Esagerare,
ci sono cascato pure io. Non posso mantenere le mie promesse, il mio mondo è
uguale agli altri, sconfitto esco dalla porta di servizio, fischi al seguito.
Imbrogliare, non è vero che io sono quel che dico, non sono nessuno, non sono
speciale. Tutto questo per essere anche io uomo tra gli uomini, questo per poter
dire anch’io d’essere riuscito a rapportarmi a voi. Io sono in realtà un
essere inferiore, che si pone scrupoli, macchie nella coscienza, davanti alla
bugia. Soffro per cause altrui, coinvolto da un sentimento di solidarietà,
mercificata, generalizzata come spicciola e gratuita falsità. Ho scoperto le
mie carte, la mia maschera e la mia dignità, io sono questo che vedi,
disarmato, pauroso esponente del più antico modo d’essere, sconosco ancora
l’apparire, ignoro pur adesso che soffro, la strada più semplice. La linea da
seguire si fa più fine, non so, non si vede più, senza bussola al largo di un
oceano di parole. Non serve parlarne a te, non serve parlarne, non si può
andare a fondo, se non conosci la strada, basta capire ciò che puoi capire, non
ci sono altre strade, lascia la mia riservatezza, a me che ho sporcato la carta,
arrogante peccatore, incerto e freddamente empio nel raccontare, nel dire ciò
che era segreto, ciò che non mi era dato sapere, ne tanto meno dire. Chiedo
scusa alla gente attorno, non muoio lottando, non vinco con onore, non esco di
scena tra gli applausi: cammino, testa bassa, verso la mia desolazione. Parlo da
qui, oltre frontiera, io in territorio nemico mi umilio, flagellandomi con le
stesse parole che hanno ucciso i pensieri di tanti uomini soli, come me. Io che
presuntuosamente mi sono arrogato il diritto di poter narrare di mondi
paralleli, di cinque dimensioni, di logiche illogiche, come Galilei mi condanno
eretico di un pressante stereotipo che mi taglia fuori dal mondo. Eppur si
muove, eppure io so che oltre questa facciata di stucco e stucchevoli slogan di
libertà c’è un mondo diametralmente opposto, il mio mondo, quello da cui
provengo. E’ solo questione di tempo, datemi tempo, datemi un bicchiere per
dissetare il mio affanno, datemi una via per poter passeggiare pensieroso,
immerso nelle mie patetiche nostalgie, datemi la pace, quella pace dei sensi che
a nessuno è concessa, datemi un mio pari, altro povero emarginato, per
consolarmi dal mio esilio. Nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla ma tutti
giudicano, tutti ridono, tutti cavano gli occhi, tutti odiano, tutti sono dei
santi, angeli caduti in volo, tutti sono saggi, saggi di ovvietà, di
stereotipata normalità, vite piatte e impetuose apparenze. Sono qui e chiedo
scusa.