IL MESSAGGERO MARTEDÌ 22 Aprile 2014 Ancona
recensione del prof. ANTONIO
LUCCARINI
Cosa distingue la fuga dal viaggio intenzionale,
l’itinerario costruito per cancellare un’identità da quello realizzato per conquistarla, lo
spaesamento necessario all’apertura dello sguardo sul mondo dallo smarrimento
di chi ha perso, nell’andare, ogni sorta di orientamento? Quali sono, in
sostanza, i veri viaggi? Mettendo
insieme, quasi come parti di una
collezione adunata con fatica e passione nel corso di anni di paziente ricerca,
i versi selezionati di una vita intera
-sezioni e frammenti di raccolte precedenti a cui sono stati aggiunti gli
ultimi esiti di una prassi poetica sempre più affinata e vibrante - Paolo
Borsoni, poeta anconetano, ha pubblicato per la Casa Editrice
LietoColle, al costo di 14 euro, la raccolta “ I viaggi veri conducono non più
lontano ma più vicino”. Da vero “naufrago e solo sotto l’infinito”- come
recita, appunto, un suo musicale verso,
egli ha realizzato, con questa sua ultima raccolta, una sorta di piccolo atlante dell’anima, composto da carte geografiche, mappe, itinerari,
appunti di viaggio, che alla fine
riescono a trasformare profili e brani di paesaggio reali,
conosciuti o riconoscibili o remoti che siano, in luoghi di una mera
riflessione sentimentale, capace di trasfigurare del tutto gli elementi
fisico-naturali per renderli immagini -sintesi di pure emozioni. La scrittura
poetica cerca l’evidenza e la chiarezza
aggrappandosi alla solidità della parola comune, piana, poco ricercata,
quella a cui di solito ci si affida nei
momenti della nostra quotidianità. Perché appunto il viaggio cercato ed intrapreso
dall’autore, attraverso lo strumento
della rievocazione poetica, come viene suggerito dal titolo, non ha il compito
e la funzione di distrarci da noi stessi
e dal nostro vivere, non vuole e non deve separarci dagli altri, non deve
produrre abbandoni, ma spingerci, piuttosto, all’approfondimento della nostra
natura, della nostra intima verità di uomini tra gli uomini. Non alla pratica
di un poetare elitario si ispira la scrittura di Paolo Borsoni, ma a quella
che, invece, vuole ritrovare, nel canto lirico, la possibilità e l’occasione di creare il legame più forte e solidale con le
coscienze degli altri. Un fare versi, insomma, che cerca la connessione più intensa e stabile a partire proprio dalla autentica interiorità, mettendo a
nudo la propria anima, esibendo, senza
reticenze e, quasi senza ingombranti pudori,
la propria fragilità e vulnerabilità sentimentale. La lettura ci offre
di volta in volta, senza dover
rispettare obbligate coordinate spaziali, i luoghi di
stazionamento, come siti inediti -anche quelli più vicini e frequentati
- come soste necessarie ad appuntamenti con emozioni da
vivere o da rivivere.
ANTONIO LUCCARINI