LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO

UN COMMENTO

RIPAVIMENTARE IL CENTRO SENZA LA MINIMA FANTASIA PROGETTUALE

Ripavimentare il centro storico significa sostituire il povero e vituperato asfalto con il più ricercato e sofisticato porfido? Per il «Progetto di Qualificazione Urbana» che il Comune ha licenziato recentemente e per il quale ha richiesto il contributo di 920 milioni di lire alla Regione Piemonte sembrerebbe proprio di si. Sia la relazione che l'accompagna quanto le tavole progettuali che completano il quadro offrono scarsissime o diverse indicazioni. Ripavimentare in Savigliano significa solo ed esclusivamente -non si sa bene in base a quale criterio- sostituire lo strato di bitume con i cubetti di porfido. Non ci sono altre indicazioni.

Se gli interventi previsti verranno portati a termine rispettando tali indicazioni, non solo sarà un peccato, ma sarà sicuramente, anche, un'occasione perduta, che non potrà essere recuperata in tempi brevi e che segnerà piattamente e senza progettualità una parte del futuro urbano di Savigliano.

Nel prossimo biennio, con una spesa di 720 milioni di lire, dovrebbero essere ripavimentate piazza Cesare Battisti, via Grassi, via Gandi, via Beggiami, via Miretti, contrada Jerusalem e vicolo Baratà. Un bel colpo d'occhio, per la città! Visto un progetto, visti tutti. Nulla cambia, nulla interpreta, nulla indaga il passato, nulla prospetta soluzioni, nulla contribuisce ad integrare il centro, nulla consente di personalizzare i siti diversificandoli l'uno dall'altro. Si sostituisce semplicemente l'asfalto con il porfido. Un'operazione insensibile, incredibilmente omogeneizzata, che non solo non rivitalizza il centro ma codifica e sterilizza strade e piazze rendendo le prima esattamente uguali alle seconde.

E dire che, neppure tanti secoli fa (sei-sette decenni) ogni strada si presentava con caratteristiche proprie, che la rendevano unica distinguendola tipologicamente da ogni altro angolo cittadino.

Andiamo nell'ordine. Piazza Cesare Battisti. Un gioiello urbanistico nato nel 1837 dall'abbattimento di un preesistente palazzo che ne occupava l'intero suolo concedendo una modestissima viabilità perimetrale. Un edificio, palazzo Champeaux, che ospitò probabilmente la sinagoga saviglianese e che il Turletti indica come romano. La ripavimentazione a porfido prevista, priva di disegni, pensa esclusivamente al pratico: alcuni «tombini», distribuiti qua e là, servono alle prese di luce ed acqua per il mercato. Nulla più. Vale a dire: la piazzetta non è dei cittadini ma è vincolata all'uso di parcheggio ed è fortemente condizionata dalla presenza del mercato del martedì e del venerdì.

E pensare invece, per tale gioiello, a qualcosa di diverso? Ricordarsi, ad esempio, che nel 1921 al centro della piazza viene collocato un grande monumento dedicato ai Caduti della prima guerra mondiale, che tutt'intorno i dehor -quello della pasticceria e del ristorante- occupano ampi spazi a ridosso delle abitazioni e che il suolo è caratterizzato da un fittissimo acciottolato (che emerge ogni qualvolta si scava!) e dalle guide in pietra che impongono i percorsi di carri, carretti e delle prime auto? Ed immaginare la piazzetta, con un progetto poi neppure tanto fantastico, con un grande spazio alberato centrale, magari caratterizzato da una bella fontana o da un monumento contemporaneo? Oppure da un circuito alberato, sottolineato da precisi disegni a pavimento, destinato a richiamare l'antica presenza dello storico palazzo? Ci vuole forse troppo?

Contrada Jerusalem. Neppure tanti anni fa (cinque o sei) la negligente disattenzione di chi ha eseguito i lavori di scavo, o di chi li ha ordinati, ha definitivamente danneggiato le preesistenze del sottosuolo, tagliando buona parte delle «lose» che percorrevano per intero la via determinando il percorso obbligato per i mezzi trainati da muli o cavalli (ho già richiesto all'Amministrazione, credo senza risultato, la formazione di una mappatura ragionata e precisa, strada per strada, delle preesistenze sotterranee conosciute al fine di evitare ulteriori simili e gravissimi errori). La contrada, caratterizzata dai binari che ne individuavano il percorso, circondati da acciottolato bianco e nero, era sicuramente affascinante e movimentata.

Così dicasi per via Beggiami, via Miretti, via Gandi e via Grassi. Ovunque la conformazione stradale imponeva la tradizionale pavimentazione in ciottoli di fiume ed il doppio «serpentone» levigato di spesse pietre di Luserna. Ad ogni portone il «paracarro» salvaguardava lo spigolo murario, mentre ogni ingresso agli spazi privati si caratterizzava con una «losa» scanalata orizzontalmente. È tanto difficile rileggere, oggi, questi messaggi urbani?

Come mai altre città -e mi vien da ricordare Saluzzo, Fossano, Benevagienna, Cavallermaggiore, Cherasco, Racconigi, Marene, Bra, Cuneo, tanto per citare a breve raggio- hanno pensato ad altre soluzioni? Nulla di ardito ed eclatante: una rilettura, corretta e puntuale, delle preesistenze e del contesto.

A Savigliano no, ciò non è previsto. Ma neppure pensato!.

luigi botta

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