Ennio Guerrato

 

Chitarrista

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MUSICISTI TRIESTINI

DIECI DOMANDE A ENNIO GUERRATO

di Giorgio Blasco (*)

Ennio Guerrato, senz'altro "il" chitarrista triestino più rappresentativo ed uno tra i più affermati in Italia, ha iniziato giovanissimo una prestigiosa carriera concertistica che lo ha portato a suonare come solista applauditissimo nei maggiori centri musicali europei. Diplomato al Conservatorio "G. Tartini" di Trieste, sotto la guida del grande Bruno Tonazzi, si è sempre dedicato alla divulgazione del repertorio originale chitarristico nella musica da camera, in particolare in Duo con il flautista Giorgio Blasco, con cui ha ottenuto vari importanti riconoscimenti e, ormai da vari anni, svolge un’intensa attività anche quale liutista con i famosi "Madrigalisti di Venezia", assieme ai quali ha partecipato ai maggiori Festivals musicali europei. Con questo gruppo ha, tra l'altro, conseguito nel 1981 l'ambito Premio "Venezianello" ed ha registrato per numerose case discografiche e radiotelevisioni italiane ed estere. Quale chitarrista, collabora spesso con il Teatro "G.Verdi" di Trieste ed altri Enti Lirici. Già insegnante di chitarra presso i Conservatori di Rovigo e Venezia, attualmente è titolare di cattedra a Trieste. Componente del "Trieste Musica" Ensemble sin dalla sua fondazione, studioso e ricercatore, cura revisioni di musiche per il suo strumento.

Mi fa un po' strano essere proprio io ad intervistare Ennio Guerrato, anche se il fatto è doveroso e ne sono più che lieto, dal momento che ci conosciamo in pratica da sempre e che il nostro sodalizio artistico si mantiene felicemente sulla ribalta da circa trent'anni, motivo di una straordinaria conoscenza reciproca e di complicità, al punto che, per assurdo, sarei quasi in grado di scrivere parte delle sue risposte da solo, ma … non sarebbe serio. Ne deriva pertanto una sorta di inevitabile scrupolo, anche nel rispetto dell'informazione, dovendo trattare in questa occasione argomenti che in parte ci riguardano entrambi, lo scrivente e l'intervistato. Decidiamo, anche per questo, di operare ancora una volta tramite e-mail, come due estranei e di degustare un caffè in un'altra occasione.

Come e perché la tua scelta è stata la chitarra?

Forse non è stata una vera e propria scelta. Ho trascorso l’infanzia respirando musica, quella musica che si faceva in famiglia, mio nonno, mio padre, i miei zii passavano le serate suonando vari strumenti, musica popolare, a livello dilettantistico, ma nel senso nobile del termine, in quanto ho un ricordo estremamente gradevole dell’atmosfera che si creava in quei momenti, quando ogni genere di musica veniva eseguita con grande spontaneità e divertimento. Sicuramente è stato questo che mi ha portato ad un graduale avvicinamento allo strumento che più avevo a portata di mano, la chitarra, appunto, come altrettanto gradualmente questo approccio è diventato poi una vera passione.

Cosa e chi ricordi del periodo degli studi e della realtà musicale triestina di allora?

Prima di entrare in Conservatorio studiavo privatamente con il M.o Bruno Tonazzi, in quanto non c’era ancora l’insegnamento di chitarra all’interno di questo istituto. All’avvio del corsoa di chitarra al Conservatorio, proseguii lo studio appunto in tale sede. E’ proprio in quel periodo che focalizzo i ricordi migliori: progredendo con gli studi e, ovviamente, con l’età, prendevo sempre più coscienza che il fatto stesso di respirare quell’atmosfera, avere come compagni di studi quelli che, almeno in buona percentuale, oggi sono diventati concertisti, insegnanti, prime parti dell’orchestra del Teatro Verdi e via dicendo, mi dava stimoli e motivazioni che difficilmente avrei trovato al di fuori del Conservatorio. L’attività musicale di allora credo non fosse così diversa da quella che c’è ora, anzi, come quantità è sicuramente aumentata, sia nel numero di concerti da seguire, che in occasioni per gli studenti di esibirsi e fare esperienza.

I tre momenti più importanti della tua carriera artistica o quelli legati ad un particolare ricordo?

I momenti di vera emozione che questa attività mi ha regalato sono davvero tanti, è difficile estrapolarne alcuni piuttosto che altri, comunque ricordo in particolare il premio "Venezianello" conferitomi nel 1981 quale componente dei Madrigalisti di Venezia "per aver portato nel mondo la musica italiana" e il "Sigillo Trecentesco" attribuito al Duo Blasco - Guerrato nel 1997 dal Comune di Trieste per i venticinque anni di prestigiosa attività internazionale. Sempre riguardo il Duo, ho un ricordo particolare del Concerto di Ferdinando Carulli per flauto e chitarra e orchestra, che abbiamo eseguito nel Duomo di Pirano con la direzione del M.o Severino Zannerini. A quanto mi risulta, almeno da queste parti, dovrebbe essere stata l’unica esecuzione in tempi moderni di questa composizione, unico esempio, nella letteratura dell’ottocento, di accostamento di questi due strumenti, usati peraltro spessissimo nella musica da camera.

Quale è il ruolo dell'interprete nella musica da camera e perché le formazioni cameristiche durature sono sempre più rare?

La musica d’insieme è particolarmente stimolante, in quanto mette alla prova anche altri aspetti dell'esecutore, il quale deve saper dare il massimo in termini di personalità e carattere musicale, dando nel contempo spazio anche agli altri. Sembra una cosa ovvia, ma in realtà il problema che mina la stabilità di tante formazioni cameristiche consiste proprio nella difficoltà di trovare e mantenere nel tempo questo delicatissimo equilibrio.

Dal tuo punto di vista, nella strutturazione di una stagione concertistica prevalgono attualmente i gusti degli organizzatori o quelli del pubblico? Perché?

Di attività concertistica in giro ce n’è, sia livello nazionale che internazionale. Guardando la realtà locale, troviamo manifestazioni in grado si soddisfare un ampio bacino di pubblico. Ci sono certe organizzazioni che propongono stagioni più ricercate, con tematiche precise ed altre che propongono invece programmi tradizionali. Sarà quindi il pubblico a scegliere l’evento che preferisce.

Riguardo la tua esperienza di docente?

Semplicemente entusiasmante. Il trasmettere ad altri quello che hai accumulato in tanti anni di attività ti fa sentire vivo, ti dà un senso di continuità e sei certo che una parte della tua esperienza sarà assorbita e magari ritrasmessa a sua volta. Alcuni dei miei ex-allievi sono oggi docenti in altri Conservatori o Istituti vari, spesso mi invitano quale commissario esterno agli esami dei loro allievi (pur ben sapendo che in questo campo non regalo assolutamente nulla) ed è proprio in queste occasioni che tocco veramente con mano la continuità cui accennavo poc’anzi.

Un consiglio agli studenti di musica all'inizio del 2000?

Prepararsi ad una scelta. Se per i primi anni lo studio della musica può convivere con interessi diversi, quali lo sport, altri indirizzi culturali, etc., all’inizio è giusto che sia così, infatti ogni giovane deve sperimentare e conoscere le proprie attitudini e capire quale sarà la sua vocazione vera. Se questa sarà la musica, bisogna saper rinunciare al resto, perché essa dovrà diventare l'impegno primario. Viviamo un mondo dove è richiesta l’alta specializzazione e questo vale anche per la musica.

Un giudizio sull'odierna realtà musicale di Trieste e su quella italiana?

La realtà musicale triestina, come quella italiana, è in continuo conflitto con la poca attenzione politica. Non è solamente una questione di sostentamento finanziario, che forse a guardare bene non è proprio esiguo e semmai andrebbero ridiscussi alcuni criteri di distribuzione, ma è anche una questione di giusta considerazione, di giusto collocamento nelle scala dei valori da trasmettere alla gente.

Quali sono i tuoi hobby e le letture preferite?

Mi piace molto viaggiare e fortunatamente l’attività che svolgo mi offre opportunità altrimenti molto difficilmente realizzabili. Passo volentieri qualche ora al computer a manipolare files video-musicali e sfruttare le potenzialità, oserei dire, espressive, che questi mezzi offrono. Per quanto riguarda le letture non ho un filone preferenziale, ma proprio in questi giorni sto leggendo un libro appena uscito che mi sta appassionando, in cui ci sono contenuti specifici di carattere tecnico musicale, che ovviamente mi interessano, alternati a parti narrative che mi danno certe conferme molto significative. Mi spiego. Il libro in questione è "La musica di Gengis Khan" e l’autore è un "certo" … , possiamo dirlo, Giorgio Blasco, con il quale suono da più di venticinque anni. Le conferme, cui accennavo, mi arrivano proprio dai momenti narrativi, che raccontano le tradizioni, le usanze di popoli così lontani e diversi da noi, sia geograficamente che culturalmente, capitoli nei quali l'autore mette sempre in primo piano l’individuo e, da ogni argomento, scaturisce il suo profondo rispetto per gli altri, la sua disponibilità verso il prossimo. Tutto questo naturalmente, qui volevo arrivare, si rispecchia e lo riscontro con evidenza anche nel suo, "tuo" modo di suonare. Ecco perché, ad esempio, riallacciandomi alla domanda sul ruolo dell’interprete nella musica da camera, il quale deve saper dare il massimo apporto rispettando la personalità degli altri, la nostra ricerca musicale all'interno del Duo, spesso non necessita di grandissimi approfondimenti, per così dire "a tavolino", in quanto le intenzioni ed i messaggi che vogliamo affidare alle esecuzioni, specie dopo tanti anni, scaturiscono spontaneamente e collimano in modo così naturale, che in genere si risolvono tra di noi con appena uno sguardo o un gesto.

Il tuo prossimo impegno più importante?

Direi senz'altro la tournée con il "Trieste Musica" Ensemble, nel mese di ottobre, in Giappone, dove, sempre con Blasco, il soprano Patrizia Greco ed il pianista Fabrizio Del Bianco, presenteremo due programmi diversi molto impegnativi, uno di musica italiana, dal barocco al contemporaneo, l'altro di musica internazionale, in tutto una ventina di brani. Dopo molti concerti importanti in Europa, questo sarà per il "Trieste Musica" Ensemble il primo appuntamento in un altro continente, ma, a quanto pare, neanche l'unico …

 

torna su L'articolo è stato pubblicato sul n.o 39 (maggio 2001) di ARTECULTURA
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