ORAZIO
Sulle ali del canto meonio
Vario potrà celebrare
il tuo coraggio, le tue vittorie sul nemico
e le prodezze
compiute in terra e in mare
dai soldati al tuo comando.
Io non oso cantare tutto questo, Agrippa,
né l'ira terribile e ostinata di Achille,
le traversie per mare dell'astuto Ulisse,
né gli orrori della casa di Penelope:
troppo per i miei limiti;
il riserbo e la Musa,
che in sordina modula la mia poesia,
mi vietano di svilire,
per vizio d'ingegno,
la tua e la gloria ineguagliabile di Cesare.
Chi altri ancora
potrebbe celebrare degnamente Marte
chiuso nello splendore delle armi,
Merione nero della polvere di Troia,
o Diomede
simile a un dio per mano di Pallade?
Io canto i banchetti,
l'accanirsi incruento delle liti
fra giovani e fanciulle,
sia che, frivolo come sono, io bruci
o sia vuoto d'amore.
***
Altri, altri poeti loderanno Rodi,
la sua luce, ed Efeso, Mitilene,
le mura di Corinto a specchio di due mari,
la fama di Tebe per Diòniso,
quella di Delfi e Tempe per Apollo.
Solo e ininterrottamente pensano altri
a celebrare in versi la città di Pallade,
a strappare rami d'ulivo
per potersene cingere la fronte.
Altri ancora in onore di Giunone
cantano Argo, i suoi cavalli,
e l'oro di Micene.
Io no, non mi commuovono l'austerità di Sparta,
le campagne lussureggianti di Larissa,
ma gli echi che a Tivoli animano
il tempio di Albunea, il bosco di Tiburno,
la cascata dell'Aniene e i frutteti
irrorati dal fluire dell'acqua.
Se il vento del sud rischiara le tenebre del cielo
fugandone le nubi e non sempre reca la pioggia,
anche tu con saggezza, Planco,
allontana la tristezza e col vino
addolcisci le angosce della vita,
dovunque ti trovi: al campo sfolgorante d'insegne
o a casa, domani, fra le ombre fitte di Tivoli.
Lasciando, in fuga da suo padre, Salamina,
Teucro non rinunciò, ti dico, a cingersi le tempie
umide di vino con corone di pioppo,
mentre si rivolgeva agli amici avviliti:
'Noi ce ne andremo, compagni d'arme e ventura,
dove migliore del padre ci condurrà fortuna.
Non disperate, a Teucro è affidata l'impresa
e a Teucro in verità promise Apollo
che in altra terra sorgerà confusa con l'antica
la nuova Salamina. Uomini, uomini miei,
che ben altri rischi avete affrontato con coraggio
al mio fianco, affogate nel vino gli affanni:
domani ritenteremo l'immensità del mare'.
***
Guarda la neve che imbianca tutto
il Soratte e gli alberi che gemono
al suo peso, i fiumi rappresi
nella morsa del gelo.
Sciogli questo freddo, Taliarco,
e legna, legna aggiungi al focolare;
poi senza calcolo versa vino vecchio
da un'anfora sabina.
Lascia il resto agli dei: quando placano
sul mare in burrasca la furia dei venti,
non trema piú nemmeno un cipresso,
un frassino cadente.
Smettila di chiederti cosa sarà domani,
e qualunque giorno la fortuna ti conceda
segnalo tra gli utili. Se ancora lontana
è la vecchiaia fastidiosa,
dalla tua verde età, non disprezzare, ragazzo,
gli amori teneri e le danze. Ora ti chiamano
l'arena, le piazze e i sussurri lievi
di un convegno alla sera,
il riso soffocato che ti rivela l'angolo
segreto dove si nasconde il tuo amore,
il pegno strappato da un braccio
o da un dito che resiste appena.
***
Non chiedere anche tu agli dei
il mio e il tuo destino, Leucònoe:
non è lecito saperlo,
come indagare un senso
fra gli astri di Caldea.
Credimi, è meglio rassegnarsi,
se Giove ci concede molti inverni
o l'ultimo sia questo
che ora infrange le onde del Tirreno
contro l'argine delle scogliere.
Pensaci: bevi un po' di vino
e per il breve arco della vita
tronca ogni lunga speranza.
Mentre parliamo, con astio
il tempo è già fuggito.
Goditi il presente
e non credere al futuro.
***
Con piede uguale la pallida morte
batte alle capanne dei poveri
e alle torri dei principi.
Lo scorrere breve della vita
ci vieta di coltivare una lunga speranza.
Già la notte ti avvince
e i Mani favolosi
e la diafana dimora di Plutone.
Là al tuo entrare non ti avverrà per sorte di essere eletto
re del convito e d’ammirare il tenero Licida
che ora i giovani fa accendere
e farà sospirare le fanciulle.
Conserva la mente serena nel dolore
e lontana da un’allegria sfrenata nella fortuna.
Ricordati: verrà la morte, che tu viva sempre nella tristezza
o che ogni giorno festivo
sdraiato in un campo solitario
goda del vino.
Dovrai lasciare ciò che possiedi:
i pascoli, la villa che il Tevere lambisce,
la casa, tutto.
Che tu sia nato ricco da famiglia reale
o povero e da gente oscura senza un rifugio
non importa,
la morte è spietata.
Spinti tutti allo stesso luogo,
tutti il destino ci attende un giorno
sulla barca per l’esilio eterno.
***
Io non ho donna
né speranza ingenua d’amore ricambiato
e a gara più non amo bere
o cingere di fiori a primavera il capo.
Ma perché, perché mai allora
una lacrima indugia ancora sul mio volto?
Perché se parlo, e so parlare,
la voce mi s’incrina in un silenzio afflitto?
La notte nei sogni t’afferro
o t’inseguo mentre indifferente
voli come un lampo sull’erba
di Campo Marzio
e in mezzo ai vortici del fiume
(Orazio)
Che ci riservi un dio
ancora molti inverni
o che sia questo l’ultimo da vivere
che non dà tregua
al mar Tirreno e lo frantuma
lo consuma e stanca
contro gli scogli delle opposte sponde
tu sii saggia comunque:
versami un po’ di vino
e riconduci i tuoi problemi
e le speranze alla misura breve
della vita mortale.
Mentre parliamo, vedi,
è già fuggito il tempo
che c’invidia la vita
e la rapisce.
Cogli dunque ciò che dona il giorno
senza illusioni,
meno che puoi
confidando nel domani.
(Orazio)
Sempre più raramente i giovani
con fitti colpi scuotono le tue finestre
chiuse e non ti tolgono più il sonno,
se tanto affezionata e stretta
alla sua soglia appare quella porta
che prima facilmente cigolava sui suoi cardini.
Sempre meno spesso senti sussurrare
“Lidia, mentre io non penso che a te
in lunghe notti insonni e mi consumo,
tu, invece, come puoi dormire?”
Nel solitario vicolo, quando in gelide notti
senza luna imperversa più forte il vento della Tracia,
rimpiangerai gli amanti che un tempo
con insistenza ti cercavano.
E sentirai bruciare nelle carni
un desiderio ardente.
Lamenterai allora
che i giovani preferiscano sempre
un’edera più fresca e un folto
mirto scuro mentre lasciano
all’Euro, il vento che accompagna
l’arrivo dell’inverno,
tutte le foglie secche e i rami spogli.
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