Georg Heym

 

Iroso l’anno muore.

Giorni brevi sparsi

come capanne nell’inverno

e notti senza luce,

senza ore

e di grigi mattini il volto incerto.

Tempo d’estate.

Autunno, tutto passa

e morte bruna ha ghermito ogni frutto.

Ed altri freddi arbusti cela il buio

che dalle navi nessuno ha veduto.

Senza strada è ogni vita.

Ed intricato ogni sentiero.

E nessuno sa il termine

e a chi, cercando

ha trovato

appare muto

e con le mani inermi

 

****

Fuori le gronde sgocciano

e la bufera celata nelle nubi

alle prime luci di squallidi mattini

s’infila gemendo nei vicoli.

E tu

come una pietra

gettata nel deserto

vorresti soltanto gridare.

Dormi.

Sei solo nella notte.

Nessuno veglia.

Dormi.

****

Seduti sopra l’erto e polveroso

argine della strada, contempliamo

la calca innumerevole e confusa

e, nella sera, la città lontana.

Le vetture dei tram imbandierate

s’aprono colme un varco tra la folla.

Fendono gli omnibus carichi le strade.

Suonare di clacson, fumo ed automobili.

Verso l’immenso mare di cemento,

ma ad ovest si disegna fusto a fusto

la filigrana delle chiome spoglie.

Il sole pende enorme all’orizzonte

fiamme saetta l’arco della sera

e il sogno della luce alto su tutto.

****

Con lunghi colli pendono le stelle

di fuoco sulle torri che vacillano

sferzando i tetti. E la fiamma saltella

come un fantasma per le vie sconvolte.

Finestre sbattono. E le mura antiche

senza denti spalancano le porte.

Nelle fauci precipitano i ponti

e fuori c’è, ad attendere, la morte.

Corre la gente intorno senza meta

gridando cieca, con le armi in mano.

Giù nelle strade è un brusio sordo, e danzano

agitate dal vento le campane.

Rosse e morte le piazze.E lune enormi

con gambe ossute salgono oltre i tetti

illuminando ai malati che dormono

le fronti scialbe come lini freddi.

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