(23 settembre 2003) Il
sottoscritto Luigi Botta, consigliere comunale del
«Nuovo gruppo di Centro», considerato che dopo
un'estate di grande magra -che ha evidenziato la notevole
quantità di materiali indecenti depositati sul fondo-
il canale dell'Officina è tornato recentemente a far
scorrere l'acqua, e con l'acqua tutto il pattume
galleggiante racimolato in poche centinaia di metri
(bottiglie in plastica e vetro, borse, scatole, bidoncini,
contenitori di detersivo, di alcool, di ammoniaca ed altro,
come un supermercato alla rovescia) che immancabilmente
è andato a fermarsi ed ammucchiarsi -e non
sarà sicuramente la prima, la seconda o la terza
volta!- in prossimità del primo ostacolo, e
cioè delle chiuse che regolano l'immissione del
canale nelle acque del Mellea, con uno spettacolo indecente,
indegno di una civiltà contemporanea che si erge a
paladina del rispetto della natura e della supponenza di
tutti coloro che dovrebbero fare del riciclaggio una pratica
intelligente destinata tanto al recupero del materiale
quanto alla negazione di ogni forma di inquinamento (si
pensava che queste scene appartenessero alle fotografie
già un po' ingiallite degli anni Sessanta, quando si
era tutti un po' più spreconi e più
qualunquisti!); interroga il Sindaco o l'Assessore delegato
per conoscere quale sarà il destino di tale ignobile
pattume: se qualcuno si preoccuperà di raccoglierlo e
portarlo in discarica (con un'operazione certamente non
facile perché le chiuse non sono raggiungibili da
mezzi meccanici ma soltanto a piedi, su un modestissimo
sentiero che costeggia il canale), oppure qualcun altro,
facendo finta di niente (si è mai saputo che si sia
effettuato prima d'oggi un recupero di bottiglie, borse ed
altri simili contenitori in tale luogo?), farà
sì che al sollevarsi delle paratie, con l'acqua,
lentamente e senza dare troppo nell'occhio, il plasticume
ammucchiato finisca poco alla volta nel Mellea, trasferendo
il problema a Cavallermaggiore, quindi nel Maira, rimandando
la soluzione a Racconigi, quindi nel Po, immaginando che
tutto si risolva a Torino e, via via, sino al Polesine -per
via del nobile detto che tutte le acque portano al mare-,
fornendo così un contributo tutto saviglianese
all'inquinamento del già sufficientemente inquinato
mare Adriatico.
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