Il Biscotto di S. Anselmo o pane di S. Anselmo come veniva chiamato
in origine è una ciambella dolce all'anice che secondo
la tradizione il Patrono distribuiva ai poveri ai bisognosi in
segno di aiuto e di conforto. E' inutile descrivere in maniera
dettagliata la ricetta del Biscotto perché tanto sarebbe
sbagliata, infatti ogni famiglia ha la sua che senza ombra di
dubbio è la miglior e rispetto alle altre.
Gelosamente custodita su un foglio di quaderno ormai vecchio e
ingiallito la "dose" elenca minuziosamente tutti gli
ingredienti e le rispettive quantità.(anice, uova, limoni,
liquori vari, zucchero, farina ecc.)
In ogni famiglia nei primi giorni di Aprile si comincia a discutere
della preparazione del Biscotto cercando di fare meglio dell'anno
precedente e sforzandosi anche di risolvere al meglio i problemi
logistici che inevitabilmente si vengono a creare.
Il passo iniziale è quello di dovere decidere quale "dose"
fare. (per 10, 15, 20, 30 uova ecc.). Dopodiché si procede
alla raccolta di tutti gli ingredienti dando particolare importanza
al lievito che solitamente viene messo a disposizione da quelle
famiglie che usano fare il pane in casa.
Giunti ormai alla metà di Aprile si passa alla fase esecutiva.
Ogni cucina diventa un campo di battaglia in cui è severamente
vietato l'accesso ai non addetti ai lavori. Uomini e donne, giovani
e meno giovani si legano un fazzoletto in testa e danno il via
alla "messa del lievito".
A questo punto non si scherza più! Il momento è
topico, ogni gesto va ponderato, i giovani che fino ad ora aveva
contribuito "grattando i limoni" si fanno da parte e
lasciano spazio ai gesti sicuri ed esperti delle "vecchie"
(in senso affettuoso).
La "biscottara" immerge il gomito nell'acqua calda,
e come se avesse un termometro ad alta precisione nel braccio
decide quando si può iniziare a sciogliere il lievito.
L'espressione più usata in questi frangenti è :
"oh!! attento che s'ancoce il levito!!"
(tradotto: "fai attenzione o privi il lievito delle sue proprietà
organolettiche!!").
Una volta svolta questa operazione il lievito viene riposto in
una "magne" (madia) in legno ricordando di incidervi
sopra il propiziatorio segno della croce.
Si aspetta qualche giorno che il lievito cresca poi si passa alla
seconda fase, l'impasto.
Sempre nella stessa "magne" si procede a impastare con
forza e decisione il lievito con un miscuglio degli altri ingredienti
comunemente detto "zozza".
Una volta che la pasta ha raggiunto il giusto grado di consistenza
ed elasticità viene tagliato in pezzi da 800/900 grammi
e si procede alla creazione della ciambella. Le abili mani delle
biscottare con rapidi movimenti circolari da una palla di pasta
creano una ciambella che viene subito messa nel "letto"
per terminare la lievitazione. Si dice nel "letto" perché
qualche anno fa, quando le case erano più piccole e fredde.
L'unico posto dove il biscotto poteva lievitare al caldo era proprio
nei letti. Ormai al giorno d'oggi impianti di riscaldamento e
termoconvettori hanno limitato questo disagio.
A questo punto i giochi sono fatti, non resta che aspettare e
lanciare ogni tanto uno sguardo al lievito ricoperto di farina
per vedere se "crepa" (spacca lo strato di farina che
lo ricopre). Quando la "biscottara" confortata anche
dal consiglio di qualche "vecchia" (sempre in senso
affettuoso) decide che la lievitazione è al punto giusto
si da il via alla cottura del Biscotto, e tutti a questo punto
aspettano con ansia che esca la prima infornata per "spaccare"
il lievito e assaggiarne un pezzo, ovviamente dopo un primo esame
visivo da parte della Biscottara.
La preparazione del Biscotto è un rito, e se tutto va bene
è una festa, ma se qualcosa va storto??
Non è una novità che gli sfortunati ai quali i
biscotti non siano venuti, vadano di nascosto a buttarli quasi
come se fosse una vergogna. Comunque il passare degli anni per
forza di cose un po' ha cambiato il modo si "sentire"
il Biscotto.
Fino a qualche anno fa era bellissimo vedere le donne che con
la "coroja" portavano sulla testa le tavole con i biscotti
al forno per la cottura. (io ci ho provato e assicuro che non
è per niente facile!).
Si potevano incontrare a tutte le ore del giorno e della notte
perché il Biscotto non aspetta, in quei giorni il capo
di casa è lui!!
A mio avviso è comunque una esperienza bellissima entrare
in una casa dove si stiano preparando i Biscotti e respirare quell'aria
intrisa di sapori e odori così diversi che però
fondendo l'uno all'altro daranno corpo all'inimitabile Biscotto
di S. Anselmo"