DELIRIO SENZA ISPIRAZIONE 3

di Cucciolo

Ne avrò fatta di strada, per arrivare fin qui. Di certo non mi sono mai risparmiato, le mie scarpe sono adesso rotte, per tutta la vita sempre le stesse. Sono cambiate le strade, le scenografie ed i copioni, ma io, io continuo a recitare da guitto, senza mai chiedere una parte da protagonista. Quando mi alzai dalla mia immagine, sul lago, capì che la notte stava incombendo e che forse era tardi per pensare ancora. La ragazza diede una leggera pacca sulla mia spalla, quando girandomi mi accorsi che era proprio lei, e non riuscii a pronunciare neppure una parola, mentre lei svaniva dal mio campo visivo ristretto dai muri attorno. Quel cemento, grigio e teporosamente freddo, tagliava in due il cielo, ed io che nacqui dal mare capì che il mio destino sarebbe stato ormai segnato, costretto nella mia scogliera, ad ansimare e tossire vecchie storie sulla mia esistenza o sulle code del tempo da cui mi stavo allontanando con passi blu. L’ultimo sorriso di quel bambinetto biondo mi lasciò sconvolto, quando mi resi conto che era già passato, nostalgia e così anche quell’incontro si tramutava in un amaro addio da ingoiare, dal sapore di merda. Mi ribellai, ma il destino mi fu avverso e fui sbalzato via, sopra un piano nero, niente finestre, ne fili di luce dalle porte. Mi alzai, quando apparve evidente la sua intenzione. Mi lasciò libero ma in balia dei miei rimpianti, senza immaginazione, senza parole. Avessi almeno potuto scendere da quel pullman, quando raggiunsi la sua casa, ma non fu possibile, e poi, ripensandoci non avevo neppure tanta voglia di rivederla. Sapevo che non si sarebbe mai ripresentata un’altra occasione, ma non ero ancora pronto e mi tremavano le gambe. La gente era troppa. Il lunedì mi trovai sul mio letto a sbraitare qualcosa ad una figura che non so, non riesco a metterla a fuoco. Scappò di corsa quando le dissi “Aiutami, aiutami!” e s’inabissò. Ricordo solo che tutto mi ruotava attorno, come un mulinello mi strappava ogni speranza dalle mani sporche di vernice verde e la mia giacca pian piano mi risucchiava giù. Non lo so, io non so che cosa gli fosse accaduto, ma quando mi specchiai vidi che ero sfregiato tutt’attorno agli occhi ed il sangue zampillava gioioso a colorire il volto pallido. Non volevo spararle, ma lei ha ucciso me, dovevo vendicare la mia morte. E mi ritrovai nel vuoto, un vuoto grigio e trasparente a rianimare il mio corpo freddo, sotto un vento a tratti freddo ma in prevalenza gelato. Il biondino mi prese per mano e come per magia mi svegliai. Mi portò oltre, non so dove, so soltanto che era oltre, poi morì tra le mie braccia ferite fino all’osso. Ritorno alla mia spiaggia, fredda d’inverno e di allucinazioni notturne, tra la solitudine, calda amica dei miei bui e le onde che confondono il mare ed il cielo livido di Gennaio. Una voce mi scalda il petto gonfio di rabbia:” Portami via!”