IO, ASCETA IMPENITENTE

 

di Carlo Salvadorini

Io asceta impenitente voglio ostinarmi a salire ancora su quello scoglio solitario che mi ha dato gioie e tristezze quando ascoltavo il rumore del silenzio frangersi come onde sullo scoglio stesso.

Voglio dimenticare le amarezze della vita e ricostruire quel gazebo sul mare che mi ha dato felicità.

Una felicità perversa e diversa perché rifugio incontrollabile delle mie umane ed amare sensazioni.

Una vita dispersa, perduta per sempre, e forse tra gli angeli che mi                 circondano ed una nuova vita che sta per nascere tra mille difficoltà e perigli.

Ma la voglio fortemente perché è vita, allo stato puro, vita, di quelle che non ho mai vissuto, vita, solo vita e gioia forse incontrollabile.

E come un asceta sono pronto a salire le montagne più alte, come uno scherpa alla ricerca di un rifugio dalla tormente, questa tormenta che mi massacra l’anima.

Ma riuscirò. Sono sicuro che riuscirò. Come un fiume che da piccolo ruscello viene al mare per trovare libero sfogo ed espandersi liberamente nel mare d’acqua. Riuscirò a vincere quella mia paura ancestrale di fallire in tutte le mie occasioni, in quelle occasioni che mi si sono sempre parate nella vita e che ho soltanto digerito come un boccone amaro.

Ora una ragione in più: una creatura che mi vuole bene, che mi ama persino(che bel verbo), eppure è così. Ed allora io, asceta impenitente, devo per forza tornare alla vita, quella di prima, di molto prima quando facevo il clown tra amici e conoscenti, quando suonavo la chitarra e cantavo a squarciagola canzoni goliardiche e pezzi impegnativi. Quando cantavo sì”amico fragile” di De André, ma ero di una forza prepotente e non un’anima indebolita da mille peripezie.

Tornare indietro nel tempo. Si può. Basta volerlo.

Basta voler bene a tutti ed immaginarsi che il tempo si sia fermato e non assimilarlo più come un’equazione einsteiniana nella sua brutalità. Ecco la materia e l’antimateria nella loro nuda realtà: la materia come desiderio di vita, l’antimateria come antitesi e desiderio di morte.

Ma chi non ha pensato una volta soltanto a farla finita scagli la prima pietra e confessi allora di non essere umana, perché non è umano chi per una volta soltanto non ha pianto e si è disperato.

Ma l’asceta impenitente ora sorge a nuova vita e si libra nell’aria come un albatro, come quegli albatri che volano sulla Camargue nella stagione calda e lì rimangono negli acquitrini fin che il sole non tramonta e nasce una nuova vita.

Come vorrei fare io, asceta impenitente che vuole solo vita e niente più. E il desiderio di tornare ad essere clown per attrarre l’attenzione e ricominciare a cantare canzoni anche vecchie, ma terribilmente tristi e belle nella loro sconfinata essenza.

Ecco adesso sono tornato veramente io e l’asceta impenitente può andare a nascondersi senza più comparire perché risorgo a nuova vita.