LE NOSTRE NOTTI

di Cucciolo

Sta per piovere, è cambiato il vento. Tra poco, ancora una volta la pioggia ristorerà i balconi cotti di sole, i mattoni dei marciapiedi sudici e bugiardi. Tra poco il vento soffierà via un po’ di foglie, e i viali s’infiammeranno, i vetri saranno scossi dagli aneliti freschi e le finestre sbatteranno. Le nuvole cotoneranno i capelli del cielo e pesanti si staglieranno sopra di noi, in una cappa di tristezza. I Bambini che giocano a pallone, andranno alla ricerca di nuove pozzanghere mentre le madri preoccupate staranno al balcone a vigilare. Tra poco l’acqua scenderà dal cielo come altissima cascata e le strade saranno lucide e malinconiche. Le luci dei lampioni saranno la guida degli automobilisti confusi dal vento, in giro tante girandole d’ombrelli scoperchiate da un soffio dispettoso. I pantaloni larghi si riempiranno i polmoni e le dita si screpoleranno per il freddo. Le coppie d’innamorati si ripareranno nel buio dei portoni con le mani ansiose, eccitate e il cuore sfinito d’amore. I vecchietti chiudono già le finestre e con la loro coperta sulle gambe bevono acqua e pillole prima d’andare a dormire. La sera arriva lenta ma instancabile a portare riposo agli onesti lavoratori del mondo, mentre le stelle montano per il loro turno di lavoro, come gli astronomi. Un soffio rauco sibila oltre le barche ciondolanti, al suono di una ninna nanna piovosa e il mare è una grande culla per i pesci che stanno allarmi a non prendere gli ami dei poveri pescatori, mucchi di reumatismi, che salpano per campare. Gli aerei passano, deviati dal vento e dalle turbolenze, mentre c’è chi ancora non riesce ad addormentarsi, chi dorme già da un pezzo e chi, in dormiveglia, sussurra il nome del proprio amore. E’ la notte delle cravatte strette al collo che portano la guerra nelle valigette e l’odio represso di un’ infanzia infelice nella gola ansimante e nella la lingua sudata. La notte di un antifurto disperato e di un ladro sfortunato, notte di pattuglia e caffè a non appesantire gli occhi, sempre aperti sugli specchietti retrovisori e le pistole. Il buio buono per un articolo di giornale in anteprima sulla prima edizione che nel rumore generale sta per essere stampato. La notte di un vecchio che vaga, senza tetto sulla testa in cerca di qualche immondizia commestibile, le mani a cuscino su una panchina alla fermata dell’autobus. La notte dei pronto soccorsi, cuori che si fermano, febbri alte e garze e carezze a coprire i ricordi brutti di un bambino che si è sbucciato il braccio inciampando dal letto dopo un salto mal riuscito. La notte perfetta per pensare a chi sta lontano, a chi ami ma non puoi amare. La notte buona per immaginarsi risposte diverse da quelle date, storie diverse da quelle accadute, notte buona per odiarsi un po’ e sorprendersi riflessi su uno specchio in controluce con trenta chili di troppo da smaltire al più presto. E’ la notte degli aghi crudi sulla pelle, degli attimi di paradiso e dei frammenti di felicità, ragazzate nei sottopassaggi delle stazioni del treno, quegli aghi sporchi, simbolo di una gioventù bruciata dal passato, da quello schifoso mondo che ci è stato lasciato sulle spalle. La notte delle speranze, delle dichiarazioni d’amore scritte in pezzetti di carta per non dimenticarle, per non balbettare, le notti attese nei grilletti ben nascosti nei cespugli, e verità troppo pericolose per essere svelate, la morte. La notte buona per le idee, per scrivere qualcosa, che parli di una notte in cui un ragazzo scrive curvo su un computer, di un ragazzo che pensa ad una persona, di un ragazzo che ama senza essere amato, di un ragazzo che non è mai stato troppo ragazzo, di un ragazzo, una ragazza e magari niente più…