Il chitarrista Fabio Cascioli
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Conobbi Tonazzi all'età
di dieci anni: mio padre mi portò a casa sua per farmi sentire. Abitava
all'ultimo piano di un condominio, semplice ma decoroso. Era estate, faceva piuttosto
caldo. Dopo essere salito per cinque o sei piani (non c'era l'ascensore) bussai alla
porta. Venne ad aprirmi. Calzoncini corti, camicia a quadretti, calzini e ciabatte di
panno. Mi accolse cordialmente, mi fece accomodare nel suo studio e dopo avermi offerto
dei cioccolatini mi chiese di suonare qualcosa. Suonai Asturias. Mentre
suonavo mi guardava da vicino, allungando il collo e socchiudendo l' occhio con il quale
vedeva pochissimo. Ero terrorizzato. Scuoteva leggermente la testa e dopo aver finito di
suonare mi disse: i cambi di posizione...non vanno, il suono è brutto , non hai
senso ritmico. Credevo meglio . Lo ringraziai e me ne andai.
Tuttavia, alcuni mesi dopo, superai l'esame d'ammissione al
conservatorio, era il 1974, e studiai con lui per tutta la durata del corso continuando
poi a mantenere i contatti anche in seguito, fino alla sua scomparsa.
Tonazzi era persona colta, intelligente con un buon senso dell'umorismo
ma dal carattere schivo, un pò burbero e poco incline a concedere confidenza. Odiava le
fotocopie, detestava i chitarristi-compositori Llobet a parte e, salvo poche eccezioni,
non gradiva il repertorio e il manierismo segoviano: i levari "sofferti", le
variazioni agogiche ingiustificate, l'eccessiva libertà ritmica ed interpretativa.
Ricordo sorridendo (adesso sorrido, non allora) quando, pieno
d'entusiasmo, ancora dodicenne e non insensibile alle interpretazioni segoviane, eseguii,
durante una lezione, Norteña di Crespo ed ebbi la cattiva idea di "copiare " le
intenzioni musicali del grande chitarrista spagnolo. S'infuriò, e la cosa più gentile
che disse fu: "sei la brutta copia della brutta fotocopia della brutta copia di
Segovia!" . Mi cacciò dall'aula gridando: " invece di ascoltare i dischi di
Segovia ascolta quelli del TRIO BEAUX ARTS che suona Brahms!". Andai a casa
piangendo.
Tonazzi esigeva sempre un bel tocco: il suono è la materia prima
della musica diceva, devi "tagliare" la corda con l'unghia, suona di
polso, non guardare le fotografie di Segovia che si mette in posa ( Segovia non
potevo neanche guardarlo in foto! ). Amava la musica antica, Paganini, Giuliani, e gli
piacevano alcune pagine di Matiegka, di Carulli, di Sor, di Legnani, l'op. 23 di Regondi (
che assieme a Paganini riteneva l'unico compositore romantico per chitarra di un certo
rilievo ), l'op. 60 di Carcassi e l'op. 38 di Coste, mentre non manifestava particolare
interesse per Mertz. Del repertorio novecentesco gli piacevano Viozzi, Srebotnjak ( del
quale ha curato la diteggiatura degli splendidi 2 Movimenti ), Castelnuovo-Tedesco,
Malipiero, Falla, Krenek, Petrassi. Di Castelnuovo-Tedesco mi disse di aver eseguito per
primo in Italia ( dopo Segovia ) il Concerto in re, in diretta dalla RAI di Trieste sotto
la direzione di Giorgio Cambissa.
La sua avversione per Segovia non riguardava solamente l'aspetto
musicale, in effetti c'era stato un episodio poco piacevole di carattere personale che mi
raccontò. Durante i corsi di Segovia all'Accademia Chigiana di Siena, Tonazzi mostrò con
orgoglio a Segovia un brano che Castelnuovo-Tedesco gli aveva dedicato, e gli chiese un
parere ( credo si trattasse del Preludio in forma di Habanera sul nome di Bruno
Tonazzi, forse uno dei primi brani che il compositore non dedicò più a Segovia ).
Segovia senza degnare di uno sguardo la partitura, gli voltò le spalle. A questo
proposito non mi sento autorizzato a riportare i commenti di Tonazzi.
Rileggendo un articolo di Tonazzi sulla Ciaccona di Bach, apparso sulla
rivista il Fronimo di parecchi anni fa, mi viene in mente di quando gli chiesi
un parere sull'opportunità di eseguirla in pubblico ed eventualmente quale fosse la
migliore versione. Dopo aver espresso dubbi sulla famosa trascrizione (
è inutile sottolineare di chi fosse ), mi consigliò di studiare dalla parte originale
per violino solo, poi prese la sua chitarra Carmelo Catania, accavallò la gamba destra,
sovrappose un altro paio d'occhiali a quelli che già stava indossando e, fumando (
esportazioni senza filtro ), iniziò a suonarla. Dopo le prime otto battute gettò la
sigaretta nel posacenere e continuò . Eseguì tutta la Ciaccona, a memoria, senza alcun
problema, con un suono ed una interpretazione che, francamente, non ho mai più sentito.
Desidero ricordare, a chi pensa di aver trapiantato recentemente a
Trieste scuole di tradizione e ritiene grave il fatto che in città non si
suonasse il Colibrì di Sagreras o il Fandango di Rodrigo, che
negli anni ottanta, gli indigeni allievi di Tonazzi, hanno suonato praticamente tutto il
corpus chitarristico di Matiegka , Regondi, Viozzi, Petrassi , le pagine di Srebotnjak,
Malipiero, Manzoni, Donatoni, Krenek, Absil, Pennisi, quasi tutta la produzione
cameristica di Castelnuovo-Tedesco, il sestetto mistico di Villa-Lobos e le musiche dei
triestini Bilucaglia, Coral, Merkù, Radole, Sofianopulo e Zanettovich, e sempre in sedi
più che dignitose.
Non ebbe sempre un buon rapporto con i suoi allievi, era piuttosto
severo e intransigente anche e soprattutto con i più dotati. Forse una maggiore
sensibilità psicologica verso le problematiche che riscontrano i ragazzi nel periodo
preadolescente e adolescente, non avrebbe certamente scalfito la sua onestà civile ed
intellettuale, anzi, avrebbe giovato, in prospettiva, a divulgare con più forza ed
efficacia la sua visione estetica e culturale. Peccato.
Nell'autunno dell' 85 lo incontrai presso la sede RAI di Trieste e
parlammo di un articolo che lo riguardava apparso su una nota rivista, dove fu
violentemente attaccato da un critico che lo accusava di cattiva fede circa l'erronea
attribuzione di un duo per flauto e chitarra di von Call a Mauro Giuliani, che Tonazzi
fece pubblicare per i tipi della Zanibon. Si confidò, dicendomi che un articolo così
forte e denigratorio nei suoi confronti, così com'era, potevano evitare di pubblicarlo.
Se la prese tantissimo. Subito dopo si ammalò.
Nel 1984 per ricordare l'ottantesimo anniversario di Petrassi, suonai
nel gremito Ridotto del Teatro Verdi, Alias per chitarra e clavicembalo. Alla
fine dell'esecuzione, dopo un interminabile applauso, Tonazzi mi raggiunse nel camerino e,
commosso, mi abbracciò. Fu il mio ultimo saggio.
Fabio Cascioli
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