LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO |
PERSONAGGI |
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GIUSEPPE BARBERIS, TRUCIDATO IN PIAZZA VECCHIA Nato nel 1921, è con il fratello che Giuseppe Barberis, orfano di padre, passa la sua fanciullezza e gioventù saviglianese. Viene ospitato dagli istituti saviglianesi che operano nel settore, sin quando, raggiunta l'età della leva, viene chiamato a prestare servizio nella Marina Militare. In un primo tempo viene destinato alla torpediniera «Pallade», una nave che scorta i convogli marini diretti a Tripoli e Tobruk. Successivamente si trova impegnato come «motosilurante» nella dodicesima flottiglia della Mas, in servizio nel Ladoga, un lago al Nord della Finlandia praticamente al confine con la Russia. All'età di 22 anni fa rientro in Italia ed è appunto in Italia, presso il porto de La Spezia, che lo coglie l'8 settembre 1943. È in attesa di una nuova destinazione. Non si fa pregare due volte e, insieme ad altri giovani suoi commilitoni, torna al paese d'origine. A Savigliano sono numerosi i militari sfuggiti al servizio e destinati ad essere internati in Germania. L'occupazione presso la Tod (organizzazione tedesca per il lavoro civile) in qualità di guardafili lo salva dalla deportazione assicurata. Ha contatti con i partigiani, come molti altri -anche se non risulta essere un militante impegnato-, e deve quotidianamente presenziare con la firma in municipio. Il 24 agosto 1944 (la tradizione dice che sia stato tradito -o, meglio, venduto- da una spia) viene tratto in arresto e condotto, per accertamenti, nella «caserma dei muti». Lì rimane per alcune settimane. Su di lui, a quanto pare, oltre ai sospetti della delazione, non vi è nulla. Solo che il 13 settembre, in mattina, durante un'azione partigiana, dinnanzi alla stazione ferroviaria di Savigliano rimasero a terra un fascista ed un giovanissimo partigiano poco più che sedicenne, Eugenio Buscatti, forse colpito da proiettili vaganti di fuoco amico. La reazione dei nazi-fascisti è quasi immediata. Dalle prigioni vengono tirati fuori Aldo Chiarofonte e Michele Testa per essere giustiziati. Caricati su un autocarro ed avviati, a loro insaputa, alla fucilazione, sono bloccati poco fuori della caserma dall'arrivo del brigatista nero saviglianese Giuseppe Mobiglia. Il Testa -personaggio ambiguo che venne poi fucilato dopo la Liberazione- viene sostituito con il primo che capita, lo sfortunato Giuseppe Barberis. Portati in piazza Vecchia ed appoggiati dinnanzi al basamento di destra dell'arco trionfale, vengono fucilati. Piove intensamente. I corpi dei due rimangono a terra per l'intera giornata affiancati da un cartello con la scritta «ribelle». luigi botta © |