I
VIAGGI VERI CONDUCONO NON Più LONTANO
MA
PIù VICINO
STEFANO
LECCHINI
(‘Gazzetta di Parma’)
Paolo Borsoni è un
poeta promeneur. Sulla scorta di Rousseau, Thoreau e Bertolucci, Borsoni sa che
un poeta deve anzitutto camminare: attraversare la terra con mente vuota ed
aperta, per lasciarsi « impressionare » dallo spettacolo che tutte le stagioni,
le ore e i minuti, le forme e le sostanze del mondo dispiegano, a ogni passo,
davanti ai suoi e ai nostri occhi. Borsoni prende partito per la leggerezza
(che avrà alleata, sempre, una prodigiosa limpidezza di visione e di dettato).
Potrà contare, come la bicicletta, su un'anima dalle ruote straordinariamente
smilze in disequilibrio stabile « un secondo solo.../ prima di forare » . E
forerà, come prima o poi tocca a noi tutti: ma questo momento sembra
eternamente differito. Perfettamente a proprio agio, con animo zen o taoista,
vuoi nel silenzio estatico di un bosco vuoi nel caos di una città (ma la
mercificazione dilagante gli fa male), Borsoni fa esperienza, sulla sua pelle,
di tutte le coppie di opposti, di cui è tramata la realtà - o ciò che crediamo
sia tale. Talvolta un'ansia dolorosa e insopprimibile di conoscenza sembra
accelerargli e quasi schiantargli il passo; talvolta la notte, o l'inverno,
sembra sfigurare ogni profilo o colore. Tutto l'incanto - in questo libro così
pieno di incanti irresistibili - è sempre sul punto di andare in frantumi. Ma
Borsoni, anche quando l'abisso è lì pronto a inghiottirlo, e una smisurata
velocità prende a incalzare il suo passo, non deflette un istante dal suo
respiro quieto e leggero. Qui è la salvezza: «... mi riavvio, / riprendo la mia
passeggiata / in inverno » .