Clicca per vedere la cartina... Grecia e Turchia - Agosto 2005

3 settimane a zonzo tra Turchia e Grecia!!! Uno SPETTACOLO!!!

 

L’idea era quella di farsi un bel giro e con relativa calma, date le insolite 3 settimane di ferie che quest’anno ci siamo concessi… e così è stato.

 

sabato 6 agosto:

(km 0) Una scorrevole tappa Bologna-Ancona nonostante il traffico estivo, uno spuntino consumato nella piazza centrale, e alle 13.30 si parte dal porto di Ancona, direzione Igoumenitsa. Il traghetto è il classico Superfast e il pomeriggio passa tranquillo sul ponte, a prendere un po’ di sole e a leggersi un po’ di guida.

 

domenica 7 agosto:

Alle 06.00 circa sbarchiamo a Igoumenitsa (un nuovo porto si aggiunge alla lista!!!) e dopo una rapida e tristissima colazione consumata al porto, partiamo subito in direzione Meteore.

Qui si inserisce la modalità di guida vado-piano-e-non-piego, dato la qualità dell’asfalto greco (liscio come il vetro) e turco (liscio e a tratti sconnesso o in lavorazione).

Il cielo è coperto e la giornata è piuttosto fresca, tanto che sul mitico KataraPass anche in assenza di vento il freddo si fa sentire. Procediamo veloci verso Kalampaka e alle 13.00 circa siamo seduti al tavolo di un ristorantino del centro, con un gyros nel piatto e alle spalle le mitiche Meteore.

Con la pancia piena e dopo aver trovato da dormire nella vicinissima Kastraki ci dirigiamo verso i monasteri, un vero e proprio spettacolo nello spettacolo! Di certo lassù i monaci non venivano disturbati molto di frequente! Fortunatamente c’è una comodissima strada asfaltata che collega tutta la zona, e ci consente di visitare 3 monasteri e goderci lo spettacolo degli altri 3 nel corso del pomeriggio.

E’ decisamente caldo ma incontriamo una coppia di motociclisti italiani che ci dicono che tutto sommato si sta bene: nei giorni scorsi il caldo è stato veramente infernale!

Il paese costruito ai piedi delle Meteroe è carino e la sera la passiamo li.

 

lunedì 8 agosto:

(km 475) Giornata di trasferimento: lo scopo è arrivare ad Alexandropulos, ultima città greca prima del confine con la Turchia. Sarà lunga e nella seconda parte anche abbastanza caldo/umida. Pausa pranzo a Salonicco (ricordo i burnout di ogni tipo di moto, polizia compresa… bastava accellerare un po’ più del normale e, con moto rigorosamente dritta, partiva una sgommata degna di una festa post vittoria in motogp!) e la sera arriviamo a destinazione. Alexandropulos è la classica città di mare, con tanto di porto, una fila di ristoranti sul lungomare e “passeggio” sul vialone interno.

 

martedì 9 agosto:

(km 1050) Si parte da Alexandropulos, direzione: confine turco.

Dopo la dogana greca (pochi controlli, giusto il passaporto) passiamo nella classica terra di mezzo e, a fianco delle bandiere greche, iniziamo a vedere quelle della Turchia!

La dogana turca prenderà un po’ più di tempo, dovendo controllare anche la moto e segnare i relativi dati sul passaporto (che non ti venga in mente di uscire dal paese senza moto!!!). Ci consegneranno anche un foglio da conservare e riconsegnare poi al momento di lasciare il paese. Un bel visto da 10 euro e poi si entra in Turchia!!!

(km …)

Le indicazioni per Istanbul sono molto chiare e procediamo veloci (ma con cautela dato le infinite possibilità e condizioni in cui si può trovare l’asfalto turco!) verso la città.

La periferia della città è enorme e raggiungiamo il centro solo dopo un bel po’ di stradoni, strade e stradine, in un caos e in un traffico che mi ha ricordato molto quello de Il Cairo.

Seguiamo le indicazioni per il centro della città vecchia, Sultanamet, e dopo essere passati di fianco alla mitica Moschea Blu troviamo la Bonjour Guesthouse (km …), consigliata da amici e prenotata dall’Italia.

In effetti è molto carina e la proprietaria Filiz è gentilissima. Dopo aver notato un po’ di sconforto sulla mia faccia, nel sapere che la moto doveva rimanere parcheggiata in strada per i 4 giorni di permanenza in città (in realtà lo sapevo anche prima, ma confidavo nel parcheggio che ci era stato assicurato telefonicamente al momento della prenotazione), il figlio di Filiz e i proprietari del negozio di tappeti a fianco hanno organizzato un mitico parcheggio (chiuso) nel retro del negozio; non male come accoglienza.

Sistemiamo subito i bagagli e ci lanciamo alla scoperta di una città stupenda, che non mancherà di stupirci e di farci capire perché è giustamente considerata il ponte tra Europa ed Asia.

Guardando le facciate delle case della zona non sembra proprio di essere in Turchia, sembra piuttosto di essere nel nord europa: ci sono edifici nuovi, altri un po’ malandati e altri in costruzione, sempre però in stile ottomano, con la facciata rigorosamente in legno.

La prima tappa è la Piccola Aya Sofia che purtroppo non riusciamo a visitare in quanto in ristrutturazione. Li vicino però c’è un bellissimo negozietto di un pittore che fa dei bellissimi dipinti con i motivi più diversi: Istanbul, panorami vari e Dervishi rotanti. Entriamo e facciamo due chiacchiere con il pittore, gentilissimo, che ci invita a lasciare un segno del nostro passaggio nel suo libro degli ospiti, veramente pieno di saluti e ringraziamenti. Notiamo anche un bel dipinto: 3 Dervishi rotanti, che poi qualche giorno dopo passeremo a riprendere e ci porteremo a casa… e che ora è incorniciato ed appeso in sala, a casa nostra!

Li vicino c’è la moschea di “Sokollu Mehmet Paşa”… molto bella… e scopriremo in seguito che di moschee brutte, almeno in centro, non ce ne sono.

La cosa che mi è piaciuta di più è stata l’assenza della ressa turistica che caratterizza, ovviamente, i luoghi di maggior interesse: non che questa non fosse bella, era solo un po’ fuori mano.

Come di consueto scalzi, pantaloni lunghi e, per le donne, con il velo in testa, ci siamo seduti in un angolo e ci siamo immersi nell’atmosfera che caratterizza l’interno di una moschea vuota, dove era appena entrata una persona per pregare, in silenzio.

Nel tornare in camera passiamo dalla Moschea Blu, giusto per darle un’occhiata da fuori… ma ce la gusteremo meglio nei prossimi giorni. Li in zona c’è un piccolo bazar, e ovviamente venditori di tutto e soprattutto di tappeti: entriamo in uno di questi, in effetto abbiamo un’idea di un tappeto da comprare…

Come prima cosa, e sarà quasi sempre così nei negozi di tappeti, ci offrono tè o caffè e ci fanno accomodare: ci facciamo spiegare un po’ di cose su tappeti e kilim e ringraziamo.

In effetti ci sono molte possibilità: tappeti (tecnica a nodi) o kilim (tecnica tessuto), cotone o lana o mista, colori naturali o sintetici… e riconoscerli non è affatto facile!

La sera ci lanciamo per la via principale, mangiamo in un localino molto turco e poco turistico, e iniziamo a prendere confidenza con Istanbul e i turchi.

Circa il cibo… bhè, secondo noi si mangia proprio bene: a fine vacanza sarò ingrassato 2 chili! Poi ci sono un sacco di tentazioni: dopo una bella colazione (uova, te/caffe, formaggio, prosciutto cotto, pomodoro, pane, burro, marmellata, cocomero, etc…etc…) che è quasi un pranzo, vuoi non assaggiare un bel doner kebab che è li che ti chiama? E poi ancora una pizza turca? Sono fatte con la pasta della nostra pizza, ma sono chiuse tipo a barchetta, con ripieni vari (carne e spezie, formaggio, misti, vari…) e a seconda dei casi tagliate in piccoli comodi bocconi da viaggio! E poi ancora… un sacco di tentazioni!!!!!

Il gelato… ecco, quello potete decisamente lasciarlo stare! Se lo rigirano come fosse un ammasso freddo di pongo ed in effetti è un incrocio tra il nostro geleto (quello triste) e un chewingum… orribile.

L’atmosfera è stupenda e si sta decisamente bene: ci sediamo sulla panchine che sono ai piedi della Moschea Blu e la vista è stupenda! Aya Sofia è alle nostre spalle, oltre un piccolo giardino con tanto di fontana.

 

mercoledì 10 agosto:

La mattina è d’obbligo la sveglia, per fare colazione e per essere di buon’ora in fila per entrare al Topkapi, il palazzo abitato dai sultani fino al 1853, quando Abdül Mecit si trasferì nel palazzo barocco di Dolmabahçe.

Ovviamente non riusciamo ad essere in fila prima della 10.00; una volta entrati è poi la volta della fila per visitare l’harem (altro fila e altro biglietto). Il Palazzo è ovviamente una bellissima e sontuosissima residenza, con all’interno di tutto e di più e… vista sul Bosforo. Non vi sto a raccontare il palazzo, che vale la pena di essere visitato.

Nelle vicinanze visitiamo anche il museo archeologico e il museo della ceramica.

Stremati facciamo una pausa in camera, poi andiamo a visitare Aya Sofia, detta anche Santa Sofia, che però non è mai stata consacrata… e ora Ataturk l’ha voluta come museo. Una parte dell’interno è in corso di ristrutturazione e il resto delude appena un po’…

Passiamo il resto della giornata in giro per la città, cercando di assaporare quante più cose possibili: i turchi si dimostrano sempre molto gentili e i vari venditori sempre molto “presenti”.

La sera siamo nuovamente ai piedi della Moschea Blu, vuoi perché è molto vicina alla GuestHouse, vuoi perché il colpo d’occhio e l’atmosfera sono veramente molto particolari; ci sediamo anche noi tra le coppiette turche e i turisti che sorseggiano un tè all’ombra (si fa per dire… è sera!) della Moschea.

 

giovedì 11 agosto:

Finalmente entriamo nella Moschea Blu ed in effetti toglie il fiato. Si può giustamente entrare solo quando non stanno pregando, e si può rimanere solo su un lato della sala: così si può avere un colpo d’occhio stupendo sulla moschea. Peccato solo per la massa di turisti dei quali, ahimè, anche noi facciamo parte (ma quanto dev’essere bella quando è vuota!). All’uscita facciamo un’offerta per la moschea e… ci rilasciano una ricevuta: non mi era mai capitato di ricevere una ricevuta per un’offerta prima d’ora!

Subito al di la della strada c’è la Cisterna-Basilica, un’enorme basilica sotterranea usata un tempo come cisterna per la raccolta dell’acqua. Le colonne che sorreggono il soffitto non sono tutte uguali, in quanto sono state prese un po’ qua e la… comprese la testa di una medusa, greca, e sistemata a testa in giù.

Non poteva mancare poi un giro al Gran Bazar, il mercato coperto più grande del mondo! Tra l’altro Filiz ci aveva consigliato un negozio di tappeti in particolare, gestito da un suo amico, al quale chiedere tutte le informazioni che volevamo circa i tappeti, kilim, materiali, colori,etc…etc…

Entrati al Gran Bazar si entra in un'altra città; ci sono persino i cartelli con le indicazioni delle strade, altrimenti perdersi sarebbe (e anche così non è male) inevitabile. Vicino ad uno degli ingressi c’è la piantina del Gran Bazar, suddivisa per zone: oro, argento, tappeti, gadget, etc…etc…

Il bazar è incredibile: non è solamente un negozio dietro l’altro (che mi farebbe passare la voglia di visitarlo dopo 2 minuti!) ma è carico di un’atmosfera particolare. Forse mi faccio suggestionare dall’idea che è il mercato coperto più grande del mondo… non so, ma mi incuriosisce.

Dopo un bel girare troviamo il negozio che stavamo cercando e ci facciamo spiegare un po’ tutto sui tappeti: se conviente comprare qui o in Cappadocia, le varie tecniche, le varie possibilità, etc...etc…e già che ci siamo (tanto uno vale l’altro) gli chiediamo di vedere qualcosa di molto specifico… lungo un tot, largo un tot, etc…etc… In effetti c’è un kilim che farebbe al caso nostro. Gli diciamo che ci dobbiamo pensare un po’ su, e salutiamo.

Quel kilim ora è nel nostro salotto: ne abbiamo visti diversi, ma più ne guardavamo più ci accorgevamo che quello faceva proprio al caso nostro.

Per il pomeriggio abbiamo in programma un giro nell’altra parte Europea di Istanbul, oltre al ponte di Galata. E’ incredibile, ma su quel ponte è pieno di pescatori… chissà cosa si aspettano di pescare?!? Dato l’inquinamento di quella zona di mare non possono che pescare pesce radioattivo! Poco oltre il ponte, su per una ripida salita, inizia il quartiere di Galata, con tanto di torre con vista sulla città e un quartierino molto carino… e molto turistico: una lunga via pedonale piena di negozi, ristorantini e spizzicherie. Il fatto che ci siano anche molti turchi mi consola un po’.

Il ritorno verso Sultanamet, dopo aver obbligatoriamente trattato sul prezzo, lo facciamo in taxi.

 

venerdì 12 agosto:

E’ l’ultimo giorno intero che passiamo ad Istanbul e facciamo un po’ il punto di quello che ci è rimasto da vedere. Si parte quindi per il museo della Calligrafia, considerata a ragione una vera a propria arte. Visitiamo poi la Moschea di Soleimano, anche questa grandiosa, con tanto di mausoleo a fianco. Poco lontano dalla Moschea c’è il bazar egiziano e dopo aver chiesto un paio di indicazioni ci lanciamo per i suoi banchetti. E’ molto carino e abbastanza diverso dal Gran Bazar: innanzi tutto ci sono più turchi (e questo mi piace molto!) e poi ci sono negozietti particolarissimi… un negozio che vende solo borsine di carta (?)… altri che sono pieni di spezie… tegamini… pentolini… (quello per fare il caffè, ovviamente, l’abbiamo preso!)… e chi più e ha più ne metta! Uno spettacolo!

Un bel giro anche qui, un altro bel giro per la città, l’acquisto (finalmente) del tappeto e l’ultima sera ad Istanbul si avvicina. Prima però vogliamo andare a fare un giro, con la moto scarica, nella parte asiatica della città, passando il mitico ponte sul bosforo! Non vogliamo però rischiare di prendere l’autostrada per Ankara (che avremmo poi preso l’indomani), e così iniziamo a vagare per stradine e soprattutto stradoni, vialoni, raccordi… niente, non ce la facciamo: ci perdiamo per Istanbul.

L’ultima sera, tanto per cambiare, ci beviamo un tè ai piedi della Moschea Blu.

 

sabato 13 agosto:

Si parte.

Carichiamo la moto, facciamo la foto di rito sotto la Moschea e andiamo al Palazzo Dolmabache, una delle ultime residenze del sultano, che vogliamo assolutamente visitare prima di lasciare Istanbul. Una gentilissima guardia ci fa parcheggiare la moto nei posti riservati ai dipendenti turchi, e così ci dirigiamo tranquilli verso il sontuosissimo palazzo. Non vi racconto la visita, solo sappiate che ne vale la pena; merita una visita anche l’harem (se avete la fortuna di beccare una brava guida) e il giardino con vista sul Bosforo non è affatto male!

Ok, questa volta seguiamo le indicazioni per Ankara e in un batter d’occhio siamo sul ponte che ci porta in… ASIA!

Sul ponte c’è una gran coda, dovuta al casello che si trova sulla sponda opposta. Passiamo velocemente e senza pagare il casello (ce lo ha detto un taxista in fila: “go, go… no problem!”), e ci lanciamo ai 140 km/h sull’autostrada. E’ vero che in generale le strade in Turchia non sono buone, ma questa strada è tenuta decisamente bene.

A metà strada tra Istanbul e Ankara c’è una breve deviazione per strada statale… poi si torna in autostrada. Qui vediamo per la prima volta la figura del “lavatore di macchina”: ne vedremo poi altri in giro per la Turchia, solitamente in corrispondenza delle stazioni di servizio. Macchina sporca o impolverata? Non c’è problema!

L’arrivo ad Ankara è come ce lo aspettiamo data la fama della città: moderna, caotica e un po’ bruttina. L’unica nota positiva è rappresentata dalla gentilezza di un signore che, dopo averci visto consultare perplessi la cartina, si è gentilmente offerto di “scortarci” fino al centro della città, in corrispondenza della zona che stavamo cercando… veramente gentilissimo!

La ricerca dell’hotel visto sulla guida è allucinante, dato il caos e il traffico. Decidiamo così di infilarci nel primo hotel decente che ci troviamo di fronte.

Siamo in zona centro della città vecchia e la sera andiamo a mangiare in un locale lì vicino; in effetti vista da qui Ankara non è priprio un granchè, anzi. Forse la zona centro della città nuova (già, Ankara ha due “centri”) era più carino.

 

domenica 14 agosto:

Sveglia presto e poi subito diretti al museo delle civiltà anatoliche, una delle poche cose per cui tutti dicono che valga la pena fermarsi ad Ankara. Il museo in effetti è molto interessante: allestito dentro a un caravanserraglio racconta la storia del popoli che hanno abitato queste zone.

Iniziamo poi a preoccuparci del traghetto che dovremmo prendere tra poco meno di una settimana; già perché le cose non sono mai semplici e/o chiare: per andare a Rodi, che abbiamo battezzato come tappa di riposo in terra greca, bisogna prendere un traghetto da Bodrum o da Marmaris, ma non siamo sicuri che i traghetti giornalieri segnalati trasportino anche le moto. Facciamo un po’ di telefonate alle varie agenzie marittime delle due località e scopriamo che esiste un solo traghetto a settimana in grado di portare anche la moto: di martedì! “Come? Solo di martedì???” Non ci volevo credere. Oggi è domenica e non era assolutamente fattibile. I casi erano due: o saltavamo la Cappadocia (non ci pensiamo neanche) e facciamo solo 2 giorni a Rodi. La cosa non ci piaceva per niente e iniziamo a prendere in considerazione l’idea di cambiare destinazione… a Rodi ci andremo un’altra volta! Vabbè, ci pensiamo un po’ su… per ora andiamo avanti!

Visitiamo velocemente anche il mausoleo di Ataturk, che esteticamente non ha nulla da invidiare ad un cubo di marmo… sinceramente è davvero brutto.

Ok, si riparte… destinazione Cappadocia!

Uscire da Ankara è decisamente più semplice che entrarci ma, complici lavori in corso qua e la, riusciamo a perderci lo stesso. Ricorderò per sempre le indicazioni date in turco alle nostre richieste fatte in inglese. In fondo ci si capiva benissimo: era sufficiente pronunciare il nome della città che volevamo raggiungere e i turchi si davano un gran da fare per spiegarci la strada, anche tracciando con il dito un veloce roadbook sul serbatoio impolverato della moto.

La strada verso Aksaray scorre veloce, anche se meno comoda dall’autostrada percorsa fino al giorno prima. La carreggiata è più stretta, ma comunque spesso a due corsie, e data la quasi assenza di traffico si riesce ad andare di buon passo, seguendo a distanza la auto locali che procedono a 90-100 km/h. I paesi che si incontrano lungo il percorso sono veramente piccoli, con poche case, una moschea e qualche punto di ristoro. In uno di questi ci fermiamo per mangiare qualcosa e come ormai prassi consolidata scegliamo le portate direttamente dal bancone, dove sono tutte esposte facilitando inconsapevolmente il compito di chi non parla un granchè il turco. Capita poi che fegatini affogati nella cipolla sembrino melanzane… quello che ci voleva! La buttiamo sul ridere, prendiamo una specie di pizza (quella è stata facile: la stavano mangiando al tavolo a fianco al nostro!) e continuiamo sotto un sole che picchiava veramente parecchio.

Sulla destra non si può fare a meno di vedere un’enorme lago salato: il Tuz Gölü.

Passiamo velocemente Aksaray e prendiamo la strada per Nevşehir, il nostro ingresso in Cappadocia.

Le strade in effetti non sono strette e invogliano ad andare, anche perché non c’è quasi nessuno. Il problema è la qualità dell’asfalto e i lavori improvvisi, che ti catapultano nel bel mezzo del ghiaione da un momento all’altro… magari in piena curva (è successo a una coppia di motociclisti incontrati successivamente e rimasti miracolosamente in piedi!). Tanto per ricordarci tutto questo, in un tratto momentaneamente a doppio senso (causa lavori), ci siamo ritrovati davanti ad un incidente frontale tra una macchina e un camion (è meglio se non vi descriva la scena).

Con un groppo alla gola e 20 km/h in meno sul tachimetro raggiungiamo Nevşehir e cerchiamo di capire com’è strutturata la regione.

Il paesaggio è incantevole: l’altipiano si trasforma, la roccia sembra quasi fusa, plasmata dal vento che ha creato nel tempo i famosi camini delle fate.

Il posto scelto come base è Avanos e dopo qualche tentativo troviamo posto all’hotel Sofa: molto molto carino!

Sono circa le 17.45 e dopo aver appoggiato velocemente i bagagli rimontiamo in sella ed andiamo a goderci lo spettacolo. Prima tappa il caravanserraglio di Saruhan, quello meglio tenuto della zona e nel quale ogni sera viene eseguita la cerimonia dei Dervisci Rotanti. Per i turchi è una vera e proprio cerimonia religiosa, mentre per noi turisti è uno spettacolo… e anche non tanto economico: 25€ a testa! Però all’hotel ci avevano segnalato che, se lo si vuole vedere, questo è il posto migliore, meglio anche dei locali di Konia, città natale dei Dervisci Rotanti, in cui si fanno solo spettacoli per turisti, e neanche particolarmente belli ed economici. Konia del resto sapevamo che non meritava una sosta prolungata (una visita al museo e via) quindi abbiamo deciso di comprare i biglietti per il martedì successivo, fidandoci del ragazzo dell’hotel che in fondo a Konia ha detto di averci studiato per 5 anni!

Sono quasi le 19.00, il tramonto si avvicina, e non possiamo perderci lo spettacolo del “castello” di Uchisar, forse il posto più fotografato della Cappadocia. Troviamo velocemente e per puro caso una strada furba per arrivare all’ingresso del “castello” e dopo aver pagato il biglietto iniziamo la scalata. L’aria che si respira è un po’ quella del posto per turistoni… ma non si può fare diversamente, in fondo lo siamo un po’ anche noi! Arrivati in cima lo spettacolo è comunque mozzafiato. Dopo esserci gustati un gran bel tramonto, torniamo verso la moto, parcheggiata vicino ad un negozio di tappeti popolato da italiani. Qui conosciamo Enrico, da qualche mese in Turchia, che organizza escursioni, raccoglie contatti, notizie, etc…etc… una buona fonte di informazioni per chi, come noi, è appena arrivato e non ha molto tempo per familiarizzare con la zona, cercando di capire cosa merita di essere visto e cosa magari poter trascurare.

La sera, dopo una deliziosa cena (e quando mai abbiamo mangiato male!!!), abbiamo fatto il programma per i pochi giorni che ci rimanevano. Lo so, programmare troppo non va bene, e non mi piace neanche tanto, ma se non vogliamo tornare a casa con il magone per non aver visto e vissuto questo o quel posto… bhè, allora è meglio fare due conti.

 

lunedì 15 Agosto:

I conti sono stati fatti e dopo la solita colazione a base di formaggi, uova, marmellate, cocomero, e chi più ne ha più ne metta, facciamo un piccolo bucato e partiamo per un tour che ci riempirà la giornata.

La mattina è fantastica! La temperatura è perfetta, la luce mette in risalto la conformazione spettacolare delle montagne e la moto va che è una meraviglia… come sempre del resto!

Viaggiare scarichi, andature tranquille, casco (apribile) aperto, due chiacchiere… stupendo!

Brevissima sosta al distributure di benzina appena fuori dal paese e poi ci dirigiamo verso la prima tappa del nostro giro: le città ipogee!

Sarà che siamo in ferie, sarà che siamo in moto, sarà anche che siamo esattamente dove da qualche mese sognavamo di essere, ma la Cappadocia ci sta piacendo davvero tanto! Ogni scorcio, ogni casa, ogni grotta scavata nella montagne è spettacolare!

Dopo una cinquantina di km, direzione sud, arriviamo a Derinkuyu.

Le città ipogee sono delle vere e proprie città sotterranee, che nel corso dei secoli sono sempre servite ai vari popoli della zona per difendersi dagli invasori e dal freddo invernale. Bisogna considerare che qui in Cappadocia, in inverno le temperature arrivano tranquillamente a –20 gradi, mentre sotto terra la temperatura è più o meno costante tutto l’anno, tra i 10 e i 15 gradi.

L’escursione è particolarissima, anche perché si scende a circa 40 metri sotto terra (ci vuole un maglioncino!). Ci aggreghiamo ad un gruppo di “avventure nel mondo” e prendiamo un’unica guida, che scendendo ci racconta delle varie particolarità: un sistema di areazione che non ti fa mai mancare l’aria, neanche 8 piani sotto terra; vari ambienti, stalle, cantine, bagni, cucine, etc… che erano in grado di ospitare fino a 5000 persone per 4 mesi, senza mai uscire allo scoperto!!!

In Cappadocia ci sono diverse città ipegee ma ci hanno suggerito di farne solo una e in particolare questa: il percorso di visita è ad anello, quindi non si torna mai sui propri passi, evitando così di incrociare i visitatori successivi.

Una volta usciti, dopo l’immancabile marcatino, torniamo al parcheggio dove incontriamo un gruppo di motociclisti italiani… una comitiva di Goldwing che stava terminando il tour turco e stava tornando verso il porto di Izmir, dove si sarebbero imbarcati per Venezia (…lunga…).

Lasciamo Derinkuyu e ci dirigiamo verso est. Seconda tappa del nostro giro è la valle di Soğanli. Qui di turisti ce ne sono davvero pochi! Incontriamo solo due motociclisti, italiani, che si stanno riposando all’ombra di un albero, mangiando un po’ di albicocche che gli sono state donate da persone del posto! Un breve scambio di informazioni, chiacchiere, aneddoti e saluti, e ci dirigiamo verso l’inizio della visita.

Enrico ci aveva consigliato un posto tranquillo dove fermarsi a mangiare qualcosa e, dato l’orario, decidiamo di approfittarne! I tavoli sono posizionati all’ombra di alberi da frutta in un ampio giardino; il gestore ci fa accomodare e, appena capisce che siamo italiani ci chiede sorridente “Amici di Enrico?”. Evidentemente ne sono passati parecchi…

Dopo aver pagato poche lire turche per il biglietto d’ingresso alla valle in uno casottino sulla sinistra, iniziamo a visitare la varie chiese della valle, scavate nella roccia, affrescate e molto abbandonate. La strada, asfaltata, si può percorrere in moto. Solo alcune chiese si raggiungono solo a piedi, ma ne vale la pena. Non tanto per la chiesa in se, ma per il paesino che bisogna atttraversare per raggiungerle. L’atmosfera è chiaramente di altri tempi: pochissime persone che vivono apparentemente di sola pastorizia, che lavorano la lana o che portano al pascolo le pecore… che polleggio! Ci fermiamo un po’ all’ombra sorseggiando un po’ d’acqua, e noto che la moto è spaventosamente impolverata! Inizio a pensare che forse dovrei fare come molti turchi, e cioè fermarmi in uno di quei autolavaggi improvvisati a lato della strada, che si trovano un po’ dappertutto, e darle una bella lavata!

Torniamo poi verso Avanos, passando per Ürgüp, dove i motociclisti italiani che abbiamo appena incontrato ci hanno consigliato un hammam. La particolarità di questo hammam è quella di essere misto! Ci suona molto strano e l’impressione è che sia per turistoni e comitive varie. Era però anche carina l’idea di vivere questa nuova esperienza insieme… ci pensiamo.

Anche qui ad Ürgüp c’è una gran bella vista e ci fermiamo, casualmente è l’ora del tramonto, a goderci il panorama! Vorrei fare una bella foto, studiare un po’ una bella inquadratura, sistemare il cavalletto etc…etc… ma c’è sempre troppa gente o sempre troppo in mezzo, non si riesce. Peccato.

La giornata è stata spettacolare e a forza di fare qualche giro di qua, visita di là, passa per di su e magari anche un po’ per di giù… riusciamo a fare 270 km! Per la cronaca questa è la qualità dell’asfalto… quello buono! (inserire foto) Andando sembra quasi normale, ma se ti fermi e lo guardi da vicino capisci perché tutti ti dicono di andare piano… senza contare ovviamente i lavori in corso.

La sera, dopo doccia e cena, ci fermiamo in un bar lungo il fiume a sorseggiare un po’ di te, e anche qui il barista inizia a parlarmi in turco. Sembra quasi meravigliato quando invece capisce che siamo italiani. Non era la prima volta e mi viene quasi quasi da pensare che questo equivoco, in futuro, potrebbe pure farmi comodo…

“E il traghetto?” – ci diciamo – “Cosa facciamo? Cambiamo isola?”. Dopo un brevissimo summit decidiamo di andare a Samos; qui i traghetti dovrebbero essere decisamente più frequenti. Entriamo in un Internet Point e cerchiamo un po’ di informazioni; l’isola di Samos ci è assolutamente sconosciuta e la guida di Rodi che ci siamo portati dietro non ci aiuterà. Dai resoconti che leggiamo sembra che la costa nord sia molto battuta dal vento… quindi decidiamo per la costa sud. Dopo un po’ abbiamo deciso: Pythagorio.

 

martedì 16 Agosto:

Dopo la consueta colazione – è vero, iniziamo a prenderci gusto – andiamo a visitare il museo all’aperto di Göreme. Qui è decisamente più trafficato e pieno di turisti, molto diverso dalla splendida vallata di ieri, anche se le chiese sono belle e un po’ più curate. Dopo un po’, sarà il caldo e la ressa, non ce la facciamo più e andiamo via. Personalmente non credo di aver mai visto tante chiese in così poco tempo… e sinceramente inizio ad essere anche abbastanza a posto!

Decidiamo poi di provare l’hammam visto ieri, anche al nostro hotel ce ne hanno parlato bene (…cosa vuoi, che ce ne parlassero male?). Arrivandoci nel primo pomeriggio, orario inconsueto per le comitive, lo troviamo completamente vuoto.

Io non reggo granchè il caldo, tanto più se umido. Qui sarei dovuto scappare dopo 20 secondi, ma sarà per l’atmosfera, sarà per la particolarità della cosa, ho resistito decisamente bene: una smestolata d’acqua tiepida sulla testa ogni tanto e poi tanto, tanto, tanto relax.

Dopo una decina di minuti ci vengono a prendere e ci portano in un’altra stanza, dove ci sbruscano e ci massaggiano dalla testa ai piedi… uno spettacolo!!!

Tornato in hotel decido che è l’ora di fare la doccia… alla moto. Pensavo e speravo di trovare qualcosa di rustico, come visto nei giorni scorsi in giro qua e la, ma niente… l’unica cosa che trovo è un “moderno” autolavaggio, con tanto di lancia a pressione e personale qualificato. Mi metto in fila e dopo 10 minuti mi faccio dare l’attrezzatura e comincio a togliere il grosso della polvere! Il personale presente era molto gentile e voleva aiutarmi, ma gli ho fatto capire che preferivo fare da solo: la potenza dell’acqua è in grado di staccare i miei preziosissimi adesivi (oltre che qualche esile tubicino) e non volevo correre rischi. Finito il lavoro sono soddisfatto; lo è meno invece il personale dell’autolavaggio, che volendo fare un lavoro fatto bene, continuano a dirmi di pulire meglio qui, di sgurare meglio la, di continuare con l’acqua ma stando più vicino, etc…etc… insomma si stanno preoccupando molto più di me della pulizia della mia moto! “Apprezzo molto, grazie” – gli dico – “ma tanto domattina siamo da capo… volevo solo togliere il grosso della polvere… grazie mille”. Qualche euro per il disturbo e dritti in hotel a finire il lavoro… su di me!

La sera torniamo al caravan serraglio visitato il primo giorno di Cappadocia, per assistere allo spettacolo/cerimonia dei Dervisci Rotanti: “spettacolo” per noi che paghiamo 25 euro a testa (!), “cerimonia” per i turchi che la vivono proprio come una cerimonia religiosa, con tanto di preghiere e tutto il resto. Come mia abitudine arriviamo molto presto, e abbiamo il tempo di gustarci l’atmosfera magica del posto, con tanto di te alla menta gentilmente offerto dall’organizzazione.

Lo spettacolo dei Dervisci Rotanti è decisamente particolare e capiamo che è anche una vera e propria cerimonia religiosa quando sentiamo e vediamo una famiglia turca che, seduta alle nostre spalle, sta pregando. Questa stessa famiglia, alla fine della cerimonia, mi dirà poi qualcosa in turco, confermando quanto già successo nei giorni scorsi e ribadendo il fatto che se volessi sembrare “turco” non farei la minima fatica!

Dopo una ventina di minuti di piroette – e non capisco come non stramazzino per terra – la cerimonia finisce. Ricomincieranno poi per altri 5 minuti, per poter fare qualche foto: prima è severamente vietato.

 

mercoledì 17 Agosto:

Si parte, lasciamo la Cappadocia, che ci ha lasciato un gran bel ricordo.

Il programma della giornata è tosto, quindi partiamo di buon ora… alle 08.00 siamo già in moto!

La giornata è splendida: un bel sole, la temperatura giusta per viaggiare tranquilli e il sole alle spalle, dato che procediamo verso ovest.

Come per salutarci e augurarci buon viaggio, si alzano in volo, alla nostra sinistra, alcune mongolfiere che partono per un tour aereo della zona. Tour che dev’essere tanto bello quanto caro: ci hanno solo accennato ai prezzi, ma si parlava di un centinaio di euro a testa!

Prime tappe del viaggio sono due caravan serragli, tenuti decisamente peggio di quello da noi già visitato, che incontriamo durante la strada per Konia.

A Konia facciamo tappa al museo Mevlana Tekkesi, simbolo della città, nonché meta di pellegrinaggio. A fianco del museo c’è infatti il mausoleo di Mevlana, famoso anche per la sua cupola verde smeraldo, dove vi è sepolto Calaleddin Rumi, fondatore dell’ordine dei Sufi, i Dervisci Rotanti.

Ripartiamo poi subito, in quanto la strada da fare è ancora tanta: lo scopo è raggungere Pamukkale entro il tramonto. Inizia a fare caldo e le strade sono quelle che sono. Ogni tanto ci fermiamo per dissetarci e chiedere informazioni circa la strada migliore da fare: non ci sono autostrade e dalla cartina non è chiarissimo se quella che sembra essere la strada più breve è anche la migliore.

Finalmente, dopo quasi 700 km, arriviamo a Pamukkale.

Pamukkale è famosa per l’incredibile cascata di calcare che fa sembrare innevata un’intera collina. Purtroppo un indegno sfruttamento turistico era arrivato anche qui, con alberghi che usavano l’acqua termale per i propri comodi, facendola mancare alle vasche naturali, che con il tempo hanno iniziato a perdere il loro naturale candore. Da qualche anno sono stati fortunatamente abbattuti questi alberghi e stanno cercando di recuperare l’area… in bocca al lupo!

Ripiombiamo di colpo nel girone dantesco dei turisti, e veniamo assaliti e inseguiti in moto da albergatori a caccia di clienti. Approfittiamo di un albergatore decisamente pressante per chiedergli due informazioni sul come si può visitare il sito. Ci dice che non ha senso andare a visitare ora le cascate di calcare, per poi dover ripagare il biglietto domani per visitare le rovine romane (poste in cima alla collina): tanto valeva andare a riposarsi in camera e fare tutto domani.

“COSA? Sei matto?!?!?! Ho fatto 700 km per vedere Pamukkale al tramonto e non ci faccio neanche due passi!?!?! Aspettaci pure in hotel, che ci facciamo un giro e poi con calma arriviamo!”

Rigorosamente scalzi e sotto l’attento controllo di un custode, che fischia a ogni turista che si avventura in zone off-limits, facciamo un giro per questo posto incredibile. Il calcare è stupendo perché se è bagnato non è affatto scivoloso, anzi… c’è decisamente più grip! Il panorama è stupendo e il tramonto rende tutta la collina leggermente rosata… che spettacolo! Ne valeva la pena di fare tutta quella strada… e ce l’abbiamo fatta!

L’abergo è carino, pulito, abbastanza economico e anche se non ne abbiamo visti altri – non ne avevamo tempo e voglia – siamo abbastanza soddisfatti.

La sera due passi in paese (5 alberghi e 27 ristorantini) e poi dritti a letto!

 

giovedì 18 Agosto:

Preparati i bagagli (per la verità mai disfatti) andiamo a visitare la parte alta del complesso di Pamukkale, dove ci sono resti romani e varie spedizioni, tra cui anche una “missione archeologica italiana”, che stanno cercando di salvare il salvabile. Anche qui i romani si sono lasciati alle spalle anfiteatri, terme, etc…etc… il solito.

Lasciata Pamukkale andiamo verso Kusadasi, a sincerarci che il traghetto per Samos fosse in effetti disponibile. Lungo la strada ci fermiamo a pranzare al sacco in un simpatico e anonimo paesino, dove facciamo la spesa in un caotico e molto tipico mercatino: rotelle di pane al sesamo, olive e formaggio, pagate ovviamente quasi niente.

A Kusadasi trovare l’agenzia turistica contattata per telefono non è stato affatto facile: le indicazioni, questa volta, erano un po’ confuse. Ok, il traghetto dell’indomani c’è; partenza primo pomeriggio, come previsto! Prenotiamo subito i biglietti, che saranno poi pronti il giorno successivo, e andiamo via: non più tardi di un mese fa, su questo lungomare, i separatisti kurdi hanno fatto saltare in aria un autobus e l’idea di rimanere qua in giro non ci esalta. Peccato perché sarebbe anche una località carina… forse un po’ troppo turistica, ma qualche giorno ci poteva pure stare.

La mattina seguente, prima di partire, vogliamo visitare il complesso di Efeso, e così cerchiamo da dormire li in zona, a Selçuk. Troviamo una camera decisamente triste… ma tanto per una notte…

Il paese è piccolino, ma almeno si possono fare due passi per il “centro”, con tanto di mercato, strada dello shopping, ristorantini, etc…etc… e visto che alla fine riusciremo a fare un po’ di mare mi compro pure un bel telo.

 

venerdì 19 Agosto:

Per cercare di evitare il caldo e il caos, andiamo subito a visitare Efeso, complesso abbastanza ben tenuto, con tanto di teatro romano, resti di edifici vari, e la ricostruzione della facciata della famosa biblioteca di Celso. Bello, ma dopo un po’… basta: ora voglio solo mare, lettino, ombrellone, cibo, e svacco allo stato puro per almeno 3 giorni!!!!!

Torniamo nella vicina Kusadasi, prendiamo i biglietti per il traghetto, e spendiamo le ultime lire turche in cibo e cazzatine varie. Finalmente iniziamo la trafila doganale, pochi controlli (giusto che la moto entrante indicata sul passaporto fosse la stessa) e via verso il traghetto… greco! Fortuna che mi ero appena cambiata la maglietta: una bella mezzaluna bianca su sfondo rosso, l’ideale per farsi voler bene dai greci!

Un’ora di uno sgangheratissimo traghetto greco e siamo a Samos!!! Sento già l’odore di un gyros-pita… non vedo l’ora!

Mentre io mi perdo in improbabili foto alla moto e al traghetto, facendo pure tardi al controllo documenti, la mia ragazza si fionda nell’agenzia marittima per informazioni sul traghetto che, tra 4 giorni, ci deve portare al Pireo. E per fortuna che c’è andata subito: il garage del traghetto era quasi pieno e abbiamo preso gli ultimi posti!

I controlli sulla moto sono approfonditi e oltre a controllare targa e telaio, mi fanno aprire pure i due bauli laterali. Vi lascio immaginare la faccia che ha fatto il doganiere quando ha visto un cilindretto di cartone contenente il piccolo dipinto comprato a Istanbul!

Passata la dogana andiamo a Pythagorio, cittadina tranquilla che si trova a poche decine di km da li, sul lato sud dell’isola. Ovviamente si va piano: l’asfalto, un po’ in tutte le isole greche, è spaventosamente liscio.

Arriviamo in paese che è già buio e la gente passeggia lentamente per la via principale e il lungomare. Noi invece siamo motociclisti in viaggio, un po’ stanchi, sudaticci, rigorosamente spettinati e un anche un po’ smaronati, dato che non troviamo un alberghetto che faccia al caso nostro. Dopo un po’ che giriamo decidiamo di accontentarci di un affittacamere gestito da una simpatica nonnina, che in uno stentato ma onestissimo inglese, ci illustra la camera, i costi, dove poter parcheggiare la moto, etc…etc… Perfetto!

Dopo una meritatissima doccia ci lanciamo nel “passeggio” serale, cercando di familiarizzare con le varie stradine, ristorantini, mini-market, bar, etc… dato che resteremo qui per ben 4 giorni!

 

sabato 20 – martedì 23 Agosto:

Questi 4 giorni li abbiamo passati nel polleggio più totale: nei primi 3 giorni abbiamo provato 3 spiaggie diverse, tutte in zona, e il 4° siamo tornati in quella che ci è piaciuta di più. Per il resto non c’è molto da dire se non che ci siamo proprio coccolati: in spiaggia sembre con ombrellone e lettini, tanto costavano relativamente poco, per pranzo frutta seguita da un bel gelato, e per cena tutte le sere un ristorantino diverso. Una sera siamo andati a fare un giro nella cittadina di Samos, che è carina ma non è nulla di particolare.

 

mercoledì 24 Agosto:

Ultimo giorno a Samos. Il traghetto parte dal porto di Samos nel tardo pomeriggio, verso le 19.00.

I traghetti delle isole greche sono un po’ come degli autobus, collegando diverse isole tra di loro e, solitamente, il porto principale del Pireo. A causa di queste continue soste c’è un bel viavai di gente sul traghetto, un po’ fastidioso considerando l’orario notturno e il nostro vano tentativo di dormire!

 

giovedì 25 Agosto:

Una volta sbarcati al porto del Pireo ci dirigiamo subito in direzione di Atene: abbiamo tutto il giorno a disposizione e, prima di arrivare a Patrasso, decidiamo di dare uno sguardo al Partenone.

Atene: che caos. Non credo che dimenticherò facilmente la frustrazone e l’incazzo provato nel girare per la città, alla ricerca della strada per raggiungere il Partenone… e dire che ci dovrebbero essere fior fiori di indicazioni! Alla fine decido di seguire un pulman e finalmente arriviamo all’acropoli!

La visita è velocissima e a distanza: non abbiamo proprio lo spirito per infilarci in questo nuovo vortice turistico.

Un pranzo veloce e poi via, in direzione Patrasso. Tralascio il tentativo, fallito, di visitare lo stretto di Corinto: gira che ti gira lo manchiamo. Pazienza: lo avevamo già visto, e così procediamo per Patrasso, dove ci aspetta un traghetto.

Il viaggio di ritorno è normale trasferimento.

Che dire… stupendo!

 

 

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