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quotidiano telematico per
COI PIEDI PER TERRA
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PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO PAOLO BORSONI
(Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di
"Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta",
un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono
settimanalmente a Viterbo.)
Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
Il tema della violenza segna uno spartiacque per chi ha vissuto
l’esperienza dei gruppi politici di sinistra degli anni ‘70 e ‘80. In quegli
anni si credeva possibile liberare il mondo da autoritarismo, ingiustizie,
sfruttamento. Si era convinti che quelle idee di giustizia fossero talmente
ovvie e condivise che sarebbero divenute presto le basi di un mondo migliore.
La sconfitta di quelle idee e del movimento che le sosteneva ha tramutato
grandi speranze in utopie che sembrano frullare per il cervello solo a pochi
irriducibili velleitari che nuotano in senso contrario alla corrente di un
fiume impetuoso. Ma in realtà quelle idee di eguaglianza, di giustizia
costituiscono ancora oggi un orizzonte di riferimento essenziale per una critica
delle logiche di dominio, di potenza, che attraversano questo tempo presente,
dove la guerra è la via maestra per risolvere conflitti per la conquista di
risorse economiche limitate e dove prevalgono stili di vita, di relazione
contrassegnati dal possedere, dal dominare, su cui si modellano comportamenti
di prevaricazione, di arroganza, plasmati dall’apparenza. Ma le vicende
contraddittorie, in alcuni casi tragiche dei gruppi che lottavano a volte
praticando la violenza negli anni ’70-‘80, hanno dimostrato anche che solo la
nonviolenza può apprestare il terreno a un mondo profondamente diverso, solo la
nonviolenza costituisce il germe per la fine del dominio che si nutre di
sopraffazione, autoritarismo, violenza.
Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per lei e
perché?
Gandhi e Nelson Mandela. Nelson Mandela sembra l’incarnazione della frase
di Gandhi: “Per praticare la non violenza bisogna essere intrepidi e avere un
coraggio a tutta prova”; Mandela ha avuto l’intelligenza di modificare le sue
forme di lotte nel corso della sua vita, la capacità di trasformare il proprio
avversario in interlocutore da coinvolgere in un processo di pacificazione, la
grandezza di non vendicarsi dei torti subiti, delle violenze terribili
sopportate, ma di far camminare accanto a sé i suoi ex-carcerieri in una strada
da percorrere insieme.
Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi
alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero
presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
Ovviamente i libri di Gandhi per un approccio teorico. Ma la nonviolenza
è in primo luogo un fatto emozionale, riguarda prima il cuore che la mente, per
questo sono straordinari alcuni libri di narrativa: Emilio Lussu “Un anno
sull’altopiano”, Erich Maria Remarque “Niente di nuovo sul fronte occidentale”,
Stig Dagermann “Autunno tedesco”, Primo Levi “Se questo è un uomo”, Ignazio
Silone “Fontamara”, Varlam Salamov “I racconti di Kolyma”, Luigi Meneghello “I
piccoli maestri”, Mario Rigoni Stern “Il sergente della neve”, Alfred Andersch
“Le ciliege della libertà”.
Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le
sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più
impegno?
Emergency e Amnesty International: l’una per la sua capacità incredibile
di portare cure mediche in tutti i posti martoriati del pianeta senza scendere
a compromessi con i governi, senza adulare i potenti, l’altra per essere il
riferimento costante del rispetto dei diritti umani e civili.
In quali campi ritiene più necessario ed urgente un impegno nonviolento?
In primo luogo quello dei diritti dei bambini, sintetizzabile nello
slogan azzeccato “Giù le mani dai bambini”, difendendoli dagli orchi che li
vogliono usare sessualmente, dai militari che li trasformano in
bambini-soldati, dai politici che con le loro ambizioni di dominio scatenando
guerre li depredano della parte migliore della loro vita o direttamente della
vita. Poi quello della fame nel mondo, dello spreco vergognoso di pochi con la
carestia micidiale di tanti. Altro tema: il blocco della produzione e
dell’esportazione di armi dall’Italia: alcune terre dell’Asia sono
letteralmente disseminate di mine italiane che colpiscono, ammazzano,
feriscono... persino i militari italiani. Un tema essenziale infine è la lotta
al razzismo, dilagante in Italia, con l’accoglienza e il sostegno delle persone
e delle famiglie venute in Italia per lavorare, per crearsi una vita migliore.
Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che
volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
Soprattutto i gruppi di base, i gruppi nonviolenti, i comitati per la
pace, le associazioni di volontariato (senza scopo di lucro, senza ambizioni di
potere) a favore degli ultimi.
Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche
fondamentali?
Dal punto di vista generale è l’opposizione integrale alla violenza, alla
guerra, al razzismo con il riconoscimento della fondamentale unità dell’insieme
di tutti gli esseri umani. Dal punto di vista individuale è l’assenza di odio,
di desiderio di vendicarsi, di uccidere. Spinoza ha scritto: “La pace non è
assenza di guerra: è una virtù, uno stato d'animo, una disposizione alla
benevolenza, alla fiducia, alla giustizia”.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
Il progresso di una nazione, il suo livello morale possono essere
valutati da come vengono trattate le donne. Ancora oggi nel nostro paese
continuano a ripetersi violenze inaudite contro le donne. Per una rilevante
parte della popolazione maschile la donna è ancor oggi un essere inferiore. I
movimenti femminili, spontanei e organizzati, con le loro lotte hanno offerto e
continuano a offrire una testimonianza straordinaria della nonviolenza.
Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
Ricerche di
psicologia sociale hanno dimostrato che l’ambiente che circonda un individuo,
determina il suo modo di vedere, di sentire la realtà: è il concetto di
“ideostruttura”: la struttura del reale segna in profondità la percezione. Un
ambiente violento e violentato predispone a un modo di pensare aggressivo, a
una vita violenta, al contrario un ambiente non violento, curato con rispetto,
crea le condizioni per un’ecologia del vivere e del comunicare.
Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il
riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
Ad Albert Einstein, quando ottenne il salvacondotto per lasciare
Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?
La mafia è un’organizzazione violenta, criminale, prospera facendosi
forte della complicità di pochi e della paura e dell’omertà di tanti. “La mafia
uccide, il silenzio pure” era scritto sugli striscioni che accompagnavano
Peppino Impastato il giorno del suo funerale. Peppino fu ucciso il 9 maggio
1978 dalla mafia, decisa a far tacere una voce che dalla radio libera Radio Aut
denunciava ogni giorno le attività mafiose, in particolare del boss Gaetano
Badalamenti. Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992 nella
strage di via D'Amelio, aveva dichiarato: "Parlate della mafia. Parlatene
alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene". La mafia
considera suoi nemici chi fa nomi e cognomi, chi ridesta le coscienze. Gli
amici della nonviolenza hanno il dovere di sfidare l’omertà, di rompere il
silenzio, di raccogliere il testimone dei coraggiosi che hanno sfidato la
mafia.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori
e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
Alcune condizioni di lavoro nelle fabbriche, certi ambienti di produzione
sono segnati da una vera e propria violenza sui lavoratori, esprimono
spoliazione dell’umanità di esseri umani. È scontato per gli amici della
nonviolenza schierarsi a fianco degli sfruttati.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli
oppressi?
L’ottobre russo del 1917, la rivoluzione cinese del 1949 furono
rivoluzioni che rovesciarono tirannidi spietate durate secoli, dove infimi
gruppi di potenti schiacciavano milioni di esseri umani ridotti a vivere in
condizioni inumane. In quelle terre immense migliaia e migliaia di individui
morivano ciclicamente come mosche per epidemie e carestie, la vita di un
contadino valeva meno di quella di un pollo o di un maiale. Le due rivoluzioni
furono processi di liberazione. Eppure nei decenni successivi si trasformarono
in sanguinarie dittature. Entrambe quelle due rivoluzioni sono fallite rispetto
agli ideali, ai principi che le avevano animate. Le due esperienze storiche
dimostrano come soltanto se è vivo, vegeto e prospera in una lotta di
liberazione il seme della nonviolenza si possono creare le condizioni effettive
per un cambiamento di fondo della società, per una trasformazione radicale
della cultura che l’innerva.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo?
Gli amici della nonviolenza nel movimento pacifista hanno un compito
fondamentale: quello di portarvi la specificità di essere sempre tesi a capire
l’altro, a comprendere le motivazioni di chi viene considerato un avversario,
di intuire il senso delle azioni di chi viene messo sotto accusa, di delinearne
la parte, anche piccola, di ragione. Hanno il compito di contrastare il
pensiero unilaterale: quello che vede il torto già scritto da una parte e la
ragione dall’altra.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e antimilitarismo?
L’antimilitarismo è la prosecuzione della nonviolenza con gli stessi
mezzi.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e disarmo?
La corsa agli armamenti porta prima o poi alla guerra e alla violenza. La
riduzione delle armi in giro per il mondo e in particolare all'interno di un
paese riduce le possibilità di violenza. "Si vis pacem para bellum" è
un gioco di parole irresponsabile. Al contrario: "Si vis pacem para
pacem".
Quali rapporti vede tra nonviolenza e diritto alla salute e
all'assistenza?
La nonviolenza delinea una società fondata sulla cooperazione, sull’aiuto
dei più deboli, predispone al diritto alla salute, all’assistenza sanitaria per
tutti in quanto esseri umani (sia con il passaporto in regola sia col passaporto
scaduto), e per i meno abbienti un’assistenza gratuita.
Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?
Gandhi definì le sue esperienze "esperimenti con la verità".
Affermare la verità è terapeutico, è un atto di coraggio. Al contrario mentire
non è solo ingannare l’altro, ma anche modificare se stessi, il proprio modo di
pensare e di essere. Per Hanna Arendt “Colui che dice la verità ha iniziato ad
agire. Ha fatto un primo passo verso il cambiamento del mondo”.
C’è un altro aspetto che lega psiche e nonviolenza. In tempi recenti sono
stati scoperti i “neuroni specchio”, parti del cervello predisposte a sentire
su di sé le emozioni provate dall’altro. Attraverso i neuroni specchio si
compartecipa in qualche misura alle emozioni che sta vivendo l’altro, in
particolare al suo dolore o alla sua gioia. E la nonviolenza è empatia: è
sentire su di sé la sofferenza dell’altro, è farsene carico. “Tu e io non siamo
che una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi” disse Gandhi (sembra
che i grandi uomini, Einstein, Gandhi, facciano le scoperte scientifiche in
anticipo, per intuito).
Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?
In termini astratti la nonviolenza, in quanto “affermazione della verità”
e “nonmenzogna”, dovrebbe essere il riferimento più alto dell’informazione e di
chi fa informazione. Ma in Italia in questi tempi grami siamo ai limiti più
infimi di un’informazione artatamente contraffatta (come confermano enti
internazionali di rilevazione). Agli amici della nonviolenza non resta che
difendere quel mimino di libertà di informazione, di nonmenzogna che esiste
ancora da queste parti.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?
“Filosofia” significa “amore per la verità espressa nella sapienza”.
Filosofia, nella sua accezione fondativa, è confronto senza avversioni, senza
la volontà di vincere l’altro ma per raggiungere insieme una migliore
comprensione, per liberare se stessi e l’altro da opinioni errate. La
nonviolenza, in quanto nonmenzogna e comprensione dell’altro, è “filosofia”.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?
Tra nonviolenza è Vangelo c’è completa identità.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?
Scrive Gandhi: “Apprendere che nella battaglia della vita si può
facilmente vincere l'odio con l'amore, la menzogna con la verità, la violenza
con l'abnegazione dovrebbe essere un elemento fondamentale nell'educazione di
un bambino”. Questo è il compito di chi si pone come educatore: far capire che
l’odio si può vincere con l’amore, che la violenza prima o poi dovrà cedere il
passo a chi si pone con abnegazione e caparbietà per il bene comune, che la
verità prima o poi farà piazza pulita della menzogna. È un compito difficile,
ma è l’unica cosa da fare.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?
Nell’economia
capitalistica il lavoratore è una merce da usare, sfruttare, e accantonare
quando non se ne ha più bisogno. Licenziamenti, disoccupazione fanno parte del
processo produttivo quanto il ricambio dei macchinari usurati. Le tragedie
delle persone, i drammi delle famiglie sono fenomeni secondari, estranei alla
dinamica economica, non rientrano nella problematica dell’accumulare profitto.
Esseri umani e macchinari sono fattori di produzione. A livello mondiale questo
sistema si fonda e si alimenta su uno squilibrio indicibile fra nord e sud.
Questo squilibrio si trasforma in una discrasia stridente tra esigue minoranze
che si abbuffano e si avvelenano per il troppo consumo e per l’eccessiva alimentazione
e stragrandi maggioranze che languono, fanno la fame.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?
I nonviolenti si trovano di solito a dover fare i conti con una
situazione arretrata della legalità. Gandhi e Mandela hanno passato anni e anni
delle loro vite in carcere. Alcuni obiettori di coscienza in Italia hanno
scontato periodi lunghi di detenzione per il loro rifiuto di prestare il
servizio militare. I nonviolenti più coerenti sono ospiti assidui delle
carceri. Queste persone con le loro lotte, con i loro sacrifici spostano
equilibri giuridici, costringono a promulgare leggi per far diventare legale
quanto prima era illegale come l’obiezione di coscienza al servizio militare.
In questi tempi grami in Italia gli amici della nonviolenza hanno il compito
(eventualmente frequentando di nuovo le carceri) di far modificare le leggi
razziste che vessano i migranti, di far abolire l’abominio del reato di
clandestinità, di far promulgare garanzie giuridiche di cura, assistenza,
educazione per i figli dei migranti indipendentemente dallo stato giuridico e
dai problemi amministrativi o di qualsiasi altra natura dei genitori.
Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla scienza e la
tecnologia?
Gli amici della nonviolenza scelgono la scienza, la tecnologia che vanno
nel senso dell’ecologia della terra e del genere umano, in particolare
nell’utilizzo delle risorse energetiche; sono tecnologie, metodologie
scientifiche che contribuiscono a uno sviluppo sostenibile dal punto di vista
ambientale e umano.
Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il
metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?
Più che il consenso in questi tempi grami è il dissenso che va
salvaguardato in ogni modo e in ogni occasione come un’entità preziosa, un
dissenso che si inquadri in una prospettiva di dialogo e di accordo, ma sempre
dissenso legittimo, garantito.
Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?
La formazione della nonviolenza si declina da una parte su una
disposizione psicologica alla cooperazione, al superamento dell’egocentrismo,
dall’altra su una disposizione a dire la verità, alla capacità di dire “no”
senza aggressività, senza autoaffermazione, ma senza cedimenti. Scrive Erich
Fromm: “Credo che riconoscere la verità non sia essenzialmente una
questione di intelligenza, ma una questione di carattere. L’elemento importante
è il coraggio di dire ‘no’, di disubbidire al dominio del potere e dell’opinione
pubblica: di porre fine all’assopimento e di diventare umani, di risvegliarsi e
perdere il senso di abbandono e di futilità”.
Nonviolenza e movimenti sociali: quali rapporti?
Un rapporto continuo, assiduo: la presenza degli amici della nonviolenza
nei movimenti è la garanzia che in essi venga portato un seme necessario,
indispensabile per un cambiamento reale, profondo: quello della nonviolenza.
Nonviolenza e cultura: quali rapporti?
È evidente che leggere Hamsun, Mishima, Celine ha uno straordinario valore
culturale, i libri di questi scrittori permettono di conoscere tratti
essenziali dell’essere umano e inoltre sono magistrali lezioni di linguaggio.
Ma gli amici della nonviolenza possono promuovere e suggerire la lettura
soprattutto di Levi, Remarque, Tagore: questi sono autori altrettanto grandi
dei precedenti ma nelle loro opere risuonano gli ideali del movimento pacifista
e nonviolento.
Nonviolenza e forze politiche: quali rapporti?
Dice Gandhi: “Il mezzo può essere paragonato a un seme, il fine a un
albero; e tra mezzo e fine vi è esattamente lo stesso inviolabile nesso che c'è
tra seme e albero”.
Per questo tra forze politiche e nonviolenza sembra sussistere una
discrasia insanabile, un abisso incolmabile: le forze politiche, almeno quelle
che conosciamo oggi in Italia, s’industriano a usare ogni mezzo (qualsiasi
mezzo, anche il più abbietto) per raggiungere qualsiasi fine, anche il più
impresentabile (ma imbelletato da trucchi mediatici e offerto al pubblico
televisivo, ex-opinione pubblica, come appetibile). Ma gli amici della
nonviolenza sono ostinati e con caparbietà riallacciano il dialogo con le forze
politiche perché ci sia una qualità alta dei fini, perché si riaffermi una
coerenza tra fini e mezzi, a scapito della spregiudicatezza di questi ultimi.
Nonviolenza e pratiche artistiche: quali rapporti?
L’arte parla alle emozioni profonde dell’essere umano. Non esiste un’arte
programmabile, funzionale a esaltare un tema, anche il più nobile. L’artista
non può mettersi a tavolino e programmare la propria opera come se risolvesse
un teorema matematico con un’ipotesi e una tesi da dimostrare; può d’altra
parte farsi permeare da problematiche, interessarsi di continuo a un ambito di
temi, può camminare fianco a fianco a persone che s’impegnano; allora può darsi
(ma non è detto) che un giorno un’opera scaturisca dalla mente e dalla
sensibilità di quell’artista, un’opera valida che parli di quei temi, una
sintesi significativa e artistica di quelle problematiche.
Nonviolenza e amicizia: quale relazione? E come concretamente nella sua
esperienza essa si è data?
Camminare in montagna è un’attività splendida: è entusiasmante arrivare
in cima alle vette, spaziare lo sguardo su altre cime, su un orizzonte
infinito. Ma momenti altrettanto splendidi sono quando durante il cammino si
attraversano i ponticelli, ci si ferma in mezzo al ponte... si osserva lo
splendore della luce, le gradazioni del verde, si ascoltano i suoni ruscellanti
dell’acqua. Il ponticello collega due rive. E l’amicizia è un ponte tra due
esseri umani. La guerra, la violenza sono cunicoli in cui si avanza alla cieca
menando colpi a destra e a manca ossessionati dalla minaccia che assedia nel
buio. Amicizia è uscire dalla grotta... fermarsi in mezzo al ponte... conversare...
godere insieme del fresco.
Nonviolenza e percezione dell'unita' dell'umanità': quale relazione e
quali implicazioni?
Srimad Bhagavatam scrive: “Impara a guardare con occhio uguale tutti gli
esseri vedendo in tutti l'unico Sé”.
Nonviolenza e vita quotidiana: quale relazione?
Gandhi scrive: “Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”.
Qual è lo stato della nonviolenza oggi nel mondo?
Una fiammella nella notte più buia.
Qual è lo stato della nonviolenza oggi in Italia?
Una fiammella in una notte ancora più gelida.
Quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in
Italia?
Nel migliore dei casi i nonviolenti vengono considerati “anime belle”...
tanto simpatiche... quanto un po’ ingenue.
Nonviolenza e linguaggio (ed anche: nonviolenza e semiotica): quale
relazione?
La nonviolenza è dialogo, dissenso, mediazione, accordo. Tutte modalità
di comunicazione neglette e spinte ai margini della società mediatica. Dialogo?
Meglio ascoltare inebetiti l’imbonitore di turno dallo schermo TV.
Nonviolenza e stili di vita: quale relazione?
Abele viene dall'ebraico "hebel", che significa respiro o
vapore, qualcosa che vive e si muove e va al di là della propria stessa vita.
La radice di Caino sembra essere il verbo "kanah": acquisire,
ottenere proprietà, e anche comandare, soggiogare. “Nonviolenza” è respiro,
movimento, è essere in cammino.
Nonviolenza e coscienza del limite: quali implicazioni e conseguenze?
Un brano di Gregory Bateson definisce magistralmente i concetti di limite
e di equilibrio. Scrive Bateson:
« ‘Più è sempre meglio che meno’ è il credo della cupidigia. Ma questo
non è mai vero biologicamente. C'è sempre un valore ottimale al di là del quale
qualsiasi cosa diviene tossica: l'ossigeno, il sonno, la psicoterapia, la
filosofia. Ma noi ignoriamo questi limiti, perché la cupidigia ha seminato il
disordine. Le variabili biologiche hanno sempre bisogno di equilibrio. Ma noi
tentiamo a spingerle oltre l'equilibrio, oltre il confine in cui l'equilibrio è
ancora possibile.»
L’economia che si fonda sulla logica del
superamento-sfondamento del limite, della conquista di nuovi mercati, della
vendita di merci, in particolare armi, a individui consumatori che non ne hanno
affatto bisogno, è tossica. Dopo aver delocalizzato il lavoro in luoghi dove
non costa nulla, dopo aver depredato e drogato mercati, ci si accorge che le
risorse naturali stanno esaurendosi. Il limite a questo processo contrappone
una necessità a un’impossibilità. Limite è un concetto generale, sistemico che
deve essere modulato sulla depredazione effettuata da alcuni e sulla
spoliazione subita dalla maggioranza.
Nonviolenza come cammino: in quale direzione?
C’è un’arte misconosciuta, camminare, in quest’arte non si ha casa in un
luogo perché si è casa propria in qualsiasi luogo, non si possiedono proprietà
perché l’unica proprietà la si porta con sé nell’intimo, e la meta non è un
punto d’arrivo ma il cammino stesso. Nell’arte del camminare si prova stupore,
meraviglia. E la nonviolenza è cammino...