LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO

LETTERE

 

L'ARCHITETTURA DEL NOVECENTO? UN OPTIONAL DI REGIME

Savigliano, 9 ottobre 2000

Stim. direttore (Corriere di Savigliano),

il tentativo di risposta che il sindaco in pectore prof. Giulio Ambroggio dà al mio intervento sulla nuova caserma dei Carabinieri mi lascia a bocca aperta, privo di parola. Non lo credevo capace di tanto!

Sorvolo sull'intervento «politico», quello che fornisce una sua giustificazione alle motivazioni che avrebbero portato a stabilire in borgo Marene l'area adatta alla nuova costruzione (io ho notizie che sono esattamente contrarie a quanto da lui asserito).

Mi va però di entrare nel merito della «lezione» di storia dell'architettura che fornisce a tutti noi, con una chiave di lettura personale e stravolgente, che non solo falsa una realtà storico-culturale ormai codificata, ma ci fa passare tutti per fessi. E lo fa quando scrive, giustificando la liberalità di progetto concessa da questa Amministrazione, che «Non siamo più al tempo del fascismo quando tutte le case dovevano essere conformi in modo rigoroso a quanto stabilito dal regime».

Forse, per far colpo sul lettore giocando sull'ignoranza dello stesso, il capogruppo di maggioranza ne spara una di quelle che non stanno nè in cielo nè in terra. Sa, il prof. Ambroggio, cos'è l'architettura del periodo fascista? A quanto riferisce con convinzione, lanciando un messaggio che non concede dubbi od altre interpretazioni, sembra proprio che non conosca neppure il significato della parola «architettura». Lasci ad altri, per cortesia, gli interventi di questo tipo!

Nel periodo del Fascismo -mi preme fargli sapere- il dibattito sull'architettura è stato vivacissimo ed ha prodotto, a livello mondiale, forse il massimo livello di rapidità di evoluzione pratica e concettuale da quando l'uomo ha costruito qualcosa di più impegnativo di una capanna.

A memoria, partendo da quel precursore avvenieristico che fu Antonio Sant'Elia, cito una serie di grandi architetti ed urbanisti -tutto meno che «rigorosi a quanto stabilito dal regime»- che hanno fatto dell'edilizia italiana del periodo un esempio in tutto il mondo: Marcello Piacentini, Mario Sironi, Giuseppe Pagano, Giuseppe Terragni, Felice Casorati, Alberto Sartoris, Giò Ponti, Giovanni Michelucci ed Emilio Lancia. Oltre confine, tanto per non limitarci all'«orticello», cerchi, il sindaco in pectore, di far mente a quel movimento, la «Bauhaus» di Walter Gropius e Ludwig Mies, che ancor oggi determina le scelte dell'architettura e del design contemporaneo. Oppure a quell'altro personaggio, certo Le Corbusier, la cui produzione progettuale è attualmente studiata nelle Università per la sua attualità.

Al prof. Ambroggio, forse, è sfuggito -o meglio non gli è riuscito di scriverlo per ovvie simpatie personali- che il regime che ha imposto un'architettura massificata, uniformata ed omogeneizzata, è stato quello Comunista, che con il suo «realismo socialista» ha condizionato, appiattendolo, il «modus operandi» di tutti gli uomini di cultura allineati e non in esilio.

La conclusione, purtroppo, e che se uno, dieci, cento, mille prof. Ambroggio avessero gestito con i suoi principi l'urbanistica e l'edilizia saviglianese nel tempo, oggi non avremmo i vari palazzi Taffini, Cravetta, Galateri, Muratori, Della Chiesa, ecc., le belle chiese del concentrico, i suoi numerosissimi conventi, piazza Santa Rosa, piazza del Popolo, le ville del circondario e tutto ciò che l'Assessore al turismo, attraverso le sue guide, indica come degno di nota al turista attento e rigoroso.

Saremmo un popolo primitivo, che vive ancora sulle palafitte o, al più, «oltre cortina».

Grazie per l'ospitalità

luigi botta

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