effettuare l'intervento edificatorio medesimo, aggiungendo comunque che
l'esistenza di un provvedimento formale di concessione non fosse necessario
ai fini della sussistenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio:
cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 18/1/1994 in Cass. pen. 96, 1811).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 3/7/1997 N. 121/97
INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO – CASISTICA - ADDETTO ALLA CAMERA
MORTUARIA.
Gli addetti alla camera mortuaria devono essere ritenuti incaricati
di pubblico servizio in forza delle mansioni loro riconosciute come proprie
e, a fortiori, quando siano destinatari di ordini di servizio che loro
affidino compiti aggiuntivi rispetto a quelli meramente materiali, quali
vigilanza, diffida, allontanamento, grazie a cui gli agenti sono chiamati
non solo ad attuare la volontà della pubblica amministrazione ma
anche a concorrere alla sua formazione (nella specie, il tribunale ha accertato
che gli addetti alla camera mortuaria avevano ricevuto l’incarico di far
rispettare un divieto, rivolto agli impresari di pompe funebri, di stazionare
ingiustificatamente presso la stessa camera mortuaria valutando volta per
volta con discrezionalità le situazioni che si venivano a prospettare).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 2/4/2001 N. 134/01
INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO – CASISTICA – SANITARIO OSPEDALIERO.
I sanitari ospedalieri devono essere considerati meri incaricati di
pubblico servizio a condizione che non esercitino, insieme all’attività
sanitaria, attività concorrenti alla formazione delle volontà
della pubblica amministrazione (cfr. Cassazione Sezione VI, sent. 11/12/1979
in Cass. pen. 1981, 1239).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/5/2002 N. 254/02
Art.
359 c.p.
esercente
un servizio di pubblica utilità – casistica - progettista.
Il
progettista che assevera la conformità agli strumento urbanistici delle opere
realizzate assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica
utilità ex art. 359 c.p.
Tribunale
di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 11/2/2002 n. 105/02
ART. 361 C.P.
OMESSA DENUNCIA – NATURA.
Il delitto di omessa denuncia è reato istantaneo e si consuma
al momento in cui l’agente apprende la notizia di reato in tutta la sua
pienezza e concretezza, rimanendo inerte.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 8/5/2000 N. 305/00
ART. 367 C.P.
SIMULAZIONE DI REATO - ELEMENTO OGGETTIVO.
L’avvio di un procedimento penale non è elemento costitutivo
del delitto di calunnia mentre è elemento essenziale del diverso
delitto di simulazione di reato.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 5/10/1999 N. 231/99
ART. 368 C.P.
CALUNNIA - NATURA.
La calunnia è reato di pericolo che si configura anche quando
il delitto oggetto di falsa incolpazione non è stato commesso.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 5/10/1999 N. 231/99
CALUNNIA - ELEMENTO OGGETTIVO.
Si ha calunnia allorchè la falsa denuncia sia idonea ad avviare
accertamenti di polizia giudiziaria a carico del soggetto falsamente incolpato.
La valutazione dell’idoneità in questione avviene ex ante e quindi
con riferimento al momento della dichiarazione calunniosa.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 5/10/1999 N. 231/99
La falsa attribuzione di un reato da parte dell'agente che sia contenuta
in una deposizione palesemente infondata o inverosimile, alla luce del
suo stesso contenuto, non integra gli estremi del delitto di calunnia per
carenza dell'elemento oggettivo del reato (nella specie il Tribunale ha
assolto l'imputato perché il fatto non sussiste rilevando che le
dichiarazioni accusatorie erano state rese dopo che all'imputato stesso
era stata contestata l'inverosimiglianza delle sue asserzioni difensive
poste a fondamento delle pretese accusatorie: cfr. Cassazione Sezione VI
26/3/1993 n. 3040).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 13/7/1996 N. 109/96
Non
è configurabile il delitto di calunnia in caso di impossibilità di avviare
un procedimento penale.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 28/6/2002 n. 336/02
Calunnia
- elemento soggettivo.
La
certezza dell'innocenza dell'incolpato costituisce l'essenza del dolo del
delitto di calunnia e perciò deve essere piena e assoluta nel momento in cui
l'incolpazione ha luogo, a condizione che il convincimento della colpevolezza
del denunciato, ove erroneo, sia fondato su elementi seri e concreti e non
già su mere congetture o supposizioni (cfr. Cassazione sezione VI 5/3/1992 n.
2389).
Tribunale
di Sanremo, sent. 28/3/1995 n. 62/95
Manca
il dolo della calunnia nel caso in cui la volontà di incolpazione abbia ad
oggetto un reato perseguibile a querela e sia frutto di un’errore su legge
diversa da quella penale, rilevante ai sensi dell’art. 47 ultimo comma c.p.,
in quanto le norme che descrivono il reato oggetto di incolpazione nella
fattispecie della calunnia sono norme diverse da quella incriminatrice e da
quelle da questa richiamate.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 28/6/2002 n. 336/02
Se
la falsa dichiarazione di smarrimento di un assegno consegnato invece in
pagamento ad altro soggetto può assumere oggettivamente la valenza di una
denuncia di furto o di ricettazione, procedibili d’ufficio, e non già
quelli di appropriazione indebita di cosa smarrita e di falso in assegno,
procedibili solo a querela, non sussiste l’elemento soggettivo del delitto
di calunnia quando l’agente agisca al solo fine di evitare l’incasso del
titolo e manchi la preordinazione a far convergere sulla persona offesa le
accuse di furto o ricettazione ma solo quella di appropriazione indebita di
cosa smarrita, talchè si ha una volontà di incolpazione così orientata,
frutto di un’errore su legge diversa da quella penale, rilevante ai sensi
dell’art. 47 ultimo comma c.p.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 28/6/2002 n. 336/02
CALUNNIA -
CASISTICA.
La falsa attribuzione di un reato da parte dell'agente che sia contenuta
in uno scritto anonimo integra gli estremi del delitto di calunnia ove
sia indirizzato a chi per dovere istituzionale abbia l'obbligo di riferire
all'autorità giudiziaria perché in tal modo si mette comunque
in movimento il complesso meccanismo del procedimento penale.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 21/3/1995 N. 57/95
La
falsa dichiarazione di aver smarrito un assegno consegnato invece in pagamento
ad un altro soggetto integra il reato di calunnia poiché simula ai danni del
prenditore del titolo i reati di furto o di ricettazione, procedibili d’ufficio,
e non già quelli di appropriazione indebita di cosa smarrita e di falso in
assegno, procedibili solo a querela, e ciò in quanto il portatore può
agevolmente risalire al titolare del conto corrente su cui è tratto l’assegno
sulla base delle annotazioni contenute nell’assegno medesimo (cfr.
Cassazione Sezione VI, sent. 5/9/1996 n. 8328).
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 28/6/2002 n. 336/02
Art.
371 c.p.
Falso
giuramento - casistica.
Commette
il delitto di falso giuramento la parte che giura falsamente davanti al
giudice di aver adempiuto ad un’obbligazione pecuniaria mediante pagamento
della somma corrispondente anche quando si accerti che tale obbligazione sia
già prescritta al momento del giuramento.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di ventimiglia, sent. 20/2/2002 n.
113/02
ART. 371-BIS C.P.
FALSE INFORMAZIONI AL PUBBLICO MINISTERO – QUESTIONI PROCESSUALI.
Presupposto necessario e indefettibile per l’operatività della
sospensione del processo per false informazioni al pubblico ministero,
fino a quando nel procedimento in cui sono state rese le informazioni non
sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero sia intervenuta archiviazione
o sentenza di non luogo a procedere, è la sussistenza di un collegamento
tra l’oggetto della presunta falsa dichiarazione ed il procedimento pendente,
nel senso che nel corso di quest’ultimo dovrebbe essere accertato, quanto
meno all’esito del giudizio di primo grado, che le informazioni rese dall’agente
al pubblico ministero risultino effettivamente contrastanti con quanto
successivamente emerso in sede dibattimentale (nella specie, l’oggetto
del procedimento si riferiva a fatti completamente diversi rispetto a quelli
su cui l’imputato venne sentito dal pubblico ministero, sicchè in
assenza di qualsiasi possibile collegamento tra l’oggetto della testimonianza
ed il processo pendente nessun reale effetto sulla veridicità o
meno della dichiarazione resa in sede di indagini preliminari dall’imputato
potrebbe determinarsi in esito al giudizio di primo grado).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 28/7/2000 N. 483/00
FALSE INFORMAZIONI AL PUBBLICO MINISTERO – CASISTICA.
Non sussiste il delitto di cui all’art. 371 bis c.p. nel caso in cui
un praticante giornalista eserciti la facoltà propria del giornalista
professionista di astenersi dal deporre sui nomi delle persone dalle quali
il medesimo abbia avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio
della sua professione (nella specie, il tribunale ha equiparato il praticante
giornalista al giornalista professionista).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 11/12/2000 N. 662/00
ART. 372 C.P.
FALSA TESTIMONIANZA – ELEMENTO OGGETTIVO.
Ove le dichiarazioni del teste siano tali da portare un contributo
legittimo alla prova che si ricerca, le ulteriori circostanze ingiustamente
negate nella sua deposizione che siano però prive di efficacia probatoria
ulteriore sono irrilevanti ai fini della sussistenza del reato di falsa
testimonianza.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 9/2/1995 N. 32/95
Per la sussistenza del delitto di falsa testimonianza è sufficiente
che la circostanza sulla quale il teste rende mendace dichiarazione sia
pertinente alla causa e abbia la possibilità, sia pure astratta,
di influire sulla decisione: pertanto non è dato distinguere tra
circostanze importanti e circostanze secondarie, perché la configurabilità
del reato è esclusa solo quando il mendace, mentendo su fatti e
circostanze assolutamente estranei all’oggetto dell’accertamento giudiziale,
non ha alcuna idoneità ad alterare il convincimento del giudice
e, quindi, alcuna possibilità di incidere sul normale funzionamento
dell’attività giudiziaria (cfr. Cassazione sezione VI, sent. 3/2/1986
n. 1206).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 12/6/2000 N. 385/00
FALSA TESTIMONIANZA - ESIMENTE.
L'art. 384 c.p. esclude la punibilità per il delitto di falsa
testimonianza nel caso in cui il fatto sia commesso a causa della necessità
di salvare sé stessi da un grave e inevitabile nocumento nella libertà
o nell'onore: pertanto tale norma implica che, ove un fatto astrattamente
configurabile come reato sia stato commesso da persona chiamata come teste
a deporre sullo stesso fatto, la ritrattazione di una prima deposizione
non veritiera non può pretendersi tale da costringere l'agente ad
autoaccusarsi del reato perché si possa affermare la sua volontà
di dire il vero.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 15/6/1998 N. 173/98
ART. 376 C.P
REATI CONTRO L’ATTIVITÀ GIUDIZIARIA - ESIMENTE.
La ritrattazione vale quale condizione di non punibilità ai
sensi dell’art. 376 c.p. anche ove abbia luogo nel procedimento penale
promosso in relazione al reato di cui all’art. 371 bis c.p.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 16/10/2001 N. 505/01
L'art. 384 c.p. esclude la punibilità per il delitto di falsa
testimonianza nel caso in cui il fatto sia commesso a causa della necessità
di salvare sé stessi da un grave e inevitabile nocumento nella libertà
o nell'onore: pertanto tale norma implica che, ove un fatto astrattamente
configurabile come reato sia stato commesso da persona chiamata come teste
a deporre sullo stesso fatto, la ritrattazione di una prima deposizione
non veritiera non può pretendersi tale da costringere l'agente ad
autoaccusarsi del reato perché si possa affermare la sua volontà
di dire il vero.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 15/6/1998 N. 173/98
ART. 378 C.P
FAVOREGGIAMENTO – ELEMENTO OGGETTIVO.
Il reato di cui all'art. 378 c.p. si commette ponendo in essere un
qualunque atto idoneo ad agevolare l’autore di un reato ad eludere le investigazioni,
talchè non occorre che l’autorità sia stata effettivamente
fuorviata, come nel caso in cui l’autorità stessa sia già
a conoscenza della verità dei fatti avendo conseguito la prova della
commissione del reato.
PRETORE DI SANREMO, SENT. 27/8/1999 N. 273/99
Onde restringere la genericità della condotta di favoreggiamento
prevista dall’art. 378 c.p., ai fini della rilevanza penale della condotta
medesima occorre che questa sia diretta ad un risultato offensivo e in
funzione di un reato presupposto.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 23/4/2001 N. 166/01
FAVOREGGIAMENTO – ELEMENTO SOGGETTIVO.
Presupposto soggettivo del reato di favoreggiamento è la coscienza
che la persona aiutata sia ricercata (cfr. Cassazione n. 2577 del 1984).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 15/11/1990 N. 338/90
Onde restringere la genericità della condotta di favoreggiamento
prevista dall’art. 378 c.p., ai fini della rilevanza penale della condotta
medesima occorre che questa sia diretta ad un risultato offensivo e in
funzione di un reato presupposto.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 23/4/2001 N. 166/01
FAVOREGGIAMENTO – CASISTICA.
Sussiste il reato di cui all'art. 378 c.p. nel caso in cui l'agente
consegni a persona sottoposta ad indagini un apparecchio per il controllo
delle operazioni di intercettazione telefonica in corso di esecuzione,
così da consentire l'accertamento dell'effettivo svolgimento di
tale attività di indagine.
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 27/11/1995 N. 287/95
Nella nozione di aiuto rilevante ex art. 378 c.p. ricadono anche le
pressioni esercitate sulla persona offesa o su un terzo per indurlo a ritrattare
le accuse formulate a carico dei soggetti che si intendono favorire (cfr.
Cassazione, sent. n. 184776 C.E.D. Cass. del 1990).
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 26/11/1998 N. 337/98
Il principio generale nemo tenetur se detegere, in forza del
quale all’accusato è riconosciuto il diritto di non autoaccusarsi,
si applica anche in relazione all’ipotesi in cui l’indagato, nel corso
di un interrogatorio davanti al pubblico ministero, menta negando ovvero
mostrandosi reticente in ordine alla partecipazione di un presunto complice,
potendo ciò essere imposto dalle esigenze della propria difesa (in
base alla suindicata enunciazione, in applicazione dell’art. 384 c.p.,
il giudice ha mandato assolto l’imputato, cui era contestato il delitto
di favoreggiamento per aver negato il coinvolgimento di un presunto complice
nel reato per il quale era sottoposto ad indagine).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/3/2002 N. 143/02
ART. 380 C.P.
INFEDELE PATROCINIO - NATURA.
L’art. 380 c.p.p. prevede un’ipotesi di reato istantaneo ed il momento
consumativo del reato si verifica quando il difensore sia tenuto a svolgere
una certa attività e non la svolga.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/10/2000 N. 540/00
INFEDELE PATROCINIO -
ELEMENTO OGGETTIVO.
Per la sussistenza del delitto di cui all’art. 380 c.p.p. non occorre
l’attuale pendenza di un giudizio, essendo sufficiente un rapporto professionale
orientato a sfociare in un giudizio.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/10/2000 N. 540/00
Presupposto del reato di infedele patrocinio di cui all’art. 380 c.p.
è l’esercizio della difesa, della rappresentanza e dell’assistenza
davanti all’autorità giudiziaria, intese come oggetto del rapporto
di partecipazione professionale e non come estrinsecazione effettiva di
attività processuale, per cui ad integrare l’elemento oggettivo
del reato in questione è sufficiente che l’esercente la professione
forense si renda infedele ai doveri connessi all’accettazione dell’incarico
indipendentemente dall’attuale svolgimento di un’attività processuale
e sinanco dalla pendenza della lite, giacchè il pregiudizio in danno
della parte può concretarsi nella dolosa astensione dalla doverosa
attività processuale.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 6/10/2000 N. 540/00
ART. 384 C.P.
NOCUMENTO NELLA LIBERTÀ E NELL'ONORE - NON PUNIBILITÀ.
L'art. 384 c.p. esclude la punibilità per il delitto di falsa
testimonianza nel caso in cui il fatto sia commesso a causa della necessità
di salvare sé stessi da un grave e inevitabile nocumento nella libertà
o nell'onore: pertanto tale norma implica che, ove un fatto astrattamente
configurabile come reato sia stato commesso da persona chiamata come teste
a deporre sullo stesso fatto, la ritrattazione di una prima deposizione
non veritiera non può pretendersi tale da costringere l'agente ad
autoaccusarsi del reato perché si possa affermare la sua volontà
di dire il vero.
TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 15/6/1998 N. 173/98
La tutela della libertà e dell’onore di cui all’art. 384 c.p.
ricomprende anche quella della vita e dell’integrità personale (nella
specie, è stata mandata assolta una prostituta albanese imputata
del reato di falsa testimonianza per avere negato al giudice di essere
sfruttata da un protettore della stessa nazionalità di cui era paventato
il comportamento violento).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 20/3/2002 N. 187/02
ART. 385 C.P.
EVASIONE –
DETENZIONE IN CARCERE – PERMESSO PREMIO - VIOLAZIONE DEL TERMINE PER IL
RIENTRO.
Anche
prima della scadenza del termine per il rientro in carcere commette il reato
di evasione e non già una mera violazione disciplinare il detenuto in
permesso premio che a poche ore dalla scadenza del termine predetto sia
trovato a centinaia di chilometri dal luogo di detenzione in prossimità del
confine nell’atto di espatriare, sicchè debba presumersi la volontà di
evadere e l’assenza dell’animus revertendi.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 5/8/2002 n.
337/02
EVASIONE – ARRESTI DOMICILIARI – AUTORIZZAZIONE
AD ASSENTARSI - VIOLAZIONE DELL’AUTORIZZAZIONE.
Integra il reato di evasione la condotta di chi, autorizzato ad assentarsi
dal domicilio ex art. 284 comma 3 c.p.p., si assenti per ragioni diverse
da quelle per le quali è stata concessa l’autorizzazione (cfr. Cassazione
Sezione VI, sent. 24/2/1997 in Riv. pen. 1997, 371).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 27/6/2001 N. 257/01
Non integra il reato di evasione la condotta di chi, autorizzato ad
assentarsi dal domicilio ex art. 284 comma 3 c.p.p. per ragioni di lavoro,
si assenti non più di mezz’ora prima dell’inizio dell’orario di
lavoro, dovendosi ritenere che tale uscita anticipata sia necessaria per
raggiungere con puntualità il luogo di lavoro (nella specie, l’imputato
si era allontanato verso le ore 14 e l’inizio dell’orario di lavoro era
previsto per le 14,30).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO SEZIONE DISTACCATA DI VENTIMIGLIA,
SENT. 11/5/2001 N. 177/01
EVASIONE – SPONTANEA COSTITUZIONE IN CARCERE.
Sussiste il reato di evasione ove l’agente, sottoposto alla misura
coercitiva degli arresti domiciliari, esca dalla propria abitazione, ancorchè
per presentarsi spontaneamente ad una casa circondariale ivi sostenendo
di non voler più beneficiare del regime della misura coercitiva
suddetta.
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 24/11/2000 N. 633/00
Ove
l’evaso, sottoposto alla misura alternativa della detenzione domiciliare, si
presenti spontaneamente prima della condanna alla polizia giudiziaria, è
riconoscibile la circostanza attenuante dell’ultimo comma dell’art. 385
c.p., espressamente richiamato per la detenzione domiciliare dall’art. 47
ter comma 8 O.P.
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 18/10/2002 n.
433/02
evasione
– elemento soggettivo.
L’evasione
dal luogo della detenzione domiciliare che sia causata dallo sfratto esecutivo
del detenuto non costituisce reato per difetto dell’elemento soggettivo, non
essendo ravvisabile nell'agente la volontà di sottrarsi allo stato di
restrizione personale (nella specie l’imputato era stato allontanato dal
luogo di detenzione ma non aveva chiesto tenpestivamente al magistrato di
sorveglianza l’autorizzazione al trasferimento in altro luogo, atto ritenuto
comunque dovuto).
Tribunale
monocratico di Sanremo sezione distaccata di Ventimiglia, sent. 31/3/2003 n.
200/03
EVASIONE - motivi di particolare
valore morale o sociale.
Sussiste
la circostanza attenuante dell'aver agito per motivi di particolare valore
morale o sociale di cui all'art. 62 n. 1 c.p. nel caso in cui l’evasione
dagli arresti domiciliari sia commesso al fine di recarsi al capezzale di un
prossimo congiunto gravemente malato.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 18/4/2003 n. 148/03
Art.
390 c.p.
procurata
inosservanza della pena – elemento oggettivo.
L’aiuto
portato da un terzo integra gli estremi del reato di cui all’art. 390 c.p.
solo quando sia in rapporto di connessione teleologica e causale con l’intento
del condannato di sottrarsi all’esecuzione della pena, quando cioè
costituisca un’attività consapevolmente convergente con quella del
condannato stesso ai fini della realizzazione dell’intento anzidetto, in
difetto di che il reato è escluso non potendosi considerare penalmente
illecito un qualsiasi aiuto al condannato, che l’ordinamento vigente non
esclude dal consorzio civile (cfr. Cassazione 10/4/1961 in Giust. Pen. 1962,
II, 70).
Tribunale
di Sanremo, sent. 8/7/2002 n. 340/02
ART. 392 C.P.
ESERCIZIO ARBITRARIO DELLE PROPRIE RAGIONI - PRESUPPOSTI.
Presupposto oggettivo dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni
è la mera esistenza di una pretesa giudizialmente azionabile fondata
su un diritto, anche solo putativo, mentre il presupposto soggettivo si
integra se ad agire è il titolare del diritto ovvero chi lo esercita
per lui come negotiorum gestor, anche in difetto di investitura formale
(cfr. Cassazione, sent. 5/2-8/9/1991 n. 8836).
TRIBUNALE MONOCRATICO DI SANREMO, SENT. 28/11/2001 N. 465/01
Art.
393 c.p.
esercizio
arbitrario delle proprie ragioni – differenza da altri reati.
Il
criterio di differenziazione tra le due ipotesi delittuose previste dall’art.
629 c.p. e dall’art. 393 c.p. risiede nell’elemento soggettivo: nel reato
di estorsione l’intenzione dell’agente si concretizza nel fine di
conseguire un profitto, pur sapendo di non averne alcun diritto, mentre nel
reato di ragion fattasi l’agente persegue il compimento di un profitto nella
convinzione ragionevole, anche se giuridicamente infondata, di attuare un suo
preciso diritto, di realizzare cioè personalmente e direttamente una pretesa
che potrebbe obiettivamente formare oggetto di una vertenza giudiziaria.
Tribunale
monocratico di Sanremo, sent. 28/6/2002 n. 334/02
ART. 411 C.P.
PIETÀ DEI DEFUNTI – CASISTICA - DISPERSIONE DELLE CENERI DI CADAVERE.
In mancanza di autorizzazione dell’ufficiale di stato civile è
sempre penalmente rilevante, sebbene ora punita meno gravemente a seguito
dell’entrata in vigore della L. 130/01, la sottrazione e dispersione delle
ceneri derivanti dalla cremazione di una salma (nella specie, l’imputata
aveva gettato in mare le ceneri del figlio defunto).
G.U.P. DEL TRIBUNALE DI SANREMO, SENT. 29/5/2001 N. 339/01 |