WOMEN'S POWER

 di Nisvlaia

  

 PROLOGO

 

Molti autori hanno scritto storie d’amore. Gli autori antichi parlavano di donne impassibili e corrotte, che non ricambiavano l’amore del povero menestrello innamorato, i latini addirittura, parlo di Tibullo e Properzio, parlavano di donne che non ricambiavano e che facevano solo soffrire.

Siamo nel XXI° secolo e sembra che le cose siano, almeno per un minimo cambiate. Certo, agli occhi di una persona sincera. Tutti i maschi vi diranno ancora che le donne sono buone solo a far soffrire. Lacrime agli occhi mentre si piagnucola una storia finita dopo 20 anni. Certo, noi ci crediamo? Io No. La realtà è che la donna è diventata più potente, non si abbassa più ai desideri dell’uomo legato alle “passioni terrene”. L’uomo che guarda alla donna come l’oggetto dei suoi desideri e non come una persona come l’uomo. La donna fisicamente è più debole perciò non può avere successo e deve solo badare ai mille bambocci che partorisce, deve essere sempre amorevole con il maritino che torna a casa stanco dal lavoro. Una donna deve corrergli incontro sorridergli con il più dolce dei sorrisi e mai essere un po’ stanca perché si pensa subito male. Non deve mancare la cena già pronta e poi assecondare il maritino in tutto e per tutto.

Bella vita no? Quanti sogni e prospettive…sogni e prospettive che rimarranno nel cuore chiuse a chiave in un angolo nascosto.

Nessuno ha mai pensato che la donna è progredita in questi 2000 e passa anni, sembra che non siano esistite le varie Levi - Montalcini, le diverse Curie e tante altre donne famose nella letteratura, e che magari fanno anche parte della politica anche Italiana, molti studenti penseranno alla nostra amata Letizia Moratti ma io di certo non parlo di quella. Io stessa sono studentessa e anche a me le sue riforme non piacciono come non piace neanche la politica italiana. Ci sono anche persone lodevoli, come la Jervolino, o la Rosy Bindi. Nessuno ha ancora valutato il valore delle donne, quel valore e quella supremazia che ci meritiamo e che nessuno ci riconosce, nessuno ci riconoscerà mai dei meriti come lo si fa con gli uomini.

Questo piccolo romanzo che scrivo è la dimostrazione che le donne sono superiori all’uomo, nella vita così come in tutto, anche nello sport, nel lavoro. E’ una dimostrazione che le donne non sono solo oggetti per il sesso e la procreazione, è una dimostrazione che le donne sono capaci di comandare sempre, anche nelle cose più piccole. Questo libro tratta di una storiella normale fra due ragazzi. Una piccola storiella che sembra una normalissima storia ma è dalle piccole che nasce la più grande dimostrazione della supremazia della donna. Un film molto bello, “ Il mio grosso grasso matrimonio greco” riporta un aneddoto non di poco significato: l’uomo è il capo, ma la donna è il collo e il collo può fare girare il capo come meglio vuole.

Per evitare equivoci darò una piccola premessa: la protagonista, Silvana, riporta il mio nome per il suo significato. Deriva dal latino “silva-ae” e significa bosco, silvana dunque vuol dire ragazza del bosco e sta a simboleggiare il carattere di questa ragazza: determinato, deciso, forte. Una ragazza che persegue nel suo scopo fino alla fine, fino all’ultimo. Le sue due amiche, oltre ad essere una dedica a due mie grandissime amiche, Alessandra ed Elena, sono anche l’esempio dell’amicizia, e di quanto essa sia importante per l’uomo, molto più che l’amore, come diceva Boccaccio, in più Alessandra deriva dall’ebraico e significa “protettrice degli uomini” dunque conferma il suo ruolo di sostenitrice morale. Elena oltre a essere un’altra grande amica della protagonista (anche mia e anche molto intima) è anche colei che apprende gli insegnamenti e prende esempio dalla sua amica. E’ anche il simbolo delle donne, giovani, che devono prendere esempio da coloro che sono più grandi per poter sempre migliorare se stessi e gli altri. Caro lettore, ricorda, devi sempre apprendere quello che ti viene insegnato, in particolare dagli antichi, perché la “storia magistra vitae est” (Machiavelli, Livio) ma anche da i tuoi contemporanei più grandi. Potremmo così sperare in una società e un mondo migliore.

Infine l’ultimo personaggio, Filippo, il ragazzo della quale si innamora la nostra giovane protagonista. Il nome deriva dal greco “filos” amore e “ippus” cavallo, dunque amante dei cavalli. Nei tempi moderni lo stallone, il cavallo intero, è il simbolo dell’uomo focoso, amante del sesso, quale nome appropriato dunque?

Ma ora lettore ti lascio alla storia, spero tu apprenda questi insegnamenti come farà la giovane Elena e capisca che le donne infondo, non sono inferiori a nessuno, forse sono un poco superiori all’uomo, ma ancora nessuno può capirlo, forse come siamo riuscite ad avere almeno il diritto di voto e la possibilità almeno un poco di affermarci, riusciremo anche ad affermarci, nel tempo, se qualcuno leggerà questo libro.


 

 

 

PASSO I

 

Ero arrivata da poco a Firenze, quasi due mesi. Avevo cominciato l’Università di Facoltà Motorie, giocavo a calcio in serie B nel punta a Sieve, squadra in provincia di Firenze. La Ferrari mi aveva ingaggiato per dei collaudi di Ferrari Challenger un anno prima e ora correvo nel campionato nazionale. In più avevo 5 cavalli sempre per la Ferrari per un progetto chiamato Horses and Cars dove secondo alcuni test i cavalli che avevano subito degli infortuni gravi, una volta guariti, potevano correre quanto delle macchine da corsa. Io stavo sperimentando questo progetto. Per ora solo su piste di cavalli da corsa normalissimi ma collaudavo già i cavalli su piste da corsa per automobili. In più scrivevo per un giornale. Niente di che, qualche articoletto per racimolare qualche soldino in più, giusto per coprire spese, studio e affitto. Gia la Ferrai mi pagava bene ma non ero sola. Ero scesa dalla chiassosa Milano insieme a una mia amica di infanzia alla quale ero molto legata: Alessandra. Giocava con me nel punta a Sieve e studiava alla facoltà di Architettura, viveamo nellos tesso appartamento insieme anche a un’altra mia amica di gioventù di Firenze però, Elena che però aveva un anno meno di noi e ancora studiava al liceo, all’ultimo anno però.

Una vita molto movimentata ma felice, come la sognavo e desideravo io da tre anni, da quando l’adolescenza mi aveva aperto gli occhi sulla vita orribile Milano così come aveva fatto sulla mia amica Alessandra. Ci facevamo forza insieme e vivevamo felici, tutte e tre insieme. Se non ché successe un fatto, poco dopo l’inizio dell’Università.

Successe che andai all’Università come tutte le mattine, salutai i miei compagni di corso, scambiai qualche chiacchiera, presi i miei appunti e mi immersi nei miei pensieri di eterna ragazza sognante. Ma nella routine di tutti i giorni mi accadde di capitare di fianco a un ragazzo tanto bello quanto famoso nel calcio.non badai alla sua presenza fin quando distogliendomi dai miei pensieri guardai gli scarabocchi che avevo tracciato sul foglio che dovevano essere appunti e non capendoci nulla mi rivolsi al mio bellissimo compagno di “banco”. - scusa di che ha parlato il prof? Ero un attimo disattenta-

-Nulla di ché, solo fratture scomposte nel calcio-

-         Ah bene- mormorai annoiata, ma sentì come un campanello di allarme subito dopo aver rimesso gli occhi sul mio foglio. Rimisi gli occhi subito su di lui e lo vidi bene in faccia. Era proprio lui!!! Lui non badava al mio sguardo ammirato, era tornato a seguire la lezione. Ma io ormai seguivo solo il suo sguardo attento e la sua mano che tracciava segni sul foglio che per me erano incomprensibili, come si muoveva veloce il braccio, che delicatezza nel movimento, che attenzione nell’apprendere ogni sillaba che usciva dalla bocca del professore. Pareva che non esistesse niente al di fuori di lui e la persone al centro dell’aula che spiegava. Magari non seguiva ma ame ciò poco importava. Ora sapevo cosa dovevo fare, sentivo il cuore battere a mille. Ero stata ed ero ancora molto timida ma la vita e le varie esperienza mi avevano dato quel coraggio necessario a fare ciò che dovevo e volevo fare. Finalmente, con mio grande sollievo, finì la lezione. Lo squillo della campana parve una tromba del giudizio.

Dovevo andare al maneggio subito dopo le lezioni ma non avevo la macchina e avrei dovuto prendere l’autobus, ma prima, anche a costo di perderlo, avevo un compito da svolgere.

-         Ciao- lo fermai salutandolo proprio quando stava per salire sulla sua super Ferrari.

-         Si?- mi chiese con un grande sorriso. Arrossì leggermente e sperai di nasconderlo.

-         Senti, oggi sono molto stanca e avrei bisogno degli appunti di questo professore, non è che potresti passarmeli?.-

Mi sorrise ancora di più. Sembrava osservarmi a fondo, come facevo io con una persona che non conoscevo:- certo, posso darteli domani? Magari abbiamo gli stessi corsi se no ci incontriamo davanti al bar dell’Uni e te li do-

Riflettei su quello che avevo:- uhm…dovrei avere ancora le operazioni sulle fratture e fare sport: pallavolo e nuoto-

-         A parte lo sport abbiamo la stessa lezione. Allora te li do io, va bene?

-         Certo- sorrisi raggiante.

-         Benissimo- ricambiò il sorriso lui- allora ci rivediamo domani, mi tieni il posto?-

-         Certamente!!- mi guardò ancora dall’alto in basso:- quanti anni hai? Mi chiese con tono indagatore e curioso.

“ Eccoci” pensai “Pensano che sono una bambina. Accidenti al mio aspetto!!”

-         Ne ho 19, vado per i venti- altro sguardo scrutatore lungo tutto il mio corpo

-         Te ne davo al massimo 16-

-         Lo immaginavo – mormorai. Che rabbia quando fanno questa puntualizzazione sul mio aspetto da ragazzina accentuato dal fatto che non porto gonne e tacchi e non facciola civetta.

-         Come?- chiese lui

-         Nulla, pensieri ad alta voce- dissi cercando di nascondere il mio turbamento ma con scarso successo.

-         Io vado di là, devo prendere l’autobus- dissi “ho poche speranze, ma forse riesco a farmi dare un passaggio così ci faccio più conoscenza…” pensai. La mia tattica funzionò. Forse incuriosito dalla mia spontaneità disse:- Dove vai di bello?magari posso darti un passaggio- arrossì. Non mi aspettavo un successo così al primo colpo. Forse poteva succedere qualcosa di più. “ O diana, dea della caccia, dammi la forza!!” mi girai e risposi: -Vado al maneggio “la Fiamma” non so se conosci-

Si oscurò in volto:- non mi sembra di averlo mai sentito nominare anche perché Firenze la frequento poco,vengo qui solo per studiare e per dormire, poi torno a Milano –

-         Vai a Milano dunque…io non credo ci tornerò più in quella città- un altro punto a favore, avevo scosso la sua curiosità.

-         Sei di Milano?-

-         Si, sono nata e cresciuta là ma non è il mio tipo di città e così io e una mia amica d’infanzia siamo venute a vivere qua-

-         Si sentiva dall’accento che non sei proprio di qui..anche se sembra che ti impegni a parlare fiorentino…-

Lo guardai bene in faccia.

-         Io amo questa città e da quando ho 17 anni che cerco di diventare Fiorentina a tutti gli effetti-mi sorrise e non disse più nulla. Sembrava prenderci gusto.abbassai la testa, mi sentivo posseduta da quel sorriso così..avvolgente.

-         Comunque sono sempre andata in vacanza in toscana, da quando avevo 5 anni e sono piena di amici qui da queste parti-

-         E dove vai di bello per conoscere così tanti toscani?-

-         Fra Punta Ala e Follonica-

-         Allora sei messa ben in quanto a soldi- disse con aria compiaciuta. Era convinto di aver incontrato una riccona. Quasi provai gusto a dirgli

-         Non esattamente, è un campeggio a 3 stella a una decina di chilometri da Punta Ala- infatti si oscuro in volto.quelli come lui non erano soliti frequentare gli squattrinati, perché non li volevano frequentare.

-         E ora dove abiti?- disse cercando forse di avere un barlume di speranza e di aver incontrato almeno una ragazza che abbia una buona rendita se può vivere da solo e mantenere un’altra ragazza (non sapendo anche di Elena).

-         Oh in un appartamento in periferia con la mia amica di Milano e un’altra mia amica ma di Firenze. Dividiamo l’affitto e ci manteniamo con quello che guadagno-

-         Lavori?- non poteva crederci e glielo si vedeva dalle sue espressioni torbe: una ragazzina che poteva essere sua sorella che vive senza genitori, con due amiche, lontana dalla sua casa natale che studia e mantiene se stessa e altre due ragazze. Com’era possibile?? Mi stavo divertendo un mondo

-         Si, diciamo di sì. Scrivo qualche articolo per un giornale e sono collaudatrice e pilota di Ferrari challenge e di cavalli per la stessa Ferrari- avevo parlato tropo presa dalla foga. Non dovevo parlare del progetto Horses and cars.

-         Ferrari?-

-         Beh si, ma non posso dire di più. Scusami ma ora devo proprio scappare, se no perdo l’autobus-

-         Mi sembra di averti detto che ti do un passaggio io. Mi sapresti indicare dove sia?-

-         Non vorrei portarti fuori strada….è un po’ dislocato…sulla strada che porta al Mugello, conosci?-

-         Certo che lo conosco, è dove corre la Ferrari ed è anche vicino all’aeroporto dove devo andare io, su, salta-

Un po’ sconcertata salì sulla sua Ferrari.ne avevo guidate tante per la Ferrari ma non ci ero mai salita come passeggero.

Come le sue sorelle era veloce e silenziosa e pareva isolarti da tutto il resto anche perché la compagnia era sicuramente delle migliori. Non parlammo ma si stava così bene i quel silenzio e in quella comodità che quasi mi dispiaceva scendere lasciarlo andare così, e il giorno dopo mi appariva come lontano anni e anni. Era come se stessi facendo l’ultimo viaggio con una persona che avevo molto a cuore.

-Dove dei andare??- gli chiesi d’un tratto rompendo quel bellissimo e piacevole silenzio che c’era fra noi due

-         Torno a Milano, ho gli allenamenti e torno stasera, poi domani università eccetera- feci il passo più lungo della gamba, così, senza riflettere dissi

-         Se vuoi puoi venire a mangiare a casa mia- avevo fatto la mia stupidaggine quotidiana. E non sarebbe stata la sola. Sorpreso mi guardò di striscio e sorrise

-         Paghi tu?-

-         No, veramente cucino io-

Rise di gusto:- indubbiamente sei un’ottima cuoca ma sono abituato al ristorante- “bravo bambino viziatino….”pensai sempre più schifata dalla comodità di uno sport che a me fruttava ben poco. Ma non mollai nella mia iniziativa:ero completamente persa.

-Non te ne pentirai -mi affrettai a dire. Non potevo perdere quell’occasione anche se Elena e Alessandra mi avrebbero sgozzato. Ormai avevo lanciato la pietra, non potevo ritirare il braccio. Gia apparivo una bambina, se poi lasciavo andare così u rifiuto a un invito che figura facevo??

Mi sorrise di nuovo e stavolta fermò la macchina. Persi un colpo al cuore: non eravamo al maneggio e la strada che portava alla periferia era deserta coperta solamente dalla campagna del tardo autunno. Mi guardò per bene. Forse con sguardo ancora più scrutatore di prima. Cosa dovevo fare? Nulla, rimasi immobile ed ero convinta di essere finita in apnea.

-         Sei una ragazza che vuole ciò che ha in testa. E di sicuro io non sarò il primo a contraddirti. Sai dove sta via S. Lorenzo?-

-         Certo ma vengo a prenderti io all’aeroporto così conosci meglio le mie due amiche e compagne di classe-

-         Volentieri. Mai rifiutare l’occasione di fare amicizie così gradevoli- e con il solito sorrisino stampato in faccia e con l’aria da non curante mi accarezzò dolcemente la guancia con una mano.appena sentì quelle dita lunghe e innaturalmente calde (forse perché la mia guancia era anch’essa incandescente) diventai ancora più rovente come avessi la febbre. E se volesse approfittare di me? Che stupida ero stata, ma come dicevano gli Illuministi: l’amore non è ragione, non si può essere coscienti quando ti senti innamorato e malgrado io riuscissi a capire il momento in cui mi stessi per innamorare sentivo che in quel momento non mi potevo controllare.

Mi accompagnò al maneggio. Ci salutammo con un sorriso e un appuntamento. Mentre la sua macchina si allontanava nella campagna brulla della periferia di Firenze ghiacciata dal freddo mi toccato la guancia dove mi aveva accarezzata  e mi parve di sentire ancora la sua bellissima mano sulla mia guancia. “le coeur a des raisons que la raion ne connait point”gran buon Pascal….

 

 

-         Tu sei completamente matta- mormorò Ale comodamente seduta sul divano vicino alla cucino dove io sfaccendavo da un fornello all’altro

-         No, è proprio partita del tutto, tutto questo lavoro le sta dando alla testa- le fece eco Elena anche lei stravaccata sul divano guardandomi tranquillamente. La situazione era comica: io che giravo disperata da un fornello all’altro loro che commentavano e stavano sedute tranquille.

-         Invece di stare lì sedute come due comari perché non venite a dare una mano?- gridai fra l’arrosto e il pesto- Ale guardami il pesto, Ele prepara la tavolta poi guardami l’arrosto. Fra meno di un’ora devo andarlo a prendere-

-         Prendi il alto positivo: ha avutola fortuna di trovare un tizio carino all’Università, e soprattutto così socievole. Io ne troverò uno quando le donne faranno tutte ingegneria!-

-         Smettetela di blaterare e muovetevi a darmi un mano- ringhiai ancora

-         Peccato che di lei non gliene interessa nulla e sicuramente viene solo perché gliele avrà rotte fino allo stremo delle forze-ghignò Elena alzandosi pigramente dal divano e raggiungendomi ai fornelli.

-         Non fate le civette a sbrigatevi- le ammonì. Stavolta obbedirono.

Era questa la nostra arma vincente: il lavoro di squadra. Eravamo sempre unite, dalla situazione più sciocca a quella più complessa, la nostra unione ci aveva sempre tolte da ogni qualsivoglia tipo di problema e difficoltà. E così sarebbe stato, per sempre. E così, pigramente e con diversi ammonimenti ma sempre pronte ad aiutare, le mie amiche mi aiutarono a preparare la serata al meglio.

 

 

Ma mentre ero in macchina e sfrecciavo verso l’aeroporto con la Ferrari che mi aveva regalato la scuderia per i miei servigi sentivo in me un senso d’inquietudine che non mi piaceva per niente. Forse Ale aveva ragione: aveva accettato perché pensando a tre belle ragazze aveva progettato di finito in bellezza la serata. Magari con tutte e tre. Ma adesso me en pentivo? Non era proprio il caso. Dovevo andare fino in fondo e accertarmi che la serata finisse al meglio. Dovevo cercare di non coinvolgere le mie due fide amiche in cosa in cui non centravano e che io avevo messo in mezzo senza chiederle nemmeno la loro opinione.

“ perché mi si offusca il cervello quando vedo quelli come lui?ero riuscita a dominarmi ma forse non avevo mai incontrato quelli come lui per la quale io sono particolarmente attratta” fermai la macchina. Ero arrivata. Lo aspettai davanti all’uscita. Lo vidi sorgere in mezzo agli altri come un bellissimo sole bruno. Sentì il cuore accelerare di colpo i battiti e il cervello mandarmi chiare immagini ma cercai di governarmi. Ora non dovevo più fare la ragazzina inesperta e facile, ora io ero la donna di casa: fiera e autoritaria.

Mi vide e mi venne incontro. Percepì una nota di stupore nei suoi occhi che subito diventò una scintilla di eroticismo, una scintilla che conoscevo molto bene. L’avevo vista su molti ragazzi quando mi vedevano vestita bene. Per quella circostanza avevo per l’appunto riservato uno dei vestiti più sexy del mio guardaroba.

-         Sei bellissima- mi disse abbracciandomi dolcemente

-         Ho fatto fatica a riconoscerti- e cercava di stringermi a sé, ma restai impassibile.

-         Vieni, ho la macchina qua fuori e le mie due compagne si preoccupano se non torno entro un’ora-

Mi sorrise un poco malizioso, quasi gli piacesse quel mio atteggiamento da donna fredda. Ma quando vide che avevo una Ferrari che poteva fare invidia alla sua cambiò subito espressione.

-Non credevo che potessi permettertela- disse sbigottito

Sospirai: la Ferrari mi paga bene più quel poco che ricevo dal giornale e dal Punta a Sieve mi basta per stare bene. Ma questa piccolina me l’ ha regalata la Ferrari per i miei servigi-

-         Ma se guadagni cosi bene perché non ti prendi una bella casa e vivi un po’ meglio di come vivi ora?-

-         Quei soldi mi servono per il futuro e comunque ora servono per l’Università, il mantenimento di altre due persone molto esigenti e l’affitto della casa. Non lavorerò in eterno alla Ferrari, quei soldi potrebbero tornarmi utili in momenti meno felici-

Mi guardò fisso in volto.:- Non dimostri 20 anni-

-         Ne ho 19 e lo o che ne dimostro di meno- sospirai.” E dai con questi anni..come fosse importante dimostrarne di più”. Ma lui disse

-         Di aspetto si, ma di carattere sembri più una trentenne-

-         Perché sono noiosa?- cominciava  irritarmi

No-ribattè- per i discorsi che fai..sembri..molto matura –finalmente un complimento.

-         Sono contenta che capisci sin da subito la mia personalità- affermai. Mi guardò. Sembrò dolcezza la sua.

-         Non è difficile, hai gli occhi così grandi che si possono leggere tutti i tuoi pensieri- Che tenero!!certo…come una serpe che si mimetizza con il suolo per attirare la preda.

Non dissi nulla. Sorrisi e lo invitai a entrare in macchina. Non sapevo che dirle.

Nell’entrare si strusciò su di me. Feci finta di niente. Quello che voleva ottenere lo stava ottenendo anche con fin troppa facilità anche se io cercavo in tutti i modi di fargli capire che non volevo andare oltre la cena. Ma i maschi sono animali stupidi: cercano sempre di avere quello che vogliono e sono sempre convinti di avere un grande successo su tutti.

Salì in macchina anche io e partimmo.

-         Hai una guida molto virile-

-         E’ l’esperienza. Guido Ferrari da un anno e passa- mi rivolse l’ennesimo sguardo sconcertato. Avevo l’impressione che mi stesse ancora studiando. Ma da dentro stavolta.

-         Sei molto diversa da stamattina, sembri una persona completamente diversa-

-         Forse. Mi capita spesso quando sono emozionato e non so che fare-accidenti alla mia boccaccia.

-         Mi sembri molto decisa in quello che fai-

-         Invece no-dissi un poco stizzita e inchiodai facendo scattare i blocchi delle cinture di sicurezza. Filippo, così si chiamava. Non aveva messo la cintura e si trovò con il naso sul parabrezza. Continuai a parlare.

-         Ci sono tante cose su cui sono insicuro, ad esempio ora- cosa mi era preso? Continuavo a dire ciò che pensavo! Probabilmente era quello sguardo indagatore del ragazzo che mi metteva in condizione di tirare fuori tutto ciò che avevo dentro. Dovevo cercare di non tradirmi. O mi avrebbe presa in giro. E basta. Filippo rimase sconcertato da quel mio gesto ma soprattutto dalle mie parole. Si protese un po’ verso di me e ancora le sue dita mi sfiorarono. Voleva fare il dolce per farmi cadere nella sua trappola. Era forse lui a istigare in me quelle reazioni? O era perché non stavo con un ragazzo da tanto tempo?mi distolsi dal suo tocco e riavviai la macchina.

-         Scusami sono un po’ stanca-

-         Tranquilla…ti capisco-mi disse tornando al so posto.

Arrivammo a casa senza più una parola. E quando salimmo in casa le mie amiche mi dettero una mano importante ancora una volta: ci accolsero come se fossimo dei festeggiati.

Ma quello non fu l’unico aiuto che mi dettero. La serata fu piacevolissima. Filippo sembrava divertirsi un mondo e anche io stavo molto meglio.

-         Ma ditemi-disse- com’e che vi siete conosciute?-chiese il ragazzo

-         Il link è stato silvana, io e lei ci conosciamo da quando avevamo 5 anni-rispose Alessandra:- Lei ed Elena si conoscono invece da quando avevano 10 e 11 anni. Poi Silvana innamorata di Firenze mi ha trascinata qua e ci siamo unite tutte e tre.-

-         Una bella compagnia- sorrise Filippo

-         Ma perché non ci parli di te?che ci fai a Firenze a studiare tra l’altro?- chiese Elena curiosa. Lui rise

-         Beh, la FIGC ha imposto a tutti i giocatori di studiare e laurearci. E’ per dare l’esempio a tutti colore che entrano nel mondo del calcio ma soprattutto per eliminare tutte le dicerie sull’ignoranza nel calcio-

-         Ma come mai proprio a Firenze?-chiese Ale stavolta

-         Semplice voglia di cambiare ambiente e di conoscere città nuove in maniera diversa dal calcio-

-         Ma non è pesantino?- chiesi io, sapendo bene cosa voleva dire fare tante cose, in quella maniera poi

-         Abbastanza ma ne vale la pena-e mi guardò. Mi stava ancora provocando. Ma io non ero in vena di fare la difficile, stava andando tutto troppo bene, non dovevo rovinare quell’atmosfera così gioiosa. Risposi al suo sguardo e forse lui si aspettava che facessi come prima in macchina, ma vista la mia risposta non reagì.

Continuammo così fino a  mezzanotte inoltrata finche Elena terrorizzata non scappò a letto dicendo che aveva due interrogazioni il giorno dopo e Ale saettò in camera sua borbottando qualcosa sullo svegliarsi presto il giorno dopo.

Così rimasi sola con lui. L’atmosfera stava cambiando nettamente: si stava facendo più pesante, più imbarazzante. Filippo non parlava più e mi stava ancora studiando. Io senza le mie amiche non sapevo che cosa fare, rialzai e cominciai sparecchiare e poi a lavare i piatti.

-         Ti do una mano?-mi chiese. Negai e gli chiesi se volesse un caffè.

-         No grazie, vado a casa…ma vorrei che venissi anche tu!-mi girò verso di sé e mi strinse forte le mani e mi parve di averle avvolte in una calda piccola pelliccia mentre continuava a tenere i suoi occhi fissi nei miei. Mi sentì invadere da un’ondata d caldo e sentivo le mie forze mancare. “no”gridò dentro di me la mia parte razionale “resisti..reagisci!”. il cuore come noto invece mi batteva al massimo e mandava al mio cervello immagini chiare che però cercavo di combattere con tutta me stessa.

-         No, ti accompagno a casa volentieri ma non voglio finire la serata così. Passeremo una notte di fuoco e passione ma domani sarà tutto finito. Restiamo amici, buoni amici, non amo le avventure-

-         Ma questa volta sarà diverso- provò lui a sbloccarmi. Niente da fare, ero riuscita a dominarmi e così avrei fatto fino alla fine.

-         Ne dubito- “ Anche se mi piaci molto” pensai ma riuscì a non dirlo. Avevo un’altra forza quando l’uomo diventava troppo intransigente. Io questo non lo avevo mai sopportato e questo mi aiuto in quel momento a trattenere quello che provavo per Filippo che al momento era colui che desideravo più di tutto.

-         Proviamo- cercò invano lui di salvare il salvabile.

-         Non devo provare, non ora che fra noi non c’e proprio niente, a malapena ci conosciamo. Il sesso non è un gioco. Ho una concezione diversa da te del sesso-

Mi guardò disgustato:- Sembri una suora-

-         Forse lo sono-risposi:-anche se non del tutto praticante- l’ironia mi salvava sempre.

Continuava a guardarmi schifato:- Faccio due passi da solo, ne ho bisogno-

-         Ti tengo il posto domani?- chiesi come se niente fosse

-         Si, e ti do gli appunti-

-         Va bene, ci vediamo-

-         Ciao- mi disse con fare deluso e uscì sbattendo la porta. Mi lasciò da sola in quella cucina silenziosa.

 

 

 

-Lo sapevo che finiva male- mormoravo sconsolato il giorno dopo agli allenamenti

-Non è finita male, in fondo siete rimasti ancora amici- mi consolò la mia amica Ale.

La mattinata era passata come al solito, Filippo si era dimostrato molto dolce ma non c’era più quel velo erotico intorno ai suoi occhi della sera prima. Mi trattava come una sorella minore. Lo sapevo che era per come ero vestita la sera prima, lo avevo capito sin da subito ma volevo avere una conferma. O una speranza. La speranza che lui non fosse come gli altri. Ma mi sbagliavo: era un uomo come tutti la fuori, colui che davanti a una donna molto attraente e vestita bene vuole solo una notte di sesso e nient’altro.

-         E comunque è meglio così, non voglio che fra me e lui ci sia solo sesso e non amore- cercavo di convincermi io, ma inutilmente.

-         Ma non eri tu quella che l’amore non esiste?-

-         E’ diverso, Ale, è diverso- e allungai il passo lasciando la mia amica ferma e sconcertata per coprire le mie lacrime che solo il calcio asciugava.

 

 

 

 

PASSO II

 

Cominciavo a stare male per Filippo. Veramente. Ci vedevamo tutte le mattine all’Università e poi la sera ai pub o in disco quando uscivamo tutti e quattro insieme: io, lui, Ale ed Ele. Riuscivo a distrarmi grazie allo sport che mi dava sempre grandissime soddisfazioni e anche grandi insegnamenti, insieme a loro passavo momenti bellissimi grazie anche alle mie due grandi amiche che anche nei momenti più brutti, quando mi vedevano molto atterra quando Filippo si trovava un’altra ragazza con cui passare la notte, loro mi stavano molto vicine, preparavano dei caffè fortissimi e parlavamo fino al sorgere del sole. Nonostante ciò mi chiedevo di continuo che cosa sarebbe successo, come sarebbe finita, quali conseguenze ci sarebbero state se quella serata si fosse conclusa come Filippo voleva. Da allora eravamo diventati molto amici, per lui ero come una sorella minore, mi parlava di tutte le sue avventure, mi chiedeva consigli, ci scambiavamo gli appunti, talvolta lo aiutavo a capire alcune cose per la scuola, veniva anche a qualche mia gara di cavallo. Ma niente di più. Lo vedevo con mille donne, tante, bellissime donne senza senso per la quale riserbava quello sguardo erotico e bramoso di desiderio che aveva rivolto a me la prima sera che era venuto a mangiare da me benché cercassi almeno di resuscitare la sua passione nei miei confronti. Ma più mi vestivo sexy e provocante più lui guardava le altre.

All’inizio averlo come amico non mi dispiaceva dato che si parla molto di donne che si sono sposate con i propri migliori amici e ora vivono da Dio “sotto una grande amicizia vi è un amore sincero”. Ma col passare del tempo vedevo che lui si allontanava sempre di più da me dati anche i nostri impegni, più volevo come fidanzato più lui mi voleva come amica. Più mi avvicinavo più si allontanava. Più si allontanava più ne ero perduta. Stava diventando un capriccio. Avevo conosciuto tanti maschi disposti a tutto da quando giocavo a calcio e da quando il mio nome aveva cominciato a diventare noto, alcuni molto belli e simpatici, magari anche colti e intelligenti, buoni e di buoni costumi, dolci, comprensivi e di tante altre qualità, ma io avevo sempre rifiutato. Avevo 19 anni e tante ferite nel cuore. Due anni prima avevo promesso a me stessa di lasciar perdere l’amore per pensare al futuro, l’amore poteva aspettare. Ma ora sentivo che questa ideologia stava cambiando. Filippo valeva come mille di quei giovani beli e prosperosi che avevo incontrato. Per me era il migliore. Era lui il mio prossimo obbiettivo, lo volevo mio. E basta.

Ero sempre stata testarda e ostinata nelle mie decisioni: quando volevo una cosa era quella e basta, a qualsiasi costo. Nessuno e niente poteva fermarmi e la Ferrari lo sapeva bene per tutte le volte che mi ero incapricciata di riuscire in una gara per battere il più importante dei piloti in gara. Questa era la mia prossima conquista nella quale dovevo riuscire. Era come scalare una montagna alta e insidiosa. In cima c’era il traguardo. La vittoria. E io una volta in cima avrei guardato in basso sorprendendomi della scalata fatta, e avrei guardato alle Alpi come fece Petrarca in cima al monte Ventoso.

C’era un ostacolo però. Il primo e forse il più difficile da affrontare: io non mi ero mai lanciato con i maschi. Avevo sempre aspettato che fossero loro a fare il primo passo, se un ragazzo mi interessava non facevo molto di più che vestirmi bene e dedicargli più attenzione degli altri ma di più proprio non facevo. Se non succedeva nulla o se si interessava a un’altra lasciavo perdere. Per me non era poi così importante dato che avevo altre cose a cui pensare e un uomo in quel momento mi avrebbe solo portato via tempo prezioso. Ma ora più che una questione di cuore era una questione di orgoglio: trattarmi così solo perché non avevo assecondato i capricci di un animale. Si, ero innamorata ma anche indignata. Sentivo dal profondo del mio conscio i miei ideali di superiorità sessuale e li avrei messi in campo come giocatori pilastro in quella mia impresa. Tornarono alla mente ricordi non troppo lontani, ricordi della quarta superiore in particolare di un tema sulle donne nelle opere del Goldoni. Lo avevo intitolato come “ le donne di Goldoni: la classe dominante”. La professoressa di Italiano benché molto femminista me lo sottolineò dicendo che “non siamo ancora adesso una classe dominante, purtroppo”. Ma sapevo che anche lei era convinta della supremazia delle donne sui maschi come la pensava Goldoni in particolare nella sua Locandiera. Avevo avuto sempre alle superiori una professoressa di Francese che negli ultimi anni si era ritrovata con solo 5 allieve della mia classe perché il francese non era molto apprezzato dagli scansafatiche milanesi. Passava delle lezioni a parlarci di vita, quando ci vedeva stanche o con poca voglia di lavorare. Era femminista pure lei ma più moderata. Ci disse che le donne erano penalizzate dal loro fisico sin dalla Preistoria perché troppo deboli per affrontare lavori duri. Ma nella ragione la donna era sempre stata la più forte. Lo dicevano pure gli Illuministi del ‘700, l’età dei lumi. Il lume della ragione. Io ero degli stessi ideali illuministi. E la ragione delle donne sarebbe stata l’arma che mi avrebbe dato la strada per affermare la mia tesi.

Una sera uscimmo. Tutti e quattro come gran parte di quelle serate. Andammo a mangiare in pizzeria per prima cosa poi Alessandra ed Elena tornarono a casa perché avevano dei lavoretti da fare e dovevano svegliarsi presto il giorno dopo. Così eravamo rimasti soli io e Filippo da soli. Andammo al pub per scaldarci con un drink e poi in disco.

Mentre sorseggiavamo una margarita fruit alla fragola mi raccontò di una bionda che aveva conosciuto due giorni prima in disco. Sembrava una bomba e se n’era subito invaghito. Sembrava una delle tante fiamme, la solita modella o cubista stupenda tutta fisico e poco cervello. Io non avevo avuto il piacere di vederla perché quella sera ero rimasta a casa a scrivere per il giornale. Ale, che mi riferiva subito delle conquiste di Fily, mi aveva detto che era sì molto bella e molto aggraziata, ma mi aveva anche rassicurata.

-         Non ti preoccupare, non c’è nulla da temere come al solito, al massimo ci finirà a letto una sera, ma finirà come al solito- a me però non dava questa sensazione.

Filippo era diventato un mio grande amico e come mia grande qualità ero i grado di far confessare e sfogare tutti. Per lui ero come una sorellina minore e dunque mi parlava di tute le donne che incontrava e che sembravano catturarlo.ma come diceva una canzone degli Articolo 31 le sue ragazze avevano tanti pregi “Francesca non si trovava, Giulia era brava, Gianna faceva l’amore” ma avevano anche tanti difetti. E le sue storielle finivano presto con mio grande piacere.

Ma questa nuova fiamma, Cherish si chiamava, sembrava diversa delle altre, sembrava insuperabile, come una Dea, la Dea Venere.

-         Ci sei stato solo una notte!- gli dissi sperando ancora, come solo i folli fanno:- come fai a giudicarla?-

Si oscurò in volto, probabilmente perché aveva notato il mio turbamento:- lo capisco da una donna come sono le donne!!-

“Il solito presuntuoso” pensai:- Ne sei sicuro?- ribattei sempre più seccata dalla sua presunzione e ingenuità.

Non rispose ma disse:- Che ti prende?- e si avvicinò un poco con il bacino. – Mi sembri un po’ acida stasera-

-         No- dissi cercando di non farlo insospettire, si sarebbe divertito di più a farmi soffrire, come fanno tutti gli uomini:- sono solo un po’ stanca. Andiamo in disco allora?-non che avessi voglia di ballare, anzi, ero stanca dagli allenamenti ma non volevo più stargli davanti mentre adulava questa Dea.

-         Ti porto alla discoteca dove l’ ho incontrata, così la vedi- non risposi. Ogni risposta l’avrebbe presa male. Ma non era solo quello il motivo.sentivo un groppo alla gola e le lacrime agli occhi e una orribile sensazione nel cuore.

La disco non era lontana dal pub così ce la facemmo a piedi. Mi tenne la mano per tutto il tempo. Poteva sembrare un gesto affettuoso ma data la circostanza ero convinta che lo faceva per dirmi di non stare giù, che in fondo lui mi voleva bene ma preferivo un corpo più sexy e non muscoloso, quasi maschile. Capiva il mio turbamento. Se non lo conoscessi bene avrei preso quel gesto come qualcosa di molto dolce, quasi volesse ancora provarci con me. Ma secondo un mio parere era più per allontanare gli sguardi delle ragazzine che passavano vicino a noi e lo guardavano maliziosamente.

Non parlammo. Io tenevo la testa bassa immersa nelle mie riflessioni e nella mia tristezza, lui invece aveva la testa alta e sembrava cercare la sua biondona in mezo a tutte le teste. Due cose completamente diverse eravamo, se non fosse stato per le mani che ci legavano. Sembravamo la fierezza e la depressione.

Finalmente arrivammo a questa famosa discoteca. Cominciammo a ballare subito appena entrati. Mi dette un’altra dimostrazione che listava con me solo per i suoi interessi: ballava con me, attaccatissimo a me, come se fosse il mio ragazzo, mi stringeva a se, cercava di tenermi lontani tutti coloro che si avvicinavano per ballare con me e faceva la stessa cosa con le ragazze (che erano molte di più)e diceva:- Sono con la mia ragazza-. Come lo odiavo quando cercava di fare il carino con me a quella maniera. Ma ero abituata anche a quello purtroppo.

E dire che la prima volta che lo aveva fatto non risaliva neanche  a una settimana prima. Neanche una settimana dopo la prima serata che avevamo passato assieme.

In quell’occasione mi ero convinta che mi volesse bene e che si fosse instaurato qualcosa di forte fra noi due, così mi ero lasciata andare, mi ero avvicinata di più quando mi aveva cinta la vita con le sue forti braccia e mi stringeva forte a se in modo che io potessi sentire il tepore del suo petto.

Stranamente alla fine della serata on trovò nessuna che gli interessasse e tornammo a casa. Ale ed Ele schizzarono in casa con la solita scusa lasciandomi sola con lui. Quanto dovevo alle mie amiche. Nella buona e nella cattiva sorte. Rimasi sola con lui. Volevo almeno baciarlo, ero completamente cotta. Dovevo essere rossa come un pomodoro. Ma al contrario lui era freddo. Come se niente fosse successo. Aveva il solito sguardo da ragazzino furbo e allegro.

-         Ci vediamo domani. Ciao piccola- e mi dette un bacino sulla guancia e se ne andò lasciandomi sola al freddo del tardo Ottobre. E non era l’unico freddo.

Io ero innamorata persa, lui era freddo e del tutto indifferente.

Salì i casa. Elena e Alessandra erano nel salotto cucina a chiacchierare di non so bene cosa, mi sembrava di non sentirle. Appena mi sentirono arrivare mi corsero in contro speranzose di sapere buone notizie. Ma non fu così. Avevano il volto talmente ridente e speranzoso che non riuscì a spiegare niente e scoppiai a piangere.. subito il loro sorriso si spense. Si guardarono in faccia per chiedersi cosa fosse successo ma un attimo dopo erano a coccolarmi.

-         Non è il tipo per te quello, gli interessa soltanto la f…-

-         Lascialo perdere, non è per te- inutile dire che ogni loro sforzo era inutile benché gli fossi grata ma in quel momento niente poteva consolarmi. Mentre sorseggiavo il the che mi avevano preparato pensavo a una canzone degli 883, s’intitolava “Come deve andare” e c’era un pezzo dove diceva “ del ghiaccio che dal chiodo era entrato in profondità nel mo orgoglio ferito” e quello era stato quello che mi aveva fatto Filippo. Molti maschi mi avevano umiliata e ferita ma lui veramente aveva toccato il fondo. Piano piano la tristezza andava via e si faceva pargola rabbia e la sete di..vendetta!! ma ancora quel sentimento era nascosto nel mio cuore, chiuso ma non sigillato. Ancora non riuscivo a vederlo come uno stronzo ma ci mancava molto poco. La gente poteva dire tutto quello che voleva su di me ma umiliarmi e ferirmi nell’orgoglio e nella dignità, quello MAI!!!

Il passo decisivo avvenne quella sera dove lui volle presentarmi la sua nuova fiamma. Stavamo ballando al solito con la metodologia di cui ho già parlato. Passammo così buona parte della serata finché una bionda altissima e quasi del tutto anoressica salì sul cubo e cominciò a ballare. Filippo si bloccò di botto e sul suo volto si dipinse un’espressione più felice e deliziata come mai gliel’avevo vista. Nemmeno quando aveva vinto la Coppa aveva un’espressione del genere.

-         Guarda Silvy - mi disse pensando che non mi fossi accorta del nuovo arrivo:- Non è la creatura più bella e aggraziata che si sia mai vista al mondo?- “A me sembra un insetto stecco con una parrucca di fieno in testa” pensai ma non ebbi il coraggio di dirlo. La mia incoscienza mi aveva tenuta viva una piccola speranza di poterlo avere e dunque non dovevo fare passi falsi per perderlo. Non risposi alla sua affermazione ma dissi:- Mi sembri un sedicenne alla prima cotta- ma non calcolò questa mia battuta, era talmente immerso nell’ammirazione di quella Dea che neanche lo sfiorava il mio turbamento. In più vedevo nei suoi occhi dipingersi quella scintilla erotica che riservava a tutte le ragazze che gl’interessavano e che aveva riserbato anche per me la primissima sera che ci eravamo conosciuti.

Continuammo a ballare seguendo i passi della ragazza. Lui oltre che seguirla sembrava divorarla con lo sguardo. Io cominciavo a stancarmi. Non mi piaceva ballare troppo a lungo ma lui aveva la benzina, o meglio, il carburante!! Mi ero stancata di quella situazione e sapevo che andando avanti avrei sofferto. E anche tanto.

-         Goditi la serata. Torno a casa- gli dissi staccandomi. Non sentendo più il mio corpo attaccato al suo si distolse dalla cubista e mi guardò dritto in faccia

-         Che hai piccolina?-

-         Niente, sono stanca e stufa. Voglio tornare a casa-

-         Aspetta ancora un attimo ha quasi finito il turno- eccolo la il maiale. Aveva qualcosa in mente che ancora mi avrebbe ferita. Io non volevo che ciò accadesse ancora, avevo già preso troppe cantonate.

-         A che ti servo? E’ praticamente tua! Non hai bisogno di me stavolta, te la sei già portata a letto e domani io ho da fare-

Avevo esagerato. La rabbia aveva preso il sopravvento e ora aveva capito che ero gelosa, o per lo meno turbata benché un uomo fa molta fatica a capire i sentimento di una dona. Sta comunque di fatto che mi guardò ancora una volta sconcertato e mi chiese:- Ma perché non mi dici cosa c’e che non va? Fra noi due non c’è mai u segreto! Non voglio fare nulla di male voglio solo presentartela così vedi che tipo di ragazza sia!- “certo” pensai “ così dirai che sono la tua ragazza e a lei piacerà di più il fatto che il tuo sarà un tradimento. Quanto mi fai schifo” gliele avrei sputate in faccia queste parole mostrandoli tutto lo schifo e la vergogna che avevo per lui da due settimane. E al diavolo la speranza di conquistarlo. In quel momento non mi interessava più niente. Ma non riuscivo, non riuscivo proprio a gridargli in faccia tutta la mia rabbia e piantarlo li. Lo amavo troppo e al solo pensiero di perderlo mi veniva da piangere.

Cherish finì il turno. – Dai solo un attimo poi ti riaccompagno a casa ok piccola?- non risposi. Mi strinsi a lui ma sapevo che non avrebbe capito il mio messaggio. Lasciai che mi portasse dalla sua fiamma bionda trascinandomi per una mano.la ragazza era appena uscita dal camerino. Filippo aveva l’aria più inebetita che gli avessi mai visto alla sola vista di quella “stupenda creatura”.

Vederla da così vicino sembrava ancora più alta, forse poco più di Filippo. Magra come un chiodo, le gambe sottile ma un poco muscolose per via delle ore di ballo.

Non era bionda naturale, le si vedevano le striature nere sotto l’oro, ma non solo quello. Aveva le sopraciglia e gli occhi scuri. Così scuri che pareva avvolgere chi la guardava. Aveva due labbra rosse molto grosse e carnose. Doveva essere spagnola o sudamericana. Era veramente bella: lasciava senza fiato e senza speranze.

-         Ciao Cherish- la salutò con voce melliflua il “mio ragazzo”

-         Ehi ciao- le rispose lei con voce pimpante. Si vedeva bene che era felice di vederlo. Ciò contrastava con il mio volto deluso e angosciato. La guardai bene in faccia per studiarla, come solevo fare con tutte le persone nuove che vedevo.

-         Cherish lei è…-

-         Sono Silvana, piacere di conoscerti- avevo concluso porgendo la mia mano. Ci guardammo bene in faccia.

-         E’…è la mia ragazza – precisò Filippo imbarazzato da quella mia presa di potere. Negli occhi della ragazza si dipinse una scintilla ostile alla quale risposi con lo stesso sguardo. In quel momento si potevano vedere i lampi fra noi due. Io piccola, mora e non bellissima, lei alta, bionda e stupenda. Il Sole e la Luna. Questo potevamo sembrare. L’espressione del suo volto cambiò quando mi guardò bene da cime a fondo. Sembrava che dicesse “ ma guarda a te che bambina si è andato a cercare. Ecco perché la tradisce, non gliela darà mai per non andare contro i buoni principi che mammina le ha insegnato”. Stupida gallina!

-         Il piacere è tutto mio Silvana- mi rispose dopo una lunga pausa. Credeva che io non vedessi la sua falsità, ma quanto si sbagliava. Strinsi forte la sua manina delicata e pulita con la mia stretta virile dovuta a 15 anni di sport. Volevo farle ben intendere con chi aveva a che fare.

-         Allora, vuoi che ti accompagno a casa?- le chiese Filippo

-         Per me non c’e problema- le sorrise lei sciogliendo la nostra stretta di mano, forse indolenzita dalla pressione che avevo esercitato io sulla sua:- se non è un problema per la tua ragazza…- e mi guardò con aria di sfida ma anche di presunzione. Tipico delle modelle. Ma volevo stare al gioco. Ancora un po’. Solo per illuderli.

-         Io non ho problemi- risposi.

Sorrise compiaciuta. Lurida donna di strada. Aspetta di avermi davanti da sola, senza il tuo bel cavaliere e poi vediamo chi delle due è la perdente.

-         Molto bene, vado a cambiarmi e torno subito- e ammiccò a Filippo che capì al volo. Se ne andò volatilizzandosi nel camerino. Il ragazzo si voltò verso di me

-         Grazie piccola, grazie mille, sei stata grande- non gli risposi.mi sentivo sporca. E delusa. Avrei dovuto sputare in faccia a tutti e due e andarmene. Invece avevo voluto fare la dura. E invece facevo solo il loro gioco. Forse in condizioni normali lo avrei fatto, me ne sarei andata e li avrei lasciati da soli come volevano. Non avrei risolto molto ma almeno gli avrei fatto vedere che non sono la bambolina stupida e che si lascia usare. Mi credevo una forte, una rivoluzionaria, ma non ero proprio così.

-         Senti quando ti lascerò ti bacerò ma un nulla di che, un bacino così, giusto per ingannarla-

-         Si, si, basta che ti muovi. Io ti aspetto fuori, qua non respiro- ero fredda come una lastra di ghiaccio ma preso com’era dall’idolatrare la sua Cherish non fece caso alle mie reazioni.

Uscì. Si respirava davvero un’altra aria e anche il mio cervello cominciava a ragionare meglio. – Me ne andrei- mormorai fra me e me- ma cosa risolverei se non perderlo per sempre?Dio santo quanto vorrei essere più forte, più convinta…- e intanto in me si risvegliava l’orgoglio sempre più ferito. Tempo fa una mia cara amica mi aveva detto:

-         Ho passato anche io dei brutti momenti, momenti veramente orribili e quando partì per la Spagna ero sull’orlo di una depressione incredibile. Mia madre mi disse “ ora sei arrivata sul fondo della tua sopportazione, non scavare ma torna in cima” e così ora sono davvero felice-. Cominciavo a ragionare sulla situazione. Ero stanca di tutte le scorribande di Filippo e dei suoi racconti che mi portavano via tempo importante. Ora dovevo reagire. Una volta per tutte. Prima di tutto per quella sera non potevo più fare nulla, solo continuare a stare al loro gioco. Ma già cominciavo a prospettare una vendetta che per lo meno avrebbe scosso quel poco di cervello che regnava in Filippo. Una vendetta che lo avrebbe portato a me. Ma come bene si sa. La vendetta, è un piatto che va gustato…FREDDO!

Arrivarono i due piccioncini. Ridevano come due ragazzini delle medie. Forse lo erano.

-         Ciao ‘more, andiamo?- mi disse il ragazzo dandomi un bacio sulla guancia. Odiavo quando qualcuno mi chiama “amore” e non è veramente il mio ragazzo.”almeno questo per favore…almeno questo”pensavo dentro di me.

Salimmo in macchina. Loro due davanti e io dietro, come un cane. Facevano battute stupide e ridevano. A me non smuovevano neanche quel poco di umorismo che mi rimaneva. Cominciarono a parlare in spagnolo ma non ne capì bene il motivo. Lo capì un attimo dopo. Cherish pensava che fossi una bambina con il quoziente intellettivo di una poppante e di sicuro non le sfiorava l’idea che girando il mondo io potessi sapere correttamente cinque lingue, tanto che disse:- la tua tipa è proprio uno zombie: non ride e non fa battute..ma come fai a starci insieme?- aspettai la risposta di Filippo che come da copione non mi difese e rispose:- Sai, i suoi genitori sono molto affezionati a me, se le spezzassi il cuore non me lo perdonerebbero, e poi poverina, è così indifesa- e risero a crepa pelle. Come se fossero sotto l’effetto di un gas esilarante. Patetici! Decisi che era il momento di agire.

-         Sarò anche una bambina zombie di buoni principi- dissi nel perfetto spagnolo che sapevo io- ma almeno le cose so dirle in faccia alle persone senza rifugiarmi in lingue che magari non sono sconosciute al mio interlocutore. Solo i falsi e le carogne utilizzano questo metodo.in più sei anche ignorante perché non ti sei nemmeno accertata che una componente del Team Ferrari possa sapere perfettamente queste lingue- rimasero di sasso. Piombò il silenzio e io mi godevo la prima soddisfazione: se non altro avevo giocato sul fattore sorpresa. Il ragazzo girò la testa u attimo per rivolgermi uno sguardo di ammonimento ma non gli badai. Poteva fare tutto quello che voleva, ma non umiliarmi a quella maniera. L’educazione è una cosa importante, ma la gente ignorante come loro non ne sapeva neanche il significato. Io ero molto più in alto di loro, la mia educazione e la mia cultura mi elevavano.

Arrivammo a casa mia. Scesi dalla macchina e lui mi seguì. Cherish aspettava in macchina e ci guardava dal finestrino chiuso della macchina. Dal suo sguardo si capiva che era schifata e furiosa per il mio comportamento. Povera Principessa, la sguattera non aveva fatto quello che lei voleva.come ero contenta solo di quel pensiero, l’avevo disgustata, ora poteva almeno capire che non era una bambolotta che seguiva il suo focoso ragazzo con tanto di corna senza dir nulla.

-         Ma che ti prende?- mi chiese deluso Filippo. Lo guardai irritata.

-         Va bene tutto, ma l’educazione no! Ti seguo in tutto ma almeno abbi un po’ di rispetto! Ho un cuore e dei sentimenti, non sono una bambola senza sentimenti come vorresti tu. Vedi almeno di trattarmi da essere umano è già tanto che ti assecondo nelle tue scappatelle fingendomi la tua ragazza per farti un piacere. Ora lasciami in pace, va a divertirti, la tua leonessa ti aspetta-

Mi scrutò. Aveva un’espressione fra il preoccupato e il sospettoso.

-         Se non ti conoscessi direi che sei gelosa-

-         Tu non mi conosci come non conosci niente di niente delle donne- ero un ice-berg. La rabbia che montava sempre più velocemente. Lui invece era anche fin troppo caldo nei miei confronti ma probabilmente perché si stava già preparando alla nottata.

-         Buona notte. Dormi bene piccolina- gli porsi la guancia come al solito. Non avevo nessuna intenzione di fare come mi aveva detto in discoteca.ma lui mi prese il volto e lo rivolse alle sue labbra. Non fu proprio un bacio ma fu molto dolce. Automaticamente lo abbracciai. Ma non potevo andare oltre. Mi staccai da lui

-         Divertiti- gli dissi fredda come prima nonostante il bacio. Salì in casa mia senza voltarmi indietro. Sentivo il cuore battermi forte ma il cervello cominciava a risvegliarsi dal torpore in cui era, avvolto dai fumi dell’amore. Sentivo che non mi interessava più niente. Sentivo di nona mare più davvero Filippo ma volevo una vendetta. Più mi allontanavo da lui che continuava a fissarmi più il cuore riacquistava i battiti cardiaci normali. Orgoglio e Ragione si erano risvegliati e stavano scacciando Amore. Ora dovevo macchinare per bene la vendetta. Conquistarlo per gioco, per fargli vedere a lui e a quell’altra donnicciola, chi ero davvero. Volevo fare come Mirandolina, la Locandiera di Goldoni.

Entrai in casa e mi catapultai in camera da letto. Le mie due amiche dormivano già da tempo. Erano circa le 3 del mattino. Frugai nella biblioteca personale fino a trovare la commedia. La trovai. Mi andai a fare una veloce doccia mentre sfogliavo rapidamente i miei ricordi riguardo l’illuminismo e Goldoni, ricercavo gl’insegnamenti di Mirandolina e cercavo di apprenderli.

Mi stesi sul letto e lessi per la terza volta la commedia. Fatto strano: era ambientata a Firenze. Chissà come sarebbe contento Goldoni di sapere che le sue opere erano utili anche nel 2004 a distanza di 300 anni dalla loro nascita. Lessi tutta la notte, senza mai chiudere occhio perché tanto sonno non ne avevo, mi ero risvegliata dal sonno dell’amore, ora la ragione mi teneva sveglia e lucida. Ammiravo quella donna così forte, così potente, così…donna!! Non erano insegnamenti difficile ma per imparare al meglio dovevo fare di più. Verso le cinque e mezza Ale si svegliò per via della luce che tenevo accesa sul comodino. Mezza assonnata mi chiese:- Ma che fai??- e ripiombò a dormire prima ancora che io dicessi:- Vado a fare teatro all’Università: la Locandiera di Goldoni-

 

 

La compagnia esisteva di già ma da quel che avevo sentito non era granché e cercavano buoni attori dato che il ricavato delle opere andava  ai fondi dell’Università. Mi presentai nel piccolo teatro puntuale: i registi ne furono subito contenti. Un buon attore arriva sempre puntuale.

Non avevo fatto prove di recitazione e quella era la prima compagnia dove avrei provato, ma con la rabbia e il disprezzo che avevo nell’animo avrei sicuramente fatto bella figura. Ormai la parte della Locandiera la sapevo a memoria. C’era già chi la interpretava ma volevo comunque provare.

Mi concentrai. Ero una borghese del 1700. amavo l’oro la bellezza e l’adulazione. Ero molto femminista. Ero una padrona. Cominciai:

-         Uh che mai ha detto! L’eccellentissimo signor marchese Arsura mi sposerebbe? Eppure se mi volesse sposare, vi sarebbe una piccola difficoltà: io non lo vorrei. Mi piace l’arrosto ma del fumo non so che farmene. Se avessi sposato tutti quelli che hanno detto volermi sposare, oh, avrei pure tanti mariti! Quanti arrivano a questa locanda tutti di me s’innamorano, tutti mi fanno i cascamorti, e tanti e tanti mi esibiscono di sposarmi a dirittura. E questo signor cavaliere, rustico come un orso, mi tratta si bruscamente? Questo è il primo forestiero capitato alla mia locanda, il quale non abbia avuto piacere di trattare con me. Non dico tutti in un salto s’abbiano a innamorare ma disprezzarmi così? E’ una cosa che muove la bile terribilmente. E’ nemico delle donne? Non le può vedere? Povero Pazzo! Non avrà ancora trovato quella che sappia fare. Ma la troverà. La troverà. E chi sa che non l’abbia trovata? Con questi per l’appunto mi ci metto di picca! Quei che mi corron dietro presto presto mi annoiano. La nobiltà non fa per me. La ricchezza la stimo e non la stimo. Tutto il mio piacere sta nel vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne. Tratto con tutti, ma non mi innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature di amanti spasimanti, e voglio usar l’arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che sono nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura-

Mi ero così immedesimata nella parte che avevo la sensazione di vedere le pareti di una vecchia locanda del ‘700 intorno a me, tutte incrostate dall’umidità. Mi sembrava addirittura di sentire sulla pelle l’umidità delle locande antiche prive di riscaldamento e con le mura di terracotta. Avevo appena finito la recitazione. C’era un silenzio di tomba. I capi della compagnia non avevano fiatato. Come se non respirassero,. Tutto era immobile. Come se si fosse fermato il tempo. I registi sembravano di pietra. A un certo punto un applauso.poi due. Poi tre. Poi sembrò di essere in uno stadio enorme tanti furono gli applausi che mi giunsero alle orecchie. Erano solo in sei.

Capì subito che avevo avuto successo. Capì che la prima battaglia era vinta. Un passo verso la vetta era compiuto. Capì di avere ottenuto la parte ancora prima che il regista principale dell’opera dicesse :- Va bene Silvana,la parte è tua. Miranda andrà a fare Dejanira-

 

 

 

Le prove erano al pomeriggio per due volte a settimana per due ore. La recita sarebbe stata alla vigilia di Natale, ovvero a distanza di un mese dal mio arrivo in compagnia. Ciò voleva dire un altro impegno che mi avrebbe tagliato ancora di più dalle relazioni sociali con le mie amiche e Filippo. Avevo chiesto un permesso alla Ferrari nei giorni delle prove e dati i risultati con i cavalli e le macchine me lo concessero senza troppi problemi.

La recita non era il solo impegno imminente, ormai cominciava a prospettarsi il primo esame, poi non c’era da trascurare l’impegno con la Fiorentina e gli allenamenti che si facevano sempre più duri data la discreta posizione in classifica, in più le gare per la Ferrari che praticamente mi prendevano tutti i week-end, in più le consegne per il giornale, ora facevo sia cronaca sportiva della Fiorentina maschile e femminile che commenti a film, opere teatrali e opere liriche. Una persona sarebbe morta nel giro di pochi mesi. Ma io avevo una cosa che mi teneva in piedi e che mi dava la carica, che mi manteneva carica e grintosa come Giovanna D’Arco contro l’Inghilterra: la rabbia e l’orgoglio. E con queste caratteristiche ero sempre più competitiva.

Filippo e la sua neo-fidanzata, la bionda Cherish, li vedevo molto poco. Un po’ per gli impegni ma anche perché non ne avevo voglia. Lo vedevo all’Università dove stavamo sempre vicini e parlavamo di tutto, oppure lo vedevo a cena e poi con qualsiasi scusa me ne andavo e lasciavo andare Ale ed Ele che poi mi raccontavano tutto quello che era successo.

Non volevo vederli insieme, non volevo vedere quell’insetto stecco anoressico ballare e prendersi gli sguardi erotici di Fily, non volevo vederli baciarsi teneramente mentre io bevevo a stento un drink. Mi facevano male, e per la mia vendetta dovevo essere lucida, più che lucida.

Un pomeriggio ero al maneggio, stavo montando un cavallo nuovo ma mentre lavoravo intravidi una figura alta e biondissima. Non mi fu difficile capire chi fosse, ma mi chiesi che cosa volesse. Alla fine del pomeriggio di cavallo dissellai i tre cavalli. La bionda non si era mossa malgrado fossi stata in sella ben tre ore. Mi raggiunse nei box dove stavo mettendo via i cavalli. Sembrava molto a disagio in quell’ambiente, ricordava molto quelle donne che si vedono nei film che troppo educate alla nobiltà si schifano di scendere nei bassi fondi, e quando sono costrette a farlo guardano tutti come se stessero facendo un favore a guardare certa gente non all’altezza del loro sguardo.

-         Ciao Silvana- mi salutò porgendomi la sua mano sempre bianca e pulita. La squadrai quella manina perfetta prima di stringerla quasi con gusto con la mia sporca e ben poco femminile. Fui ancora più soddisfatta nel vedere il suo sguardo dopo la mia stretta: un’espressione schifata nel guardare la sua mano violata dalla mia.

-         Ciao Cherish, dimmi pure- le dissi guardandola bene in faccia. Sembrava ancora imbarazzata

-         Senti…io..ti devo parlare…puoi?-

La studiai ancora bene. Sembrava davvero molto a disagio eppure era più alta e più grande di me. Forse era questo a darle quell’imbarazzo.Rientrai in un box dove c’era la mia cavalla più forte, la legai a una longhina, e la tirai fuori. Avevo capito che voleva parlarmi in privato, era già tanto farlo se poi era costretta a stare in quella stalla…

Uscimmo dai boxe camminammo per un po’ dopo i campi ostacoli fino alla distesa verde dove pascolavano i cavalli.

_ Allora Cherish, dimmi pure- debuttai rompendo quel silenzio quasi imbarazzante che c’era fra noi due. Era ancora molto impacciata, quasi non sapesse come fare a dirmi alcune cose.

-         Senti…io e Filippo è quasi un mese che usciamo, io con lui sto davvero da Dio e credo che anche lui stia bene con me. Ma sai, ci sono delle volte, soprattutto quando non vieni per niente con noi la sera, che non fa altro che parlare di te, quando te ne vai ti segue con lo sguardo e quando andiamo in discoteca o al pub e aspetta sempre che tu entra da un momento all’altro. Inoltre parla molto di te…anche..in momenti molto ….intimi…!-

“Accidenti” pensai sbalordita da questa confessione “ha la dona che più desidera al mondo e cerca me? Allora ho ancora qualche possibilità di conquistarlo. Stavo studiando una vendetta e sto ottenendo lo stesso risultato senza fare nulla ma soprattutto..senza pensarci!”

- A volte non completiamo neanche- continuava la bionda senza badare alla mia espressione di sbigottimento – a volte si blocca, si siede sul letto, si riempie un bicchiere di champagne e comincia a parlare di te e così continua fino a che non crolla o non crollo prima io annoiata da tutto quel parlare- mi guardò in faccia. nascosi appena in tempo l’espressione divertita che avevo sul volto per rispondere al suo sguardo. – So che penserai cosa ci faccio qui da te a dirti certe cose, ma il mio è un appello che ti faccio: per favore, si sta distruggendo, non riesce a stare con tutte e due, per favore….lascialo! E’ troppo grande per te…lo sai…gli faresti solo mal a restare ancora con lui..per favore!-

 “ Ma che razza di discorso è? Non sta in piedi neanche con le stampelle!” la guardai bene in faccia

-         Ascolta me: se lui mi cerca vuol dire che con me sta bene e che quella che si deve togliere di torno sei, e non io! Che senso avrebbe se lo lasciassi io visto che da quando non mi faccio vedere sta male! Il tuo ragionamento non regge!!-

-         Ma esce con me- rispose lei come se le avessi recato un insulto orribile. Che donna stupida..ignorante..e molto presuntuosa.

-         Non conosce i suoi veri sentimenti. E’ adulto ma la sua mente è ancora quella di un ragazzino, non riesce ancora a capire cosa vuole realmente. Facciamo così- conclusi vedendo la sua espressione disgustata sul volto:- io oggi verrò con voi a mangiare e poi in discoteca. Vedremo là chi vuole lui. Chi perde lascia il campo libero, ci stai?- guardai bene la sua espressione di sfida e trionfante. Donnetta! Ignorante, arrogante, presuntuosa! Credeva già di aver vinto di già. Illusa!! Quanto poco sai della vita. Non risposi al suo sguardo. Volevo farle capire che aveva ragione lei, così la vendetta sarebbe stata più…dolce!

La seguì mentre se ne andava sempre scodinzolando come un barboncino rosa, ancora avevo in mente la immagine della nobile che scende nei bassi fondi perché costretta e vuol fare capire a tutti quanto le fa schifo quel mondo.

Era una situazione da ‘500, o ‘700 dove nobiltà e borghesia erano in lotta per ottenere il potere. Io la povera borghese di campagna con pochi soldi e ignorante, lei la bella e intrigante nobiltà che aveva sempre la vittoria in pugno. Al liceo avevo studiato Defoe e la sua “Moll Flanders” che non so se è molto conosciuto, ma chi non conoscesse la trama ma questo libro è molto simile a quella grande opera dello scrittore Illuminista Inglese. E’ la storia di una ragazza povera che dalla miseria più totale tramite anche mezzi poco convenevoli riesce a diventare potente, una donna ricca. L’insegnamento di questo libro è che una persona può anche essere nata in brutte condizioni e non può avere colpe, ma se utilizza la ragione può essere migliore di chi è stato più fortunato. Io sono donna, appartenente alla media-borghesia, razionale. Immaginate il seguito.

 

 

 

-         Una sfida? Lo sai che non puoi competere con Cherish- mi disse Ale mentre mangiavamo, una delle poche volte che non andavamo a mangiare al ristorante e stavamo noi tre da sole.

-         Lo dici tu. E’ vero che Filippo mi cerca?-

-         Eh si, sembra che non abbia altro pensiero che te quando siamo al pub o in disco-

-         Poi parla molto di quello che fai e che hai fatto- puntualizzò Elena. A questa dichiarazione alzai le spalle e sorrisi compiaciuta

-         Dunque non darei per scontata la sconfitta-

-         Ma sarete faccia afaccia- esclamò esasperata Alessandra. – Insomma, senza offesa, ma è come dire la Bella e la Bestia!!- sbuffai

-         Mi sembri Cherish. Non ci arrivi che a questo punto non conta più la bellezza esteriore ma quello che realmente prova lui per me??- la mia amica mi guardò un poco confusa. Elena invece pareva aver capito anche se aveva ancora dei punti oscuri. Alzai gli occhi al cielo:

-         Vedrete tutto in scena, non è il caso di spiegarvelo, è un discorso un po’ lungo da fare e difficile da capire ancora così a parole- tacquero convinte delle mie capacità e del mio piano. Poi andammo a cambiarci per uscire.

Mi misi il vestito più brutto del mio armadio. Non sgraziato e mal messo ma solo il meno elegante, sicuramente inferiore quello che poteva avere Cherish. Le mie amiche mi dettero un’altra prova di non aver capito i miei piani. Alessandra continuava a scuotere la testa, incapace di rivolgere un altro commento consapevole che sarebbe stato vano. Elena invece continuò la sua battaglia:- Ma sei matta? Dovresti metterti il vestito migliore, ma proprio quello che ti è costato di più sexy che hai! Non di certo il più brutto!-

-         Uff- sbuffai:- Donne di poca fede! Mi lasciate fare e vi mettete un tappo in bocca?- alzarono le spalle dopo uno sguardo sbalordito fra di loro e non dissero più nulla.

 

 

Finalmente arrivammo in discoteca. Filippo e Cherish ci stavano aspettando davanti alla discoteca. La ragazza nel vedermi sorrise e le si disegnò sul volto una chiara espressione di vittoria guardando il mio vestito. Risposi al suo sguardo con sufficienza. Lo sguardo di Filippo invece fu molto più interessante: uno sguardo diverso dal solito. Non so ancora ora come descriverlo bene, ma era felice, una felicità strana, pura direi, molto diversa dalla felicità dei calciatori alla vittoria di una Coppa importante, una felicità diversa da quando si firma un contratto che può dare tante soddisfazioni o quando si riesce a laurearsi con il massimo dei voti. Era una felicità di chi ottiene il massimo della soddisfazione possibile e immaginabile. Uno sguardo che per me significava una cosa molto importante: era un passo verso la vittoria.

-         Ciao Fily- lo salutai con un sorriso acceso. Totalmente diverso il saluto che rivolsi alla bionda spagnola:- Cherish-

-         Ciao Silvana- rispose tutta raggiante la ragazza. Filippo ricambiò anche lui il saluto ma aveva una voce così diversa.. Entrammo in discoteca e dopo un drink per riscaldarci cominciammo a ballare. Io e Cherish vicine a Filippo per dare inizio alla sfida, lui ben contento di trovarsi in mezzo. Cherish era come al solito volgare e provocante, io invece come sapevo senza modificare un passo.

Come tutti i maschi Filippo all’inizio andò da Cherish che aumentava la sua danza erotica certa del successo che si avvicinava sempre di più ma quando invece il ragazzo venne da me dopo neanche cinque minuti che stava con lei, la sua espressione cambiò del tutto. Si avvicinava sempre di più al me e sentivo già il calore del suo corpo ancora prima che lui mi strinse forte a se. Ma non era un abbraccio come al solito, quando ballavamo vicini mentre lui cercava qualcuna di molto attraente; in quei momenti era sempre un po’ distaccato nel suo abbraccio intento a cercare quello che desiderava, ma stavolta era molto caldo e dolce, come volesse avermi sua e solo sua, fra le sue forti braccia.

Arrivò il turno di lavoro di Cherish. Si allontanò da noi con aria seccata e un poco delusa, ma ancora nei suoi occhi scuri e profondi c’era una scintilla di sfida e di speranza. Credeva di riottenere Filippo ballando sul cubo, così come lo aveva conquistato un mese prima. Ma lui non la degnò neanche di uno sguardo, quasi si fosse dimenticato di lei, lui ballava con me e basta. Guardai Ale e Ele vicine a me. Ballavano con altri due ragazzi molto belli ma guardavano anche cosa stessi facendo io. Le guardai vittoriosa e loro alzarono un pugno fingendo un passo e così feci anche io. Stavo vincendo, una delle battaglie più difficile la stavo vincendo io ma la cosa più straordinaria era che avevo fatto tutto inconsciamente, solo all’ultimo avevo applicato l’intelligenza che era servita come colpo di grazia. Il mio piano era diverso ma ero contenta di più così. Mirandolina non avrebbe fatto di meglio. Moll Flanders anche. Solo con la mia forza di volontà e la ragione avevo raggiunto quel risultato. Quasi non ci speravo più. Una vittoria del genere valeva mille GP e Coppe del Mondo.

La serata finì. Cherish era molto seccata. Filippo non le dava retta per niente, la teneva per mano ma era molto distaccato da lei, guardava e sorrideva a me.

Ci accompagnò a casa. Stranamente accompagnò prima Cherish, cosa che in genere faceva solo dopo aver accompagnato noi. I due “fidanzati”scesero e noi aspettammo in macchina. Negli occhi della spagnola il fuoco.

-         Sei stata perfetta Silvy!- si complimentò Alessandra.

-         Tattica perfetta..ora è tuo- ammiccò Elena.

-         Uhm..no..non credo..almeno non ancora del tutto- feci l’occhiolino alle mie due amiche:- Abbassa il finestrino Ele..sentiamo come cinguettano i passerotti-

-         Sei uno stronzo - ringhiò la bionda focosa:- Non mi hai guardato per niente stasera….sei sempre stato dietro quella…quella…sguattera vestita da zingara e scardinata come un….un..un…comodino- era fuori di sé. I biondi e finti capelli erano spettinati, gli occhi furenti, ogni muscolo era teso. Sembrava una leonessa da circo. A tutte e tre scappò una risatina che fu presto repressa per non farci scoprire.

-         Amore calmati- cercò di placarla il mio tesoro:- Non la vedo mai e mi sembra molto giù in questi giorni…insomma…è la mia ragazza, non posso sempre starti dietro, non voglio distruggerla così….è così giovane!-

-         ME NE SBATTO DELLA SUA ETA E DEI SUOI SENTIMENTI! NON VOGLIO CHE TU LE STIA COSI APPICICCATO, MOLLALA SE MI AMI DAVVERO- sembrava una di quelle scene di Beautifull, o di Vivere. Una cosa comica insomma.

-         Ora smettila! Sembri una ragazzina gelosa. Ricomponiti. Ci vediamo domani. Buona notte. E rifletti su ciò che dici- era freddo come non lo avevo mai visto con quella ragazza. La baciò velocemente e si congedarono. Lei ci fissò schifata da quell’affronto che le era stato fatto da u semplice omuncolo da stadio. Io Ale e Ele non riuscivamo più a trattenerci nel vederla così furiosa e incrociammo il suo sguardo furioso con una chiara nota di superiorità e di vittoria alla quale rispose con uno sguardo ancora più furioso che scompose ancora di più la sua figura fino ad allora impeccabile. “ Prendi e impara sgualdrina” pensai rispondendo ancora una volta al suo sguardo sempre più sprezzante nei miei confronti. Sembrava che si stesse gonfiando.

-         Vieni davanti Silvy?- mi chiese il mio amico.

-         Va bene Fily- risposi rispondendo agli occhiolini delle mie due fedelissime amiche. Non parlammo durante il tragitto fino alla nostra casa. Una volta arrivate Ale ed Ele schizzarono in casa con la solita scusa per lasciarci da soli, sperando in una buona fine di quella serata. Cos’ restammo soli come la prima volta che mi aveva spezzato il cuore. Ma ora era una situazione molto diversa da allora. Mi prese le mani. Erano calde. Più calde del solito.

-         Mi sei mancata tanto in questi giorni. Vorrei tanto stare più tempo con te- disse. Ebbi la sensazione che si avvicinasse troppo a me. Ma non mi dava fastidio. Anzi. Mi sentivo protetta, e più forte, vincente.

-         Per ora non è possibile- non avevo ancora finito il mio dovere:- lo sai che il mese prossimo abbiamo l’esame?-

-         Si lo so- sospirò – sono molto indietro-

-         Vuoi che ti dia una mano?- “Carpe Diem” ripensando a una poesia latina studiata al liceo.ottenni l’effetto che volevo. Si accese in volto

-         Te ne sarei più che grato- gli sorrisi

-         Allora quando puoi ci vediamo-

-         Io sono libero anche domani-

-         Va benissimo anche a me. Ci vediamo alle sei quando finisco teatro? Va bene?-

-         Va benissimo, mi verresti a prendere all’aeroporto?-

-         Certamente. Allora…a domani- allungai il volto verso la sua guancia ma lui invece lo deviò sulle sue labbra. Un bacio semplice, ma bellissimo

-         Buona notte e sogni d’oro piccola- mi sussurrò dolcemente. Era così..diverso…così..dolce! e se ne andò. Riluttante. Lo seguì mentre si allontanava. Lo seguì mentre si allontanava. Sorrisi. Questa se che è una grande vittoria!

 

 

 

Ale ed Ele non la finivano più di congratularsi con me. Rivedevo tutto quello che era successo in quelle ore così come facevo quando tornavo da partite belle mentre attraversavo a tutto gas la strada da Firenze all’aeroporto. Mi sembrava di aver vinto i Mondiali e avevo come la sensazione di sentire nelle orecchie i titoli dei giornali proprio come quando vincevo o mettevo in mostra le mie doti: “ La giovane calciatrice, nuova promessa della Fiorentina, grande amazzone e pilota della Ferrari conquista Filippo, grande simbolo del calcio milanese” “ Grinta e prepotenza anche in amore: questa ragazza mette in ginocchio tutti” e così via.

E’ così bello sentirsi dominanti e vincitori! Avevo vinto tante gare e partite, avevo tante proposte da tutte le parti, macinavo successi su successi, ma mai un risultato era stato tanto gratificante.

Arrivai all’aeroporto ad aspettare il mio idolo e amico. Non ero molto sexy, ma normale. L’estetica gli colpiva gli ormoni, la semplicità il cuore.

-         Ciao piccola- mi salutò calorosamente:- Come profumi- non avevo messo nessun profumo.

-         Come sei galante Fily- lo provocai

-         Te l’ho mai detto che mi fai impazzire quando mi chiami Fily?- lo guardai con aria interrogativa

-         Davvero?- e risi un poco sarcastica

-         Si..nessuno mi chiama così, solo mio fratello e il mio migliore amico-

-         Pensavo ti deste fastidio- dissi e tirai fuori la lingua dispettosa. Rise

-         Andiamo scimmiotta- e mi spinse dolcemente verso la mia macchina.

Arrivammo a casa sua e cominciammo a studiare subito. Era un tipo molto serio in quello che doveva fare in campo così come sui libri. In genere quando si studia in due, o maschi o femmine, o tutte e due, si fa molto poco. Ma con lui al contrario mi trovai benissimo. Seguiva tutto quello che dicevo senza ribattere, ripeteva bene e ascoltava approfondimenti. Uno studente modello, diciamolo, benché fosse un po’ grandicello per tornare sui libri, ma si sa, la buona volontà se esiste, non ha età.

Continuammo fino alle 20.30. mi accorsi quanta fame avessi.

-         Vieni a mangiare con noi stasera?- mi chiese. Probabilmente aveva molta fame anche lui.

-         Uhm..no…avevo promesso ad Ale ed Ele che avrei cucinato io…mi picchiano se non mantengo la promessa- meglio non approfittare della piccola vittoria, magari non era una vera vittoria quella, forse quella sera era solo stanco e voleva vedermi solo perché gli sono stata molto vicina nelle sue avventure. Dovevo continuare con il mio piano. Il passo più grande era ancora da compiere. Appariva molto deluso ma non ribatté.

-         Possiamo vederci stasera?- tentò ancora.

-         Penso di si ma per poco perché domani ho una gara- troppe delusioni lo avrebbero allontanato ancora da me. Il pollo andava cotto ancora un po’ per essere sicuri della sua bontà.

-         Va bene lo stesso- sembrò un poco sollevato.

-         Ora vado- dissi a spezzare quel piccolo silenzio che stava diventando imbarazzante:- se no davvero quelle due mi picchiano-

Non disse nulla e mi accompagnò alla porta. Sentivo che però mancava qualcosa al nostro incontro. Non so avrei voluto fare qualcosa, anche se non sapevo bene cosa. Sull’uscio mi girò verso di sé e mi strinse forte. Forse era quello quel qualcosa che mancava. Ma no, c’era ancora qualcosa che doveva succedere, ma sentivo che stava arrivando. Mi strinse ancora più forte e fui ancora più a contatto con il suo petto e fui avvolta da una immensa sensazione di calore. Si staccò leggermente da me. Non era finita. Non ancora. Abbassò il volto e mi baciò. Non il solito veloce bacio, una bacio lungo, caldo, dolcissimo. Sembrava serrarmi le labbra con la bocca in modo da essere sempre in contatto con la sua lingua.Avevo l’impressione che tutto quello che c’era fuori non esistesse, solo lui e io. Le sue mani si muovevano veloci sulla mia schiena dandomi una sensazione di infinita tenerezza. Quando ci staccammo mi sentì un poco smarrita. Mi aggrappai al suo abbraccio stringendomi sempre di più.

-         Ora devo andare- toccava a me sbrogliare la situazione ora. Rimasi sorpresa dall’espressione dolce e fraterna che aveva disegnata sul volto. Se davanti alle donne da copertina sembrava un sedicenne alla prima cotta in quel momento sembrava un sedicenne alla prima vera cotta d’amore.

-         Solo ora mi accorgo quanto tu valga per me- sembrava sconsolato, come se avesse fatto un danno irrimediabile.

-         Ci vediamo stasera- non risposi alla sua affermazione. Dovevo ancora rimanere fredda. Non potevo permettermi di lasciarmi andare. Me ne andai e lo lasciai lì da solo sull’uscio della porta.

 

 

-         Ma non credi di esagerare?- mi chiese Ale a cena:- Ormai è cotto..lasciati andare-

-         Perché dovrei? Non è del tutto cotto, se mi lascio andare non durerà a lungo. Devo aspettare ancora u po’.

-         Così lui si stuferà e tu roderai- intervenne Elena. Mi bloccai. Aveva ragione. Dovevo stare attenta.

-         Hai ragione, ma anche ora è troppo presto. Ma ce la farò. Vedrete-

Finimmo di mangiare e uscimmo. Non potevo negare che mi stavo innamorando davvero ancora di più di quanto pensassi ora che ero corrisposta ma dovevo reagire. Avevo la ragione dalla mia parte e dunque dovevo seguire ciò che essa mi suggeriva per poter avere Filippo solo mio.

 

 

 

 

PASSO III 

 

La serata finì presto per me, un po’ perché avevo davvero una gara il giorno dopo un po’ perché non volevo attirarlo troppo a me. Avevo ancora paura che lui mi volesse solo per una serata di fuoco e niente più. Ero ancora molto scettica sull’esito dei fatti.

Mentre uscivo dal ristorante vidi chiara l’espressione del mio amato: era triste, anche sconsolato magari; e si vedeva anche che Cherish era sempre più furiosa. Quello era il mio prossimo passo: fallo mollare con quella bionda fasulla. Avevo già un piano che poi era quello che avrei voluto usare sin dall’inizio, ma ora le cose erano cambiate e la cosa sarebbe stata più lunga. Dovevo far soffrire un po’ e avrei sofferto io stesso, ma il risultato sarebbe stato più che ricompensante.

 

 

L’esame si avvicinava e i miei impegni si moltiplicavano: la Ferrari era molto contenta delle mie prestazioni, sia con i cavalli che con le macchine e incominciavano a intravedersi le priem gare importanti, come le C4 nell’equitazione e l’iscrizione al campionato mondiale Ferrari Challenge e il collaudo delle mitiche macchine di Formula 1 per quel che riguardava le macchine. Nel calcio ero cresciuta tantissimo, avevo già 4 o 5 proposte e una convocazione in nazionale. Il giornale mi dava sempre più articoli da scrivere e la prima forma di contratto biennale cominciava a prospettarsi. A teatro si avvicinava la prima. E a scuola l’esame. Cercavo di farci stare dentro tutto in più aiutavo Filippo a studiare infine cercavo di godermi quei pochi momenti liberi che avevo ma che erano ridotti all’osso. Con gran felicità di Cherish anche se il rapporto con il mio ragazzo erano molto calati da quella famosa sfida. Ale ed Ele erano molto più fresche di me e mi aiutavano mandare avanti la casa e a sostenere i miei momenti di debolezza, quando ero più stressata.

Fily lo vedevo a scuola e a casa sua per studiare, qualche volta uscivamo al pub ( con la disco avevo chiuso: troppo stress e caos) e mi faceva molto male vederlo così giù. Eh gia, da quando avevo intensificato i miei impegni era come deperito sia fisicamente che psicologicamente, sembrava non avere più la forza di combattere la vita. Sembrava che tutto gli andasse male eppure sentivo del suo ottimo momento calcistico malgrado l’età e c’erano buone prospettive per una sua convocazione al Mondiale di qualche mese più avanti.

Ma forse sapevo a quale fosse il motivo: non ero solo io che mi facevo vedere poco dopo la sua confessione ma era anche per Cherish: lo trattava come un pupazzo, sfogava su di lui tutta la sua rabbia e il suo insuccesso.

Non so perché non si decidesse a lasciarla forse per rispondere alla mia apparente diffidenza dopo che mi ero lasciata andare al suo bacio ma molto più probabilmente perché ci teneva davvero e quindi subiva le violenze e tirava avanti. Ma io alle violenze, di qualsiasi tipo, ho sempre mostrato il pugno duro.

Una volta alla fine del nostro studio quotidiano, ormai l’esame era a pochi giorni, gli dissi:- Tu stai male. Che ti prende?- sapevo che mi avrebbe messo una scusa. Il ruolo di Mirandolina mi stava insegnando a spremere l’uomo fino a farlo confessare. Passo dopo passo, con calma e delicatezza, ci stavo riuscendo.

-         Nulla, tutto questo studio mi sta spremendo- e mi sorrise debolmente. “ E tu pensi di accontentarmi con quel sorrisino da zombie?” pensai

-         Non me la dai a bere Fily, ti conosco abbastanza bene per capire che c’e qualcosa in più che non và. Fuori il rospo-

-         E va bene- sospirò:- fra me e Cherish non va tanto bene, non come all’inizio. Pensavo fosse finalmente una storia seria invece mi sto sempre più rendendo conto che è solo una storiella come tante anche se ormai sono quasi due mesi che usciamo. Non provo più quello che provavo all’inizio. Ma non riesco a lasciarla….tu sai cosa non ho fatto con lei..ma lei sente che sono distaccato e mi tratta come un cane-

-         Non devi permetterglielo- e qui uscì fuori tutta la mia parte combattiva e aggressiva:- non può usarti come uno straccio in questa maniera solo perché non la soddisfi. Insomma, alza un po’ la voce visto che grinta e forza non ti mancano!-

-         Non è facile-

-         Si che lo è- “ e l’uomo sarebbe il più forte?”- sei tu che devi volerlo, sei o non sei il sesso dominante?-non rispose e abbassò la testa. Forse stavo ottenendo ciò che volevo. Era in mio pugno. Non ero più io che non riuscivo a trattenere i miei sentimenti, ora avrei potuto farlo confessare.

-         Il fatto è..- mi guardò dritto negli occhi. Ricambiai il suo sguardo speranzosa della confessione:- il fatto è che c’è un altro fattore che mi blocca…sono…molto confuso- teneva sempre la testa bassa. “Credi che non lo sappia chi sia questo fattore?” pensai con tono di sfida ma cercai di non trasmettere questo pensiero nel mio sguardo. Mi sembrava di avere vinto i mondiali. Mi mancava così poco poi sarei stata la dimostrazione del potere femminile. Mi avvicinai e lo abbracciai forte, come una madre abbraccia il figlio deluso dalla vita. Ricambiò il mio abbraccio e sentì sulla mia spalla delle lacrime calde. Lo strinsi ancora più forte e cominciò a singhiozzare.

-         Ci sono qua io, non ti preoccupare Fily, va tutto bene- non so se mi ascoltò ma continuò nel suo pianto fra il disperato e il deluso. L’avrei baciato, spogliato, portato aletto e me ne sarei fregata di tutto. Sentivo di volergli un gran bene, di non aver mai provato nulla di simile e di così profondo. Era tutto così tenero…così..sensuale! ma non dovevo lasciarmi andare, dovevo resistere, se no avrebbe creduto che ero come le altre sue donne, e io non volevo che pensasse ciò. E poi lui mi aveva trattata male e ora era il suo momento, lui doveva capire cosa voglia dire soffrire per amore ora che ne conosceva il vero significato. Doveva capire che niente nella vita è facile quando si hanno i soldi, che ci sono comunque delle cose che non si possono comprare. E che ci sono dei valori da comprendere e rispettare. In particolare l’amore.

 

 

 

Finalmente arrivò il giorno dell’esame. Mi svegliai presto, mi misi la tuta e andai a correre fino al maneggio non lontano da casa mia. Sellai la mia inseparabile cavalla e mi feci una bella galoppata nei boschi. Tornata a casa mi misi a preparare la colazione almeno per dieci persone e aspettai che le belle addormentate si svegliassero. Erano circa le sette. Mi sentivo al massimi dei giri, come la mia Ferrari prima di cominciare una gara. Ma non ero agitata. Lo sport ad alti livelli mi aveva insegnato a non agitarmi per queste sciocchezze e rispondere invece con grinta ed energia. Non valeva la pena di rovinarsi il fegato per delle cose che a guardarle bene sono insignificanti.

Alle sette e dieci si svegliò Elena e pigramente cominciò a mangiare.

-         Come fai a essere già così sveglia e pimpante?- mormorò ancora con gli occhi semi chiusi.

-         Nulla, semplice eccitazione- risposi con una punta quasi di allegria. Scese anche Alessandra ancora più addormentata.

-         Sei proprio una sportiva Silvy, già sveglia, allenata e pronta-

-         Ho l’esame alle dieci- risposi pensando già a ciò che avevo studiato in quei due mesi:- meglio arrivarci al meglio-

-         Filippo è pronto?- mi chiese Alessandra

-         Si, abbiamo studiato bene insieme, mi sembra molto preparato anche se è molto giù- mi mordicchiai un po’ il labbro.mi faceva un po’ male rivedermelo angosciato fra le mie braccia. Le mie amiche notarono questo mio cambiamento sia nell’espressione che nel parlare

-         Meglio chiudere qua- mormorò Ale lanciando uno sguardo d’intesa a Elena che si alzò per andare in bagno a preparasi.

-         No..no non è niente. E’ solo che qualche giorno fa era talmente depresso che si è messo a piangere fra le mie braccia. Siamo rimasti abbracciati per un bel po’, avrei voluto fare qualcosa per sollevarlo ma mi ha fatto molta pena, era così..dolce….indifeso..sembrava un bambino- la mia amica mi guardò allibita

-         Sembri una donnicciola stracotta- di certo ero ben diversa dalla ragazza forte e combattiva che era giunta a Firenze tre mesi prima.

-         E’ quello che sono io no?- risposi sorridendole ma ciò non giustificava quel mio cambiamento. Non parlammo più. Ale scosse la testa: aveva capito la situazione ma non capiva me. Io la più grande femminista convinta che odiava tutti i maschi e li voleva tutti per terra in modo da poterli calpestare con i tacchi a spillo. Scosse ancora la testa e andò in bagno a cambiarsi anche lei. Elena andò mi guardò con compassione e forse un po’ di comprensione e prese la cartella e partì per la scuola. Io sparecchiai, pulì i piatti e presi il mio pallone per fare due tiri nel giardinetto della casa.

 

 

L’esame andò benissimo. Era anche fin troppo facile grazie anche a un’ottima preparazione liceale alle spalle. Uscì con 30 che come primo voto non era proprio male. Anche a Filippo era andato bene prese 23 e non faceva altro che ringraziarmi per il tempo che gli avevo dedicato. Erano venute anche Ale che aveva rinunciato a un’ora di lezione così come avrei fatto io tre giorni dopo, venne anche Ele che era uscita prima da scuola per sostenermi. C’era anche Cherish che “ per uno stupido esame da handicappati aveva dovuto rinunciare a un servizio fotografico che le avrebbe permesso uno sbalzo di carriera” ma secondo me era perché voleva osservarmi e tenere lontano Filippo da me. Stavo troppo vicina al “ suo Filippo” in quell’ultimo periodo e malgrado avesse perso la sfida continuava a rimanere, almeno a cercare, di stare nel gioco.

Dato che definiva i miei studi da handicappati gli feci leggere il libro sulla quale avevamo studiato io e il ragazzo. Li guardò dall’alto in basso aggrottando la fronte poi disse:- Quante sciocchezza- normale per una povera e ignorante ballerina di discoteca. Io lanciai uno sguardo d’intesa alle mie due amiche che risero sotto i baffi.

Prima di dividerci Filippo mi strinse ancora e mi baciò dolcemente:- non riuscirò mai a ringraziarti davvero- e tornò dalla sua Cherish verde di rabbia. Quel continuo contatto con me, che andava sempre più consolidandosi, la stava imbruttendo sempre di più. Sembrava una bisbetica non domata, non ancora per lo meno.

 

 

Accompagnai Ale ed Ele a casa poi andai a fare un po’ di spesa e svolgere alcune faccende burocratiche, nel pomeriggio avevo gli allenamenti di calcio. La sera avevo promesso ad Ale che l’avrei aiutata a studiare così non uscimmo e Elena ne approfittò per farsi dare una mano anche lei.

-         Uffa Silvy, non me la caccio in testa- mugugnò Ale sconsolata.

-         Su Ale, vedrai che ce la fai, basta crederci, come nel calcio-

-         Caspita, mancano solo tre giorni!-ribatte lei tenace come sempre

-         Forza- la sollecitai per l’ennesima volta io:- non perderti d’animo e continuiamo- e mentre io ed Ale, più io che lei, imprecavamo sui libri Elena vicino a noi studiava. A un certo punto mi disse:

-         Silvy, tu mi hai ispirata per la tesina di maturità- io e Ale alzammo la testa perplesse

-         Davvero? E in cosa consisterebbe la tua tesina?-

-         La donna. Collega tutto no? Filosofia, Storia, Latino, Biologia, Fisica..-

-         Scusa ma le ultime due che centrano?-

-         Le scoperte-

-         Uhm..credo che vada bene. Ma dimmi, perché ti ho ispirato io?-

-         Per la tua forza di volontà e la tua filosofia e ragione. Nessuno farà una cosa come la mia se mi aiuterai sarà la migliore del liceo- e tre. Mi avrebbero dato il nobel per l’aiuto agli studi scolastici.

-         Va bene ma hai molto da lavorare-

-         Certo ma con te al fianco sarà tutto più facile-

-         E va bene- dissi sorridendo alla mia amica:- conta su di me-

-          Ok ma ora aiuta me- sbottò Ale e riprendemmo a navigare nelle mille leggi dell’architettura.

 

 

Il giorno dopo fu nel segno delle prove prima della rappresentazione. Erano tutti molto eccitati essendo tutti alla prima volta in teatro. Io invece ero molto tranquilla e da questo fatto i miei compagni erano molto scioccati. Era un impegno molto importante per me ma il ruolo di Miarandolina mi dava un grande senso di forza e convinzione. Ma oltre al ruolo più importante c’era anche Filippo. Era venuto a vedermi insieme a Cherish che non si staccava da lui neanche quando andava al bagno mancava poco. Sapeva che lo stava perdendo e le stava attaccata peggio di una calamita. Ma sembrava proprio che a Filippo non interessasse per niente. In compenso lui regalava a me degli sguardi dolci che penetravano il mio animo fino a giungere al cuore, e questo mi dava una forza e un’energia che pochi possiedono.

Erano di molto cambiati i nostri rapporti. Non ero più una sorellina più piccola ora ero qualcosa di molto più importante. E questo potevo vederlo già dai bacini a labbra chiuse che ci davamo quando ci vedevamo. Ed era ancora più bello vedere Cherish inverdire giorno dopo giorno sempre di più sotto le quantità sempre più massicce di trucco e gli abiti sempre più sfarzosi. “Una vittoria a tutto campo” pensai.

-         Ciao bella- mi salutò allegro Filippo e con il solito bacino:- eravamo venuti a vederti provare..sei favolosa!-

-         Saprei fare mille volte meglio io- sbottò la verde Cherish

-         Credo che sia meglio non parlare finché non si è su un palco- le sorrisi sarcastica. Sbuffo e non rispose al mio sguardo.

-         Possiamo darti un passaggio a casa?- mi chiese Filippo. Cherish lo guardò scocciata ma lui non badò alle sue reazioni.

-         No grazie, ho la macchina- lui voleva passare de tempo con me ma io dovevo andare secondo i piani.

-         Ti va un gelato?- scoppiai a ridere. Eravamo in pieno inverno.

-         No grazie, Ale mi aspetta a casa- per avere la vera vittoria dovevo farlo soffrire un po’. Le armi migliori: indifferenza e distacco.

-         Davvero non ti va di prendere qualcosa con noi? Sei stressatissima!- continuò Filippo. Cherish era verdognola.

-         Si lo sono ma domani Ale ha l’esame e se non l’aiuto mi uccide. Forse stasera usciamo- sempre lasciare uno spiraglio anche se illusorio di speranza. Filippo si illuminò.

-         Davvero?-

-         Ho detto forse- risi del suo entusiasmo infantile:- vediamo cosa riuscirò a fare. Non conosci Alessandra quando si agita-

-         Beh, allora mi fai sapere va bene?- sorrise solare.

-         Va bene- sorrisi ai due e salì in macchina.

La bionda diventò plumbea. Il ragazzo era raggiante, pareva brillare di luce propria. Innestai la prima e me ne andai lasciandoli da soli sul marciapiede. Dallo specchietto retrovisore li guardai. Erano una strana buffissima coppia, un contradditorio direi: lei doveva essere uno splendido Sole giallo e brillante ma era la più scura e grigia delle Lune. Lui doveva essere una stupenda Luna bruna invece era il più brillante e splendete dei soli. Sorrisi guardandoli ancora prima di svoltare l’angolo. A volte la vita riserva delle sorprese incredibili.

 

 

-         Oh Silvy davvero non ce la faccio- mormorò Ale alle 23.30.

-         Tu sei fuori! Mi hai tenuta qua a studiare e ora inchiodi quel fondoschiena e mi ripeti altrimenti ripassi o fai qualsiasi altra cosa. Tu l’esame non lo rimandi chiaro?-

-         Ma..sono stanca..non riesco-

-         SARAI ANCORA PIU STANCA SE MI FAI ARRABBIARE ORA INCHIODA QUELLE FONDAMENTA E STUDIA CAPITOOOOOO??-

Eravamo sui libri dalle sei, da quando avevo finito le prove, non avevamo neanche mangiato e sicuramente non potevamo uscire. Ma non avevo avvisato io Filippo. Mandai Elena che si dimostrò non poco riluttante ma con le mie minacce e le mie imprecazioni non aveva più opposto resistenza. Non perché non volessi uscire o volessi distruggere del tutto Filippo, ma avevo preso l’impegno di aiutare Ale a studiare e non potevo lasciarla così. Per Filippo invece avevo architettato tutto quando lo avevo lasciato davanti al piccolo teatro dell’Università. Più che altro volevo vedere se i tempi erano maturi per compiere il passo più grande e lasciarmi andare con lui. Dovevo assolutamente sapere come prendeva la mia assenza e per questo avevo costretto la mia amica fiorentina ad andare a vedere cosa faceva.

Tornò alle 24.30 non più tardi perché il giorno dopo aveva scuola. Arrivò nel bel mezzo di una accesissima discussione fra me e Alessandra su quei tomi di architettura che erano peggio dei tomi di anatomia che facevo io. Entrò trascinandosi e biascicando un – Sono io-. Appena la vidi bloccai la discussione e mi piombai su di lui scaraventandoci sul divano.

-         Ehi come è andata?-la schiaffeggiai:- ehi dico a te…muovi quelle ganasce e fai andare il cervello-  mi guardò con aria afflitta e sconvolta e disse

-         Cosa vuoi che sia successo?…non ha fatto che guardare la porta sperando che tu arrivassi da un momento all’altro e continuava a dire “Ora arriva, ora arriva”e quando gli ho detto che non saresti proprio arrivata si e intristito tantissimo e ogni cinque minuti peggiorava. Alla fine Cherish vedendolo così si è infuocata hanno cominciato a litigare furiosamente tant’è che ci hanno sbattuto fuori dal locale ma loro continuavano a litigare. Dicevano cose del tipo che la gelosia è una brutta bestia, che tu sei una sgualdrina e che ne so io poi, io volevo dormire, ma sta di fatto che Filippo alla fine era talmente arrabbiato che l’ ha piantata la da sola e ha accompagnato a casa solo me- rimasi di sasso. Mi aveva appena detto che la coppietta era in caduta libera, ma la cosa più scioccante e che sembrava normale per lei accasciata del tutto sul divano e con solo la bocca che si muoveva come se fosse un robottino.

-         Cioè..e me lo dici così?- chiesi strabuzzando gli occhi e spalancando la bocca.

-         Non è tutto- mormorò ancora lottando con il sonno

-         E cosa aspetti adirmi tutto??- le gridai. Non fece una piega e continuò a parlare

-         Prima di lasciarmi mi ha detto che vorrebbe uscire un po’ più spesso con te, che soffre davvero tanto la tua mancanza-

-         EVVIVA-gridai come se avessi vinto la finale delle Olimpiadi. Credo che all’ultimo piano mi sentirono perfettamente. Non badai alla mia amica fiorentina che ormai dormiva placidamente accasciata sul divano. Io continuavo a saltare e a gridare mentre Alessandra mi guardava impaziente guardava l’orologio.

-         Ma ti rendi conto?- le gridavo:- mi ama…deve solo ammetterlo apparentemente ma mi ama…MI AMA!!!- Ale scosse la testa e mi guardava con occhi terrorizzati e disse:

-         Ok Silvy ma ora mi aiuti?-

-         Ma non mi seccare- le risposi malamente:- studia che poi ti interrogo-e andai a raccogliere Elena che era scivolata sul pavimento e dopo averla ricaricata sul divano di peso con un bicchiere pieno d’acqua la svegliai.

-         Ma che vuoi ancora?- mormorò sempre più assonnata

-         Raccontami tutto nei minimi particolari- le ordinai

-         Ma Silvy..mi devi aiutare- piagnucolò Alessandra dalla scrivania illuminata

-         Te taci, studia che poi ti interrogo- e tornai a sollecitare Elena che dava pochi segni di vita.

Continuammo così fino alle due inoltrate, poi ascoltai Alessandra e infine ci addormentammo senza accorgercene.

 

 

Al risveglio, per pria  io come al solito, mi dovetti dare da fare per riordinare il casotto che avevo fatto nell’esultare. Svegliai Alessandra e la mandai a correre e a farsi una bella galoppata a cavallo. Quando guardai il cellulare vidi un messaggio: era di Filippo. Mi scriveva “ mi sei mancata tanto stasera e spero di poter passare più tempo con te…Ti voglio troppo bene, sei speciale”. Questa è una vera vittoria dopo la vita!

 

 

 

PASSO IV

 

 

 

 

Alessandra era ancora molto agitata e malgrado le cose ormai le sapesse a memoria continuava a stressare me e la Elena sul fatto che aveva paura di dimenticarsi tutto. La minacciavo di non fare ciò se no non l’avrei più fatta uscire di casa ma non sembrava avere molto effetto. Elena al contrario cercava di rassicurarla mentre in me ogni speranza stava svanendo: era una battaglia persa in partenza, la conoscevo abbastanza bene per sapere che quando aveva in mente una cosa in particolare quando aveva paura, non c’era santo che la sbloccasse. Ma vedendo Elena esausta andai in camera mia a prendere un orecchino d’oro che avevo comprato due anni prima a Firenze in occasione del capodanno che avevo passato con Elena. Era un piccolo pendente con una croce all’estremità. Mi aveva portato tanta fortuna per tante cose e ora non lo mettevo più. Così lo passai alla mia amica d’infanzia.

-         Prendilo- le dissi:- te lo regalo. È oro vero, diciotto carati, spero ti possa portare fortuna. A me ne ha portata tanta- e glielo donai. Ne fu molto contenta e sembrò anche molto meno agitata. Io e Elena ci lasciammo andare a un sospiro di sollievo.

 

 

All’Università sembrò che l’agitazione fosse passata del tutto, ma quando fu il momento di entrare in aula cambiò del tutto espressione e ciò voleva dire che si stava agitando. Io e Elena ci guardammo spaventate. Temevamo il peggio. Ma non tutto il male vien per nuocere: forse l’agitazione stimolò il suo cervello e riuscì a passare con 30. un ottimo risultato per essere il primo esame! Lei sembrava non appartenere al nostro pianeta tanto era felice tant’è che io e Elena dovemmo prenderla di peso e portarla via tanto esultava e saltava.

Il pomeriggio ero al maneggio. Avevo un po’ di cavalli da provare e da iscriverne un paio ad alcune gare.

Come due mesi prima vidi Cherish. Mi sembrava ancora più magra e sciupata e il volto pareva un teschio con attaccati dei pezzetti di carne cinerea. La sua bella abbronzatura se n’era andata del tutto, il fisico statuario aveva lasciato il posto a uno scheletrico e cadente. Era così diversa da quella prima serata dove ci eravamo conosciute.

Come la prima volta mi venne incontro nei box, ma stavolta non si schifò di vedere gli stallieri sporchi e degli escrementi dei cavalli. Sembrava che non esistesse niente per lei. Camminava dritta alla sua meta senza guardare niente di ciò che la circondasse.

-         Ciao Silvana- mi salutò porgendomi la sua manina come al solito bianca e pulita. Forse la cosa più in ordine nel suo corpo.

-         Ciao Cherish- le risposi stringendole la mano con la mia sempre più sporca e un poco sporca per via del lavoro al freddo ma stavolta non fece la smorfia di disgusto dopo la mia stretta. Pareva proprio che non badasse a niente. Doveva fare una cosa, aveva un compito e doveva compiere senza badare troppo all’estetica del luogo.

-         Posso parlarti in privato?- mi chiese.

-         Certo arrivo- le dissi guardandola bene da capo a piedi. Nemmeno i muscoli le si vedevano, era un involucro di carne e ossa. Anche i suoi capelli sempre perfetti erano tutti scompigliati. Presi la mia cavalla migliore e andammo sempre al pascolo ghiacciato dal freddo di Dicembre.

-         Dimmi cosa c’e?- le chiesi io per rompere il ghiaccio. Non so come ma avevo l’impressione che mi studiasse.

-         Senti…Filippo in questo periodo non fa altro che pensare e parlare di te. Lo ha fatto già da prima ma trovava sempre il tempo per stare con me e amarmi. Ma ora è peggio, ogni volta che ti vede sembra in estate e ogni minima cosa richiama te alla sua mente- le luci erano pressoché assenti ma ciò risaltava molto il suo volto rovinato.

-         Ma scusa Cherish- dissi io:- Filippo è il mio fidanzato come puoi pretendere che non mi consideri? Insomma, abbiamo avuto un periodo grigio ma ora ci siamo ritrovati. Che c’e di male?- e ora era arrivato il momento di rivendicare la mia vittoria:- e poi scusa, ma noi avevamo fatto un patto due mesi fa, avevamo fatto una sfida e tu l’avevi persa e dovevi andartene. Invece sei rimasta ancorata a lui come niente fosse- silenzio, l’intelligenza zittisce gli stolti.

-         Io con Fily sto bene- sospirò:- sarebbe difficile anche per te staccarti da lui. All’inizio era solo attrazione fisica ma da quando ti ci sei messa d’impegno tu per farlo tuo lo amo ancora di più. Non tirare fuori la storia che sei la sua ragazza perché lo so che non è così- diventai di fiamma. Come l’aveva saputo? Il mio sguardo allibito valle più di mille domande. Sospirò e rispose:

-         Me lo ha detto lui almeno un mese e mezzo fa, forse anche di più, dopo la sfida. Me lo disse perché il gioco era durato anche fin troppo a lungo e con me la cosa stava diventando seria. Ma lo vedevo che si stava perdendo per te e forse l’avevo capito da subito che non eri la sua ragazza, era troppo distaccato, ma più di tutto mi colpì come ti guardava. Non era lo sguardo di una persona fidanzata ma quello di una persona innamorata. E per questo che ho insistito per tenerlo vicino a me, mi stavo affezionando tantissimo. Pensavo che se gli avessi dedicato più dolcezza fosse venuto da me, ero convinta che tenesse più a me. Ma è stato tutto inutili. Perché da quella maledetta sfida forse come punizione alla mia insistenza, lui si allontanò. Prima quando eravamo a letto interrompevamo, ma ora finiamo eccome se finiamo ma sarebbe meglio non finire. Perché quando lui fa l’amore con me..pensa a un’altra persona!-

“Davvero?” pensai tra me e me vittoriosa “non pensavo di arrivare a questi livelli” sorrisi cercando di non farmi vedere e ascoltai ancora la sua confessione.

-         Io credo di provare..qualcosa di forte per lui, e vorrei che durasse ancora.. ma finché ci sei tu fra i piedi io non potrò fare niente. Vattene! Tu e le tue amiche! Lasciateci da soli, in pace. Ti pago un viaggio alle Hawaii, alle Seischell, dove cavolo ti pare ma lasciami stare con Filippo! Per favore!- sono sempre stata femminista, sempre dalla parte delle donne, per qualsiasi cosa succedesse. Ma vederla in quello stato, rovinata e disperata, mi feci quasi schifo. Come poteva pretendere una cosa del genere dopo che mi aveva fatto passare le pene dell’inferno? E soprattutto dopo tutta la fatica che avevo fatto per ottenere l’affetto di Filippo lei che aveva avuto solo la fortuna di essere ben fatta pretendeva di avere il diritto di prendersi ciò che non si meritava? L’insolenza non mi è mai piaciuta e non mi sono mai neanche piaciute coloro che devono avere la vita facile che tutto per lo loro deve essere facile e senza fatica solo perché sono belle. Ed è con questa rabbia in corpo che le risposi:

-         Io non me ne andrò. A Filippo voglio molto bene e non lascerò mai la mia battaglia solo per i tuoi capricci da bambina viziata dopo quello che ho passato per ottenere questo risultato. Ammetti la tua sconfitta e vattene tu. Sarà molto più dignitoso anche per te!-

Girai la cavalla e tornai nel box lasciandola da sola indignata e stupita dalla mia reazione nel gelo di Dicembre.

 

 

-         Che razza di buttana- sbottò Ale quella sera prima di uscire.

-         Deve proprio avere una bella faccia tosta- le fece eco Ele

Io non parlai. Stavo riflettendo su tante cose. Perché alla fine Filippo le aveva detto la verità? Perché non l’aveva lasciata? La psicologia dei maschi è cosi oscura! Ma di una cosa mi stavo rendendo conto: volevo bene, ma tanto bene a Filippo ma a pensare a una vita insieme a lui mi veniva il mal di pancia. Si forse ci starei stata uno o due anni ma al pensiero di averlo al fianco per tutta la vita mi faceva stare davvero male. Ma che fare allora? Mi recai in camera mia. Aprì la finestra. Era una bellissima sera di metà Dicembre, in cielo c’erano stelle fredde e una luna enorme. Ripensai alla mia prof di Francese del liceo, in una delle sue lezioni i cui si faceva poco programma e tanta lezione di vita. Ci diceva che lei da piccola guardava i film d’amore ma solo fino a un certo punto: il primo bacio dopo  tutte le avventure per la conquista della partner o viceversa. Dopo non riusciva più a seguire. Perché diceva che dopo veniva la routine. E la routine non le piaceva. Mi rendevo conto che era così anche per me. Orazio diceva di non guardare troppo al futuro, di pensare a godersi i piccoli momenti felici che la vita ci da. Il Magnifico diceva “chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza” ma io non riuscivo a guardare l’oggi. Per qualsiasi cosa che facevo io ne vedevo le conseguenze che ne sarebbero venute fuori. Sin da piccola facevo così. Già al liceo pensavo a cosa avrei fatto dopo come lavoro. Ero dell’idea che se un uomo non guarda al suo futuro con sogni prospettive ma anche probabilità e conseguenze non può vivere a pieno la propria vita e non saprà mai cosa sbaglia e cosa fa giusto.

Stavo per conquistare l’uomo a cui volevo più bene a alla quale avevo voluto più bene ma dopo tutta la fatica che avevo fatta sentivo avanzare il pensiero che dopo che mi ci ero messa insieme quanto sarebbe durata la nostra storia? Cosa avremmo fatto dopo con il passare degli anni? Cosa ci saremmo detti dopo anni che ci conoscevamo? Se crolla il dialogo crolla il rapporto. E dopo cosa c’e quando il rapporto crolla? Tutte domande che mi angosciavano. Sicuramente avrebbe voluto avere dei figli che avrebbe voluto come lui e che io avrei dovuto accudire lasciando la mia carriera e insegnare loro a frasi un futuro che poi sarebbe stato trasmesso ad altri loro figli e cosi via. Ma a che sarebbe servito insegnare a crearsi un futuro se poi si sarebbe rimasti chiusi nella propria famiglia a insegnare precetti che sarebbero finiti nel vuoto. Io volevo essere qualcuno. Per una donna diventare qualcuno e frasi un nome era un’impresa che poi veniva vanificata dalla famiglia. Invece all’uomo tutto andava bene. Ma perché l’uomo sì e la donna no? Sempre la mia fantastica prof di francese aveva detto che le donne fisicamente sono meno portate e l’unica cosa che può darle importanza è la gravidanza per portare al mondo un altro individuo nella storia, se ci entrava. Shakespeare diceva “la storia è la vita di un perfetto idiota” e non si riferiva solo alla storia scritta, credo si riferisse anche alla vita morale di un uomo. È ciclica. È angosciante. Una persona poteva scegliere due vie: o la famiglia o la carriera. La famiglia non ti dava un nome ma poteva darti un senso di soddisfazione profonda nel vedere tuo figlio che porta avanti le tue idee, la carriera ti dava un nome, fama, soldi, ma non ti dava una tua stirpe sulla quale poter contare per diffondere le tue ideologie. Avevo dunque già scelto la mia strada: la carriera. Potevo tramandare le mie idee anche ai ragazzini che avrebbero seguito la mia carriera o le stesse mie due amiche avrebbero potuto tramandarle ai loro figli. Filippo non avrebbe avuto spazio nei miei progetti, ma non sapevo come dirglielo se fra noi fosse andata avanti a lungo. Pensai che avrei pensato più avanti a questo, ora dovevo farlo mettere insieme a me.

-         Silvy sei pronta?- la voce di Alessandra mi richiamò alla realtà. “ vedremo il mio futuro amoroso più avanti” pensai

-         Si arrivo- dissi

 

 

 

 

 PASSO IV

 

Ormai la prima era a un passo. Le prove si erano moltiplicato per mettere a punto balletti e battute al meglio. C’era molta concitazione fra noi della troupe e il nostro regista era più nervoso di tutti noi messi assieme e più del solito.

Così fra una battuta, una scena e un balletto si arrivò alla vigilia della prima e anche di Natale. Andammo tutti a mangiare fuori poi tutta la serata a ballare e coprifuoco alle 23.

Filippo era venuto alla cena insieme ad Ale ed Ele invitati da me. A quanto avevo sentito dopo la litigata e dopo il mio colloquio con Cherish si vedeva poco con il ragazzo ma lei continuava a volerlo solo per sé. Ma ora era il momento di compiere il passo finale, il più difficile.

Dopo la serata con la troupe tutti e tre tornammo a casa e Filippo ci seguì. Per festeggiare il mio debutto in teatro preparai un cocktail a tutti. Ale ed Ele, le mie due mitiche Ale ed Ele, compagne di sventure e di avventure, sempre mie complici, andarono a letto con la scusa della scuola ma mi obbligarono a promettere che gli avrei raccontato tutto. Ora stava a me e a me sola. Non ero più spaventata di quello che poteva succedere come la prima volta che lo avevo conosciuto, ora ero fiera, ero sicura, niente poteva rovinare più quella serata.

-         Sei sulla cresta dell’onda e piccola?- cominciò lui a parlare dopo un pesante silenzio, forse anche un po’ intimo, direi quasi piacevole.

-         Diciamo di sì- dissi avvicinandomi:- ma è meglio non montarsi la testa-

-         Hai ragione- si avvicinò lui:- Senti Silvy è u po’ di tempo che..che io…che- era il momento. Com’era buffo. Sembrava veramente un sedicenne. Decisi di aiutarlo. Mi avvicinai ancora di più. Divenne di fiamma nel vedermi così decisa e così dolce. Lo abbracciai:- Che cosa mi devi dire?-sentì sulle mie costole la pressione forte delle sue braccia.

-         Sai piccola? Credo di amarti tanto, ma come mai ho amato prima. Mi sono stancato di Cherish. Avevi ragione: è la solita fiamma che ora si sta spegnendo. Ora ho capito cosa voglio davvero. Voglio te. Per sempre- queste due parole mi rimbombarono nel cervello come campane fortissime. Mi tornarono in mente i pensieri di qualche sera prima. Non dovevo pensare ora al futuro, dopo, avevo tanto tempo. Dopo.

-         Anche io ti amo, tanto e tanto, tanto e tanto. È molto tempo che cerco di dirtelo- evviva il teatro! Io gli volevo veramente bene ma non credo che il mio fosse vero amore. Ancora adesso non capisco se quello fosse amore o solo un momento di passione che ebbi verso di lui benché lui sia stato l’ultimo e il migliore di quelli che ho avuto.

Mi staccò dal suo petto. Ci guardammo dritti in faccia.

-         Ti amo, ti amo da morire- non risposi. Lo baciai e basta. Un bacio lunghissimo. Dolcissimo. Bellissimo.

-         Ora è meglio che vada- disse quando ci staccammo. La situazione si stava facendo calda.

-         No- dissi. Sapevo cosa stavo facendo ma stavolta lo volevo davvero. Non aspettai più nulla, non avevo tempo, un passo falso e se ne sarebbe andato credendomi ancora la bambina che aveva conosciuto. Non doveva più succedere una cosa del genere. Mi spogliai davanti a lui lasciandolo senza fiato.

-         Facciamolo Fily…io lo desidero. La prima volta non ero pronta ma ora lo voglio più di ogni altra cosa- non vidi con mio grande stupore la solita scintilla erotica nei suoi occhi. Si avvicinò a me e mi strinse dolcemente. Sentì i suoi abiti a contatto con la mia bella nuda. Mi sentì protetta.

-         Sei bellissima oltre che una grande donna-

 

 

 

Facemmo l’amore per tutta la notte. Ale ed Ele aspettarono per un’ora ma alla fine, sentendo anche i rumori provenire dal salottino del nostro appartamento, capirono e si addormentarono.

Mi svegliai alle 11. la colazione era già pronta e Ale ed Ele aspettavano sedute con un sorriso che andava da parte a parte. Sembravano due mamme affettuose e premurose verso la loro piccola e nuova figliola, che aveva provato nuove esperienze che l’avevano resa donna. Filippo dormiva ancora. Mi sentivo un po’ scombussolata e sentivo nel cuore una spina e nel cervello una tromba. Ero vittoriosa come Cesare al ritorno dalla Gallia, come Napoleone dopo i 100 giorni e la sua ripresa di potere.

Avevo ottenuto tutto ciò che volevo con la sola forza della ragione, della pazienza e della volontà. Io, che ero una piccola borghese figlia di borghesi, studiosi, vincenti. Io che ancora non avevo fatto nulla per il mondo e solo ora vivevo le prime esperienze per affermarmi.

Con questa enfasi e la consapevolezza di questi risultati raccontai tutto alle mie amiche curiose e attente.

Filippo si svegliò poco dopo che finimmo di pranzare. Rimanemmo insieme tutto il giorno, ne facemmo di tutti i colori finché non arrivarono le 20 e dovetti andare al teatro. Era una prima importante, recitavamo in un teatro fra i più importanti di Firenze. C’era molta gente malgrado fosse la Vigilia di Natale. Mi sentivo in fibrillazione vedendo tutta quella gente desiderosa di guardare quella rappresentazione di giovani studenti….mi sembrava di essere a una partita importante, dalla quale si decideva tutto l’esito del campionato. Mi sembrava il debutto in Nazionale. Mi sembrava la prima C4. una sensazione di inizio insomma, ma l’inizio di qualcosa di molto ma molto importante. Un momento in cui si sa di dover dare il meglio e di dimostrare le proprio abilità.

Il sipario si aprì. La commedia iniziò fra gli applausi di tutto il teatro che parve tremare dal gran fragore.

Entravo solo nella quinta scena e questo mi metteva un po’ di agitazione. Mi sentivo così incapace davanti ai miei compagni che recitavano così bene…ma quando mi chiamarono in scena sembrò che un velo scendesse su di me: mi sentivo naturale. Ero Mirandolina, non Silvana.

-         M’inchino a questi cavalieri chi mi domanda di lor signori?- debuttai. Era come se fossi un’altra persona. Da lì fu come se fossi davvero la locandiera del Goldoni nel ‘700. una locandiera molto bella e molto…donna.

-         Eh, il viver del mondo lo so ancor io- davvero mi immaginavo la scena come se la vivessi davvero.

-         Uh che mai ha detto? L’eccellentissimo signor marchese Arsura mi sposerebbe?- io ero Mirandolina, io ero colei che si era trovata in una situazione, l’aveva analizzata e l’aveva sfruttata a suo favore. Io ero il principe di Machiavelli, io trattavo la sorte come una donna adultera. Io ero la vincente!

-         La supplico almeno degnarsi di guardare se è di suo genio- la donna era il sesso dominante, l’uomo lo si piegava al proprio volere come niente. Non stavo recitando, non c’erano decine di persone a guardarmi. Stavo rappresentando la mia vita, il mio vero essere, i miei veri pensieri.

-         Voleva dire; che serve che fingiano d’essere due dame, se sono due pedine? Ah non è vero!-sentivo che stavo diventando grande, non si sentiva volare una mosca a parte le nostre battute che riempivano il grande teatro.

-         Queste espressioni mi saranno care, nei limiti della convenienza e dell’onestà. Cambiando stato voglio cambiar costume, e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore, e quando mai si trovassero in occasioni di dubitare, di dover cedere, persino alle malizie imparate, e si ricordino..della locandiera- silenzio. Guardai dritto davanti a me. Sembrava che il teatro fosse vuoto. D’un tratto lo scoppio, tutti insieme. Mi spaventai all’inizio tanto che indietreggiai un poco ma dopo mi resi conto che quello era il chiaro segno della vittoria.

Erano rimasti tutti stupiti della mia recitazione e ora ne erano entusiasti. Mentre salutavamo il pubblico con i classici inchini e raccoglievamo gli applausi che non finivano più sentì le lacrime sul volto. Qualcosa di grande era cambiato: avevo la mia vittoria! Niente sarebbe stato come prima.

Scesi dal palco ci godemmo gli applausi che ancora continuavano.

-         Sei stata grande Silvy-

-         Non sembravi nemmeno tu ma la vera Mirandolina-

-         Sei in gamba, hai talento- e questo non era che l’inizio-

Uscita dal teatro Ale, Ele, Fily e Cherish mi aspettavano. Le mie amiche mi saltarono al collo festanti, e vedevo che oltre ad aver recitato bene avevo ottenuto anche qualcos’altro. Filippo mi baciò con calore. Cherish gironzolava con la testa bassa lanciandomi sguardi invidiosi ma anche rabbiosi. Il mio compito lo avevo fatto, la mia vittoria l’avevo ottenuta. Ora ci voleva la cosa più importante ma sapevo che mancava molto poco al compimento di essa.

Nella commedia Mirandolina riusciva a far confessare l’amore del cavaliere misogino, io stavo per far confessare Filippo davanti alle mie amiche e a Cherish quanto noi due fossimo legati. Stavo per far confessare di amore folle uno che non aveva mai davvero amato. EVVIVA LA LOCANDIERA!!!

Mi circondò le spalle con un braccio e mi sussurrò all’orecchio:- Ora ti dirò ciò che dovevo dirti da tempo- avvampai. Non so se fosse per la gioia o per l’emozione.

Sempre abbracciato a me mi condusse verso Cerish che momentaneamente si era fermata con la testa alzata a guardare noi. Aveva i capelli in disordine e arruffati come soleva portarli da qualche giorno. Mi colpì molto il suo stato. Nemmeno qualche sera prima, quando era venuta al maneggio, mi era parsa così..brutta…sciupata! si vedeva bene la pelle floscia delle braccia coperte con un pesante scialle in piume rosa, non sembrava più mandare sole da ogni poro per via delle mancate cure. Persino il vestito sfarzoso come al solito era tenuto malissimo.

Filippo sorrideva. Era più bello e più raggiante del solito.

-         Cherish fra noi  è finita- disse. Ma era caldo, molto caldo, sensuale, quasi non si rendesse conto di ciò che aveva appena detto.

-         Io e Silvana stiamo insieme ora. Era tanto che dovevo compiere questo passo- mi strinse forte i fianchi e mi sentì come fondere con il suo corpo atletico e mi baciò. Cherish era rimasta immobile. La frangia le copriva gli occhi ma si intravide una lacrima scendere. Aveva perso. Ora lo doveva ammettere.

Forse un po’ mi dispiacque, infondo lei era legata al ragazzo e poi è sempre brutto subire una separazione così. Ma lei mi aveva trattata come una bambina stupida e ingenua, non aveva mai capito che anche i ragazzini sanno essere dei veri fenomeni e sanno gestire una situazione partita svantaggiata. Se ne accorgeva solo ora, dopo due mesi che lottavo per avere Filippo e lei se lo teneva con una semplicità e un’ingenuità che le era costato caro. Aveva preso la vita come un fatto troppo facile perché la sua bellezza le aveva reso tutto più semplice. Ora capiva che invece la vita è sacrificio e sofferenza e non sai mai quanto possa durare ciò che vuoi tu.

Non disse comunque nulla. In questo la ammirai. Seppe accettare la vera disfatta a testa bassa e con dignità. Brontolò qualcosa in spagnolo poi alzò la voce ma senza che nessuno di noi quattro poté capire e se ne andò. Così com’era venuta nella mia vita se ne andò.

 

 

Non ci badammo più di quel tanto. Io e Filippo eravamo contenti e innamorati, Ale ed Ele mi guardavano con aria trionfante e come la serata passata in disco che aveva segnato la mia escalation verso la vittoria alzarono il pugno in aria in una piccola danza e io le imitai mentre il mio uomo mi guardava innamorato.

 

 

 

 

 

 

 

EPILOGO 

 

Caro lettore

Riguardo questi miei scritti a distanza di otto anni dall’evento. Tante cose sono successe in questi anni. Sono diventata famosissima: dopo quella rappresentazione mi chiamarono in una compagnia teatrale a livello professionale e da lì feci anche qualche provino per qualche film che andò a buon fine. Sono finita a Hollywood e l’anno scorso ho vinto un oscar.

Grazie alla mia carriera sportiva riuscivo a descrivere molto bene qualsiasi tipo di manifestazione anche dal punto di vista psicologico e sono finita nella Gazzetta dello Sport e qualche volta mi chiamano in tantissime trasmissioni sportive.

Mi sono laureata prima in facoltà motorie poi in psicologia generale e ora mi sono iscritta a veterinaria: con il progetto Horses and Cars ho acquisita molta destrezza con i cavalli e ora voglio occuparmi di loro dal punto di vista medico. Farò qualche corso serale. Comunque ora lavoro come psicologa sportiva nella mia società.

Nel calcio sono stata e sono un simbolo. Dalla Fiorentina sono passata alla Lazio e poi al Fiamma Monza. Infine in America per due anni dove ancora milito in una squadra fra le più forti. Ero stata in Nazionale e ancora ho convocazioni future. Avevo vinto scudetti, Europei, Mondiali e Olimpiadi, ora allenavo anche le allieve della mia squadra che già ottenevano ottimi risultati.

Nell’equitazione grazie alla mia rampante cavalla avevo vinto nel salto ostacoli e nel galoppo. Anche qua avevo vinto tutto: Europei Mondiali e Olimpiadi. Poi con il progetto Horses and Cars prevedeva il collaudo dei cavalli sulle piste di Formula 1 e così avevo provato diversi cavalli sulle piste a 300km/h e anche lì avevo avuto molte soddisfazioni. Avevo gareggiato anche in Formula 1 vera e propria il aver vinto il campionato nazionale di Ferrari Challenge e avevo vinto quattro campionati uno in fila all’altro come solo il più grande della Ferrari aveva fatto e ancora stavo vincendo.

Ma non ero stata la sola ad avere successo. Anche Ale ed Ele, le mie più grandi amiche ne avevano avuto tanto e avevano ancora tanta strada da fare e come me stavano entrando meritevolmente nella storia.

Alessandra si era laureata a pieni voti in architettura ed era andata a progettare navi per associazioni navali molto importanti, addirittura da American’s Cup. Ora lavorava come manager dell’azienda insieme al progettare. Ciò che veniva fuori dalla sua mano diventava vincente e tutte le squadre se la contendevano. Aveva seguito il mio esempio con il teatro ed era diventata regista prima teatrale poi cinematografa e mi aveva seguito ad Hollywood e il suo prossimo film era candidato al prossimo oscar con record di incassi.

Nel calcio era cresciuta tantissimo e mi aveva seguito nella Lazio, nel Fiamma Monza e poi in America. Era stata meno volte in Nazionale ma anche grazie a lei l’Italia vinse il un Europeo. Ora giocavamo in squadre diverse e parecchie volte giocavamo contro. Erano le due squadre più forti di tutta l’America settentrionale.

Aveva avuto un ragazzo due anni prima che l’aveva fatta sentire in Paradiso e che l’aveva spinta nelle sue imprese dandole grande motivazioni. Ma ormai era finita da oltre un anno, da quando era venuta in America, perché lui non voleva seguirla ed era diventato troppo possessivo e assillante. Lei c’era stata molto male ma la carriera era avviata e il successo le aveva dato la forza di reagire e di uscire dalla depressione.

Oltre alle partite ci vedevamo almeno quattro volte all’anno e andavamo o a sciare o in barca. Oppure uscivamo e andavamo al pub a mangiare fuori o in discoteca come ai vecchi tempi in cui vivevano insieme.

Elena era uscita dal liceo con 100 grazie anche alla tesina sulla donna che aveva fatto sotto anche il mio aiuto. Ci eravamo state su tanto ma ne era davvero valsa la pena. Aveva scelto Psicologia dove aveva brillato e ora era consulente in moli giornali e trasmissioni oltre ad avere uno studio suo. Da lei andavano i casi più strani e impossibili e tutto si risolveva. Aveva ripreso a pattinare su ghiaccio dopo sei anni che aveva mollato e aveva raggiunto grandi livelli ed era perfino stata convocata in Nazionale ed era nelle selezioni per le Olimpiadi. Per perfezionarsi era venuta in America raggiungendo me e Alessandra.

Si era messa insieme al ragazzo che aveva amato da quando aveva 12 anni e ci era stata molto bene insieme tant’è che si pensava a un matrimonio. Ma solo un mese prima si lasciarono senza un motivo ben preciso e lei non ne volle mai parlare perché ci stette davvero male. Ma qualche giorno fa, quando la vedevo più triste del solito, mi disse:- Ho ottenuto ciò che volevo da tempo, sono stata molto bene con lui, ma come tutto ha un a fine anche questa storia doveva finire. Mi dispiace molto perché c’ero stata dietro 7 anni ma in fondo va bene anche così. Ora ho il lavoro che mi da tante soddisfazioni. Sono giovane, inutile continuare a soffrire per certe cose quando nella vita ci sono cose molto più belle e importanti che una storia finita male. Riavrò la mia felicità in amore come l’ ho avuta finora anche se dovrò lottare tantissimo. Per ora mi basta la carriera e due amiche come te e Alessandra – mi avevano molto colpita queste parole. Non la facevo così poco sensibile a queste perdite dopo che per 7 anni aveva sofferto e bramato, si era illusa con questo ragazzo e ora che era finita così era come se niente fosse. Probabilmente erano stati i sei anni di convivenza con me che l’aveva “insensibilizzata”.

Mi rivedevo tanto anche con lei insieme ad Ale e insieme ne facevamo ancora di tutti i colori. Eravamo amiche per la pelle, io le conoscevo da quando erano piccolissime invece loro due si conoscevano solo da otto ma avevano instaurato un legame così saldo che difficilmente si sarebbe spezzato. Eravamo state unite sin dal primo anno di convivenza, quel famoso anno in cui ero appena giunta a Firenze e che aveva segnata la mia scalata verso il successo. Ci eravamo consolate ed esaltate a vicenda. L’amore finiva così come era iniziato ma l’amicizia, soprattutto quella sincera, non finiva mai. Un’amicizia si può scalfire, incrinare, magari anche piegare, ma non può mai davvero finire. Amici ne avevo avuti tanti ma mai così sinceri come Ale ed Ele. Capaci di capire i miei momenti belli o brutti, capace io di aiutarle nei loro momenti bui. Eravamo, siamo e saremo l’una la forza dell’altra. UNO PER TUTTI, TUTTI PER NO!!!

Sicuramente tu lettore vorrai sapere come è andata invece fra me e Filippo. Ti accontento subito ma premetto ciò che ho già detto: l’amore finisce. Questo concetto lo sapevo già da prima di mettermi insieme a lui, sapevo che una relazione lunga non l’avrei mai avuta. Durò due anni e mezzo. Ci facevamo forza a vicenda, io crescevo e lui era ancora un pilastro del calcio. Ci volevamo u gran bene, come per Elena anche noi due stavamo per sposarci ma rimasi in cinta proprio quando stavo per diventare la migliore e così abortì. Lui non la prese bene. Aveva capito che come famiglia non sarebbe funzionata e mi lasciò. Non gli serbo rancore. Con lui ho avuto la relazione migliore di tutte e ancora gli voglio molto bene ma io sono troppo orgogliosa per permettermi di fermare il mio successo proprio quando stavo per toccare il tetto del mondo. E neanche lui ne serba a me. Aveva capito le mie esigenze essendo anche lui un calciatore e aveva semplicemente deciso di lasciare perdere. Ci sentiamo ancora piuttosto frequentemente, ogni tanto viene qua a trovarmi e a fare il tifo. Siamo rimasti grandi amici.

Ha lasciato il calcio tre anni fa a 37 anni, ora allena e ha anche lui molti risultati importanti ma a differenza di me Ale ed Ele lui ne ha anche in amore: si è sposato quando ha lasciato il calcio con una venditrice di attrezzature sportive con la quale sono amica e hanno già due figli. Sono contenta che abbia trovato la donna giusta e che questa sia una qualunque donna e non la solita modella.

 

 

Ora mi sono ritirata in una baita in montagna nei pressi di Domodossola. Ho ancora molto da dare, il 5° campionato di Formula 1 da vincere per poter sperare di eguagliare il grande tedesco della Ferrari che ora mi fa da allenatore e ha molta fiducia in me. Ho da vincere lo scudetto con la squadra sia come giocatrice che come allenatrice, ho da vincere un campionato di Formula 1 con i cavalli e altri trofei importanti sempre nell’equitazione per portare l’Italia equestre ai massimi livelli.

Allora tu lettore ti chiederai cosa ci faccio rintanata in montagna lontano da tutto e da tutti. Per un motivo molto semplice: molti sportivi sono diventati famosi per le loro imprese e le loro azioni che li hanno resi immortali. Ma della loro vita nessuno sa nulla di vero e spesso e volentieri si vengono a creare dei pregiudizi e come persona un calciatore muore, anche se per i tifosi quello che importa è il risultato in campo per un calciatore è seccante sentirsi dare del donnaiolo o della buttana quando invece si è la persona più umile del mondo. Io invece voglio lasciare di me un bel ricordo. Molto probabilmente la mia fama presto calerà, già ora si vedono molti talenti emergere e magari sono anche migliori di me. Dunque mi sono ritirata in montagna per scrivere queste mie vicende ricordando ancora i bei tempi in cui ero piena di sogni e piena di voglia di vincere e ricordare quei tempi che sono stati il motore del mio successo.

Tutto è partito da quella mia affermazione del mio sesso e sono diventata grande.

Orazio e Sallustio dicevano che la scrittura rende immortali e non mentivano. Dicevano che chi scrive vivrà più di qualsiasi uomo che ha avuto un momento molto favorevole e che è stato famoso. E non mentivano.

Dunque lettore, o sognatore, prendi queste poche pagine come mio dono e insegnamento e ricorda: coltiva e approfondisci ciò che vuoi tu e ciò che ti piace, non porti mai dei limiti, combatti per i tuoi ideali e non farti mettere ostacoli da nessuno, e sarai sempre vincente. Ricordati, di Silvana!

 

 

 

Trovai questi scritti in quella piccola, fredda e diroccata baita pochi mesi dopo l’incidente. Mi avevano detto che era stata lì per due mesi. Così andai a vedere se aveva lasciato qualcosa di suo malgrado fossero passati diversi anni. Li trovai in u cassetto, chiuso a chiave. Probabilmente li aveva dimenticati quando se ne era andata e non era mai più tornata per farli pubblicare come avrebbe voluto. O forse lo aveva fatto a posta sapendo di quello che sarebbe successo.

Ma non mi posi altri questioni. Lessi la testimonianza e la mandai subito a pubblicare.

Ora molti studenti la studiano a scuola, altri, soprattutto donna, lo portano come tesina alla maturità o addirittura come tesi universitaria.

Erano passati tre anni e ancora tutti parlavano di lei come l’eroina del millennio. In tutti i campi. Voleva essere ricordata e onorata come grande sportiva e grande donna. E aveva raggiunto questo obbiettivo. Aveva sempre combattuto per quello che voleva, e lo aveva sempre ottenuto. Anche da morta.

Mia zia era stata una grande e ancora lo era e lo sarebbe stato per ancora tanto tempo. Nei secoli dei secoli amen.

Non so se quella gita in barca con la burrasca fu un suicidio o una sfida spavalda come lei era solita fare a tutti e a tutto, ma so che il suo coraggio lo ebbe come lo aveva sempre avuto e come al solito era seguita dalle sue due inseparabili amiche.

Avevano raggiunto tutto quello che si poteva raggiungere, tutte e tre ma ancora potevano raggiungere molti obbiettivi date le loro straordinarie doti. In molti si erano interrogati e si interrogavano sul suo gesto ultimo ed eroico. Una corrente di pensiero dice che lei non aveva mai avuto un vero legame affettivo se non quello dell’amicizia e questo le aveva reso la vita incompleta così come era stato per Ale ed Ele. Probabilmente era questo il motivo. O semplicemente era saturazione di successo e stanchezza per questa vita alla quale tutte e tre avevano chiesto e ottenuto tutto.

Qualsiasi siano stati i motivi, io so solo che se tutti seguissero le orme di mia zia, come degli antichi scrittori come Orazio, Machiavelli, Guicciardini, Virgilio, Goldoni, Parini, Alfieri e tanti altri come aveva fatto anche lei la nostra società diventerebbe migliore. E la società è forte la nazione è forte. Io seguirò le orme di mia zia. Fatelo anche voi, per l’Italia, la vostra patria. Usate fuoco e cuore e sarete forti. Campanella diceva che non si può amare un altro se prima non si ama se stessi. Io dico, non migliorerete mai gli altri se prima non credete in voi stessi e non vi migliorate. L’Italia aspetta!