Elogio della Mitezza

 

          Quanti hanno combattuto affinché ci fosse la libertà; affinché tutti possano essere liberi in uno stato libero, mentre poi spesso noi ci si comporta da sciocchi, pronti a fare a pugni, invece di usare il cervello.  Eppure la vera forza non risiede nella vigoria del corpo, ma nella fermezza dell’animo; si è tanto più forti quanto più si usano i ragionamenti anziché le mani.

Parliamo della mitezza, di questa rara qualità dell’animo umano che è esattamente il contrario dell’arroganza, ossia dell’opinione esagerata di sé e dei propri meriti; che è anche il contrario della protervia, ossia di quell’arroganza ostentata che sconfina nell’ostinazione ed è colma di superbia; che è, a maggior ragione, il contrario della prepotenza, condizione assai peggiore della protervia perché si manifesta come abuso di potenza non solo ostentata, ma concretamente esercitata. Il protervo si limita a fare bella mostra della sua potenza, del potere che ha di schiacciarti anche soltanto con un dito, come si fa con un moscerino, mentre il prepotente mette in atto questa potenza attraverso ogni sorta di abusi e soprusi — psicologici o fisici, pubblici o privati, verbali o scritti — perché è rancoroso, crudele, vigliacco. Proprio a causa della vigliaccheria, il prepotente è forte con i deboli e debole con i forti: è infantile, insicuro, pauroso, e per nascondere la fragilità del suo animo usa sovente la sopraffazione e le soverchierie per avere gli altri in suo potere.

    Il mite non è remissivo,  ossia non rinuncia alla lotta per paura, per debolezza, per rassegnazione, ma ricusa la competizione distruttiva della vita perché non la condivide, per un senso di fastidio, di profondo distacco da tutte quelle cose che accendono la cupidigia dei più.

    Il mite non è vanitoso, non è spinto a mettersi in mostra, a primeggiare, non ama le falsità, la futilità, il caduco; non è rancoroso, vendicativo, perché non ha astio contro nessuno, non pone in atto  ripicche e neppure ritorsioni, non continua a rimuginare sulle offese ricevute, a rinfocolare odii e a riaprire ferite; non è cedevole, perché la cedevolezza è la disposizione di colui che ha accettato la competizione, la sfida, insomma le regole della gara sociale, e quindi sa che può vincere o che può perdere.

      Il mite è una persona tranquilla, in pace con se stessa e con gli altri, che non apre mai lui il fuoco, e quando lo aprono gli altri non si lascia mai bruciare, anche se spesso tenta di spegnerlo.

      Il mite accetta gli accadimenti della vita senza alterarsi, senza paura, senza rimpianto, mantenendo la compostezza di chi osserva con imparzialità e col giusto distacco.

      Il mite è consapevole della propria forza, conosce le proprie debolezze e non le nasconde agli altri, ma cerca di mantenerle in giusto equilibrio.