FRAGILITA’ DELL’UOMO NELLO SCUOTIMENTO DELLA TERRA

RIFLESSIONE SUL 26 DICEMBRE 2004

 

di Nicola Costantino

 

La terra si è nuovamente scossa. E tutti si chiedono quale significato possa avere questo scuotimento che ha provocato un disastro di proporzioni inimmaginabili. Qualcuno pensa alla   “vendetta” di Dio per gli errori degli uomini. Qualche altro aggiunge che sono gli uomini la causa della loro stessa rovina, con i loro comportamenti sconsiderati.

Io ritengo invece che Dio non ha alcuna responsabilità sugli eventi naturali, che seguono il loro corso, com’è regolarmente avvenuto dai tempi più antichi. Il nostro pianeta è sottoposto a continui assestamenti ogni tanto, qui o li, si verificano fenomeni catastrofici che bisogna guardare nella loro causa specifica, senza risalire a “ cause prime” . L’uomo deve essere preparato a vedere la rovina del mondo con una salutare e preventiva disponibilità ad accettare la fatalità naturale.

Capisco la terribilità dell’evento quando colpisce soprattutto i più indifesi : i bambini, i vecchi, i poveri. Ma non si può chiamare in causa Dio, la cui funzione è solo quella di imprimere coraggio alla condizione umana e di fornire valori positivi all’agire per superare tutte le difficoltà. Fa bene perciò la Chiesa a predicare l’amore e a dare l’esempio della solidarietà verso le popolazioni colpite. Questo si può e si deve fare, anche da parte laica. Il resto è nelle mani della Natura, la quale svolge il suo ruolo secondo i soliti meccanismi.

Giacomo Leopardi, prima di ogni altro intellettuale moderno, l’aveva già compreso e ha teorizzato lo spirito di fratellanza universale come unico rimedio alle avversità naturali.

All’uomo di tutte le latitudini e non solo a quello occidentale è assegnato il compito di conservare questo “ orticello” che è la terra e di non credere ad una sua impossibile onnipotenza. La natura umana è piccola e fragile e basta un soffio di vento per trasformarla in macerie. Un terremoto è fenomeno troppo imponente per essere tollerato, ma è sufficiente a far comprendere la miseria intellettuale dell’uomo, la cui salvezza sta solo nella vita morale spesa nella semplicità e nella solidarietà.