Bertolt Brecht

 

A COLORO CHE VERRANNO.

Davvero vivo in tempi bui,

quando la parola innocente è stolta

e una fronte distesa vuol dire insensibilità.

Quali tempi sono questi

quando discorrere di alberi è quasi un delitto

perché su troppe stragi comporta il silenzio?!

E l'uomo che ora attraversa la strada

mai più potranno rivederlo gli amici.

E' vero: ancora mi guadagno da vivere.

Ma è un caso.

Nulla di quel che faccio mi autorizza a sfamarmi.

Basta che il vento giri e sono perduto.

«Mangia e bevi -dicono- e sii contento di averne.»

Ma come posso mangiare e bere

se quel che mangio manca a chi ha fame?

e a chi ha sete tolgo il mio bicchiere?

Eppure mangio e bevo.

E vorrei anche essere saggio.

Nei libri antichi è scritto:

lascia le contese del mondo,

trascorri questo breve tempo senza paura,

spogliati della violenza e rendi bene per male.

Questo, dicono, è la saggezza.

Tutto questo per me oggi è impossibile.

Davvero vivo in tempi bui.

Nelle città venni al tempo del disordine,

quando la fame regnava.

Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,

e mi ribellai insieme a loro.

Il mio pane lo mangiai nelle battaglie.

E per dormire mi stesi accanto agli assassini.

Così passò il tempo che m'era stato dato sulla terra.

Voi che riuscirete a salvarvi

dai gorghi dove fummo travolti

pensate,

quando parlerete delle nostre debolezze,

ai tempi bui cui siete scampati.

Noi cambiammo più spesso paese che scarpe.

Andammo, disperati, in mezzo alle guerre

quando regnava solo ingiustizia.

Eppure lo sappiamo:

anche l'ira contro l'ingiustizia fa roca la voce,

anche l'odio contro la bassezza stravolge il viso.

Noi che volevamo apprestare il terreno alla gentilezza

non potemmo essere gentili,

ma voi, quando sarà venuta l'ora

che l'uomo sia un aiuto all'uomo,

pensate a noi con indulgenza.

 

(Bertolt Brecht, 1940)

 

****

 

VON ARMEN B.B.

Io, Bertolt Brecht, vengo dai boschi neri.

Mia madre mi portò nelle città quand'ero nel suo grembo.

E il freddo dei boschi

finché morirò

non m'abbandonerà.

Nelle città d'asfalto mi sento a casa mia.

Munito dall'inizio di ogni sacramento:

giornali, tabacco, acquavite.

Sono pigro e diffidente,

ma contento.

Mi mostro amico degli uomini.

Mi metto anche il cappello duro come fanno loro,

e dico:

sono bestie di odore singolare,

ma in fondo anch'io lo sono.

Verso sera raduno attorno a me degli uomini.

Ci diciamo l'un l'altro: «Gentleman».

Loro tengono i piedi sui miei tavoli

e dicono: andrà meglio.

Io non chiedo quando.

Al mattino, gli uccelli si mettono a gridare.

A quest'ora vuoto il mio bicchiere

e butto via il mozzicone.

E m'addormento inquieto.

Siamo vissuti noi, volubile schiatta,

in case che credemmo indistruttibili.

(Così abbiamo costruito gli edifici dell'isola di Manhattan.

E le antenne sottili che attraversano l'Oceano ).

Di queste città non rimarrà che il vento che le attraversa.

Siamo esseri effimeri.

E dopo di noi ci sarà

nulla degno di nota.

Nei terremoti futuri io spero solo

che il mio virginia

non si spenga per l'amarezza.

Io, Bertolt Brecht, sbattuto nelle città

dai boschi neri,

dal grembo di mia madre,

in tenera età.

(Bertolt Brecht, 1930)

 

****

 

1940

Viene la primavera.

I venti miti vanno liberando gli scogli dalle gelate d'inverno.

La nebbia fascia le strade, i pioppi, i cascinali.

I popoli del nord aspettano.

Stringendo a sé i figli le madri scrutano il cielo.

Non molto tempo fa, una notte, ho fatto un brutto sogno.

Sognavo che ero in una città

e m'accorgevo che le insegne erano in lingua tedesca.

Molle di sudore mi sono svegliato.

Con sollievo ho veduto il pino di fronte alla casa.

Ero ancora in paese straniero.

Davanti alla parete imbiancata c'è la cassetta coi manoscritti.

Il dipinto cinese dell'Uomo Che Dubita è appeso lì sopra.

E accanto alla branda sta la piccola radio a sei valvole.

Di prima mattina ascolto i notiziari di guerra dei miei nemici.

In fuga davanti alla gente del mio paese sono in Finlandia.

Amici che ieri non conoscevo

hanno messo qualche letto in camere pulite.

Sento i notiziari di vittoria delle canaglie.

Incuriosito considero la carta del mondo.

Lassù in Lapponia

verso il Mare Glaciale Artico

vedo ancora una piccola porta.

 

****

 

FINLANDIA

Noi adesso siamo profughi in Finlandia.

La mia figlioletta viene a casa la sera imprecando.

Nessun bambino vuole giocare con lei.

E' tedesca.

E proviene da un popolo di ladroni.

Quando in una discussione alzo la voce vengo zittito.

Qui non si gradisce che alzi la voce

qualcuno che proviene da un popolo di ladroni.

Se ricordo alla mia figlioletta

che i tedeschi sono un popolo di ladroni,

ridiamo insieme

e lei è tutta contenta.

A me che vengo da una famiglia di contadini

ripugna vedere buttare via il pane.

Si capisce come io odi la guerra.

Con una bottiglia di vino sul tavolo,

la nostra amica finlandese ci descriveva

come la guerra avesse devastato il giardino di ciliegi.

Il vino che beviamo, diceva, viene da lì.

Vuotammo i bicchieri

in ricordo del giardino massacrato,

brindando alla ragione.

Questo è l'anno di cui si parlerà.

Questo è l'anno di cui si tacerà.

I vecchi vedono morire i giovani.

I folli vedono morire i saggi.

La terra non regge più

ma ingoia.

Dal cielo non cade pioggia

ma ferro.

(Bertolt Brecht, 1940)

 

****

 

Ho saputo che hai alzato la mano

contro te stesso

prevenendo il macellaio.

Esule da otto anni

osservando l’ascesa del nemico

spinto alla fine a un’invalicabile frontiera

hai valicato

dicono

una frontiera valicabile.

Imperi crollano.

I capibanda incedono in veste

di uomini di stato.

I popoli non si vedono più

sotto le armature.

Così il futuro è nelle tenebre

e le forze del bene

sono deboli.

Tutto questo hai veduto

quando hai distrutto

il tuo torturabile corpo.

 

****

 

Chi vuole cavarsela

ha bisogno di fortuna.

Senza fortuna

nessuno si salva dal gelo

dalla fame

o anche dagli uomini

fortuna è aiuto.

Io ho avuto molta fortuna

per questo sono ancora qui.

Ma scrutando il futuro

mi accorgo con un brivido

di quanta fortuna ho ancora bisogno.

Fortuna è aiuto.

Forte è chi ha fortuna.

Un buon combattente

e un saggio maestro

è uno che ha fortuna.

Fortuna è aiuto.

 

****

 

A me nel gelo un tempo

pareva mirabile

vivere

e il freddo a me giungeva vivace

e gustavo l’amaro

ed era

come fossi io sempre signore della scelta

anche se il buio m’invitava

al suo tavolo.

Serenità da fredda fonte attinsi

e il nulla dette questa ampia arena.

Rara si è scissa dolce chiarità

da naturale tenebra.

A lungo?

No, appena.

Ma io, morte, ero veloce,

vinsi.

 

****

 

LUOGO D'ASILO

Sopra il tetto c'è un remo.

Il vento non strapperà via la paglia.

In corte hanno piantato i pali, per l'altalena dei ragazzi.

Due volte al giorno arriva la posta.

Benvenute sarebbero le lettere.

Passano già per il Sund i traghetti.

La casa ha quattro porte,

per fuggire.

 

****

 

PRIMAVERA 1938

Oggi, mattino di Pasqua,

una bufera improvvisa è passata sull'isola.

Tra le siepi già verdi c'è neve.

Mio figlio mi ha condotto per mano verso il muro della casa.

Senza parlare abbiamo messo un telo sull'albero che raggelava.

Sopra il Sund pendono nuvole cariche di pioggia.

I peri hanno foglie verdi non ancora fiori.

I ciliegi hanno fiori, non ancora foglie.

Sulle acque increspate del Sund

veleggia una piccola barca dalla vela rammendata.

Al pigolio dei tordi si unisce il tuono lontano

delle esercitazioni di guerra del Terzo Reich.

In queste notti di primavera

dai salici lungo il Sund

chiama spesso la civetta.

Secondo la superstizione informa gli uomini

che non vivranno a lungo.

A me che so di aver detto la verità su chi comanda

l'uccello del malaugurio

non c'è bisogno che m'informi.

 

****

 

Nel mio giardino

ci sono sempre verdi

e nient’altro.

Se voglio vedere l’autunno

vado alla casa di campagna

del mio amico

sulle colline.

Qui posso fermarmi cinque minuti

a guardare un albero

privo di fogliame

e fogliame privo di tronco.

Ho visto una grande foglia autunnale

che il vento spingeva per strada

e ho pensato

difficile

prevedere il percorso futuro

di quella foglia.

 

****

 

siedo sul ciglio della strada

il guidatore cambia la ruota

non mi piace da dove vengo

non mi piace dove vado

perché guardo il cambio della ruota

con impazienza?

 

****

 

Sul lago

affondato tra abeti e gattici

difeso da muro e cespugli

un giardino

con tanta saggezza tenuto a fiori

da marzo fino a ottobre

è in fiore.

Qui,

di buon’ora,

non troppo spesso,

siedo,

e mi auguro di potere

anch’io sempre

nelle diverse stagioni

buone

cattive

mostrare questa

o quella cosa amabile

 

****

 

Alto sopra il lago

vola un bombardiere.

Dalle barche guardano in su

bambini

donne

un vecchio.

Da lontano assomigliano a giovani stormi

che spalancano il becco

verso il cibo

 

****

 

Quando ti mandai in terre straniere

io scelsi, in vista di rigidi inverni

spessi calzoni per il tuo sedere (amato)

e calze fatte a dovere per le tue gambe.

Per il tuo petto e le parti più riposte

e per le spalle cercai pura lana

perché scaldasse cosa che mi è cara

e mi restasse un po’ del tuo calore.

Stavolta dunque t’ho vestita con cura

come ti svestivo a volte

(in rari casi,

vorrei averlo fatto anche più spesso)

Sia il mio vestirti come uno spogliarti.

Ora

pensai

tutto è ben protetto

e preservato

dal soffrire il freddo.

 

****

 

Con paura

aspettano i popoli la primavera.

Le baie si squamano del ghiaccio.

Quando attaccheranno le corazzate?

Le tormente d’inverno sono cessate.

Quando appariranno i ferrei uccelli da preda?

 

***

 

Quando nella bianca stanza

d’ospedale della Charitè

mi svegliai verso il mattino

e udii il merlo cantare

mi resi conto: da tempo

non avevo più paura della morte.

Poiché nulla può mancarmi

posto che io manchi.

Ora riuscivo a rallegrarmi

di tutti i canti di merli

anche dopo di me.

 

****

 

Viaggiando in auto

su una strada bagnata di pioggia

vedemmo un uomo stracciato

sul far della notte.

Ci faceva cenno di prenderlo con noi

con un profondo inchino.

Avevamo un tetto, un posto.

Gli passammo davanti.

Dissi con voce stizzosa:

"No, non possiamo prendere nessuno".

Proseguimmo forse una giornata di cammino,

quando d'improvviso

mi spaventai del mio contegno

e della mia voce.

 

****

 

In queste notti di primavera

dai salici lungo il Sund

chiama spesso la civetta.‎

Secondo la superstizione informa gli uomini

che non vivranno a lungo.‎

A me che so di aver detto la verità su chi comanda

l'uccello del malaugurio

non c'è bisogno che m'informi.‎

 

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