CAPITOLO III

BENESSERE TERMICO

 

 

 

 

Il confort è definibile come la sensazione di benessere fisico e mentale (1) o come la condizione in cui un individuo esprime soddisfazione nei confronti dell’ambiente che lo circonda (2).

In generale una persona si trova in stato di benessere quando non percepisce nessun tipo di sensazione fastidiosa ed è quindi in una condizione di neutralità assoluta rispetto all’ambiente circostante.

Già dalla definizione è chiaro che il benessere è una quantità non misurabile analiticamente ma solo statisticamente perché dipende da troppe variabili di cui alcune strettamente soggettive e di natura psicologica. Le variabili sono:

- il benessere termico e igrometrico;

- il benessere olfattivo (legato alla qualità dell’aria);

- il benessere visivo (relativo all’illuminazione);

- il benessere psicologico.

Nel seguito dell’analisi verrà analizzato principalmente il benessere di tipo termico e igrometrico.

3.1. Il confort termico

Il confort termico dipende da:

- parametri fisici: temperatura dell’aria, temperatura media radiante, umidità relativa, velocità dell’aria, pressione atmosferica;

- parametri esterni: attività svolta che influenza il metabolismo, abbigliamento;

- fattori organici: età, sesso, caratteristiche fisiche individuali;

- fattori psicologici e culturali.

Inoltre in base alle condizioni sociali e ambientali si possono trovare diversi gradi di accettazione di situazioni non confortevoli. Infatti trovandosi in una prolungata situazione di disagio si possono ritenere "normali" anche situazioni ambientali che in contesti diversi sarebbero giudicate di malessere. In una civiltà evoluta come la nostra si richiede invece un elevato grado di confort.

 

estate

inverno

Temperatura dell’aria

26 °C

20 °C

Umidità relativa

30 % < U < 60 %

30 % < U < 50 %

Velocità dell’aria

0,1-0,2 m/s

0,05-0,1 m/s

Temperatura effettiva

20-22 °C

16-18 °C

Tab. 1. Limiti medi per condizioni igrotermiche considerate ottimali (Melino C. 1992).

Nel contesto dei paesi economicamente più sviluppati non sarebbe realistico perseguire un risparmio energetico riducendo le prestazioni ambientali degli edifici. Il sacrificio energetico, cioè la rinuncia all’utilizzo di alcune comodità e al benessere può essere solo una consapevole scelta personale e non può venire da un’imposizione progettuale.

3.2. Equilibrio termico e benessere

Come tutti i mammiferi gli esseri umani hanno un sistema di controllo termico che permette un adattamento a condizioni ambientali molto variabili.

Il nostro organismo è in grado di misurare il flusso termico in ingresso e quello in uscita e di attivare delle regolazioni affinché la temperatura corporea rimanga sempre mediamente attorno ai 37 °C.

La temperatura cutanea può invece variare molto di più al mutare delle condizioni ambientali. La pelle funziona infatti come scambiatore di calore con l’esterno. Si hanno quindi differenze fra la temperatura corporea interna (praticamente costante) e quella cutanea variabile in funzione della temperatura ambientale e della posizione corporea come evidente nella fig. 2.

In ambienti caldi o per attività intense il meccanismo di regolazione adottato è in primo luogo la dilatazione dei vasi sanguigni dell’epidermide con conseguente aumento del flusso di calore verso la pelle e aumento del calore superficiale. Nel caso la vasodilatazione fosse insufficiente si attiva la produzione di sudore che evaporando causa una ulteriore dissipazione di calore.

In ambienti freddi inversamente l’organismo economizza il calore riducendo l’afflusso di sangue verso la cute attraverso la vasocostrizione e quindi riducendo il calore disperso per convezione e irraggiamento. Nel caso la vasocostrizione risultasse insufficiente sopraggiungono i brividi che incrementano il metabolismo muscolare e quindi la produzione di calore. Oltre un dato limite queste regolazioni automatiche del nostro organismo non sono più sufficienti ed allora si hanno sensazioni di malessere di troppo caldo o troppo freddo. Andando oltre possono sopraggiungere gravi disturbi fino alla morte (mediamente sotto i 35 °C e sopra i 40 °C di temperatura corporea profonda). Per avere l’equilibrio termico la somma delle quantità espresse in termini di flusso termico deve essere nulla:

C scambi di calore per convezione e conduzione;

R scambi di calore per irraggiamento;

M calore prodotto dal corpo per effetto del metabolismo corporeo;

E calore disperso per la traspirazione della pelle, l’evaporazione dell’umidità e del sudore sulla pelle e per effetto della respirazione.

Si ha quindi l’equazione del bilancio termico del corpo umano in condizioni stazionarie: M - E ± R ± C = 0

In particolare nel caso di un soggetto intento in attività sedentarie all’interno di un locale climatizzato, nel periodo invernale, si hanno le seguenti dispersioni di calore:

- irraggiamento: 40 %;

- convezione: 25-30 %;

- evaporazione: 20-25 %;

- conduzione: trascurabile

I parametri principali che influenzano il benessere termico sono quindi:

- temperatura dell’aria;

- temperatura media radiante;

- velocità dell’aria;

- umidità relativa;

- attività (metabolismo);

- abbigliamento;

- fattori soggettivi.

 

· Temperatura dell’aria (°C).

La temperatura dell’aria, intesa come temperatura di bulbo secco, è il fattore più importante nella determinazione del benessere termico (vedi 2.2.1).

· Temperatura media radiante (TMR, °C).

E’ la temperatura media pesata delle temperature delle superfici che delimitano l’ambiente incluso l’effetto dell’irraggiamento solare incidente. Influisce sugli scambi per irraggiamento. Assieme alla temperatura dell’aria, la TMR è il fattore che influenza maggiormente la sensazione di calore perché la radiazione che cade sulla cute ne attiva gli stessi organi sensori. Se il corpo è esposto a superfici fredde, una quantità sensibile di calore è emessa sotto forma di radiazione verso queste superfici, producendo una sensazione di freddo. La variazione di 1 °C nella temperatura dell’aria può essere compensata da una variazione contraria da 0.5 a 0.8 °C nella TMR: la condizione più confortevole è stata considerata quella corrispondente ad una TMR di 2 °C più alta della temperatura dell’aria. Una TMR più bassa di 2 °C è pure tollerabile se la radiazione emessa dal corpo è quasi la stessa in tutte le direzioni e ciò avviene solo se le temperature superficiali dell’ambiente circostante sono praticamente uniformi. Si definisce anche la temperatura operante come la media fra la temperatura dell’aria e quella media radiante proprio per valutare con un unico valore gli scambi termici per convezione e irraggiamento.

· Velocità dell’aria (m/s).

Il movimento dell’aria produce effetti termici anche senza variazione della temperatura dell’aria e può favorire la dissipazione del calore, attraverso la superficie dell’epidermide, nei seguenti modi:

- aumento della dissipazione del calore per convezione, fino a quando la temperatura dell’aria rimane inferiore a quella dell’epidermide;

- accelerazione dell’evaporazione e quindi produzione di raffrescamento fisiologico; alle basse umidità (< 30 %) questo effetto è irrilevante in quanto si ha già una intensa evaporazione anche con aria ferma; alle alte umidità (> 80 %) l’evaporazione è comunque limitata e il movimento dell’aria non ha grandi effetti rinfrescanti. L’evaporazione può essere invece notevolmente accelerata alle medie umidità (40-50 %): se l’aria è ferma, lo strato più vicino all’epidermide si satura velocemente, impedendo un’ulteriore evaporazione, il movimento dell’aria invece può assicurare un ricambio e quindi una continua evaporazione.

L’utilizzo del movimento dell’aria per il raffrescamento può essere limitato dai suoi effetti fastidiosi, infatti le reazioni medie soggettive alle varie velocità sono le seguenti:

- fino a 0.25 m/s: impercettibile;

- 0.25-0.50 m/s: piacevole;

- 0.50-1.00 m/s: sensazione di aria in movimento;

- 1.00-1.50 m/s: corrente d’aria da lieve a fastidiosa;

- oltre 1.50 m/s: fastidiosa.

Tutti gli ambienti sono soggetti a movimenti anche impercettibili dell’aria. La velocità minima è di 0,075 m/s ma si inizia a percepire il movimento dell’aria a 0,3 m/s. Alle temperature più alte anche 1 m/s è considerato piacevole, ed una velocità sino a 1.5 m/s è tollerabile. Nella stagione fredda, all’interno di un locale riscaldato la velocità dell’aria non dovrebbe superare i 0.25 m/s.

"Non esiste per la velocità dell’aria un limite inferiore necessario per il benessere, esiste invece un limite massimo per la velocità media negli spazi occupati[...].

La velocità media dell’aria nella zona occupata non deve superare 0,25 m/s. Comunque (in condizioni estive), la zona di confort può essere estesa a temperature maggiori di 26 °C se la velocità dell’aria aumenta di 0,275 m/s per ciascun grado K di aumento di temperatura, fino ad una temperatura massima di 28 °C e una velocità massima dell’aria di 0,8 m/s. Fogli di carta, capelli e altri oggetti leggeri possono iniziare a volare a tale velocità." (4)

La ventilazione influisce anche sulla qualità dell’aria interna e quindi sulla salute degli occupanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

· Umidità relativa (UR, %).

E’ il rapporto fra la quantità di acqua contenuta in un Kg d’aria secca ad una certa temperatura e la quantità massima di acqua che potrebbe essere contenuta alla stessa temperatura dallo stesso kg d’aria.

L’umidità dell’atmosfera, se non è estremamente alta o bassa, ha un effetto lieve sulla sensazione di benessere.

Alle temperature di benessere non c’è necessità di raffrescamento evaporativo mentre a temperature più alte questo diventa il mezzo più importante di dissipazione del calore. L’aria satura (100 % di UR) impedisce qualsiasi raffrescamento di tipo evaporativo. Quando l’UR è minore del 20 % le membrane mucose si seccano ed aumentano le possibilità di infezione.

A basse temperature l’aria molto secca accresce la sensazione di freddo in quanto l’umidità che raggiunge la superficie dell’epidermide evaporando provoca una spiacevole sensazione di freddo.

Per temperature dell’aria superiori ai 32 °C con UR oltre il 70 % si accentua la sensazione di caldo in quanto il sudore prodotto non può evaporare.

In regime stazionario un aumento di UR del 10 % ha lo stesso effetto di un aumento di temperatura di 0,3 °C.

L’influenza dell’UR aumenta se ci si sposta fra ambienti con diverse quantità della stessa (cioè in regime dinamico) aumentando l’incidenza sulla sensazione di benessere fino a 2 o 3 volte.

Temperatura

Umidità Relativa

Sensazioni provate

24 °C

40 %

benessere massimo

 

85 %

benessere a riposo

 

91 %

affaticamento, depressione

32 °C

25 %

nessun malessere

 

50 %

impossibile il lavoro continuo

 

65 %

impossibile il lavoro pesante

 

81 %

aumento della temperatura corporea

 

90 %

forte malessere

36 °C

10 %

nessun malessere

 

20 %

impossibile il lavoro pesante

 

65 %

necessità di riposo

 

80 %

malessere

Tab. 2. Sensazioni percepite in funzione della temperatura e dell'umidità relativa (Simonetti, in AA.VV., 1993).

 

Temperatura

Umidità Relativa

Velocità dell’aria

inverno

19-22 °C

40-50 %

0,05-0,1 m/s

estate

24-26 °C

50-60 %

0,1-0.2 m/s

Tab. 3. Valori consigliati per temperatura, UR e velocità dell'aria a seconda della stagione (Simonetti, in AA. VV.,1993).

· Attività svolta (tasso di metabolismo).

Il corpo produce costantemente calore in quantità variabile: "metabolismo" è il termine che descrive tali processi biologici.

Il tasso di metabolismo è l’energia liberata per unità di tempo dalla trasformazione degli alimenti.

La quantità richiesta dal corpo dipende dal livello di attività. Si esprime in Watt/mq di superficie corporea (circa 1,8 mq) o in "Met" (1 Met = tasso metabolico di una persona in riposo = 58 W/mq).

Attività

Met

W/mq

sonno

0,7

40

riposo

0,8

45

seduti

1,0

60

in piedi

1,2

70

attività sedentaria (ufficio, casa)

1,0-1,4

60-80

attività leggera (lavoro manuale leggero)

1,4-1,7

80-100

attività media (lavori domestici, lavoro medio)

1,7-2,0

100-117

attività intensa (lavoro pesante)

2,0-3,0

117-175

sport, danza

2,4-4,0

140-235

Tab. 4. Esempio di tasso metabolico per diverse attività (AA VV, Architecture solaire Passive pour la région méditerranéenne).

· Abbigliamento.

Il vestiario influisce sulle perdite di calore per evaporazione, sugli scambi di calore per conduzione e irraggiamento.

Il vestiario è l’isolamento termico delle persone e il cambio del vestiario rappresenta il più efficace sistema cosciente di controllo sulle dispersioni termiche.

L’isolamento termico del vestiario è espresso in "Clo" (1 Clo = tenuta invernale tipica da interno = 0,155 mq K/W).

 

 

Abbigliamento

Resistenza termica

 

mq K/W

Clo

nudi

0

0

pantaloncini

0,015

0,1

tenuta tropicale tipica

0,045

0,3

tenuta estiva leggera

0,08

0,5

tenuta da lavoro leggera

0,11

0,7

tenuta invernale tipica da interno

0,16

1,0

tenuta da affari tipica europea

0,23

1,5

Tab. 5. Isolamento termico fornito da diverse combinazioni di abbigliamento (AA VV, Architecture solaire Passive pour la région méditerranéenne).

· Fattori soggettivi

I fattori soggettivi, e per questo difficilmente misurabili, che influenzano le sensazioni termiche dell’individuo (modificandone il metabolismo o alterando i meccanismi di dissipazione del calore) sono:

- acclimatizzazione;

- età e sesso;

- forma del corpo;

- grasso sottocutaneo;

- condizioni di salute;

- attività svolta;

- cibo e bevande consumate;

L’acclimatizzazione alle condizioni di un luogo o di una stagione influenzano sia il metabolismo che la circolazione e quindi le sensazioni termiche dell’individuo.

Il metabolismo delle persone anziane è più lento, per cui preferiscono temperature leggermente superiori. La donna ha un tasso di metabolismo leggermente più basso rispetto a quello dell’uomo e quindi in media preferisce una temperatura di 1 °C più alta rispetto all’uomo. Un corpo alto e magro ha un rapporto superficie/volume più grande rispetto ad una figura arrotondata e così perde proporzionalmente più calore: una persona magra preferisce perciò temperature più alte. Il grasso sotto la pelle agisce come un isolante, riducendo la conduzione del calore dagli strati profondi alla superficie, per cui è necessaria una temperatura più bassa per avere una soddisfacente dissipazione del calore.

Quando una persona è malata il tasso di produzione metabolica del calore può aumentare (producendo cambiamenti nelle condizioni di equilibrio termico) ma essendo contemporaneamente diminuito il funzionamento dei meccanismi di termoregolazione, il campo di tollerabilità della temperatura diventa più ristretto, per cui è necessario ricorrere a mezzi esterni in sostituzione dei normali controlli interni. Anche certi cibi e bevande hanno influenza sul metabolismo.

Per mantenere l’equilibrio termico la temperatura ambiente dovrebbe variare inversamente al tasso di metabolismo.

3.3. Valutazione del confort termico

Tutti i fattori sopra elencati interagiscono fra loro per determinare le sensazioni di benessere o malessere.

E’ impossibile giudicare il confort ambientale sulla base di uno solo di questi parametri. Per la valutazione numerica delle condizioni ambientali a cui corrispondono sensazioni di benessere termico si è ricorsi a sperimentazioni di tipo statistico valutando il grado di soddisfazione di gruppi di persone all’interno di ambienti variamente climatizzati, intente ad una certa attività e con un determinato abbigliamento. Ad esempio nella metodologia sperimentale per la valutazione della sensazione termica dell’uomo sviluppata dallo scienziato danese P.O. Fanger (5) si definiscono:

- PMV: voto medio previsto (Predicted Mean Vote);

- PPD: percentuale di persone non soddisfatte (Predicted Percentage of Dissatisfied).

Essendo un modello statistico legato alla soggettività il diagramma risultante è di tipo gaussiano con un 5 % dei soggetti non d’accordo sulla condizione di neutralità. Dal 1984 il metodo del PMV è alla base della Norma Internazionale Standard ISO-7730 per la valutazione del confort termico in un ambiente. Alcune valutazioni di altri studiosi fra cui Humphreys (6) introducono un modello adattivo sostenendo che il confort dipende anche dall’area geografica. Si sono infatti riscontrate delle differenze fra le temperature giudicate confortevoli a seconda della nazionalità.

Dalle valutazioni di Humphreys emerge anche che, soprattutto in periodi o climi caldi si raggiunge più facilmente una condizioni di confort se si può operare sui sistemi di controllo ambientale modificandoli a seconda delle proprie esigenze. Contrariamente in un ambiente climatizzato con condizioni costanti e non modificabili direttamente occorrono temperature più basse di 2 °C per il confort.

Fig. 3. Relazione fra PMV e PPD (AA VV, Architecture solaire Passive pour la région méditerranéenne).

In conclusione si può determinare la temperatura operante che garantisce il confort in un dato ambiente in funzione dell’attività svolta e del vestiario, a parità di UR (50 %). Nel diagramma di fig. 4 le bande alternate indicano la variazione di temperatura (D T) attorno a quella ottimale, cioè la situazione considerata di benessere dall’80 % del campione in esame. Ad esempio si evidenzia che un soggetto intento in un’attività leggera (1,3 Met), con vestiario estivo (0,4 Clo), è in condizione di benessere ad una temperatura di 26 °C, con una variazione massima accettabile di 1,5 °C.

Nelle medesime condizioni ma con un vestiario più pesante (1,2 Clo) la temperatura ottimale è di 18 °C con una variazione accettabile di 3 °C.

Fig. 4. Temperatura operante in funzione dell’attività e del vestiario (Rapporto Ing. Pancaldi, ENEA).

3.4. Diagrammi bioclimatici

I metodi di analisi bioclimatica definiscono, per il tipo di attività svolta e per il relativo abbigliamento adottato, il perimetro della zona di benessere termico, inteso come il luogo dei fattori climatici ambientali, entro il quale la sensazione termica è giudicata confortevole da oltre l’80 % delle persone.

I diagrammi principali sono:

- diagramma bioclimatico di Olgyay;

- diagramma psicrometrico-bioclimatico o di Milne-Givoni.

3.4.1. Il diagramma di Olgyay

Olgyay raccoglie i risultati di molte ricerche tendenti a determinare in termini numerici il concetto di benessere e li elabora per primo nel 1963 in un unico diagramma definito bioclimatico (fig. 4). Olgyay definisce il benessere come "la situazione in cui non viene provata alcuna sensazione di disagio". La zona di confort varia al variare delle condizioni ambientali. Sono presi in considerazione variabili ambientali (temperatura dell’aria, umidità, movimento dell’aria, calore radiante) e parametri soggettivi (attività svolta, abbigliamento, acclimatizzazione).

Fig. 5. Diagramma bioclimatico per gli abitanti della zona temperata degli USA, valido per un’altezza non sup. ai 300 m e per persone con abiti da casa leggeri (1 Clo), intenti in attività sedentarie e acclimatati alle condizioni della località esaminata (Olgyay V. 1990).

Al centro si ha una zona di confort mentre nel resto del diagramma sono indicate le misure correttive da adottarsi per rientrare in tale condizione. La zona di confort invernale è spostata più in basso di quella estiva (bastano temperature più basse).

Se il punto nel diagramma determinato attraverso la conoscenza di temperatura e umidità relativa (assumendo come costanti attività e abbigliamento) si trova al di sopra della zona di confort è necessaria una ventilazione. Nel caso però di caldo secco la ventilazione è di scarso aiuto perché lo strumento per rinfrescare in questo caso è il raffrescamento evaporativo. Si ha in sostanza bisogno di una certa quantità (indicata nel diagramma) di vapore acqueo per umidificare l’ambiente. Sempre al di sopra del diagramma sono indicati la linea limite di attività moderata al di sopra della quale non si riesce a lavorare e la linea limite al di sopra della quale è probabile il colpo di calore.

Fig. 6. Diagramma bioclimatico schematico (Olgyay V. 1990).

Al centro del diagramma si ha la linea di ombreggiamento, sopra la quale è necessario proteggersi dal sole mentre al di sotto è utile esporsi alle radiazioni solari per riscaldarsi. Al di sotto della zona di confort l’unico rimedio al freddo è il riscaldamento per effetto di irraggiamento solare o grazie agli impianti di climatizzazione.

3.4.2. Il diagramma psicrometrico-bioclimatico o di Milne-Givoni

Il "diagramma bioclimatico" sviluppato da Olgyay e perfezionato poi da Arens nel 1980 viene rappresentato mediante il diagramma psicrometrico sul quale vengono individuate le aree di confort e le zone di influenza delle variabili.

Fig. 7. Diagramma psicrometrico-bioclimatico (Ing. E. Pancaldi, ENEA, "Criteri informatori per l’Edilizia Bioclimatica").

Sul diagramma di fig. 7 sono evidenziate le zone di confort per tre diversi livelli di vestiario e due livelli di attività: le zone climatiche 2 e 3 derivano dal lavoro di Arens, mentre la zona 1 è stata estrapolata dal diagramma di fig. 4 che fornisce i valori ottimali della temperatura operante, in funzione dell’attività e del vestiario, con umidità relativa del 50 %, nonché le bande di tolleranza intorno a questi valori entro le quali oltre l’80 % delle persone percepisce una condizione di confort. Sul grafico sono evidenziate le posizioni centrali delle tre zone di confort, verificabili sul diagramma di fig. 7 in corrispondenza della curva di umidità relativa del 50 %. Il limite superiore della zona 1 di confort è limitato al valore massimo tollerabile di umidità relativa, pari all’80 %, mentre il limite inferiore è comune per le tre zone.

Anche in questo diagramma sono evidenziate le strategie per estendere l’area di confort.

Fig. 8. Carta bioclimatica di Givoni in cui si evidenziano le strategie da perseguire per rientrare nella zona di confort. (AA VV, Architecture solaire Passive pour la région méditerranéenne).

· Descrizione delle aree del diagramma di fig. 8:

CONFORT: nessun intervento salvo la protezione dal sole diretto in estate e l’isolamento termico in inverno.

(A) RISCALDAMENTO CONVENZIONALE: zona molto fredda in cui solo un sistema di riscaldamento a combustibili può risultare efficace.

(B) RISCALDAMENTO SOLARE ATTIVO: il calore necessario può venire da un sistema solare attivo con un sistema convenzionale di scorta.

(C) RISCALDAMENTO SOLARE PASSIVO: se si ha anche un buon isolamento si può fornire energia attraverso un sistema solare passivo o ibrido attivo-passivo, sempre con un sistema di scorta per i periodi nuvolosi

(D) GUADAGNI INTERNI: per il confort è sufficiente il calore prodotto dall’uomo e dagli apparecchi elettrici all’interno di una stanza.

(E) VENTILAZIONE: con temperatura e umidità elevata il confort può essere ottenuto per evaporazione diretta della traspirazione solo se il movimento dell’aria è sufficiente.

(F) UMIDIFICAZIONE: oltre al riscaldamento bisogna umidificare l’aria.

(G) INERZIA TERMICA: situazione tipica dei climi caldi e secchi con notti fredde e secche in cui rinfrescando l’ambiente di notte (è necessaria grande inerzia della struttura muraria) si accumula il fresco necessario alla giornata seguente.

(H) INERZIA TERMICA E VENTILAZIONE: situazione tipica di molte regioni mediterranee in cui la temperatura notturna non scende a sufficienza per rinfrescare l’edificio il giorno seguente ed è necessario ricorrere a ventilazione attiva o passiva per estrarre il calore in eccesso.

(I) CONDIZIONAMENTO DELL’ARIA: i sistemi naturali non sono sufficienti ed occorrono sistemi di condizionamento meccanici.

(J) RINFRESCAMENTO PER EVAPORAZIONE: si può rinfrescare fornendo umidità (fontane, micro-spruzzatori, ecc.)

3.4.3. Utilizzo dei diagrammi.

In una situazione reale per valutare il grado di benessere occorre rilevare le variabili misurabili e paragonarle con i diagrammi bioclimatici. Occorre verificare anche che se pur all’interno della zona di benessere non vi sia la prevalenza di taluni fattori su altri, ad es. eccesso di velocità dell’aria o scarsità di umidità relativa.

Bisogna altresì evitare eccessivi gradienti termici e l’eccesso di ventilazione.

In fase di progetto si possono già individuare le misure necessarie per ottenere condizioni di confort agendo attraverso un adattamento del progetto al fine di sfruttare gli elementi climatici. L’obbiettivo primario è quindi quello di ridurre il più possibile, compatibilmente con le condizioni climatiche regionali, la necessità di interventi correttivi con mezzi meccanici (riscaldamento invernale, condizionamento estivo).

NOTE

(1) European Passive Solar Handbook.

(2) Norma ASHRAE, American Society of Heating, Refrigerating and Air conditioning Engineers.

(3) Sergenti M. in AA. VV. 1987.

(4) Norma ASHRAE 55-81.

(5) Vedi ad es. M. Grosso, Il raffrescamento passivo degli edifici, pag.105-113, Maggioli Editore, Rimini 1997 .

(6) Humphreys M. A., Thermal confort requirements, Climate and Energy, Proceedings of the World Renewable Energy Congress, 1992.

 

BIBLIOGRAFIA

AAVV, European Passive Solar Handbook, Edited by P. Achard and R. Gicquel, EEC Bruxelles 1986.

R. Colombo, A. Landabaso, A. Sevilla, Manuel de conception, architecture solaire passive pour la région méditerranéenne, Centre Commun de Recherche, Bruxelles 1995.

Benedetti Cristina, Manuale di Architettura Bioclimatica, Maggioli, 1994, Dogana (RSM).

Olgyay Victor, Progettare con il clima, Franco Muzzio, 1990, Padova.

AA.VV., La progettazione dell’architettura bioclimatica, Franco Muzzio Editore, 1980, Padova.

Pizzetti C., Condizionamento dell’aria e refrigerazione, Masson Italia, Milano 1980.

Grosso M., Il raffrescamento passivo degli edifici, Maggioli Editore, Rimini 1997.

Simonetti, D’arca A., Argomenti di igiene ambientale, Libretia K, Roma 1975.

Melino C., Lineamenti di igiene del lavoro, Società Editrice Universo, Roma 1992.

 

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