Konstandinos Kavafis
Si abbassa il cono della luce,
presto sarà notte,
guardo i corpi ardenti alle finestre,
i gesti delle braccia confusi agli alberi d’estate,
sarà notte tra poco,
qualcosa già comincia a velarsi.
Il tempo di passare ad un’altra stanza
appena più angusta
in cui soffrire sotto l’angolo cupo
di uno specchio.
Allora non le case o i volti,
ma le ombre dei volti e delle case
premeranno sui vetri;
incerti per annuncio o ricordo
diremo amore in uno spazio diverso
e sabbia la voce che trasmuta
eppure non è notte,
ancora non è notte,
è giugno lento di buio
***
Hai detto: “Andrò per altre terre, per altro mare,
un’altra città più amabile di questa
dove ogni mio sforzo è votato al fallimento,
dove il cuore è sepolto come morto
ci sarà.
Fino a quando patirò questa mia inerzia?
Se mi guardo indietro,
dei lunghi anni della vita consumati qui
non vedo che macerie, solitudine, rovine.”
Non troverai altro luogo,
non troverai altro mare,
la città ti verrà dietro,
andrai vagando per le stesse strade,
invecchierai in questo quartiere,
imbiancherai tra queste case,
sempre farai capo a questa città,
altrove non sperare, non c’è nave,
non c’è strada,
perché consumando la tua vita in questo angolo,
tu su tutta la terra l’hai consumata.
***
Mi basta una candela. Il suo lume gracile
propizia meglio, con più pietà, l’incontro
coi fantasmi, che tornano d’amore.
Mi basta una candela. Mia camera, stasera
rimani semibuia. Mi voglio perdere
nell’Indeterminato, nella Suggestione,
e in quest’alito minimo di luce
attirare visioni
di fantasmi, che tornano, d’amore.
***
Camera misera, soffocante.
Quattro pareti nude tapezzate di verde.
Là si consuma nella sua fiamma
un lampadario bellissimo.
Ogni bagliore è sempre vampa di passioni
dannate, un guizzo di sensi arsi.
Nello stambugio che si arroventa
dei barbagli d'incendio della luce
tanta fiamma è miracolosa.
Non è da corpi pavidi
struggersi splendidamente
nel bruciarsi
next |
.