Così luminoso e così vicino

MEDIA INAF - 06/05/2013

Il 27 Aprile un nuovo brillantissimo lampo gamma (gamma ray burst GRB) ha illuminato il cielo delle alte energie, suscitando l’interesse degli astronomi di tutto il mondo. I GRB sono le esplosioni più potenti dell’universo e si pensa siano associati alla fase finale della vita di una stella di grande massa che, una volta finito il propellente nucleare, collassa sotto il proprio peso. Mentre il nucleo centrale si trasforma in un buco nero, si formano getti ben collimati di materiale che si muove a velocità prossime a quella della luce. Questi getti trapassano l’inviluppo della stella che sta collassando ed interagiscono con il gas precedentemente espulso dalla stella stessa generando una brillante luminescenza (“afterglow”) che viene poi osservato alle frequenze dei raggi X, in ottico e in radio per giorni e mesi dopo il burst. Questo nuovo GRB, chiamato GRB130427A (il primo GRB rivelato il 27 aprile 2013), ha prodotto i fotoni più energetici mai associati ad un simile evento. Il rivelatore LAT a bordo del satellite Fermi ha registrato fotoni fino ad energie di 94 miliardi di elettronvolt (94 GeV). Il GRB è rimasto visibile nella banda dei GeV per ore stabilendo il record di durata per l’emissione gamma di un GRB. Un GRB straordinario che si è fatto notare anche nelle altre bande energetiche. Grazie all’accurata posizione derivata dal satellite Swift, che ha prontamente comunicato l’informazione agli astronomi di tutto il mondo entro pochi secondi dall’esplosione del burst. è stato possibile trovare la controparte ottica infrarossa ed anche radio. Uno dei GRB più intensi a tutte le lunghezze d’onda mai visti. “Queste osservazioni hanno permesso di stabilire che il lampo è esploso in una galassia che dista 3.6 miliardi di anni luce da noi, una distanza che sembra enorme, ma che in realtà è relativamente modesta per un GRB” dice Patrizia Caraveo, responsabile INAF per lo sfruttamento scientifico del satellite Fermi. “Infatti, tradotto in redshift, questa distanza corrisponde a z=0.34, mentre mediamente i GRB hanno un redshift di z~2, con il GRB più lontano scoperto a z=8.3, un numero che implica che la sua emissione ha viaggiato circa 13 miliardi di anni per arrivare fino a noi”. Ora gli astronomi stanno puntando i loro potenti telescopi ottici sulla posizione dove è avvenuto il lampo alla ricerca dell’eventuale supernova associata. Infatti, questo evento è uno dei più vicini ed è proprio da questi burst abbastanza vicini che è possibile vedere l’emissione della SN che ha originato l’evento e che dovrebbe comparire 2-3 settimane dopo l’esplosione del burst. “Di solito i burst più vicini sono anche quelli più deboli. Questo burst, invece, è fra i più brillanti mai visti, cioè è tra quelli che hanno liberato una maggiore quantità di energia” dice Gianpiero Tagliaferri, responsabile scientifico del team italiano che partecipa alla missione Swift. “Quindi gli astronomi sono divisi tra chi si aspetta che la supernova venga scoperta e chi invece pensa che non ci sarà, dal momento che GRB130427A è il più brillante fra tutti i burst scoperti a z<1 e, magari, potrebbe essere speciale”. Rivaleggiando in energia con i lampi gamma esplosi alle origini dell’Universo, GRB130427A ci permetterà di capire se i GRB più potenti e più lontani sono simili a quelli più deboli rivelati nelle nostre vicinanze, ai quali è stata associata una SN.

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Buchi neri affamati e super veloci

MEDIA INAF - 30/07/2013

Un gruppo di astronomi è stato in grado di misurare la rotazione di buchi neri supermassicci usando un nuovo metodo, tale da permettere di studiare in modo ancora più approfondito il fenomeno che porta alla crescita delle galassie. Gli scienziati della Durham University, nel Regno Unito, hanno osservato un buco nero, con una massa 10 milioni di volte quella del Sole, al centro di una galassia a spirale 500 milioni di anni luce dalla Terra, mentre si stava alimentando con il materiale presente nel disco circostante. La distanza è stata calcolata osservando i raggi X e ultra violetti emessi durante “il pasto” del buco nero. Usando la distanza tra questo e il disco della galassia, i ricercatori sono stati in grado di calcolare lo “spin”, cioè il momento angolare del buco nero. I buchi neri si trovano al centro di quasi tutte le galassie e possono produrre particelle incredibilmente calde, tanto da impedire ai gas intergalattici di raffreddarsi, e che sono alla base della formazione stellare. Gli scienziati non capiscono ancora perché i getti vengono espulsi nello spazio, ma gli esperti della Durham credono che il loro immenso potere e calore potrebbe essere legato alla rotazione del buco nero, molto difficile da misurare. La rotazione del buco nero porta verso il centro il materiale presente nel disco di accrescimento e, ovviamente, più materiale viene inglobato più il buco nero gira veloce. È proprio la distanza con il disco che determina, quindi, la velocità di rotazione. Gli scienziati, che hanno pubblicato la ricerca su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, hanno utilizzato immagini a raggi x ottenute dal satellite XMM-Newton dell’ESA.