PARIGI

Il mattino pallido di Parigi cresce sulle mie spalle.

Dopo la lunga notte, questa brezza.

Le foglie color miele dell'autunno scivolano sulle strade.

Gli accattoni dormono ancora.

Una donna si è alzata.

Ha raccolto un basco caduto a uno di loro,

e gli ha coperto la testa.

La tenerezza di quella donna sotto i suoi stracci

volteggia come un fiore pallido su Parigi.

E' così che fa giorno,

ora che è autunno.

I poliziotti dormono.

La miseria sonnecchia.

Io cammino.

Primo uomo di questa giornata.

Come se la città fosse mia moglie,

la contemplo nuda che dorme.

Il cielo le nasce così, sulla schiena.

Mi sento un po' Robinson Crusoe,

in questa terribile grande città

che si chiama Parigi.

Gatti escono da ogni parte.

I bidoni della spazzatura sono strapieni.

La civiltà, il mondo dormono.

Solo i gatti e io siamo svegli.

Davanti a uno di questi ponti sceglierò la mia casa,

forse quella con la tenda rossa,

o l'altra che avanza come se volesse salutarmi.

Dietro questi muri,

uomini e donne respirano, sognano,

ricordano forse un grido smarrito, l'amore, la vita.

Quella macchia nera che la corrente trascina un cartone.

Credevo fosse una tartaruga.

Credevo fosse un annegato.

E' solo un cartone.

Gli alberi escono dal fiume come il fumo dai sigari.

Una colomba volteggia sull'acqua.

I semafori danno via libera ai gatti e alla brezza.

Non tutti sanno come è dolce la libertà a queste ore.

Nella prima panetteria comprerò un pane,

come facevo al mio paese.

Solo che ora non ho più 20 anni

e non mi accompagnano più gli amici.

Allora avrei visto tutte quelle luci di un altro colore.

E avrei trascinato con me il ricordo di una ragazza bruna.

(Tutte queste cose appartengono al passato.)

Ora gli uccelli cominciano a cantare.

Le foglie secche cadono.

Io mi allontano dal fiume, dalle barche, dai ponti.

Quegli edifici sembra stiano per cadermi addosso.

Si stanno facendo gibbosi col passare dei secoli.

La rue del Chat-qui-peche

mi fa immaginare storie terribili.

Ma è meglio proseguire,

l'alba è l'alba,

e con le mani in tasca, continuare.

Macellai tirano fendenti sulla metà di un bue.

Non è affatto divertente.

Domani non sarà così forse.

Domani forse non ci saranno più né macellai, né carnefici.

Il mio cuore e il tuo cuore

saranno polvere, acqua, vento per nuovi girasoli.

Passa un soldato con una valigia enorme.

Passa una donna in bicicletta.

Lei va al lavoro.

Quando il sole è al livello delle ginocchia e del grano,

lei va al lavoro tutti i giorni,

tutta la vita.

Passa un camion carico di vino, di strepito, di alba.

Sono nel Boulevard Saint Germain.

Guardo le vetrine delle librerie.

Un giorno comprerò un buon dizionario,

e le opere complete di Rimbaud.

Dappertutto ci sono accattoni che dormono.

Quello sembra un bambino.

Fra la sua faccia e il marciapiede

non c' è che una lamina di ghiaccio.

Ho voglia di prendermi un caffè.

Ho fame e sete.

Parigi comincia a svegliarsi.

Io sono un vagabondo di questa città,

dell'autunno,

dell'alba.

I miei piedi sono stanchi.

Dopo aver amato,

vivere un nuovo giorno è bello.

Nella città e nel cuore

arde la stessa fiamma.

(Fayad Jamis, 1960)

 

****

 

LIBERTA'

Per questa libertà bisognerà dar tutto.

Per questa libertà di girasole aperto nell'alba,

di fabbriche accese

e di scuole illuminate,

e di terra che scricchiola

e di bambino che si sveglia,

bisognerà dar tutto.

Non c'è alternativa se non la libertà.

Non c'è cammino se non la libertà.

Non c'è altra patria che la libertà.

Non ci sarà poema senza la violenta musica della libertà.

Per questa libertà

che è il terrore di quelli che sempre la violarono

in nome di fastose miserie,

per questa libertà che è la notte degli oppressori,

e l'alba che illumina le pupille infossate,

i piedi scalzi,

i tetti sforacchiati,

e gli occhi dei bambini che vagavano nella polvere,

per questa libertà che è l'impero della gioventù,

bella come la vita,

bisognerà dar tutto.

(Fayad Jamis, Cuba, 1960)

 

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