MARINA PICCO
Il corso d'acqua

bullet2 Tipologie e tecniche di intervento

Di seguito verranno brevemente sintetizzati i tipi di opere tradizionalmente utilizzati per la regolamentazione dei corsi d’acqua. Per avere una visione esauriente sull’argomento è utile consultare lo studio sull’argomento (1993) fatto predisporre dalla Direzione Regionale della pianificazione territoriale in occasione degli studi preliminari per la formazione del nuovo piano territoriale; tale studio contiene un apparato grafico e fotografico che consente un’immediata comprensione sia delle finalità delle singole opere che delle caratteristiche estremamente differenziate che possono assumere a seconda dei materiali e delle tecniche impiegate.

Le tipologie di opere relative ai corsi d’acqua possono essere suddivise in:

- opere longitudinali: sono le opere che interessano le sponde degli alvei dei corsi d’acqua e che servono per rinforzare le sponde stesse in modo da ridurre l’effetto erosivo dell’acqua e per cercare di direzionare in modo adeguato il filone principale della corrente. Tra tali opere rientrano le viminate, le fascinate, le opere miste in fascinate, pali e pietrame, i rivestimenti delle sponde con vari materiali (conglomerato cementizio gettato in opera, lastre prefabbricate in cemento armato, pietrame, gabbionate; talvolta tali materiali vengono utilizzati contemporaneamente nella stessa opera);

- opere sporgenti: sono le opere che, partendo dalle sponde, rispetto alle quali risultano perpendicolari o inclinate, si spingono all’interno del corso d’acqua. Servono sia per ridurre la velocità della corrente in prossimità delle sponde che per cercare di direzionare in modo adeguato il filone principale della corrente. I pennelli sono l’opera sporgente più utilizzata e devono essere realizzati in serie per poter conseguire risultati adeguati. Tali opere possono essere in cemento armato, in gabbioni, in scogliera o pietrame ed in pietrame o in legno con talee;

- opere trasversali: sono le opere che attraversano tutto il letto del corso d’acqua e che servono per controllare la pendenza dell’alveo, per trattenere tutto o parte del materiale solido trasportato dalle acque e per controllare l’erosione. Tra tali opere rientrano le soglie di fondo e le briglie (o traverse) che possono essere realizzate con vari materiali : cemento armato, blocchi di conglomerato cementizio, scogliera o pietrame a secco o con malta, legname.

Altre opere che interessano i corsi d’acqua sono le immissioni negli stessi di canali e di scarichi, opere che vanno attentamente studiate per raccordare in modo armonico le quote, di solito diverse, dei fondi, nonché le opere di attraversamento quali ponti, passerelle e guadi.
L’ingegneria naturalistica, che prosegue una tradizione di origine per lo meno medievale, basandola però su basi scientifiche, viene spesso in aiuto dei progettisti per la realizzazione di opere con un ridotto impatto sull’ambiente in quanto le tecniche proposte utilizzano soprattutto materiali vegetali vivi o materiali organici inerti(10) .
Certo l’ingegneria naturalistica non può essere utilizzata per risolvere ogni tipo di problema in quanto esistono alcuni fattori limitanti che vanno analizzati preliminarmente; le opere realizzate inoltre richiedono una manutenzione regolare eseguita da maestranze competenti ed i risultati infine si ottengono solo dopo un certo lasso temporale.

Nei casi in cui però possono essere utilizzate tali opere, i vantaggi ottenibili sono numerosi :

- gli elementi vegetali utilizzati contribuiscono al consolidamento del terreno e tale azione aumenta con il passare del tempo ovvero con lo sviluppo degli elementi vegetali stessi;
- vengono creati habitat naturali propizi per la fauna selvatica;
- il corso d’acqua viene ombreggiato, mantenendo bassa la temperatura dell’acqua e limitando la formazione di specie vegetali dannose all’interno dell’alveo;
- l’apparato radicale degli elementi vegetali contribuisce alla depurazione delle acque;
- si crea un paesaggio adatto alle aree da proteggere;
- i costi di realizzazione sono mediamente inferiori del 40 – 90% rispetto ai costi delle opere tradizionali.

Criteri metodologici di intervento

Un corso d’acqua costituisce in primo luogo un sistema idraulico dinamico nel tempo : l’acqua, scorrendo, trasporta (per trascinamento, per rotolio, per salto, in sospensione) materiale solido che dà origine a fenomeni di erosione da un lato e di deposito dall’altro, modificando continuamente la morfologia del corso d’acqua.
Di conseguenza un’importanza particolare negli studi idraulici dovrebbe essere sempre attribuita allo studio dell’evoluzione nel tempo del bacino del corso d’acqua, mettendo in evidenza :
- la modifica delle aree di stretta pertinenza del corso d’acqua nelle quali le acque sono libere di espandersi senza interferire con le attività umane, in primo luogo con le attività agricole;
- la variazione del livello dell’area golenale con abbassamento per estrazione ghiaie e sabbie o innalzamento per accumulo ghiaie e sabbie;
- la progressiva “rettifica” del corso d’acqua con l’eliminazione delle anse e quindi dell’andamento sinuoso naturale che porta ad un incremento della velocità di deflusso con conseguenti fenomeni di erosione e di esondazioni più frequenti e di maggior consistenza.

Tale studio dovrebbe portare ad una visione complessiva dell’evoluzione del corso d’acqua nel passato, individuando le cause plurime degli eventi calamitosi, e nel futuro, potendo in questo caso contare sugli insegnamenti dati dalle esperienze passate per individuare gli interventi di sistemazione idraulica più adatti.
Ma nello stesso tempo il corso d’acqua con le aree circostanti rappresenta un importante sistema biologico di notevole valore: il corso d’acqua costituisce un insieme di habitat unici per una fauna molto vasta e diversificata (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, pesci e invertebrati), molto più diversificato rispetto ad altri ambienti naturali di pregio naturalistico, e per una vegetazione (alghe, muschi, piante erbacee, arbusti ed alberi) altrettanto ricca.
Ricordiamoci poi che la vegetazione riparia, oltre a fornire riparo a numerose specie animali, riduce il carico inquinante proveniente dalle aree coltivate fiancheggianti il corso d’acqua.
Non va inoltre trascurato l’insieme dei valori ambientali e sociali correlato al corso d’acqua :
- le aree fluviali hanno una valenza paesaggistico-ambientale notevole che contribuisce in modo fondamentale all’identità dei luoghi;
- le aree fluviali possono essere utilizzate per attività ricreative e sportive nella misura in cui conservino il delicato equilibrio ambientale;
- dai corsi d’acqua si sono sempre ricavati materiali litoidi per l’edilizia; è ovviamente necessaria una pianificazione di ampio respiro di tale attività in modo da non modificare in modo consistente le caratteristiche idrauliche e biologiche dei singoli corsi d’acqua, individuando gli accorgimenti necessari a mitigare gi impatti ambientali;
- le aree di stretta pertinenza del corso d’acqua, in modo particolare dal secondo dopoguerra, sono state utilizzate a fini produttivi e insediativi, molte volte incompatibili con una corretta gestione delle acque che richiede il mantenimento di aree in cui l’acqua sia libera di esondare in caso di piene; gli effetti deleteri di una visione “onnivora” che tende a sfruttare in termini strettamente economicistici ogni minima porzione di territorio sono ormai chiari a chiunque.

Da quanto sopra evidenziato emerge con chiarezza la necessità di una valutazione ampia dei problemi correlati al corso d’acqua; nella pratica corrente invece si assiste all’evidenziazione solamente della problematica relativa agli aspetti idraulici, con generalizzata mancanza di studi adeguati e di conseguenza con sottovalutazione o addirittura non considerazione della problematica relativa agli aspetti ambientali con conseguenti effetti devastanti di molte opere sull’ambiente.

Il primo problema da porsi nell’affrontare lo studio di un corso d’acqua è quello dell’individuazione dell’area di indagine che dovrà essere definita in base ai problemi da affrontare ed alle presunte cause; tale individuazione potrà inoltre essere modificata durante la fase analitica a seguito dell’emergere di nuovi elementi significativi ai fini dell’individuazione delle cause e della conseguente scelta delle soluzioni progettuali. Sarebbe opportuno che l’area oggetto di indagine, con approfondimenti a scale diverse a seconda degli aspetti affrontati, si estendesse all’intero bacino idrografico in modo tale da poter valutare tutti gli effetti che le opere progettuali individuate andranno a determinare sull’ambiente in quanto, anche se si agisce su un singolo tratto del corso d’acqua, si innesca una catena di effetti che si ripercuoteranno sia a monte che a valle del tratto interessato.
In caso di bacini idrografici molto ampi, sarà necessario individuare sottobacini con caratteri omogenei, senza però mai perdere di vista le eventuali cause e gli eventuali effetti esterni all’ambito individuato.
Lo studio finalizzato all’intervento su un corso d’acqua dovrà essere necessariamente uno studio che coinvolge più discipline in modo tale da poter scomporre la realtà in tanti tasselli che andranno poi assemblati con un lavoro interdisciplinare in modo tale da avere una visione globale dell’insieme, mettendo in evidenza le interconnessione tra i vari settori.
Questo tipo di studio presuppone la capacità da parte dei tecnici di collaborare in modo ricettivo con specialisti di vari campi, adattando il proprio campo di indagine ed il modo di procedere a seguito di problematiche emerse e /o di conclusioni raggiunte in altri ambiti che possono modificare i presupposti da cui si era partiti.
Dai confronti periodici tra i vari specialisti dovrebbe emergere una proposta progettuale che, derivando dalla verifica di compatibilità della stessa con gli obiettivi prefissati per i vari ambiti disciplinari, include già di fatto la valutazione di impatto ambientale della proposta progettuale evitando che tale valutazione venga fatta alla fine dell’iter e serva solo a giustificare a posteriori scelte già date per definitive.
Anche se tale lavoro interdisciplinare viene ormai quasi unanimemente considerato l’unico valido, nel momento stesso in cui vengono individuati i settori da indagare, lo spazio riservato al sistema biologico è ridottissimo, negando di fatto le strettissime interconnessioni esistenti con gli altri sistemi(11).
Un altro elemento importante, una volta definita una proposta progettuale completa a livello generale, è il confronto che va effettuato con gli enti locali e le comunità interessate prima di procedere alla redazione del progetto definitivo che dovrebbe fornire – altro punto fondamentale che andrebbe sempre sottolineato con molta forza – precise indicazioni alla pianificazione del territorio nel suo complesso relativamente alla compatibilità di determinati usi del territorio con una corretta regolamentazione degli ambiti fluviali.

Un interessante esempio di studio interdisciplinare riguardante un corso d’acqua, effettuato nella nostra Regione già negli anni ’80 del secolo ormai trascorso, è il Piano di Conservazione e Sviluppo del Parco naturale del fiume Stella a cui la scrivente ha partecipato in qualità di responsabile interna del progetto nell’ambito dello studio T.A. Tecnici Associati, studio incaricato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia della redazione del piano che si è avvalso della collaborazione dei professori Livio Poldini, Fabio Perco (Università di Trieste) e del sig. Parodi Roberto per gli aspetti naturalistici e del prof. ing. Samuele Cavazza (Università di Pisa) per gli aspetti idraulici. Tale piano, discusso con i vari comuni interessati sin dalla fase di analisi, non è mai stato adottato.
Dalla collaborazione dei tecnici specialisti nei vari settori sono nate alcune proposte non tradizionali relative alle opere di contenimento delle acque di piena nella parte alta del Parco (zona delle risorgive) e nella parte bassa (foce dello Stella), differenziate anche in base alle diverse caratteristiche dell’ambiente in cui devono inserirsi; alla fine del testo scritto sono si possono esaminare due disegni esemplificativi delle opere proposte.
Nella zona delle risorgive, laddove si concentrano le aree di maggior pregio naturalistico (biotopi umidi) riconosciute come zone di tutela ambientale, per risolvere il problema delle esondazioni non era pensabile proporre la realizzazione di rilievi arginale tradizionali che avrebbero comportato lo stravolgimento dell’ambiente e del paesaggio.
La soluzione proposta deriva dalla sommatoria di più interventi correlati derivanti da una attenta analisi delle caratteristiche morfologiche dei terreni, della qualità degli habitat, del tipo e della redditività delle attività produttive . Un ruolo fondamentale tra tali interventi viene svolto da quello che è stato chiamato “allagamento pilotato” : si è ritenuto fattibile e nello stesso tempo auspicabile lasciare che le acque in caso di piena possano liberamente tracimare in alcune aree poste in prossimità del fiume per consentire un’espansione delle zone umide laddove è più utile (terreni paludosi, terreni incolti) e laddove risulta meno dannosa per le attività agricole (terreni con coltivazioni a basso reddito, terreni privi di fabbricati). Tale allagamento deve essere però controllabile per avviare le acque nelle aree prescelte ed allontanarle da quelle che devono rimanere asciutte : con opere idrauliche e con opportuni provvedimenti nella fase di gestione è stata prevista la suddivisione dell’area in comparti delimitati dalla rete viaria esistente in modo da poter avere altezze diverse dell’acqua nei vari comparti, collegandoli con canali, sifoni o paratoie a seconda dei casi (per le soluzioni tecniche vedi tavola allegata con la relativa legenda).
La soluzione proposta riesce quindi da un lato a soddisfare le esigenze espresse dai naturalisti su un ripristino delle aree umide lungo i corsi d’acqua, contribuendo al mantenimento ed al potenziamento degli habitat naturali superstiti e dall’altro incide in modo non rilevante sull’economia agricola locale, proponendo l’utilizzo per le aree interessate dall’allagamento pilotato di colture che non risentano della stagnazione di acqua con altezza media di 10cm per periodi di tempo relativamente brevi.
Nell’ultimo tratto dello Stella a sud di Palazzolo, dove il fiume risulta quasi completamente delimitato da stretti argini che non sono in grado di contenere le portate di piena prevedibili con tempi di ritorno anche inferiori ai 50 anni, invece di proporre un semplice rafforzamento ed innalzamento degli argini esistenti, si è ipotizzata la realizzazione di nuovi “rilievi arginali” lungo una sola delle due sponde del fiume per ovvi motivi economici. Tali rilievi, posti ad una distanza maggiore dalle sponde del fiume in modo da garantire un ampliamento delle sezioni di piena, hanno una pendenza media di 1 : 5 e sono “modellati” ed articolati in modo da inserirsi senza alcun impatto nell’ambiente, dando la sensazione di un semplice “corrugamento” del terreno; la fascia di territorio compresa tra il fiumi ed i rilievi sarà occupata in parte da vegetazione arbustiva ed in parte da prato.
Il costo di tali opere è sicuramente maggiore per l’occupazione più ampia di suolo, ma l’impatto ambientale risulta praticamente nullo; tali opere possono di fatto svolgere un ruolo fondamentale nella creazione di ambienti naturali che possono essere utilizzati anche a fini ricreativi e turistici, contribuendo allo sviluppo economico e sociale dei territori interessati.
Gli interventi proposti derivano quindi da una logica della risorsa idrica diversa da quella tradizionale, partendo dal principio che, pur tenendo conto delle condizioni storiche ed attuali dell’antropizzazione, l’uso delle acque deve essere compatibile con il mantenimento delle caratteristiche proprie dell’idrosistema, nel rispetto della sua dinamica evolutiva naturale.
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(10)Nell’ingegneria naturalistica vengono comunque utilizzati anche materiali di sintesi (griglie, reti e tessuti di materiale sintetico, collanti chimici) nonché ferro e pietrame, utilizzato spesso nelle opere trasversali.

(11) L’esempio più eclatante è dato dal D.P.R. 18 luglio 1995 che fissa i criteri per la redazione dei piani di bacino : nella parte relativa allo stato delle conoscenze i riferimenti allo studio delle caratteristiche vegetazionali compaiono solo come voce “copertura vegetale “ nell’uso del suolo e come voce “parchi e zone protette”nella “Descrizione dell’ambiente antropico”, dimostrando per l’ennesima volta come tale aspetto venga considerato assolutamente marginale. Sempre nel decreto sopraindicato viene dichiarato che il riconoscimento degli squilibri, tra cui compaiono le alterazioni nella qualità degli ecosistemi, costituisce il passo preliminare della pianificazione e che tale riconoscimento deriva dalle conoscenze definite nella fase conoscitiva. Dal momento che, come abbiamo visto, nella fase di analisi non sono previsti studi specifici sugli ecosoistemi, in base a quali elementi potranno essere individuati gli squilibri relativi agli ecosistemi?