Il
benessere discende direttamente dalla serenità.
Per quanto questo sia un concetto accettato da
molti, all’atto pratico – cioè allorché si verifica un malessere – l’ansia
e la preoccupazione obnubilano il sentire (sia del cosiddetto “ammalato”
sia di coloro che se ne occupano) e si tende a sopravvalutare il disturbo,
affrontandolo in modo isolato dal contesto dell’organismo intero.
La malattia, il disagio psicologico, il trauma non
sono un errore di ortografia, che va corretto a sé (e fatto ciò il discorso
fila liscio e scorrevole), ma sono uno status derivante da squilibri esistenti
nella persona a molteplici livelli e spesso da molto tempo prima dell’insorgere
del sintomo.
E’ fondamentale riconoscere e poi capire l’origine
di questi squilibri (molto spesso di origine psicosomatica) ed aiutare la
persona a cercare un nuovo equilibrio emotivo e mentale, prima che fisico. Il
resto verrà da sé, in quanto il nostro corpo è un mondo estremamente
potente ed in grado di autoristabilirsi prontamente quasi sempre senza
necessità di interventi esterni. E nello stesso modo, qualora si intervenga
esclusivamente sul disturbo (in forma chimica od altro), vi è probabilità
che il problema riappaia, magari sotto altre spoglie.
Immaginiamo un lago: un ecosistema autonomo, nel
quale piante, alghe, pesci, crostacei, insetti vivano in un brulichìo
perfettamente equilibrato, fornendo l’uno cibo e sostentamento all’altro.
Ora introduciamo una variabile nel sistema: una certa quantità di agente
inquinante fuoriuscito da uno scarico, o una nuova specie animale o vegetale
introdotta improvvisamente. E’ comprensibile che il sistema subisca
contraccolpi (a volte anche gravi), come per esempio la scomparsa di uno degli
insetti dell’habitat! Ebbene, è evidente che la soluzione va ricercata nel
tentativo di ristabilire l’equilibrio naturale, anziché nell’espletare
vari sistemi di correggere solo il fatto più evidente.
Facciamo un altro esempio: improvvisamente nei
dintorni del lago si riscontra una proliferazione straordinaria di zanzare. Il
modo più immediato (e anche più violento e meno corretto nei confronti della
natura) di risolvere il problema è trattare il lago ed il circondario con
dell’insetticida. Volendo scartare l’ipotesi violenta, andiamo leggermente
più a fondo del problema e scopriamo così che da quel lago una specie di
pesce sta scomparendo, e capiamo che quel pesce si nutriva delle larve di
quegli insetti, contribuendo così in modo significativo al controllo della
popolazione di zanzare. Il modo
superficiale di correre ai ripari è immettere nel lago nuovi avannotti di
quel pesce…Ma ciò non risolverebbe il problema, se non in maniera
temporanea! Cerchiamo invece di capire il motivo della progressiva diminuzione
degli esemplari di quel pesce: potremmo scoprire che è un piccolo crostaceo
(delle cui larve si nutre il pesce che si sta estinguendo) nel quale si sta
sviluppando un’anormale carica batterica; approfondendo ulteriormente
potremmo appurare che i batteri si stanno moltiplicando a dismisura a causa di
un’alga che sta scomparendo, la cui presenza manteneva a livelli normali l’acidità
dell’acqua, valore che infatti ora risulta alterato. E perché l’alga sta
scomparendo? Perché qualcuno, alcuni anni fa, gettò nel lago
una vecchia automobile in disuso, la cui corrosione ora sta generando
composti chimici dannosi alla sua sopravvivenza. Siamo arrivati al nòcciolo
del problema! Ed anche alla sua soluzione (peraltro, come spesso accade, molto
semplice): rimuovere la carcassa arrugginita e, fatto questo, lasciare l’intero
sistema si ristabilizzi autonomamente, con i suoi tempi ed i suoi insondabili
modi.
Questo è esattamente il modo corretto di intervenire anche in quel meraviglioso ecosistema che è l’organismo umano.
Riepiloghiamo:
L’alternativa è catastrofica
e se spesso in apparenza sembra funzionare,
a conti fatti, al contrario,
aggrava il problema!