STRADE DESERTE

di Cucciolo

Non c’è ancora nessuno in giro, mentre passeggio calmo e calpesto quest’asfalto ancora fresco. C’è silenzio, nessuna anima sveglia, nessuna vita è ancora ripartita, nessun pensiero triste lacera le tempie e infanga le vie del cuore. Cammino tranquillamente incontro all’alba che verrà, vado verso il giorno che mi ferirà ancora una volta a morte, ma non posso fermarmi, continuo con passo ciondolante a vagare nelle vie indecise di questo sbrunire del mare, di questo alleggerirsi del cielo. Strade deserte a ricordarmi d’improvviso un bambinetto, perso nel buio di una notte fatale, penso ad una madre stanca di sopportare in grembo il dolore di un falso amore e di un essere nuovo, nato solo come ruota di scorta. Improvvisamente il cuore, questo cuore si spacca, si scuce per il netto taglio di un amore nato male e mai cresciuto, mai concreto. E la mente va ad un padre, succube di un cattivo momento dettato dal freddo ingranaggio della vita che accende e spegne i lumi dell’esistenza come un piccolo cattivello preme tasti sconosciuti. I passi continuano a portarmi lontano verso un rosa che pian piano diventa più rosso, più aggressivo, più cattivo con i miei occhi diventati neri troppo velocemente. Le spalle, pensavo fossero più larghe, credevo che avrebbero potuto sopportare ogni tipo di sevizia di questo Dio cattivo che perseguita tutti noi non credenti. E la luce mattutina  mi scopre una barba ispida e mal curata, una barba che perseguita le mie idee da bambino troppo grande per la sua età e inquina i simboli della mia adolescenza. Ho addosso tanta esperienza per poter dire che non vale la pena di lottare per degli ideali troppo distanti dalla vita pratica. Posso dire che non c’è possibilità di umiliare Dio, perché sono ignorante e per sempre rimarrò tale. Le strade deserte mi portano in un turbine di pensieri lenti, sereni ma improvvisamente impetuosi, impeti del cuore, amputati in empie ombre che non uccidono ma fanno soffrire, fino alla morte, e solo allora, prima di esalare l’ultimo respiro, prima di sbarrare per sempre gli occhi, ti accorgi che il cuore che ti porti appresso non è tuo, ma in affitto, che il culo che hai dietro è in prestito, che niente di ciò che è tuo ti appartiene. E soffri, camminando e cercando briciole di ingenuità in un mattino uggioso, fingendo di essere sereno in un ampio sospiro di fresco, che sputerai insieme al sangue della notte, quando aspetterai invano una morte che purtroppo non arriverà mai. Cammina, illuditi, cammina lungo queste strade deserte…