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AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO – NOTIFICA ATTI GIUDIZIARI
(Cassazione civile, sez. III, sent. 13 febbraio 2007, n. 3064).
Con sentenza n. 3064 del 13 febbraio 2007, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di notificazione degli atti giudiziari al Condominio.
Il Condominio, statuisce la S.C., è un ente di gestione e non una persona giuridica per cui la notifica degli atti giudiziari non può essere eseguita secondo quanto previsto dall’art. 145 c.p.c. , ma deve essere diretta, ai sensi dell’art. 139 e ss. C.p.c., all’amministratore e non presso l’edificio amministrato.
Tuttavia, la notificazione fatta al condominio nel luogo dove ha sede l’edificio condominiale, invece che all’amministratore, non è in sé nulla, qualora il condominio abbia designato nell’edificio condominiale un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l’organizzazione della gestione condominiale, luogo che può essere rappresentato anche dalla portineria. In tal caso, infatti, la notificazione eseguita nell’edificio condominiale a persona che dichiari di poterla ricevere è nulla, ma non inesistente.
La S.C. precisa, altresì, che la notifica eseguita ex art. 139 c.p.c., è inesistente qualora nell’avviso sia stata annotata dall’ufficiale postale la temporanea assenza del destinatario, ma manchi l’annotazione della contemporanea assenza od inidoneità di altre persone abilitate a ricevere consegna in luogo del destinatario.
(fonte: www.cortedicassazione.it)
COMUNIONE E CONDOMINIO - DELIBERA DI ESECUZIONE DI OPERA ABUSIVA - NULLITA'
(Cassazione Civile, sez. II, sent. n. 1626 del 25 gennaio 2007)
La delibera condominiale con la quale si decide la realizzazione di un’opera edile abusiva è nulla per illiceità dell’oggetto. altresì nulla la delibera condominiale con la quale si prenda una decisione che, se posta in esecuzione, possa pregiudicare la sicurezza del fabbricato (chiusura di spazi comuni destinati all’areazione degli appartamenti prospicienti, senza adozione di misure sostitutive atte a garantire un adeguato ricambio dell’aria).
(fonte www.cortedicassazione.it)
COMUNIONE E CONDOMINIO – POSTI AUTO IN GARAGE CONDOMINIALE – SCELTA IN BASE AI MILLESIMI DI PROPRIETA’ – ILLEGITTIMITA’
(Cassazione Civile, sez. II, sent. n. 26226 del 7 dicembre 2006
E’ illegittima la delibera condominiale, adottata a maggioranza, che, nello stabilire il criterio di uso del garage comune condominiale, attribuisca ai condomini la scelta del posto macchina secondo il criterio del valore degli appartamenti. Ha precisato la Corte che la quota di proprietà di cui all’art. 1118 cod. civ., quale misura del diritto di ogni condomino, rileva relativamente ai pesi e ai vantaggi della comunione; ma non in ordine al godimento che si presume uguale per tutti, come prevede l’art. 1102 cod. civ. Pertanto, ove i posti macchina non siano equivalenti per comodità d’uso, il criterio da seguire, nel disaccordo delle parti, è quello indicato da quest’ultima norma, la quale impedisce che alcuni comproprietari facciano un uso della cosa comune, dal punto di vista qualitativo, diverso rispetto agli altri.
(fonte: www.cortedicassazione.it))
Osservazioni alla sentenza Cassazione Civile sent n. 10329/2008, dep. il 21.04.2008.
La massima:
La multa comminata dall’Amministratore di un condominio per il mutamento di destinazione dell’immobile in ambulatorio deve essere inflitta nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 70 disp att. cod. civ, anche se il regolamento di condomino prevede la possibilità di infliggere un importo maggiore della somma fino a Lire cento indicata nella norma, in quanto nel caso contrario la sanzione deve essere considerata nulla, poiché “contra legem”.
La fattispecie:
Un Condominio sito in Roma citava nanti il Tribunale in giudizio i proprietari di tre appartamenti per sentirli condannare: 1) al ripristino della originaria destinazione di abitazione degli appartamenti interni facenti parte della scala dello stabile in quanto gli stessi erano stati adibiti dal 1991 ad ambulatori medici, in violazione dell’art. 12 del regolamento condominiale; 2) al pagamento secondo le quote di proprietà e di godimento, della somma pari a Lire 100.000 al giorno per ognuno dei tre appartamenti oggetto del mutamento di destinazione di uso.
Il Tribunale sosteneva la derogabilità della norma di cui all’art. 70 disp. att. cod. civ. per cui l’Amministratore di un condominio poteva irrogare una sanzione maggiore rispetto a quella indicata all’art. 70 disp. att., ossia un importo superiore al limite massimo delle 100.000 Lire.
La Cassazione, chiamata a pronunciarsi nella presente fattispecie, con questa pronuncia, ha confermato l’orientamento tradizionale sostenendo che: “L’art. 70 disp att. prevede una disciplina per le infrazioni al regolamento di Condominio con la possibilità per l’Amministratore dello stesso di irrogare, a titolo di sanzione, un importo massimo fino a Lire cento; pertanto stante la predetta disciplina , non possono essere previste delle sanzioni di importo maggiore.”
In particolare, nella presente fattispecie, era proprio il regolamento di condominio, all’art. 23, a prevedere la possibilità per l’Amministratore di applicare una sanzione superiore alla misura massima stabilita dall’art. 70 disp. att. cod.civ.
In questo caso la sanzione deve essere, secondo la Cassazione, considerata radicalmente nulla in quanto l’art. 23 del regolamento condominiale si poneva “contra legem”.
La predetta sentenza conferma, come già evidenziato, l’orientamento della giurisprudenza su questo tema.
In particolare, Cass. 26.01.1995, n. 948, in Foro It., 1995, I, 1846, aveva già dichiarato nulle le disposizione del regolamento di condominio che prevedessero della sanzioni di importo maggiore rispetto a quello dettato dall’art. 70. cit.
I limiti posti all’Amministratore nell’irrogazione della sanzione:
La pronuncia conduce ad una riflessione più articolata e avente ad oggetto i limiti posti a carico dell’Amministratore di condominio nella irrogazione di sanzioni a carico di chi viola, con il suo comportamento, il regolamento condominiale, cagionando danni al condominio con un comportamento di abuso nell’utilizzo della cosa comune.
Si consideri infatti l’obbligo posto a carico dell’Amministratore di Condominio di curare l’osservanza del regolamento, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1130, comma 1, n. 1, cod. civ.
In questi casi, parte della giurisprudenza di legittimità ha ammesso la possibilità per l’Amministratore di agire in giudizio per ottenere la cessazione degli abusi posti in essere dai condomini senza che sia necessaria una specifica delibera assembleare ed inoltre anche che l’Amministratore ha facoltà di irrogare una sanzione pecuniaria al condomino, purchè vi sia una espressa previsione in questo senso nel regolamento di condominio (si veda Cass. 26.06.2006 .n. 14735; nella fattispecie in oggetto i condomini non avevano rispettato gli orari previsti per lo scuotimento della tovaglie e la battitura dei tappeti dalla finestre).
Un diverso orientamento ha invece espresso altra parte della giurisprudenza di Cassazione, la quale, pur ribadendo il principio in base al quale l’Amministratore di un condominio deve curare l’osservanza del regolamento di condominio ha tuttavia evidenziato che lo stesso Amministratore non può essere ritenuto responsabile dei danni cagionati dall’abuso dei condomini per l’uso della cosa comune, in quanto l’Amministratore non è dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei condomini, né ha un obbligo di promuovere un’azione giudiziaria contro i condomini in mancanza di una disposizione espressa del condominio o di una delibera assembleare.
Esaminando i predetti due contrapposti orientamenti rimane pertanto da svolgere una riflessione sui limiti del potere dell’Amministratore in questi casi: parrebbe che in virtù del disposto di cui all’art. 1130, comma 1, n. 1, cod civ., l’Amministratore debba intervenire per far osservare il regolamento di condominio e al fine di far cessare gli abusi nell’utilizzo della cosa comune da parte dei singoli condomini; bisogna infatti considerare anche che lo stesso Amministratore può essere ritenuto responsabile per i danni cagionati, oltre che dalla sua negligenza, e dal cattivo uso dei suoi poteri, anche da qualsiasi inadempimento degli obblighi che gli derivano dalla legge o dal regolamento condominiale; pertanto in presenza di una espressa disposizione che preveda l’irrogazione della sanzione a carico del condomino lo stesso può intervenire con l’irrogazione di una sanzione a carico del Condomino.
La limitazione che ha posto la giurisprudenza di Cassazione sul limite massimo previsto per la irrogazione della sanzione trova la sua ratio nella natura della sanzione pecuniaria, in quanto trattasi di una “pena privata “ irrogata dall’Amministratore nei confronti dei singoli condomini; la norma di cui all’art. 70, disp .att. cod. civ. ha pertanto natura eccezionale e non può essere oggetto di deroga contra legem, in quanto, in questo caso, verrebbero muniti gli Amministratori di una potestà punitiva e disciplinare svincolata da qualsiasi limite di legge e legata ad una scelta discrezionale dell’Amministratore.
I soggetti nei confronti dei quali può essere irrogata la sanzione:
Un altro spunto di riflessione che ci fornisce la sentenza in esame riguarda i soggetti nei confronti dei quali può essere irrogata, se prevista dal regolamento, la sanzione pecuniaria: i proprietari degli immobili o i conduttori degli stessi? I nudi proprietari o gli usufruttuari dell’immobile?
In altri termini, la sanzione va irrogata a chi ha il godimento dell’immobile quale conduttore o a chi partecipa dell’organizzazione del condominio?
La Cassazione con alcune pronunce ha precisato che: l’art. 70 disp. att. cod. civ. ha un applicazione destinata ai condomini e pertanto non può trovare applicazione nei confronti dei conduttori degli alloggi condominiali in quanto gli stessi sono estranei all’organizzazione condominiale, anche se godono delle parti comuni dell’edificio (Cass., 17.10.1005, n. 10837, in Giust. civ. 1996, I, 1738).