RICORDI (DI UNA VITA SBAGLIATA)

di Carlo Salvadorini

Non smettevo mai di guardare dall'alto in basso. Sembravo una specie di contorsionista o di giraffa che voleva a tutti i costi sporgersi per inquadrare meglio l'obbiettivo. Ma era dura! Solo alla fine del tempo stabilito, ci riuscivo. E, tutti insieme (mica tanti peraltro), ci mettevamo a camminare insieme parlando di argomenti abbastanza difficili che ad un ascoltatore comune sarebbero sembrati completamente incomprensibili. Ma era la prima luce, quella.

Poi, in un bar, a prendere un cappuccino. "Che si fa oggi ?"-"Si studia!" "Ma...è una bella giornata, c'è il sole.....""E poi come si fa con l'esame?" "Ma che vuoi che sia una mezza giornata, dai!".

Tempo dieci minuti ed eravamo in auto. Scomparsa la calca, scomparsi tutti. Insieme, da soli, stavolta. E via verso il mare.

Con la chitarra naturalmente.

Sulla spiaggietta deserta,( erano i primi di maggio), su di un telo, cominciammo a cantare. De André, al solito, tanto per dare un inizio allegro...."..all'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore"....oppure un po' di De Gregori o di Joan Baez, anche se era un tantino troppo popolare, per i nostri gusti.

Alla fine, visto che l'auto era vicina, accendemmo il mangianastri (modello neolitico) e cominciò a fluire una musica vera. Era un disco dei Santana, dolcissimo. e l'aria sembrò rarefarsi, tanto struggente era l'atmosfera che si stava creando. Poi ci sdraiammo sul telo, per un po', ma non molto.

E fu bello guardare il cielo pensando alla terra, sentire la voglia stare insieme, in una congiunzione sublime.

E fu amore, amore vero, pieno, come conviene all'età e a due persone non ancora del tutto mature. Ma c'era l'ombra, anzi l'OMBRA della mia vita. E lei lo sapeva. Ma si accontentava, anche se era gelosa.

Il ritorno a casa era sempre un po' triste perché si parlava di cose che non c'entravano niente con questo nostro stranissimo rapporto. Ma dovevamo tornare ed io (lei lo sapeva), volevo ad ogni costo tornare da Lei.

Ogni atmosfera svaniva e quei pochi chilometri che dovevo fare, mi facevano pensare di essere stato un vigliacco, ancora una volta, un essere spregevole perché avevo tradito la fiducia che Lei riponeva in me, senza riserve.

Era sera e la vidi. Bellissima, con i suoi grandi occhi. MI sarei...non lo so. Mi sarei fustigato, se possibile. Ma mi scusavo dicendo che stavo scegliendo la mia vita.Pretesto banale per dare un alibi solo a me stesso.

Con Lei ero tranquillo, sereno, non avevo pensieri.Era MIA solo mia e lo sapevo. E quella certezza non poteva insegnarmi che il futuro ti può riservare sempre sorprese. Ma ero giovane, troppo giovane, come Lei.

Ci scrivevamo lettere dolcissime, appassionate, piene di frasi d'amore. Persino sui dischi erano poesie, tanto era l'amore tra noi: un amore di quelli incrollabili e che niente avrebbe potuto scalfire, nel tempo e nello spazio. Era Lei la prima luce.

E sarebbe rimasta per sempre, lo sapevo, perché quando l'amore ci assaliva non conosceva ostacoli e Lei era pura e sublime.

Poi fu la vita, la fine degli studi, la laurea e l'inizio della vita. Ma che vita...

Ospedali, cliniche, medici. Che gioventù che le stavo donando!

Ma la vita era quella. Due genitori ammalati di cancro non permettevano neppure di pensare a tutto il resto. Ed erano notti insonni con corse all'ossigeno o alla morfina, per lenire i dolori. Quindici anni di sofferenza per vederli finire su di un telo, una specie di sudario dove non restava più niente. Ed io che avevo la testa che già mi scoppiava, anche perché non riuscivo a sfogare il mio dolore con le lacrime.

E poi la vita, dicevo. Il lavoro, il matrimonio, la luna di miele e l'inizio. Di un calvario, per lei. Sicuramente. Ma di tanto dolore per me. La scomparsa dei miei mi aveva letteralmente ucciso la mente: 15 anni erano stati troppi e troppo pieni di sofferenze. Da un lavoro ad un altro, sempre con qualche problema, perché il mio cervello - come adesso - ritornava troppo spesso ai miei due genitori.

Può sembrare banale, ma è così. E quanto ho pagato quei lunghissimi anni!

Non ho dato a Lei quello che avrei voluto, perché c'era sempre qualcosa che non andava oppure i quotidiani problemi di una vita normale, fatta di gioie e di dolori. Ma Lei c'era sempre. Comunque. E c'era il suo amore, che aveva giurato eterno.

Quanto si può sopportare un essere così, cioè come me? Non so.

Forse dipende da tanti fattori. Di certo non sussurravo molto spesso dolci parole o tenere frasi d'amore. Ma c'era sempre qualcosa che me lo impediva.

E allora ? Beh, sapevo benissimo che un giorno sarebbe successo qualcosa, o che la corda si sarebbe spezzata. Ma non lo credevo possibile. Da Lei no, assolutamente.

Sbagliavo, quanto sbagliavo. E quando le cose ricominciavano ad andare bene succedeva di nuovo qualcosa che rovinava la vita, la nostra esistenza in comune, facendo dimenticare a me il Suo grande amore.

Errori che si pagano cari, questi.

Ed io li ho pagati carissimi.

Mi rimane soltanto una selva incredibile di ricordi, di momenti, di luoghi nascosti, o di viaggi e di sensazioni dolcissime vissute insieme. E niente altro. Solo qualche lettera ingiallita dal tempo mi ricorda ogni attimo d'amore struggente.

Ma è stata proprio la prima luce a farmi sentire di nuovo vivo.

Mi ha fatto pensare a tutti gli errori compiuti in tanti anni, con il suo tono duro e cattivo(che ben conoscevo). Poi l' ho sentita e mi ha detto: "Non ti finisce la vita, qui. Anzi forse comincia davvero, anche se tutto intorno ti sembra assurdo, allucinante ed impossibile. Noi donne possiamo cambiare in un attimo, quando ci sentiamo ferite. E tu non hai fatto niente per conservare il tuo amore."

Doppia lezione di vita, in pochi mesi.

Ma chi mi ruberà i ricordi e il cuore? Nessuno e niente. Mai.

Anche se ormai so benissimo di promesse celate di amori infiniti, con me da una parte, come un cane abbandonato.

Nessuno avrà pietà? Forse no. Sono sempre serio e non posso coinvolgere nessuno in questa ultima avventura della mia vita.

Lotterò in silenzio, perché così deve essere, anche sentendo discorsi che noi facevamo nel'68, quando le donne volevano la loro libertà. Ma chi ha mai messo catene??

E non le metterò certo adesso anche se sono nell' angolino.

Ma ogni notte ripenso, macerandomi la mente, alla mia vita e non voglio buttarla come uno straccio.

Sono di nuovo quello di tanti anni fa, perché lo sento dentro di me, ma non contro i mulini a vento, bensì contro una realtà irreale, anche perché non sono più solo come allora. E sento che devo farlo.

E allora ripenso alle strane coincidenze: è stata la prima luce ad indicarmi la via per ritornare sul diritto cammino. Fiero, sicuro e pieno di voglia di continuare ad amare.

Il tempo, come sempre, dirà se sono soltanto un povero mentecatto illuso oppure un uomo che vuole difendere il suo amore.

Solo il tempo e niente altro. E grazie, mia prima luce. Quando leggerai quello che ho scritto, capirai che ho compreso le nostre parole, scambiate come allora, nel giro di un'ora e niente di più.

Ma la mia vera luce sarà sempre con me, anche se senza di me: per una vita diversa, come era una volta ed è stata per tanto tempo.

E di sicuro nessuno mi ruberà i ricordi o mi toglierà le speranza.…Sono tornato sulle barricate e su queste resterò fino alla vittoria oppure alla fine. Ma sarà lotta dura, per me.

E tutto il passato resterà solamente nel libro dei ricordi, per me bellissimi, di una vita che non scambierei con nessuno.