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MONSELICE.
Ha impiegato due stagioni il Monselice a buttare giù il calice amaro
dello scandalo delle ammonizioni. Dopo due retrocessioni, l'ultima certificata
domenica, è finalmente vuoto. Adesso senza più hadicap da recuperare
e con la dignità di aver pagato per gli errori fatti, la dirigenza del
Monselice è pronta a ricominciare da zero, legittimata dai risultati
a dare un taglio netto con il recente passato.
«Quello che vedrete il prossimo anno sarà un Monselice nuovo di
zecca - sottolinea il direttore generale Walter Veronese - Tutti i giocatori
sono sul mercato: a settembre cambierà tutto, perfino l'erba del campo.
Per ricominciare è necessario mettere insieme una squadra di giovani
talenti, motivati e senza eccessive pretese».
Due retrocessioni in due anni hanno purgato la società, portandola dal
Cnd del 1999 al campionato di Promozione. Una debacle societaria oltre che sportiva,
cercata di tamponare la scorsa estate, allestendo in fretta una formazione che
provasse a salvarsi dal glaciale meno 12 sancito dalla giustizia sportiva. Per
un soffio non ci sono riusciti i ragazzi di Ermanno Vegro. L'avvio di campionato
è da capolista, tanto che il segno meno in classifica è tolto
a tempo di record. Ma la parte centrale, forse per eccesso di presunzione, non
consente l'aggancio alla terz'ultima in tempo utile e il rush finale porta solo
il Monselice ad un passo dalla salvezza. «Alla lunga abbiamo pagato le
energie spese all'inizio per recuperare l'handicap - commenta Walter Veronese
- Infortuni e squalifiche degli uomini-chiave non ci hanno dato una mano e soprattutto
duranto l'inverno abbiamo perso la cattiveria delle prime giornate e forse qualcuno
non ci ha creduto fino in fondo». Una stagione comunque costata quasi
400 milioni, con un tecnico emergente come Ermanno Vegro. Il supporto del pubblico,
anche se l'impresa era disperata, non ha mai abbandonato la squadra. «Anche
se abbiamo scontato colpe non nostre, anche noi abbiamo fatto parecchi errori:
il presidente Marino Manganiello non si è fatto quasi mai vedere, l'allenatore
si è fidato troppo del gruppo di giocatori suoi amici dai tempi in cui
giocava. I giocatori non si sono calati nella parte di chi doveva salvarsi e
hanno continuato a ragionare come se fossero una squadra d'alta classifica».
Tratto da : Il Mattino di Padova, martedì 1 maggio 2001, Francesco Patanè
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