LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO

INTERROGAZIONE AL SINDACO DEL COMUNE DI SAVIGLIANO

(5 settembre 2001) Il sottoscritto Luigi Botta, consigliere comunale del «Nuovo gruppo di Centro», deve constatare, purtroppo, l'ennesimo fallimento dell'attività di promozione gastronomico-produttiva a favore della città di Savigliano. Saluzzo, ancora una volta ci ha battuti. Ci ha battuti sul terreno a noi più favorevole. Lo ha fatto con una vittoria d'immagine avvenuta d'impeto, non «sul filo di lana». Una vittoria costruita dapprima a tavolino, intelligentemente, pensata per valorizzare il territorio facendo presa sui «media» e sui cittadini con argomenti oggi particolarmente sentiti e per questo favorevolmente trainanti: il cibo, le tradizioni produttive agricole e culinarie. Savigliano, in questa «tenzone» a distanza ravvicinata, non è mai scesa in campo, non si è mai mossa dai blocchi di partenza. Un eufemismo che, sia concesso, calza bene alla circostanza. In pratica, dopo la promozione iniziata lo scorso anno col tanto criticato -da parte saviglianese- salone «Le valli del gusto», improntato sulla divulgazione del salame tradizionale di qualità, prodotto tipicamente di pianura, quindi saviglianese (non è forse vero che il territorio di Savigliano possiede il più alto rapporto tra residenti e numero di suini che in esso trovano allevamento?), Saluzzo ha promosso, tramite il proprio «Presidio Slow Food» (non la dice lunga il fatto che sia un saviglianese a presiedere detto Presidio?), la «gallina bianca», la stessa che l'Intendente Giovanni Eandi, nel 1835, documentava genericamente col nome di gallina e come massicciamente presente (molto più che nel saluzzese) nel saviglianese. Quest'anno, poi, ha avviato, con la nuova edizione de «Le valli del gusto», la promozione del pane, resuscitando l'intelligente, popolare e mai sopito connubio tra pane e salame, ampiamente celebrato in terra emiliana e mantovana ma da noi -seppure regolarmente consumato- praticamente dimenticato. Il successo, stando alle notizie di cronaca, è stato notevolissimo: radio e televisioni, pubbliche e private, locali e nazionali, ne hanno ampiamente trattato, anche nel corso dei Telegiornali; i quotidiani ed i periodici hanno riempito pagine e pagine di resoconti; la presenza di pubblico è stata notevolisima. Merito tutto saluzzese e, naturalmente, nessuna invidia. Sta di fatto, comunque, che Savigliano ha perso l'ennesimo -speriamo non l'ultimo- treno. La città che era definita la California d'Italia per la ricchezza della propria produzione di frumento, era stata a lungo la capitale nord-italiana del pane. Con la «Sagra del Grano», il modesto ma significativo prodotto di consumo giornaliero aveva assunto un'importanza tale da divenire sicuro ed appropriato elemento di caratterizzazione. Per la prima edizione della «Sagra», quella dell'agosto 1938, il numero speciale del periodico «L'Unione agricoltori» esaltava questo aspetto. Ma anche le edizioni della ricorrenza ferragostana tenute nel dopoguerra (eloquente è l'immagine degli anni Cinquanta pubblicata a pg. 201 del volume «Noi gente di Savigliano») non erano da meno, raccogliendo negli stand di piazza Nuova le qualità di pane di tutta Italia. Anche recentemente, sin quando la «Sagra» è sopravvissuta, la mostra del pane ha rappresentato uno degli elementi più significativi e trainanti della manifestazione popolare (a documentare l'avvenimento offre positiva impressione la fotografia del 1979 [pubblicata a pg. 219 del volume «Savigliano in chiaroscuro»] nella quale i presidenti di Regione e Provincia, Viglione e Falco, «posano» sotto l'Ala di fronte ad una incredibile montagna di micchette, grissini e micconi -tutti rigorosamente forniti del «cartellino doc»- dalle forme e dalle provenienze più svariate. C'era dunque nulla da inventare. Era sufficiente dar seguito ad una tradizione interrotta per alcuni anni, potenziandola e gestendola con intelligenza e lungimiranza. Nulla pareva essere più facile. Le premesse, poi, sembravano esserci tutte. Anche il progetto «Savigliano produce», che il programma elettorale di indirizzo della Giunta poneva come uno degli obiettivi «per la ricerca di nuove sinergie tra turismo e agricoltura», si indirizzava in quel senso. E anche la risposta del Sindaco (prot. 27868 del 15 novembre 2000) all'interrogazione che lo scrivente aveva presentato il 24 ottobre 2000 e che riguardava argomento del tutto simile all'attuale, sembrava andare in quella direzione. «Si è pensato al pane» scriveva il Sindaco nella risposta, sollecitato a dichiararsi circa le iniziative in cantiere. «A questo stiamo lavorando -continuava- e il prossimo anno faremo il grande passo sui salumi o su "pane e salame"». Siamo invece stati autolesionisti ed abbiamo compiuto il passo del «bollito»: come, è meglio non ricordare! Di «pane e salame», prima o dopo, neanche l'ombra. A questo punto, amaramente, lo scrivente interroga il Sindaco o l'Assessore delegato per conoscere come intenda muoversi la Giunta in tale settore. Qualunque iniziativa è accettabile, purché offra alla città (al di fuori delle spezie e delle essenze che notoriamente nulla hanno a che vedere con Savigliano anche se catalizzano per un giorno l'attenzione di un pubblico «straniero») spunti di interesse e di immagine, restituendole il diritto di rivendicare almeno quanto è di sua spettanza. Spera, infine, con questa segnalazione anche un po' polemica, di non aver ingenerato confusione, di aver agito per il bene della comunità, di non aver stimolato il primo Cittadino a gesti insani (visto che l'interrogazione del 24 ottobre 2000, secondo sua dichiarazione protocollata, gli sollecitò un ironico ed estremo tentativo di suicidio: «di fronte alla tua filippica mi è venuta la tentazione di sparami»). Si augura che quanto asserito non venga ritenuto come «tiro allo slogan della decadenza e altre amenità del genere» (risposta del Sindaco del 15 novembre 2000), spera di non aver «scambiato le pulci con gli elefanti» (ibidem) e di ottenere una risposta che nulla abbia a che vedere con le cèlie che il Sindaco -sempre nella solita risposta- aveva preannunciato a suo tempo. La presente, infatti, è anche una rivendicazione storica e culturale. Di politico e di «opposizione» ha praticamente nulla.

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