LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO |
INTERROGAZIONE AL SINDACO DEL COMUNE DI SAVIGLIANO |
(24 ottobre 2000) Il sottoscritto Luigi Botta, consigliere comunale del «Nuovo Gruppo di Centro», fortemente amareggiato della scarsa efficenza con la quale il nome di Savigliano viene promosso a livello regionale e nazionale, prende atto che domani, mercoledì 25 ottobre 2000, a Torino, si avvia la terza «kermesse» gastronomica biennale del «Salone del Gusto», «kermesse» che il «Corriere della Sera» di ieri, lunedì 23 ottobre 2000, definiva «Occasione unica al mondo» per promuovere città, situazioni, iniziative legate al mercato della gastronomia intelligente e, in qualche modo, al mercato del turismo alternativo, del turismo minore: come quello saviglianese, appunto. Lo scrivente è obbligato a prendere atto altresì che la città di Savigliano, per tale manifestazione -che fa del Piemonte e del suo territorio il volano intorno al quale ruota l'economia mondiale del cibo- non esiste. Non esiste perché non è presente alla rassegna, non esiste perché non è proposta tra le 120 «Escursioni Slow» distribuite in tutto il Piemonte (con amplissima rappresentanza cuneese, da Bra a Saluzzo, da Cuneo a Canale, da Cervere a Mondovì, da Alba a Boves, da Barge a Carrù, ecc., ecc., ecc., in un elenco che è tutto un programma), non esiste perché non possiede prodotti gastronomici (di qualunque genere) degni di essere salvati, perché non ha particolarità (ortofrutticole, conserviere, produttive, da allevamento, di lavorazione, ecc.) da evidenziare, perché non ha nulla di rappresentativo da far conoscere. Una città che vanta invece -perché la conoscenza delle produzioni storiche indica ampie strade da percorrere, purché lo si voglia-, o vorrebbe vantare, tanti diritti di primogenitura, che vorrebbe annoverare -anche stando ai programmi di maggioranza- iniziative atte a valorizzare i beni fondamentali che la tradizione culinaria e produttiva delle nostre terre hanno saputo tramandare, ma che in realtà si presta a scarse iniziative di piccolo cabotaggio, soggette forse soltanto a «far discutere» sulla loro qualità. Una città che non riesce a proporre al di fuori delle mura domestiche un qualcosa -anche modesto- capace di caratterizzare positivamente ciò che il trascorso ed il presente (perché il presente della città sa esprimersi con grande dignità offrendo qualità che in alcuni settori hanno pochi eguali nei dintorni ed in territorio subalpino) hanno saputo e sanno proporre ed in qualche modo codificare. Una città che non sa proporsi ad un mondo di buongustai, di addetti ai lavori e di persone che contano, sempre più intimamente interessato al fenomeno della gastronomia e della culinaria, in tutti i suoi risvolti. Lo scrivente è obbligato a prendere atto che alcuni centri vicini, con iniziative lodevoli e fortemente caratterizzanti, sovente frutto di riletture storiche anche un po' forzate e non sempre obiettivamente rispondenti a realtà, sostenute dai «Presidi Slow Food» (che ad esempio Saluzzo e Bra possiedono, ma Savigliano no), fanno ed hanno fatto parlare di sé imponendosi all'attenzione con progetti di recupero e di valorizzazione produttiva-gastronomico-culinaria. Tra questi, ad esempio, quello teso al recupero della «gallina bianca di Saluzzo», un prodotto da cortile ancor massicciamente presente nelle nostre campagne, che in origine (come documenta l'Eandi nella sua «Statistica» del 1835, vol. II, pgg. 194-195), con la più modesta e dozzinale denominazione di «gallina», apparteneva molto più alla pianura saviglianese che non al territorio collinare del saluzzese. E, per logica conseguenza, avrebbe potuto diventare, oggi, semmai l'iniziativa del recupero fosse intelligentemente partita dalla nostra città, la «gallina bianca di Savigliano». Occasioni mancate, occasioni perse. Lo scrivente, allo stesso modo, deve rendersi conto che in un mondo che -forse in termini intellettualistici ed anche un po' snobistici, ma comunque concretamente forieri di quell'«immagine» che tutti rincorrono e che non può non portare risultati, in termini di turismo, commercio, ecc.- va alla ricerca delle cose curiose, dei prodotti di nicchia, delle espressioni genuine di una tradizione che deve essere a tutti i costi recuperata, Savigliano sta, per contro, tentando di aprire le braccia ad una nuova massificazione commerciale, che soltanto il supermercato sa proporre, capace di appiattire sensazioni, esigenze, priorità ed inventiva, tutti elementi che soltanto la piccola distribuzione, con quella passione che appartiene alla tradizione, sa proporre. Lo scrivente, per questi e per altri motivi che non sta qui ad elencare ma che tutti coloro che amano la nostra città potrebbero citare a menadito, chiede al Sindaco, che della nostra Savigliano, oltre ad essere il primo cittadino, è anche un testimone sincero che sa riconoscere meriti recenti e passati, riconoscimenti e mancati riconoscimenti, se si riconosce in questa situazione -che ci nega, purtroppo per negligenza nostra, molte delle cose che invece ci spetterebbero- e se pensa che tale situazione, se protratta nel tempo, non vada a profondo danno di una realtà locale che dovrebbe attivarsi con energia e determinazione per ricreare un'«immagine» che la città sta poco alla volta perdendo. Un'interrogazione che tocca pochi punti, ma vuole comunque essere lo stimolo ad una meditazione tutta «savianina». |
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