LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO |
UN COMMENTO |
UN «FALSO STORICO» LA TARGA CHE RICORDA BARBERIS? Pur senza essere preveggente (la conclusione era prevedibile anche ad un poppante), nell'ottobre scorso avevo scritto sulla cancellazione della scritta «Barberis presente»: «la Giunta penserà bene di recuperarne l'immagine virtuale concedendosi e concedendoci, in qualche prossimo 25 aprile, 1 maggio o 4 novembre, l'inaugurazione -con tanto di banda, di reduci, di associazioni d'arma e di discorso commemorativo del "professore" in giacca e cravatta- della targhetta posta sul muro ove un tempo stava la scritta». Per meglio essere chiari aggiungevo: «L'originale dava fastidio o non interessava, ma la copia dell'originale servirà a ristabilire i valori e ad offrire l'occasione per la ricostruzione di una verginità perduta e venduta». Auspice l'Amministrazione tutto si è verificato come da copione. Naturalmente il 25 aprile, venerdì. Con banda, reduci, associazioni d'arma, bimbetti delle scuole con labari, Sindaco con fascia tricolore (l'unico tricolore del corteo). Con tanto di bandiere rosse dei Ds e di Rifondazione comunista. Una bella comitiva allegramente convenuta ad inaugurare, in corso Roma a Savigliano, la targhetta che documenta la scritta «Barberis presente» che non c'è più. Sì, la scritta sul muro c'era, era vera, dipinta da qualche anonimo. Testimoniava che il brutale assassinio di Giuseppe Barberis avvenuto il 14 settembre 1944 non era stato vano. La nostra attuale democrazia doveva qualcosa anche a lui. Senonché la necessità di ritinteggiare l'edificio poneva il problema della conservazione o meno del documento dipinto. Valeva cioè la pena salvaguardarlo com'era, magari restaurandolo (questo io sostenevo), oppure si poteva benissimo decidere di cancellarlo eliminando un passo della nostra storia? La Giunta di centro sinistra ha optato per la seconda ipotesi. Solo che c'erano di mezzo anche una falce ed un martello dipinti sopra la scritta. La loro memoria non solo non poteva e non doveva essere cancellata, ma doveva essere rivalutata. Allora -questo sostenevo- avremmo prima o poi assistito ad una sostituzione del vero con il falso, o meglio con il virtuale. Il vero un po' scomodo, il virtuale, invece, credibile, perché culturalmente qualificante e simbolicamente rappresentativo (in mancanza ed in sostituzione dell'originale). È avvenuto tutto puntualmente venerdì scorso. Ma in quale modo? Se una fedele riproduzione dell'originale, senz'altra particolare indicazione, avrebbe potuto assolvere al compito, l'Amministrazione ha voluto andare oltre ed offrire «effetti speciali». Ha trasformato l'immagine aggiungendovi un testo. Apprezzabile il richiamo alla memoria di Giuseppe Barberis; campata all'aria la rimanenza: 1) non è vero, come si afferma, che la scritta è stata tracciata a seguito dell'assassinio di Barberis. Essa è successiva di ben 2 anni all'avvenimento e si richiama alle elezioni del 7 aprile 1946. La dicitura «Barberis presente» rappresenta un primo momento, realizzato a memoria del caduto. Il simbolo comunista è invece un'aggiunta successiva, finalizzata anch'essa alla disputa elettorale. In città compaiono altre analoghe scritte (tra queste quella esistente sull'edificio di via Torino tra i n. 72 e 74), che ricordano i morti per la libertà. Su tutte (ad esclusione dell'indicazione «corso Giuseppe Rittatore» su un edificio di corso Littorio) appaiono in seguito la falce ed il martello; 2) viene scritto, con tono ridicolo e idee poco chiare, che la scritta esisteva sui muri della casa «prima del restauro». Mi si spieghi qual è il restauro che, anziché salvare, distrugge. Il bello del virtuale, però, è nella riproduzione fotografica: 3) la scritta è tutta in rosso. Un rosso brillante, un rosso bandiera che rappresenta un bel messaggio! Solo che l'originale, rosso non era. Il maiuscolo di «Barberis presente» si mostrava di colore ocra scuro, quasi vinaccia, mentre il simbolo comunista appariva nero intenso. Come conseguenza la facciata è diventata verde. 4) la scritta risulta perfettamente leggibile. L'originale, invece, no. Mancavano le ultime tre lettere, altre erano danneggiate ed il simbolo comunista era qua e là rosicchiato. La «ricostruzione filologica» -perché nel «virtuale» tutto deve essere chiaro e decifrabile- si è servita di uno spray digitale che ha trasformato le rigide e vigorose pennellate originali nella melliflua scritta di uno squatter contemporaneo. Ma il meglio, forse, deve ancora venire. Mi sorge il dubbio che Barberis forse non fosse proprio comunista, e che la falce ed il martello imposti sulla scritta appartenessero ad una prima strumentalizzazione avvenuta nel 1946. Un falso «virtuale», quello del 2003, costruito forse su un falso, quello del 1946, cui nessuno faceva caso. Ma un falso, quello del 2003, più vero del vero, perché il vero non c'è più e perché codifica di fatto una situazione che dal 25 aprile è solo più quella virtuale espressa dalla targhetta. Complimenti! Ciò avviene in una città dove Sindaco e Capogruppo della maggioranza sono docenti di Storia all'Università ed al Liceo! Complimenti, proprio! E il primo cittadino si è pubblicamente dispiaciuto della sola presenza delle bandiere Ds e di Rifondazione Comunista? La risposta è una sola: personalmente non mi interessano le inaugurazioni dei falsi storici! Lascio ad altri questa occupazione! luigi botta |
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