Un quasar senza una galassia

Gli astronomi di Hubble hanno osservato uno dei più distanti quasar dell'universo e sono stati sorpresi da quel che non hanno visto: la galassia e le stelle che alimentano il buco nero! La migliore spiegazione può essere data dal fatto che le stelle stesse siano completamente nascoste da strati densi di polvere galattica, e se così fosse occorrerà attendere il James Webb Telescope per scoprire la galassia che contiene questo quasar. Le primissime galassie contenevano polvere: il primo universo non prevedeva la presenza di polvere fino alle prime generazioni di stelle, che l'hanno fornita tramite le fusioni nucleari. Con l'invecchiamento di queste prime stelle il mezzo interstellare si è riempito di polvere. Il quasar risale ad un tempo preistorico dell'universo, quando l'età non era ancora giunta a un miliardo di anni dopo il Big bang. I quasars sono nuclei brillanti di galassie che vedono molto materiale fluire in un buco nero supermassivo che dà vita a energia che fuoriesce dal disco di accrescimento. Questa luce può apparire sottoforma di getto. Se il getto brilla in direzione della Terra, allora l'oggetto ci appare più brillante dando vita ad un quasar che surclassa anche di migliaia di volte la luminosità della galassia stessa.Il team di astronomi sospetta che il buco nero stia divorando l'equivalente di una massa solare ogni anno ma potrebbe essere stato molto più vorace in passato, acquisento circa 3 miliardi di masse solari in poche centinaia di milioni di anni. Se vuoi nascondere le stelle con la polvere, occorre creare tante stelle massive dalla breve vita ed occorre farlo in tempi molto rapidi in modo che supernovae ed altri canali di perdita di massa stellare possano riempire velocemente l'ambiente di polvere. Serve inoltre un altro fenomeno che spazza via la polvere per tutta la galassia, nascondendola completamente. Il quasar è stato identificato prima dalla Sloan Digital Sky Survey (SDSS). Soltanto una manciata di oggetti ultra luminosi così lontani sono stati trovati dalla stessa survey in un quarto di cielo. Le osservazioni successive hanno scoperto molta polvere nella galassia ma non hanno mai mostrato il modo in cui questa fosse distribuita e se le stelle e gli ammassi potessero essere visibili. Hubble è stato utilizzato per sottrarre la luce del quasar dalle immagini e guardare a quel che circonda il buco nero, e quindi per osservare le stelle. Una volta che il quasar è stato rimosso, nessuna luce stellare è stata identificata: la galassia non è visibile. E' molto più debole di quanto si attendesse. Visto che non si possono vedere le stelle, possiamo dire che la galassia che contiene il quasar non è affatto normale ma appartiene alle galassie di polvere. Il risultato è stato pubblicato il 10 settembre su Astrophysical Journal Letters. NASA 24/10/2012

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La nonna delle supernove

E’ un record importante, quello raggiunto da un gruppo guidato da Raymond Carlberg dell’Università di Toronto e raccontato in un articolo uscito online su Nature. L’osservazione delle due supernove più distanti, e quindi più antiche, mai studiate. “Si tratta di oggetti insolitamente brillanti e lenti a scomparire. Queste proprietà sono coerenti con quello che sappiamo sulle supernova a instabilità di coppia, un raro meccanismo di esplosione associato a stelle di grande massa e quasi prive di contenuto metallico. Ovvero, le prime stelle formatesi” spiega Carlberg. Il risultato è stato ottenuto grazie al Canada-France-Hawaii Telescope Legacy Survey (CFHTLS), un programma internazionale di osservazioni al telescopio di Mauna Kea, alle Hawaii. Le due supernove sono state identificate come SN2213 e SN1000+2016. La prima, la più antica delle due, ha un redshift (ovvero uno spostamento verso il rosso delle righe spettrali dovuto all’effetto Doppler, e quindi alla velocità a cui l’oggetto si allontana dalla Terra) di 3,9, che denota una distanza di 12,1 miliardi di anni luce dalla Terra. L’esplosione di questa supernova è quindi avvenuta appena 1,6 miliardi di anni dopo il Big Bang. L’altra è appena più vicina e più giovane, a 10,4 miliardi di anni luce da noi. Le due stelle all’origine delle supernovae avevano una massa pari a più di 100 volte quella del Sole, e si erano formate quando l’Universo era ancora fatto per lo più degli elementi più semplici, in particolare idrogeno, e non ancora di elementi metallici. In queste condizioni la stella esplode con un meccanismo del tutto particolare, appunto chiamato “instabilità di coppia“: la collisione tra nuclei atomici e raggi gamma causa la produzione di elettroni e positroni liberi, portando a una caduta di pressione nel nucleo che a sua volta causa una potentissima reazione termonucleare, 10 volte più luminosa della più brillante delle supernove “normali”. 02/11/2012 media.inaf