La mountain bike è l'utlimo nato tra i modi di frequentare la montagna..
Vimercate, per praticare questa attività, ha una posizione geografica invidiabile, situata fuori dalla cintura urbana di Milano, è al centro di una rete di stradine secondarie che consentono di frequentare le odulate campagne circostanti e, via via, i rilievi di Montevecchia, di San Genesio e, per i più tosti, raggiungere direttamente da casa le montagne vere.
Siamo anche al centro di cinque parchi: "del Molgora", "Montevecchia e valle del Curone", "Adda nord", "Rio Vallone" e "Valle del Lambro
Nell'ambito del Cai si è così formato un gruppo di "biker" ed è possibile organizzare uscite, oltre che nei tradizionali weekend anche nelle sere della bella stagione

 

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Pensando a Bartali

di Giogio Sabbioni

La mountain bike o, come era più conosciuta alle sue origini "il rampichino", è l'ultimo grande evento nel mondo degli sport di massa che ha influenzato significativamente il modo di frequentare la montagna.
Allora, quando cominciammo noi, apparteneva ancora alla cerchia di quei fenomeni di costume del quale fanno parte i "giochi da spiaggia" o i nuovi balli, in bilico, cioè, tra moda passeggera e "nuova religione".
Correva il 1989 e un documentario sulla mountain bike commentava:
"Ci sono voluti la fantasia dei californiani, il senso degli affari dei giapponesi ed il bombardamento dei media per trasformare in uno status symbol quello che era considerato il mezzo di trasporto più povero dopo l'asino.
Così eccoci qua a pensare come diavolo facesse Bartali, mentre spingiamo una bici pesante come un cancello su per una salita da incubo che avevamo imboccato convinti che, tanto, non si faceva fatica".
Era una breve ma precisa analisi del fenomeno; sulle prime, restammo un po' sorpresi dal fatto che con tutti quei rapporti (18) si facesse ancora così tanto sforzo; tutti gli articoli al riguardo erano prodighi nel declamare la bellezza del nuovo gioco ma assolutamente reticenti in materia di impegno fisico.
Inoltre, abbandonando quell'aspetto sobrio e serioso tanto caro a De Sica nel film "Ladri di biciclette", quei nuovi "velocipedi" coloratissimi e pieni di aggeggini lucenti , oltre ad appagare la vanità del proprietario, cambiavano radicalmente anche il modo in cui veniva considerato il ciclista in città: non più estroso e squattrinato ma sportivo e "rampante".
La mountain bike (MTB) fu, per noi, un amore folgorante; abbandonati corde e moschettoni ci dedicammo alla nuova disciplina con una dedizione e una costanza da monaci Zen.
Era tutto nuovo, non esistevano guidine per i percorsi, non c'era un abbigliamento specifico ne una filosofia in materia. I mezzi, anche migliori, se confrontati con quelli di oggi erano dei veri e propri "cancelli" ed i cancelli, si sa, sono di ferro, pesanti e gravosi da spostare.
Però avevamo il mondo nelle mani, tutti i percorsi erano vergini (anche il parco del Curone), ci sentivamo dei pionieri.
Gli escursionisti sui sentieri ci guardavano sorpresi, quando si incontrava un altro biker ci si salutava ed era spontaneo fermarsi a conversare amabilmente come era costume tra gentiluomini d'altri tempi che si incontravano in montagna.
Nasceva anche una nuova etica, sensibilmente differente da quella del ciclista da strada; nei tratti impraticabili la bici veniva portata a mano o caricata in spalla ("bestemmia per lo stradista") ma il nostro scopo era quello di completare l'escursione che ci eravamo prefissati, naturalmente, quanto più possibile su sterrate e pedalando. Come conseguenza della nuova filosofia, si cominciò a pensare di andare per monti partendo direttamente con la bici da casa, con una preferenza per i percorsi fuori strada.
Nulla di nuovo sotto il sole. Durante l'ultimo conflitto mondiale usare la bicicletta per recarsi in montagna era una necessità dettata dalle ristrettezze economiche (Herman Buhl insegna) e molti di nostra conoscenza l'avevano fatto abitualmente.
Ma un conto era farlo per necessità, un altro per libera scelta (ogni tanto, non sempre). Così cominciammo a studiare e a realizzare itinerari che sposavano l'escursionismo alla bici.
Due esempi per tutti:
1) Vimercate - Rifugio Brioschi e ritorno (11 ore)
2) Vimercate - Monterone - Brumano - Cap. Monza - Vimercate (12 ore ed una pastasciutta)
Ma eravamo dei dilettanti. Al rifugio Scerscen in Val Malenco, dopo una gara di 1400 m di dislivello fino a quota 2800 su 12 km di strada sterrata resa ancora più massacrante da una nevicata, incontrammo un "bergamasco" che, pochi giorni prima, era venuto a provare il percorso, però partendo da Bergamo e ritornando in giornata.
Sconosciuto eroe di un nuovo mondo in cui le bici pesavano più di 15 kg.
Naturalmente gli inconvenienti meccanici e le cadute (in discesa) erano frequentissimi e fu giocoforza diventare bravi meccanici e infermieri. Oltre alle pezze per le forature, le pinze, le chiavi inglesi e a brugola, il tagliacatena, il tiraraggi ecc... ci portavamo anche le bende e i cerotti.
L'imprevisto era sempre in agguato, come quella volta quando a Luigi gli si spezzò il telaio a circa un'ora dalla strada più vicina o quando a Chicco gli si sfilò la ruota anteriore durante una discesa a rompicollo.
Chicco è ancora qui a raccontarlo ma personalmente ritengo la mountain bike, quella nel vero senso del termine, molto più pericolosa del parapendio o dell'arrampicata di fondovalle.
Non esito a definirla una disciplina severa, che richiede un allenamento assiduo e tanta fatica, un po' come lo sci-alpinismo dove a salite faticose seguono discese spesso tecniche ed impegnative.
Bisogna osservare che nonostante questa attività sia nata in seno all'escursionismo, non ha mai ricevuto, dagli organi centrali del CAI il giusto riconoscimento; ancora oggi l'assicurazione, data dalla nostra tessera, non copre gli incidenti in montagna occorsi con la MTB.
Noi "bikers" comunque siamo rimasti gente che va in montagna, magari non quella con la "M" maiuscola, anzi, frequentatori proprio di "Alpi minori", luoghi ai margini del grande escursionismo, però più veri proprio perché meno frequentati.
Così ci si sente un po' come Bartali, che ai suoi tempi correva con i tubolari incrociati sulle spalle, distintivo di quell'arte dell'arrangiarsi comune ai pionieri del ciclismo e alla mountain bike, per questo ci sono più affinità tra la MTB ed il ciclismo di un tempo, di quante non ce ne siano ora tra questo e le grandi gare in linea del ciclismo mondiale.
Ma le affinità non si fermano qui, senza voler tirare in ballo l'ecologia: la MTB ci riporta a un'epoca in cui, con una bici, pesante come un cancello, Bartali correva su strade che erano solo polverose e non fumose.
Scusate se è poco.

 

Regole di comportamento per il ciclista

 

La bicicletta

Alcune indicazioni di carattere generale sono indispensabili, ricordando però che per la scelta e la manutenzione della bicicletta è indispensabile affidarsi a persone preparate (amici che da anni praticano questo sport o meglio ancora tecnici e negozianti specializzati). Questo perché nella pratica della mountain bike è di fondamentale importanza poter disporre di un mezzo che sia effettivamente una bici da fuoristrada. È meglio diffidare delle offerte di negozi non specializzati che per poche lire reclamizzano prodotti favolosi. Non è infatti il numero dei rapporti che qualifica una mountain bike ma tutto l'insieme dei componenti, a partire dal telaio che deve riunire molte qualità in apparenza contrastanti: resistenza, rigidità, precisione nella guida, peso contenuto.Anche la misura della bicicletta è molto importante per affrontare con soddisfazione e sicurezza ogni itinerario: un telaio troppo piccolo non consente di sfruttare al meglio la propria potenza mentre al contrario uno troppo grande può mettere in difficoltà nei tratti più impegnativi.

Per quanto riguarda l'aspetto relativo all'ammortizzazione della bicicletta occorre fare alcune considerazioni. Per trasferire con il maggior rendimento possibile la forza delle nostre gambe alle ruote posteriori occorre disporre di una mountain bike il più possibile rigida.

Purtroppo però, con questa caratteristica, il biker riceverà interamente le sollecitazioni trasferite dal terreno alla bicicletta stessa. La scelta di far uso o meno di ammortizzatori (solo anteriori o full suspended cioè anteriore e posteriore) è dunque estremamente soggettiva e nasce dal peso che ognuno di noi attribuisce al rendimento della pedalata rispetto al comfort di guida, soprattutto in discesa. In base alle esperienze maturate durante la redazione degli itinerari siamo comunque giunti alla conclusione che il giusto compromesso viene raggiunto utilizzando biciclette con ammortizzatore anteriore. Altrettanto importante è la scelta del pneumatico. Purtroppo non è ancora stata inventata una copertura capace di comportarsi adeguatamente su ogni terreno: in commercio esiste quindi una vastissima gamma di concepiti per usi specifici. Dai pneumatici lisci o zigrinati a piccola sezione (adatti solo a percorsi asfaltati e a ottimi sterrati) a quelli a sezione ultra larga e con tassellatura estremamente rilevata (adatti a terreni molto accidentati ma non sull'asfalto a causa dell'alto attrito).

All'atto della scelta occorre tenere presenti alcune considerazioni:

Volendo migliorare l'ammortizzazione delle coperture si può ridurre la pressione di gonfiaggio, soprattutto prima di affrontare la discesa, aumentando però il rischio di foratura. Buona cosa è differenziare i pneumatici, privilegiando la trazione per la copertura posteriore e la tenuta di strada e la guidabilità per la copertura anteriore.

Da non trascurare in una bicicletta è la sella che deve essere robusta e comoda pur non essendo eccessivamente morbida. Per quanto riguarda i pedali si consiglia di utilizzare un sistema di puntapiedi (a gabbia oppure i sofisticati automatici), in modo da stabilizzare la posizione dei piedi anche sui percorsi più accidentati: sono molto utili in alcune discese tecniche ed anche nelle salite aiutano la gamba che "spinge" sui pedali "tirando" con l'altra. Le scarpe devono avere la suola il più possibile rigida, capace cioè di non deformarsi disperdendo energia preziosa che diminuirebbe il rendimento della pedalata. Nel caso si volessero percorrere itinerari dove è necessario camminare con la bicicletta per lunghi tratti, si consiglia di utilizzare scarpe più comode e morbide accettando però una certa dissipazione di energia in salita. In questi casi è opportuno dotare la mountain bike di morbidi spallacci, tali da rendere meno scomodo il trasporto a spalla. Un altro utile accessorio sono le appendici da applicare alle estremità del manubrio, chiamate bar ends o più comunemente "corna di bue", utilizzate per migliorare la presa sul manubrio sulle salite più ripide. Ben più importante è il ciclocomputer che rappresenta non solo mezzo per aggiornare il diario relativo alle uscite o agli allenamenti ma anche uno strumento quasi indispensabile per l'orientamento durante le escursioni in zone poco conosciute. In commercio ne esistono svariati modelli: quello prescelto dovrà essere robusto, impermeabile, con tasti facilmente accessibili e display ben leggibile.

Fondamentale per la buona riuscita delle gite in mountain bike è la manutenzione e la messa a punto della bicicletta. Per questo motivo si raccomanda dopo ogni escursione di procedere alla completa pulizia del mezzo, utile soprattutto per verificare lo stato del telaio e dei vari componenti. Particolare attenzione dovrà essere dedicata al controllo dell'impianto frenante, in particolare la convergenza dei pattini, lo stato di usura dei cavi e la corretta taratura delle leve. Un ultima revisione del gruppo cambio e la bicicletta sarà pronta per una nuova gita. Mantenere una corretta e costante pulizia e lubrificazione (utilizzare oli adesivi al teflon) di tutte le parti in movimento (catena, pignoni, cambio e corone) è il modo migliore per garantire un loro corretto funzionamento per lungo tempo. Durante le scorribande in mountain bike è necessario sempre tenere presente la possibilità che si verifichi un guasto meccanico oppure più semplicemente una foratura. Per essere certi di non rimanere a piedi nel bel mezzo dì una qualsiasi escursione (dalle più elementari a quelle più impegnative) è bene avere al seguito: una pompa (o mini-bombolette di aria compressa), una camera d'aria di ricambio, delle leve per smontare i pneumatici, uno smagliacatena, alcune maglie di ricambio, un set di brugole, cacciavite, pinze e un cavo per freno posteriore. Se procediamo in gruppo dovremo considerare che questi attrezzi verranno distribuiti fra più persone ma se saremo soli il peso del kit di manutenzione può influire in buona misura sulle nostre prestazioni: sta a noi decidere se procedere più leggeri con maggiori rischi di "restare a piedi". Per il trasporto dell'equipaggiamento si consiglia l'utilizzo delle borsette portatutto applicabili sul telaio, sotto la sella o sul manubrio. Nel caso si scelga di portare la dotazione di attrezzi più pesante, è consigliabile sistemarla in uno zainetto, che sarà del resto necessario per affrontare gli itinerari più lunghi o che raggiungono quote superiori ai 2.000 metri.

Abbigliamento

Una scelta oculata dell'abbigliamento da indossare per un'escursione in mountain bike contribuisce ad aumentare il comfort e di conseguenza il divertimento che trarremo dalla gita. Anche in questo caso molte sono le variabili che intervengono nell'abbigliamento da preferire: stagione, quota, condizioni atmosferiche e, non ultimi, gusti personali. E' bene comunque non trascurare mai l'abbigliamento, sia che si tratti di una gita "fuori porta" come di un'escursione impegnativa che tocchi i tremila metri. Poiché nella mountain bike sono all'ordine del giorno grandi sudate spesso seguite da un veloce raffreddamento (salita - discesa) è di primaria importanza indossare a contatto con la pelle indumenti che da un lato lascino traspirare e dall'altro tengano caldo anche se umidi: ideali i capi trans-tex o in capilene. Nella stagione più calda consigliabile anche la soluzione della classica maglia da ciclista nei moderni tessuti con le tre provvidenziali tasche sul dorso.

Un discorso a parte meritano i calzoncini, al cui comfort è dovuto in parte il divertimento di questo sport. No quindi ai vari tipi ed alle varie fogge non specializzate e sì solo a quelli con imbottitura in pelle di daino, che traspira, asciuga velocemente e resta morbida anche dopo diversi lavaggi. Ve ne sono di diversi tipi: corti, lunghi, a salopette, ma per tutti vale la regola di scegliere la qualità senza badare al risparmio. Nella stagione primaverile ed autunnale, o anche in estate se si raggiungono quote molto elevate, sopra alla maglia è consigliabile indossare un leggero capo in pile da abbinare nelle discese ad una giacca a vento leggera (ideali quelle in gore-tex o power-tex).

Anche quelli che consideriamo accessori hanno una grande importanza nella mountain bike. lì casco in primo luogo, altro elemento su cui non vale la pena di risparmiare, che deve essere leggero, ben ventilato e sempre ben allacciato almeno nei tratti di discesa e pianura (nelle lunghe salite è consuetudine toglierselo e allacciarlo al manubrio..). Quindi i guanti, da indossare sempre, che logicamente in estate saranno del tipo a meno dito e in inverno completi e comunque sempre ben imbottiti per assorbire almeno in parte gli shock dovuti alla discesa e quindi consentire una guida più precisa e sicura. Infine gli occhiali, utili quando c'è il sole ed essenziali in caso di pioggia: in commercio ve ne sono alcuni tipi con possibilità di sostituzione delle lenti in plastica. Prima dell'acquisto assicuratevi che vi calzino a pennello perché non c'è nulla di più fàstidioso di un paio di occhiali che si sposta ad ogni buca incontrata.

Altri accessori a torto ritenuti minori sono: la fascia elastica per trattenere il sudore sulla fronte (in inverno è ideale una fascia in caldo pile) e una coppia di bande catarifrangenti con chiusura a velcro da indossare sui polpacci nel caso, tutt'altro che infrequente. che l'oscurità ci colga mentre stiamo ultimando il nostro itinerario, magari su strada trafficata.