Tagore

 

Molti sono i miei desideri,

pietoso è il mio canto,

ma tu mi hai sempre salvato

con duri rifiuti;

e questa tua potente misericordia

ha lasciato un segno profondo

nella mia vita.

Giorno per giorno mi rendi degno

dei semplici grandi doni non richiesti

che mi hai dato:

questo cielo e questa luce, questo corpo,

la mia vita e la mia mente,

salvandomi dai pericoli di un desiderio troppo forte.

Ci sono momenti in cui indugio

e momenti in cui mi scuoto,

impegnandomi nella ricerca della mia meta.

Ma tu crudelmente ti nascondi alla mia vista.

Giorno per giorno mi rendi degno

della tua piena accettazione

con rifiuti continui

e mi salvi dai pericoli

di un desiderio confuso.

 

 ***

 

C’è un istante di tregua nel monsone battente,

poi cade nuovamente la pioggia.

Ho preso la mia arpa.

Senza fretta ne pizzico le corde.

Finché una musica incosciente

ha sposato le cadenze di questo monsone.

Lei ha lasciato il suo lavoro,

s’è fermata sulla porta,

se ne va via con passo incerto.

Torna,

si appoggia contro il muro.

Aspetta.

Infine entra e lentamente si siede

senza parlare;

ma ben presto lascia il suo lavoro ad ago

e guarda alla finestra

verso la linea confusa degli alberi.

Solamente questo:

un’ora di tramonto piovoso,

un’ombra,

un canto.

 

***

 

Lungo molti anni

a grande prezzo

viaggiando attraverso molti paesi

andai a vedere alte montagne;

soltanto non vidi

dallo scalino della mia porta

la goccia di rugiada che scintillava

sulla spiga di grano

 

***

 

Il tempo del mio viaggio è lungo

e lunga è la mia strada:

sono uscito al primo raggio di luce,

ho proseguito lasciando le mie tracce

attraverso deserti.

E’ la strada più remota

quella che conduce più vicino,

dalla ricerca più complessa

nasce la semplicità.

Un viandante deve bussare a mille porte

per riuscire a bussare alla sua porta,

solo esplorando il mondo intero

un giorno arriverà al santuario intimo

della sua coscienza.

 

***

 

Passai tutto il giorno nella polvere infuocata della strada.

Ora, nel fresco della sera, busso alla porta della locanda.

E’ deserta e in rovina.

Un albero stende le sue affamate radici

tra le fessure del muro.

Sono lontani i giorni quando i viandanti

venivano qui a lavare i loro piedi stanchi.

Stendevano le stuoie nel cortile alla luce della prima luna

e sedevano a parlare di terre straniere.

Al mattino, ristorati, si destavano al canto degli uccelli

e i fiori, dal bordo della strada, li salutavano amichevolmente.

Ma quando giunsi io non c’era nemmeno

una lampada accesa ad attendermi.

Macchie di fumo, lasciate da molte lampade

dimenticate, come occhi ciechi mi fissavano dal muro.

Lucciole volavano tra i cespugli presso lo stagno inaridito

e i rami di bambù gettavano ombre sul sentiero invaso dalle erbe.

Io sono l’ospite di nessuno

alla fine della sua giornata.

La lunga notte m’attende

e sono stanco.

 

***

 

Era di maggio.

Il pomeriggio afoso sembrava interminabile.

La terra riarsa si spaccava

nel gran caldo, assetata.

Dalla riva del fiume

udii una voce che gridava:

"Vieni, tesoro mio!".

Chiusi il mio libro

e aprii la finestra:

presso il fiume un grande bufalo coperto di fango

guardava in giro

con occhi placidi e pazienti.

Un ragazzo, nell'acqua fino al ginocchio,

lo chiamava per farlo bagnare.

Sorrisi

ed ebbi un senso di dolcezza

che m'invase il cuore.

 

***

 

Non chiesi nulla. Mi fermai

al limite del bosco.

La rugiada era ancora nell'aria.

Il profumo dell'erba bagnata indugiava

nella nebbia che avvolgeva la terra.

Sotto un banano mungevi la vacca.

Le tue mani erano tenere come burro.

Immobile non dissi una parola.

Fu l'uccello che cantò

nascosto dal cespuglio.

L'albero di mango lasciava cadere i suoi fiori.

Le api ronzavano.

Dalla parte dello stagno

il cancello del tempio di Shiva

era aperto. Un fedele

aveva iniziato il suo canto.

Con il secchio sulle ginocchia tu mungevi la vacca.

Io col secchio vuoto

non ti venni vicino.

Il cielo si destò al suono

del gong del tempio.

Gli zoccoli delle bestie

che andavano al pascolo

sollevavano polvere della strada.

Con le brocche piene posate sull'anca

le donne venivano dal fiume.

I tuoi bracciali tintinnavano.

La schiuma traboccava dal secchio.

E io non ti venni vicino.

 

 

 

 

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