Parole Sparse

 

  Gennaio-Aprile 2007 

  Numero I  Anno VII

 

 

 

  RECENSIONE 

  di ANNA BONACINA

  del libro di poesie

"Noi che volevamo apprestare il mondo alla gentilezza"

  di Paolo Borsoni

 

 

Poesia quasi narrativa, quella di Paolo Borsoni. Poesia che racconta e che condivide.

Borsoni non fa poesia che vive di immagini, ma di parole e narrazione e di un "io" eterno di ricordi, che la rende poesia dell'esperienza.

Parole a volte malinconiche ma che contengono il germe del riscatto perché

 "fintanto che camminiamo su questa terra

 in questo viaggio a tentoni nel buio

 l'amicizia... è la sola cosa che conta"

 e così la vita diviene buia ma in essa qualcosa ha valore...

 

E al tema della guerra

("Sei ridotto a un cencio.

 Hai il viso scarnificato.

 Fra poco arriva la sbobba amico mio!")

si affianca quello della vita perché sempre è possibile

"sognare di essere diventati

 di punto in bianco

 e contro ogni ragionevolezza

 eterni"

ma anche più semplicemente

"adesso viene la primavera..."

e, naturalmente, quello della morte

 "tanto il gelo all'ultimo

dell'ultimo giro di carte

ti sorprenderà comunque".

 

Il lettore  accompagna Paolo Borsoni con piacere perché le parole formano una buona strada. Ed è solo dopo molti passi che ci si rende conto che la poesia di Borsoni non è che un viaggio e che fra vita e guerra, morte e natura ("amo una nuvola svagata") il viaggio non è che uno solo, quello - eterno -  dell'essere umano dove

 

"ecco un giorno dirò:

 questa è l'isola di nessuno

 e di quanti si perdono

 anelando il mare sconfinato

 pur temendolo

 dove intraprendere con inquietudine inesausta

il viaggio che riconduca

 a se stessi."

 

  Anna Bonacina  

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