"Distendere la vela e decollare, staccarsi finalmente dalla propria ombra non è l'obiettivo finale, è solo un passo in più verso..."

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Staccarsi dalla propria ombra

di Giorgio Sabbioni

Fino a pochi anni fa, dei quattro elementi fondamentali del mondo fisico: terra, acqua, aria e fuoco, il frequentare gli ambienti naturali ci portava a conoscerne approfonditamente solo due: la terra (anche perché siamo dei bipedi terrestri) e l'acqua, elemento dal quale è nata la vita.
Scartato a priori il fuoco per evidente incompatibilità ambientale, irraggiungibile ci rimaneva l'aria.
È vero che siamo permeati dall'aria, la sentiamo muoversi intorno e dentro di noi, la solchiamo, quasi usandole violenza, con gli aeroplani, ma impalpabile ci sfiora i capelli e ci sfugge tra le dita, ed il mondo di cristallo che ci circonda resta lontano ed irraggiungibile.
Osservandolo dai suoi confini possiamo veder crescere un cumulonembo o ammirare il volo degli uccelli; possiamo giocare con la forza del vento, ma,in ultima analisi, cosa ci sia ad un passo più in là lo possiamo a malapena immaginare perché sfugge al senso della vista, appartenendo a quelli del tatto, olfatto e udito.
Poi, agli inizi degli anni `80, qualcuno, un paracadutista francese ("Dio strabenedica i francesi") cominciò a pensare che, invece di lanciarsi dagli aerei, era possibile farlo anche dalle falesie della Bretagna, dove il forte vento di mare, sostenendo un po' il paracadute, ne prolungava la permanenza in aria.
Passò qualche anno e quello che era inizialmente un paracadute cominciò a cambiare forma: si allungò e si assottigliò. Le planate si fecero via via più prolungate. Poi le vele divennero capaci di sabre ad altezze impensabili e di spostarsi per decine e centinaia di chilometri. Era nato il "parapende o "parapendio".
Non è una nuova moda, le mode sono comode, appariscenti e appagano l'ego a scapito dell'Io, fanno status symbol; questa è più una vocazione, nasce dal profondo del proprio essere, dallo spirito che animò la prima scimmia a scendere dall'albero ed a camminare eretta.

 Al principio fu una serie di insuccessi e incidenti ma anche di soddisfazioni impagabili, come solo quelle che i primi scopritori possono aver provato.
La strada tracciata dai paracadutisti venne seguita subito dagli alpinisti, gli unici disposti a sobbarcarsi estenuanti fatiche per raggiungere i luoghi adatti al decollo e anche le persone meglio preparate ad affrontare l'ignoto del nuovo elemento.
Poi i mezzi divennero più sofisticati, sicuri e affidabili e il numero dei praticanti iniziò a crescere. Così venne varcato il confine e anche l'aria divenne un elemento conosciuto, frequentabile e frequentato, ma non con lo spirito del diportista domenicale, per il quale l'acqua non è altro che un ulteriore spazio dove scorrazzare con il proprio motoscafo, bensì con lo spirito del canoista, che impara a conoscere le bizzarrie della corrente, o dell'alpinista di razza, per il quale ogni salita è una nuova occasione per incontrare se stesso e la montagna a mani nude.
Ed è questo lo spirito del parapendio. Con l'aria non è possibile barare, sia nella tranquilla planata che nella forte turbolenza di un pomeriggio primaverile, quando le correnti e il vento dispongono di te e della tua vela come meglio loro aggrada.
In aria, l'unico appiglio o approdo sicuro è dentro di sé, nella propria tranquillità, prudenza, capacità dì raziocinio.
Il rischio? Il rischio non esiste,forse, c'è ma non così forte da farci desistere. D'altro canto andare per monti comporta dei rischi, affrontarli o abbandonare è tutto in funzione della motivazione che ci anima.
Intendiamoci, il parapendio non è una sfida con la sorte, è solo un gioco di quelli che si possono fare in montagna, nel quale si è i giocatori, ma l'arbitro, colui cioè che impone le regole e decide di chiudere la partita alcune volte, non siamo noi.
Ecco sorgere spontanea la domanda: "Ma chi te lo fa fare?".
Quante volte e in quante occasioni ce lo siamo chiesto, la risposta è sempre rimasta nascosta nel profondo di noi stessi e, passati i momenti di tensione, la voglia tornava ogni volta più forte.
Come per chi va in montagna, anche per chi vola è difficile darsi una risposta. Le sensazioni sono indescrivibili e personali, si può invece cercare di trovarne le motivazionì: cosa spinge noi alpinisti a salire verso l'alto?
Ad ammazzarci di fatica per raggiungere una cima, un orizzonte differente verso il quale guardare?
Quante volte siamo arrivati sul punto più alto e ci siamo semplicemente limitati a guardare intorno a noi; era quello lo scopo?
O forse la vera ragione era ancora più profonda, dentro noi stessi?
Era la vetta il fondamento di tutto o era oltre? Cosa ci mancava a quel punto?
Si poteva ottenere un appagamento maggiore?

 

Consigli

È vivamente sconsigliato (e vietato dalla legge) volate con il parapendio senza aver frequentato un corso e conseguito il regolare brevetto.
Il pericolo per l'autodidatta staproprio nella facilità di governare il mezzo che può indurlo a compiere gravi errori di valutazione.
In realtà, non è tanto difficile decollare, volare e atterrare, quanto valutare in modo corretto le condizioni meteorologiche e aerelogiche (soprattutto direzione, intensità del vento e instabilità dell'aria), rapportandole al proprio mezzo e alle proprie capacità.
Un errore di valutazione può avere conseguenze gravissime.
Un buon corso richiede l'impegno almeno di tutti i fine settimana per quattro mesi e una serie di lezioni teoriche.
L'allievo inizierà a gonfiare la vela correndo su un dolce pendio per poi effettuare dei brevi decolli da qualche decina di metri di altezza, per passare infine ai voli "alti" sempre sotto la guida dell'istruttore.
In questo modo il neofita verrà preparato anche psicologicamente e, dopo circa 20 voli, sarà in grado di dare l'esame per il brevetto.
Le scuole, generalmente, forniscono le vele per la durata del corso; il costo complessivo tracorso e una buona vela (usata) è di circa 3/4 milioni di lire.
A quel punto il pilota sarà auto sufficiente, ma dovrà effettuare almeno 70/100 voli per acquisire la dovuta esperienza.
Pazienza e prudenza saranno le parole d'ordine; attenendosi scrupolosamente a queste regole d'oro non mancheranno le soddisfazioni e soprattutto si eviteranno gli spaventi.
Dovrete verificare preventiva mente l'area di atterraggio. A questo proposito va sfatato il mito che la vela possa atterrare ovunque; con l'esperienza capirete quale sia un buon atterraggio e quale invece possa servire solo per emergenza.
Buoni voli.

 

Equipaggiamento

L'equipaggiamento per il volo è composto da:

Come abbigliamento andrà bene quello da montagna; e raccomandabile per l'inverno la tenuta da sci.
Per poter fare para-alpinismo è necessario un grosso zaino da almeno 80 litri (ne esistono di specifici per questo). Lo stretto indispensabile per il volo può pesare 7-11 chili, a cui c'è da aggiungere uno zaino medio.
Serviranno buoni garretti per la salita; la discesa, se le condizioni lo consentiranno, sarà gratis!