Venerdì 6 giugno ti sei spento improvvisamente mentre stavi giocando a tennis. Mi è stato detto attorno alle 10.10. Campo n°4 del circolo di via Campo di Marte. Senza emettere una gemito di dolore ti sei improvvisamente disteso sulla terra rossa. Sei morto giocando, scherzando con l’amico avversario e con gli immancabili amici spettatori. Impegnato in una delle tue infinite sfide amichevoli. Sessanta anni sono pochi. Pochissimi per uno che ha condotto una vita irreprensibile. Nessuna trasgressione. Sempre nel rispetto delle regole di prevenzione. MALEDIZIONE! Un fisico atletico, sempre allenato, sempre controllato e che non aveva mai mandato un segnale di avvertimento, è stato stroncato da un fulmineo arresto cardiaco. Ho la certezza che non ha ceduto il cuore. Ha ceduto un qualcos’altro che lo comanda. La vera causa non la saprò mai. Ti ho voluto vedere steso senza vita nel lettino del pronto soccorso, dopo che ogni tentativo di riportarti in vita è risultato vano. Eri morto da pochi minuti. I capelli sporchi di terra rossa. Un fisico statuario giaceva steso incredibilmente ed ingiustamente rapito dalla morte. Eri Tu. Mio fratello. Quattro anni ci separavano. Differenza che dopo l’età adolescenziale è andata riducendosi sempre più. Il non volermi al tuo seguito perché troppo piccolo. Poi, il cominciare a frequentare gli stessi amici. Gli stessi luoghi. Ricordo quando ci siamo avvicinati al gioco del tennis. Quando per primi siamo entrati nel campo da tennis del Ronco Lido. Due operai stavano finendo di rullarlo: “Ragazzi, dieci minuti ancora e poi potete giocare!”. Eravamo nei primi anni sessanta. Ti vedo correre e scivolare nel campo mentre giochi. Un modo di giocare inimitabile. “Ma come si fa a perdere da uno del genere!”. “Ma come ha fatto a prendere quella pallina!”. Sento ancora i soliti commenti degli spettatori e dei tuoi avversari che non si rassegnavano alla sconfitta. Il tuo modo di giocare e di vincere che tanto indispettiva l’avversario. E Tu sempre calmo. Con il solito sorrisino ironico. Le battute con gli amici spettatori durante il cambio di campo. Te ne sei andato senza vedere in volto la morte. Nelle lunghe ore trascorse con Te nella camera mortuaria ho pensato e ripensato alla tua e nostra vita. Tanto diversi nel carattere. Il mio cuore attanagliato da una morsa di dolore. Da infinita rabbia. In quegli interminabili momenti che avrei voluto comunque non terminassero mai ti ho rimproverato di avere condotto una vita troppo semplice. Troppo umile. Ma come posso criticare la tua semplicità. La tua umiltà. Il tuo non conoscere l’ambizione. La vanità. Come posso criticarti di avere dedicato la tua vita solo alla tua famiglia. Non solo a tua moglie e ai tuoi figli. Ma anche ai tuoi genitori e fratelli. In occasione di controversie che possono nascere in qualsiasi famiglia, soprattutto se numerosa, e che si sono verificate anche nella nostra, Tu non prendevi posizioni. Non giudicavi. Non commentavi. Sapevi che una scelta del genere avrebbe ulteriormente creato altre separazioni fra fratelli. Tu hai sempre difeso l’unità familiare. Tutto questo io lo vedevo. Tutto questo lo apprezzavo. Ma non te l’ho mai detto. MALEDIZIONE! Come posso rimproverarti di esserti concesso solo un passatempo. Un hobby. Il gioco del tennis. Gioco dove solo Tu riuscivi a raggiungere un sorprendente livello di concentrazione. Di determinazione. Qualità che ti hanno permesso di conseguire successi lusinghieri. Te nei sei andato nella massima riservatezza. Creando solo quel poco di “disturbo” inevitabile. Hai trascorso quasi tre giorni nella camera ardente assistito dai tuoi più stretti familiari. Purtroppo non tutti. E questo mi ha recato altro dolore. Infinita rabbia. Ti sono venuti a rendere omaggio alcuni tuoi vecchi compagni di scuola. I tuoi amici del tennis. Parenti che ormai incontriamo solo in queste tristi circostanze. Alcuni ex colleghi di lavoro. Per me troppo pochi. Altre persone a te sconosciute. Hai trascorso una domenica pomeriggio assistito solo da pochi familiari. Nessuna visita. Con infinita rabbia ho trascorso quella indimenticabile domenica pomeriggio pensando che forse era una giornata di fine primavera troppo bella per essere “sprecata” per una visita ad un caro amico morto improvvisamente. Per un conforto ad un familiare. Quanto odio ho provato, e provo tuttora, per tutti quelli che pensavo di vedere piangerti e renderti omaggio in quel giorno. Parenti. Amici. Sei stato sepolto nella massima semplicità. Come Tu certamente desideravi. Una funzione funebre che più semplice di così non poteva essere pensata, tanto da farmi indispettire non poco. In quella chiesa che ci ha visto bambini. Tutto mi è sembrato essere stato diretto da Te. Tu avresti voluto proprio così. La cronaca locale non ha dato notizia della Tua scomparsa. Per molti amici e non solo, la domenica non è stata “sprecata” per farti visita. Ignobili e inqualificabili colleghi di lavoro, o chi per loro, non si sono disturbati a renderti omaggio con l’affissione di un manifesto ricordo a te dedicato. Il prete che ha celebrato una funzione funebre brevissima. E in quel momento ho sorriso. Mi è venuto in mente quando da bambini mi trascinavi a forza tutte le domeniche ad assistere alla messa, proprio nella stessa chiesa. Io che tentavo sempre di oppormi. Ma allora quattro anni di differenza si facevano sentire. Ed io dovevo sempre soccombere. Non ho mai sopportato e non sopporto tuttora il rito della messa. La lungaggine del rito. Pur pensando di essere sostenuto da grande fede. La mia fede. Il quel doloroso momento non hai voluto stancarmi più di tanto. Ancora una volta ti sei preso gioco di me. Mi hai convinto della scelta del pensionamento. Ora più che mai ti ringrazio di avermi convinto in questa decisione. Mentre stavo godendo dei festeggiamenti che i colleghi sempre organizzano per chi va in pensione, è giunta quella drammatica telefonata:” Corri al pronto soccorso. Tuo fratello si è sentito male mentre giocava a tennis”. La voce di chi mi implorava di fare presto mi stava annunciando che Tu non c’eri più. Da quando i nostri genitori hanno bisogno di assistenza ci facevamo compagnia a far loro compagnia. Lunghe ore pomeridiane a raccontarci le solite stupidaggini. Il tempo libero che offre il pensionamento ci avrebbe fatto avvicinare ancora di più. Avremmo forse programmato cose nuove insieme. Io avevo già qualche progetto. Sapevi che proprio per merito tuo avevo già realizzato un mio desiderio. Ed ora sento un grande vuoto attorno a me. Accompagnato da un immenso dolore. Sentivo che eri importante per tutti noi. Per me in particolare. Ma non te l’ho mai detto. MALEDIZIONE!!! Ciao Franco. Il tempo di questa vita penosa, passeggera, e soprattutto maledettamente ingiusta, vola. Presto riprenderemo a ridere in altro luogo. In un'altra vita. In un’altra dimensione. E così potrò dirti tutte le cose che non ti ho mai detto. Grazie per tutto quello che mi hai dato. Mi manchi tanto!!! Bruno Forlì: 20 giugno 2003 - Sono trascorse due settimane dalla tua improvvisa scomparsa |