VITA DA LEONE
di Nuvola
Non lo so quando mi hanno preso, non lo ricordo. O forse sono nata qui. Non saprei. Non l’ho mai chiesto. Qui si parla poco. Si vive e basta – anzi si sopravvive.
Facciamo lo spettacolo quasi tutte le sere. Da anni. La sequenza è sempre la stessa: apertura, clown, equilibristi, giocolieri, mangiatori di fuoco. Intervallo. Poi ci siamo noi: i leoni.
E’ una delle parti piu’ attese. Usciamo da dentro un tunnel, in fila, e ci sistemiamo sui cubi. Come negli allenamenti. Guai a sbagliare.
I bambini fanno finta di avere paura, qualcuno piu’ piccolino piange. I genitori li rassicurano, c’e’ una rete alta due metri e mezzo. “Non possono scappare di lì”.
E se anche uscissimo? Noi non siamo aggressivi, non abbiamo bisogno di procurarci cibo: ce lo forniscono i padroni del circo. Perche’ mai dovremmo attaccare l’uomo?
Ma ai bambini fa piacere pensare che siamo animali feroci resi temporaneamente innocui da una rete e i genitori non glielo smentiscono.
Lo spettacolo prevede che i leoni (e le leonesse) debbano sfilare con piu’ o meno grazia attraverso un percorso circolare.
In mezzo c’e’ il domatore: forte, alto, muscoloso, a torso nudo, con un paio di fuseaux elasticizzati che mettono in risalto i suoi muscoli. Con una frusta in mano. Ad ogni suo ordine dobbiamo ubbidire. Il domatore ci fa saltare, ci fa alzare le zampe anteriori sorreggendoci in quelle posteriori, ci fa eseguire delle “figure” con altri leoni e leonesse di grande effetto scenico.
Poi infuoca dei cerchi cosparsi di alcool. Noi abbiamo paura del fuoco:per natura. Ma siamo stati denaturalizzati e ora di paura ne abbiamo poca. Dobbiamo solo “tentennare” , far finta di avere paura, mentre il domatore dimostra tutto il suo potere e con uno schiocco di frusta ci fa saltare dentro il cerchio.
Il pubblico applaude: credo applauda al domatore, non a noi. Applaudono al potere, alla prepotenza.
Poi veniamo rimessi in fila, ripassiamo sotto il tunnel e veniamo rinchiusi nelle ns. gabbie. Quasi ogni giorno.
La mia vita e quella degli altri leoni che vivono con me è sempre stata dentro le gabbie. E la cosa piu’ atroce è che i ritmi sono sempre e comunque scanditi e decisi dal domatore. Nei momenti di pausa ci accasciamo a terra. Tristi, svuotati, senza pensieri. Sonnecchiamo. Muoviamo la coda per scacciare le mosche. Da lontano sentiamo il custode, i ferri che sbattono, la porta che si apre, pezzi di carne gia’ tagliata che ci vengono depositati in una grande ciotola comune. Non c’e’ bisogno di lottare, di correre, di fare la guardia alle leonesse: è tutto preventivato. Dobbiamo fare lo spettacolo e basta.
I bambini si divertono, poi tornano a casa e non ci pensano piu’….al massimo lo raccontano a qualche amichetto il giorno dopo a scuola: “….c’era un leone molto feroce, ma il domatore era piu’ feroce di lui e il leone gli ubbidiva. Da grande voglio fare il domatore, cosi’ i leoni mi daranno retta.“
Noi lo sappiamo che non la vedremo mai la savana. Ma sappiamo che esiste. E’ un passaparola. Ce la raccontano. E noi ce la immaginiamo perche’ è il nostro habitat. Sono gli uccelli migratori che ce la raccontano. Ogni anno vengono dall’Africa. E ci portano il profumo e i racconti.
Nella savana non ci sono i domatori. Né i cerchi infuocati. Né le gabbie. Né le ciotole con i pezzi di carne. E’ caldo nella savana. Molto caldo. E c’e’ il silenzio. Ognuno ha i suoi spazi, delimitati dalla natura e dall’istinto. Non ci sono mappe catastali e nonostante cio’ nessuna gazzella oserebbe mai appostarsi nel territorio dei leoni. Sono i leoni che si spostano e cacciano le gazzelle. E’ una corsa al cibo. Se il leone riesce a prendere la gazzella le infila i denti nella gola, finche’ gli incisivi superiori non toccano quelli inferiori: la gazzella muore e il leone si è procurato il cibo per se e per le sue leonesse.
Nella savana ci sono i profumi, i colori, e il silenzio ogni tanto viene rotto dai rumori della natura. E’ bella la savana. E’ scomoda ma bella. Gli uccelli migratori ci hanno raccontato le storie d’amore dei leoni. E’ il leone che sceglie la leonessa.
Agli uomini, a parte la differenza di mole, appariamo tutti uguali: non è vero. Da leonessa posso dire che ogni mio simile non mi è simile. Io le vedo le differenze. Le criniere dei leoni, il portamento, il temperamento, il coraggio, l’intensita’ dello sguardo. Nel mondo in cui ho vissuto ci si accoppia in cattivita’. E’ il domatore che sceglie la leonessa per il leone. Ci chiudono nella gabbia e ci si accoppia. Come animali. Non mi piace il leone che sta in gabbia con me. Non mi è mai piaciuto. Viviamo nella stessa gabbia ma ognuno si fa i fatti suoi. Nella savana non è così. Non ci sono gabbie nella savana. E c’e’ il rito del corteggiamento. Il leone fa la sua scelta, una leonessa tra tante leonesse. Lotta contro gli altri leoni per averla. La corteggia, la segue, la annusa, ci gioca. E poi sfrecciano liberi nella savana, la leonessa fugge , ma il leone la raggiunge e la possiede, con fervore, con passione, con amore. Poi abbandonano dolcemente i loro corpi a terra, esausti……..nella savana fa caldo. Nel silenzio solo il gracidio degli insetti. Non sono fastidiosi come in queste gabbie gli insetti.
Che bella la vita nella savana. Avrebbe dovuto essere la mia vita. Libera. Istintiva. Senza i domatori che ci ammaestrano ma non ci addomesticano.
Non parliamo qui. Tutti abbiamo ascoltato le storie degli uccelli migratori. Ma non facciamo commenti perche’ noi la savana non la vedremo mai. Ogni anno, quando gli uccelli ripartono per l’Africa, ad alcuni di noi scendono delle lacrime. I custodi dicono che probabilmente ci ha preso un po’ di infezione e ci iniettano delle gocce antibiotiche. Loro non sanno che anche noi gioiamo e soffriamo. Non se lo sono mai chiesto. A loro interessa solo che siamo sani e che possiamo esibirci nello spettacolo. Ci hanno tolto anche l’istinto di ribellarci. Dobbiamo solo ubbidire. Agli ordini. Alle regole del circo o dello zoo. Ai domatori. Sono forti loro. Piu’ forti di noi. Qui non siamo nessuno. Io non ci sto bene nella gabbia e cio’ che mi stringe di piu’ sono i ritmi, gli ordini e le regole dei domatori.
Un giorno un bambino si è messo a parlare con me. Parlava un linguaggio strano. Chissa’ perche’ non aveva paura : forse perche’ anche il ns. ruggito non è quello dei leoni della savana. Insomma questo piccolino mi ha detto “tu assomigli a Nala del Re Leone………mamma mamma guarda è Nala!!!!”. La mamma le ha risposto distrattamente “sì, è Nala….” E poi si è rimessa a leggere un giornale. Allora il piccolino , da fuori le sbarre, ha cominciato a parlarmi: “ Nala è la leoncina di Simba. Loro sono fidanzati e si danno anche i baci. E poi si sposano e fanno un altro leoncino. E poi Simba ridiventa il Re della Foresta perche’ Simba è tanto forte e sconfigge le jene. E anche se a Simba gli gnu gli hanno ucciso il papà, lui è forte e diventa grande e gira per la savana e corre nella foresta con due amici Timon e Pumbaa e dormono sotto le stelle ed esprimono i desideri. Poi alla fine la storia finisce e Simba e Nala vissero per sempre felici e contenti. Hai capito? – Mi ascolti? – Quello accanto a te è Simba??…. Devo andare via, ciao leonessa!!“.
No, quello vicino a me non è Simba. Non lo so chi è. E’ un leone ma non è coraggioso. Non ha mai visto la foresta. Non proteggerebbe mai la sua Nala. Mangia, dorme, si accoppia e si esibisce nello spettacolo. No – quello vicino a me non è Simba.
Il bambino mi ha parlato di “cartone animato”. Non so cosa sia. Pero’ lo ha chiamato cosi’. E nel suo semplice linguaggio mi ha fatto risognare la mia savana. Quella che non ho mai visto. Quella dove avrei dovuto vivere. Anche se sono stata denaturalizzata, da quel giorno mi è successo qualcosa….credo si chiami “ribellione”. La voglio vedere la savana. E voglio vedere se esiste Simba. Ne ho parlato a una leonessa del circo. Accasciata a terra mi ha risposto: “lascia perdere, la nostra vita è qui, moriremo qui. Se rispettiamo le regole e lavoriamo bene abbiamo una vita accettabile. La savana è lontana e noi non ci sappiamo vivere. E’ piena di pericoli e siamo inesperti. Lascia perdere e dormi, fra poco inizia lo spettacolo”.
La voglio vedere la savana. Da quel giorno mi ha tormentato quel pensiero. Giro nervosa nella gabbia.
Il custode se n’è accorto: “questo animale ha qualcosa che non va………..”. E’ venuto il veterinario ma non ha trovato niente. I veterinari non curano la “ribellione”. Vedono solo le malattie . E io non sono malata. Voglio vedere solo la savana. E Simba.
Il circo gira, paesi e citta’. E’ in continuo movimento. Una sera, dentro la gabbia, si è posata una libellula. Era bellissima. Colorata.
I leoni, nella savana, le mangiano le libellule.
I leoni, nelle gabbie, le guardano stanchi le libellule.
Volteggiava piroettando dentro e fuori la gabbia. Era leggera e passava da una sbarra all’altra. Entrava e usciva e le sue ali brillavano nella notte: sembrava una stella che lascia la sua scia. Era fortunata la libellula perche’ era libera. Mi sono alzata e le ho chiesto se sapeva dov’era la savana. “ A poche ore di distanza da qua. Io ci arrivo in volo, ma anche tu, che sei una leonessa, puoi correre e puoi raggiungerla in poco tempo.”
Eravamo approdati in un luogo vicino la savana. Ci voleva coraggio: un coraggio….da leoni. Io sapevo saltare i cerchi di fuoco, fare “figure” di grandi effetto con gli altri leoni, ma non sapevo correre. E non sapevo cos’era il mondo senza domatori e custodi. Ci voleva coraggio: tanto.
Non so come ho fatto, pero’ l’ho fatto. Non so chi mi ha dato il coraggio di farlo. Forse quel bambino. Ma sono arrivata alla savana, eludendo la sorveglianza. Non se n’è accorto nessuno. Ho trovato un modo, che è troppo difficile da spiegare agli esseri umani, per allontanarmi qualche ora, quando le condizioni del circo me lo consentono.
La libellula mi faceva da lanterna……e io seguivo la sua scia. Buio e silenzio. Ancora buio.
Non si arrivava mai. Per qualche attimo ho creduto fosse un sogno e che gli uccelli migratori avessero raccontato solo un mucchio di bugie, di fantasie. Iniziava ad albeggiare e, come in un sogno…………eccola, in tutto il suo splendore. Come me l’avevano raccontata, come me l’ero immaginata.
Mi sono fermata, di scatto. Sembravo uno di quei pupazzi imbalsamati che gli aristocratici espongono nei loro festosi salotti.
Non sentivo piu’ la stanchezza. Non sentivo piu’ niente. Ho pregato Dio di darmi ancora qualche attimo di vita per credere che esistesse davvero, che non stessi sognando. La savana. I leoni……..liberi. E le lacrime che scendevano, come quando se ne vanno via gli uccelli migratori. Non avevo mai visto tanta bellezza tutta insieme.
Un quadro, ecco cos’era: un quadro. Dipinto da una mano che conosce l’amore. Avevo paura a muovermi, come se muovendomi sparisse tutto. Poi un sussulto: “e tu chi sei? Da dove vieni?”
“Io? ……..ehm…….io non lo so chi sono, cioè si, lo so. Mi chiamo Cindy, ma non lo so da dove vengo, io vivo in un circo”. I leoni si guardarono tra loro. Non fecero commenti, loro non lo sapevano cos’era un circo.
“Sei bella Cindy, molto bella.”- disse un leone.
Mi sentii tremare le gambe e sentii come una frustata nell’anima. Il leone che viveva con me non me lo aveva mai detto. Mai. Anzi, non me lo aveva detto nessuno. E pur non essendo avvezza a tali complimenti , mi stupii di me stessa quando, muovendo sinuosamente il corpo, sentii la mia voce rispondere, senza alcun tentennamento: “Grazie, è un piacere sentirlo dire da un leone come te………….” : era iniziato il rito del corteggiamento.
E’ stupefacente come pur non conoscendo questo “rito” lo seguissi perfettamente. Istintivo, naturale, piacevole, stimolante. Ci sono cose nella vita per le quali devi faticare per riuscire,devi provare e riprovare, sbagliare, ritentare e alla fine sei contento se riesci a farle almeno “mediocremente”.
Ci sono altre cose che “partono”, prendono il via da se perche’ sono insite nella natura di ciascun essere vivente. Non occorrono allenamenti per farle. Basta seguire l’istinto, basta non rispettare le “regole” che, in casi come il “corteggiamento” risultano addirittura deleterie, inibitorie, nocive. In casi come questi è il “non allenarsi” che ti fa essere vincente. E io, in quel momento, ero vincente.
Fath , cosi’ si chiamava il leone che mi corteggiava. Fath. Non era particolarmente bello, seppure avesse una criniera di tutto rispetto. Ma era un vero leone. Dolcissimo nel corteggiamento. Avvincente. E a volte si allontava dal gruppo, con scientifica e calcolata noncuranza, dandomi a credere che forse non ero la “sua” leonessa . Era un gioco per provare la mia resistenza alla gelosia – si- come quando, passando accanto ad altre leonesse – sfiorava loro “involontariamente” con la coda. Un leone deve fare il leone – se è un leone vero. Ma poi tornava, con gli occhi maliziosi e felini. Fath sapeva che non potevo restare per sempre nella savana, glielo dissi quasi subito.
Mi rispose : “Cindy, si puo’ essere vicini pur restando lontani, ed ogni attimo che mi doni è un attimo di paradiso, quando sei o sarai lontana mi resta o mi resterà il ricordo……e la vita è fatta anche di ricordi. I ricordi sono i pezzettini di un puzzle che compongono il quadro di ogni vita e molto spesso, tutto cio’ che è afferrabile, tangibile, quantificabile, inspiegabilmente non è un pezzettino di puzzle o quantomeno è un pezzettino che non si incastra con gli altri e che quindi non entrerà mai nella nostra vita……..”
Non gli risposi. Non c’era risposta a quelle parole. Chiusi gli occhi, mi abbandonai a Fath e quella notte mi feci amare. Non aprii mai gli occhi quella sera. Non vedevo la savana ma la sentivo intorno a me. Fu meraviglioso. Non ero mai stata amata da un leone “vero”. E solo quella notte capii che neanche io avevo mai amato. Nessun rimpianto “dopo”, pur sapendo che non sarebbe stato per sempre. Meglio conoscere le cose che restare col dubbio che esistano. E io avevo conosciuto Fath e la savana:esistevano.
Ho il cuore in gola ogni volta che arrivo là. Non ci vado spesso, è rischioso. E ogni volta so che potrebbe essere l’ultima. Non so quando ripartira’ il circo. Talvolta penso che, in fondo, io mi godo il meglio della savana: mi godo le emozioni evitando i pericoli che scaturirebbero da una vita intera vissuta lì.
La bevo a sorsi, pochi attimi ma intensi e sicura che Fath in quei pochi attimi mi protegge dalle insidie.
E’ faticoso ogni volta rientrare in gabbia e riprendere il ritmo. Ma ne vale la pena. Se il domatore scopre che riesco a scappare, mi uccide: non sono ammessi gli animali ribelli in questo circo. Ma io continuo a scappare . So che gli umani, oltre a dire “cartone animato”, dicono anche “meglio un giorno da leone che cento da pecora”. Non so cosa facciano le pecore di tanto noioso, comunque sia si………..meglio un giorno da leone.
Ma da leone della savana.