Fraterno tetto; cruda città; clamore
e strazio quotidiano; o schiaffeggiante
vita, vita e tormento alla mia anziana
età: guardatemi! sono il più caduco
tra voi; un rudere pieno di colpe sono...
ma un segno che qualcosa non tramonta
col mio tramonto: resiste la mia pazienza,
è come un orizzonte in consumabile,
come un curvo pianeta è la mia anima.

***

E' un mare fermo, rosso,
un mare cotto, in un'increspatura
di tegole. E' un mare di pensieri.
Arido mare. E mi basta vederlo
tra le persiane appena schiuse: e sento
che mi parla. Da una tegola all'altra,
come da bocca a bocca, l'acre
discorso fulmina il mio cuore.
Il suo muto discorso: quel suo esistere
anonimo. Quel provocarmi verso
la molteplice essenza del dolore:
dell'unico dolore:
immerso nel sopore,
unico anch'esso, del cielo. E vi posa
ora una luce come di colomba,
quieta, che vi si spiuma: ed ora l'ira
sterminata, la vampa che rimbalza
d'embrice in embrice. E sempre la stessa
risposta, da mille bocche d'ombra.
- Siamo - dicono al cielo i tetti -
la tua infima progenie. Copriamo
la custodita messe ai tuoi granai.
O come divino spazio su di noi
il tuo occhio, dal senso inafferrabile.


Carlo Betocchi

 

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