LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO |
LETTERE |
LA QUALITÀ ALIMENTARE DEVE AFFIANCARSI ALLA TRADIZIONE Savigliano, 15 ottobre 2000 Stim. direttore, consigliato dai gruppi di maggioranza (I Democratici, Nuovacittà, Ppi e Savigliano democratica) a prendere parte all'iniziativa «Savigliano in carne» mi sento con coscienza di affermare che la manifestazione non è andata bene. E l'immagine di Savigliano -se questo era anche un obiettivo- ne è uscita massacrata. Così come il capogruppo Ambroggio ha dato qualche consiglio, anch'io, senza la pretesa di saperla troppo lunga, dico la mia al «bravo Egidio» (come il sindaco in pectore ha chimato il nostro Assessore all'agricoltura). «Savigliano in carne» non può più essere quel che è stato. Deve cambiare. E totalmente: 1) Il servizio. Deve essere fatto ai tavoli, con carrelli che mantengono il calore, rapidamente. Il bollito deve essere tagliato e servito ad ogni commensale. Il vino deve essere compreso, anche perché la scelta dello stesso deve essere appropriata e deve spettare all'organizzazione. Non possono, duecento-trecento persone o forse più, mettersi in fila, non una ma due volte, e perdere ben un'ora con il vassoio in mano. Come è possibile che a Marene, alla «cena del toro», ben 1500 persone abbiano ricevuto in contemporanea, più o meno al medesimo prezzo di Savigliano, il vino, due antipasti, due primi, un secondo, il formaggio, il dolce, il caffè e il «pusacafè»? 2) La carne. Se si vuole che diventi l'elemento trainante, qualificante e foriero di un'immagine positiva della città, essa deve provenire da allevamenti saviglianesi, deve essere lavorata da macellai saviglianesi e diventare, secondo quella microcultura del cibo che «slow food» ha diffuso sul territorio facendone una bandiera, un punto di riferimento per la rassegna. La sua scelta non può essere affidata al ristoratore ma deve avvenire dietro consiglio di apposita e qualificata commissione. Nei locali della manifestazioni ampi tabelloni devono fornire il «pedigree» degli animali macellati documentando tutti gli aspetti della loro vita: a) la nascita, la paternità e maternità, il periodo di esistenza, le eventuali gravidanze, il peso, l'alimentazione e, per il piacere intrinseco di chi si avvicina alla mensa, anche il nome dell'animale (Savoia, Italia, Purtugal, Bianca, Triculur, ecc., o gli altri nomignoli che solo la tradizione nostrana sapeva dare e che poco alla volta si vanno perdendo); b) la certificazione sanitaria che documenti la vita (vaccinazioni, malattie, ecc.) dell'animale, sino al documento finale, relativo alla sua soppressione; c) l'allevatore, la sua azienda, la sua storia e, se possibile, la storia della sua azienda; d) la storia dell'allevamento a Savigliano, con origini, tradizioni, macellazione, prezzi, diffusione, consumi, ecc., ieri ed oggi; e) le immagini fotografiche di tutto quanto è documentabile e può essere richiamato agli animali macellati: i bovini stessi, le stalle, gli allevatori, le cascine, il territorio, ecc. Solo così, a mio modesto giudizio, sarà possibile creare il presupposto culturale capace di dare un peso alla manifestazione (che, mi sia concesso, non può somigliare alle cene a base delle solite costine alla brace dei festival dell'Unità che tutti erano capaci a preparare). Solo così sarà possibile fronteggiare le iniziative di qualità gastronomico-culinaria che ovunque sembra si siano scatenate riscoprendo tradizioni che si erano perse nel tempo (pensate che i Saluzzesi mi hanno contattato per sapere se, nel corso dei miei studi, avevo rinvenuto qualche documento relativo alla «gallina bianca» per il cui «pedigree» hanno avviato un campagna promozionale a livello nazionale!) Grazie per l'ospitalità luigi botta |
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